Mai come in questa settimana appena trascorsa e apparso irrisolto il nodo della “crisi della politica”

Prevaricazioni politiche

L'invasione mediatica del Presidente del Consiglio è servita anche ad oscurare i problemi del Paese

Gli ultimi giorni sono stati dominati, sulla scena politica italiana, dall'invasione mediatica del Presidente del Consiglio e dalla sua insistente richiesta di allungare i tempi previsti (e concordati) per lo scioglimento delle Camere, con il deliberato scopo di proseguire il suo “tour de force” televisivo.

A questo modo, è banale dirlo, tutti i problemi del Paese sono stati oscurati, mentre i riflettori si accendevano sul solito teatrino: messa in secondo piano la “questione morale” (eppure si scoprono e si leggono cose sulle quali meditare), relegato a fattore di Serie B il contratto dei metalmeccanici, riaperto in sordina (ed anche con l'espressione di posizioni francamente preoccupanti) il dibattito sul consumo energetico, tutto è apparso incentrato sulla questione dei tempi dell'andata a casa della legislatura, con una metodologia di confronto tra Presidenza del Consiglio e Presidenza della Repubblica che ha, nuovamente, fatto denotare l'emergere da più parti di dati persistenti di vera e propria incultura istituzionale.

Da parte dell'opposizione si è reagito in modo diverso: tra chi ha ritenuto di dover ricalcare le orme dell'occupazione militare di tutti gli spazi televisivi disponibili e tra chi ha mantenuto alti lai sulla questione della scansione temporale dei tempi della vicenda politica, tentando di assumere atteggiamenti tra la vittima e lo sfidante, senza però riuscire a richiamare davvero i temi concreti di una possibile agenda politica.

Tutti, poi, con l'occhio rivolto esclusivamente al termometro dei sondaggi, mentre è già partita la grande rincorsa all'abbuffata dei seggi più o meno sicuri.

Insomma, abbiamo alle spalle ancora una settimana di sconfitta della politica: con la vittoria (apparente) dell'arroganza, della prevaricazione, della prepotenza incarnate da chi rappresenta il massimo punto di visibilità, in Italia, della negatività rappresentata proprio dalla “personalizzazione della politica”.

Mai come in questa settimana appena trascorsa e apparso irrisolto il nodo della “crisi della politica”.

Una “crisi della politica” che ha investito, essenzialmente, la capacità di pensare l'agire politico in funzione di un mutamento di sistema.

La realtà è rappresentata dal fatto che il “centro” del sistema politico, composto da chi ritiene il liberismo dominante come insuperabile , si è talmente allargato, dal punto di vista delle presenze culturali, sociali, direttamente politiche da occupare quasi interamente l'arena, relegando le istanze di trasformazione nella marginalità.

Prevalgono due fattori:

  1. sul piano collettivo, i partiti non hanno più volontà di mediare una “socializzazione della politica”, lasciando prevalere, nella loro azione concreta, il “potere di nomina” sull'idea di un “progetto”;
  2. sul piano delle specifiche soggettività, i pensatori (e le pensatrici) cosiddetti “postmoderni” non credono più di riferirsi alle radici ed ai fondamenti e ritengono, appunto, impossibile coltivare l'attaccamento da un progetto di cambiamento.

Nella sostanza, all'interno del fortissimo fenomeno di omologazione nei comportamenti (cui corrisponde una altrettanto forte omologazione al riguardo delle ipotesi politiche concretamente perseguibili) che constatiamo all'interno della vicenda politica italiana, emergono i limiti dello smarrimento di una strategia di “radicalismo democratico”, attraverso la quale riattivare una ipotesi di trasformazione dell'esistente, reinventando una pratica concreta insieme di “diversità” e di “egemonia”, anche sul piano organizzativo.

Non basta proclamare verbalmente “un altro mondo è possibile” se, poi, ci si allinea e si subisce la pratica della prevaricazione cui accennavo all'inizio, magari tentando anche, goffamente, di imitarla.

Mentre la destra mantiene tutta la sua pericolosità eversiva, manca una sinistra capace di esprimere una sua propria soggettività e di ricostruirsi una identità.

Franco Astengo
Savona, 25 Gennaio 2006