L'Ulivo, il futuro Partito Democratico e le provocazioni elettorali

Il maggioritario, sogno centrista figlio di una democrazia minore

Come semplificare, ridurre, cancellare le forze politiche minori.

C'è sicuramente una parte del centrosinistra che è poco convinta - come diceva Woody Allen - delle proprie idee. Diciamo che non le condivide, cioè non gli piace molto il centrosinistra... E subisce una fatale attrazione per il centro, e per un sistema politico che non sia basato più sui conflitti, le battaglie, i progetti, ma sia fondato essenzialmente sul potere e sulla mediazione di potere. Cioè su uno spostamento al centro dell'asse di governo e anche delle alternanze di governo. Preferirebbe, per capirci, rinunciare alla ricerca di unità tra le forze moderate della sinistra e quelle più radicali, e sostituirla con un accordo “conservatore”, che tenga insieme il centro dello schieramento politico coi moderati di sinistra e di destra. Il centrismo è questo: più che una formula politica è una formula di sistema. Che ha bisogno di determinati meccanismi istituzionali e non può vivere senza i poteri forti e senza delegare gran parte delle proprie competenze ai poteri forti. La Confindustria - per esempio - è “centrista” da sempre non per via di un suo spirito moderato, o per ragioni ideologiche, o per antifascismo e anticomunismo: la Confindustria è centrista perché il centrismo presuppone che gran parte del potere reale sia trasferito dalle sedi politiche ai grandi gruppi economici e finanziari, cioè alla Grande Borghesia, come si diceva una volta, cioè a Confindustria.
Per capire il dibattito che si è riaperto sulla legge elettorale bisogna tenere conto di questo. Della spinta centrista che è l'unico vero e grandissimo pericolo che potrebbe disgregare l'Unione e travolgere il governo-Prodi.
La prova sta nell'ultima uscita di Ds e Margherita - cioè del futuro partito democratico - che tornano a proporre un sistema maggioritario, in questo caso a doppio turno, sul modello francese. A cosa dovrebbe servire? A eliminare i partiti più piccoli, o a costringerli ad accettare una posizione subalterna ai partiti più grandi. In questo modo si realizza il centrismo, che può essere unipolare o bipolare, ma non cambia molto: cambia per quel che riguarda gli assetti dei ceti politici, ma non sul piano del risultato. Il centrismo “unipolare” è quello immobile, guidato da un partitone quasi unico. Quello bipolare - anglosassone - si fonda sull'alternanza al governo di due partiti entrambi centristi e molto simili tra loro. L'essenziale è tagliare le ali e espellere dal sistema politico i partiti non centristi o non omologabili al centrismo. Diciamo con una formula: “semplificare la democrazia”. E' una formula in voga: gran parte del ceto politico, intellettuale e “mediatico” italiano è convinto di questo: che la semplificazione della democrazia è quello di cui ha bisogno una società moderna. Naturalmente - ve lo spiega qualsiasi vocabolario - per semplificare bisogna ridurre. Invece che scrivere “semplificare la democrazia” potremmo scrivere “ridurre la democrazia”. L'aspirazione a un sistema parlamentare con pochi partiti è una aspirazione a una riduzione della democrazia. Il ragionamento è semplice: se tutti hanno il diritto alla rappresentanza, lo Stato funziona male. Riduciamo il diritto alla rappresentanza: leviamolo, ad esempio, alle minoranze. Michele Salvati, forse il più lucido degli intellettuali maggioritaristi, lo ha spiegato molto bene giorni fa sul “Corriere”. Ha scritto che il successo del referendum porterebbe a una legge “che penalizzerebbe fortemente i piccoli partiti, che era quanto si voleva ottenere“. Chiarissimo: colpire le minoranze, toglierle dal gioco. ma questa è una pulsione fortemente contraria alle idee moderne di democrazia, dall'illuminismo in poi. E' del tutto evidente che il centrismo di oggi è entrato in rotta di collisione con la democrazia avanzata. Ritiene l'eccesso di democrazia e di complessità politico-sociale un ostacolo alla governabilità. Preferisce un meccanismo che riduca ai minimi termini la rappresentanza politica, sposti il potere all'economia, e conceda alla Politica alta, centrista, il ruolo di moderazione degli eccessi del potere economico (in gran parte transnazionale). Se vince questa idea, sarà difficilissimo non parlare di regime.

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Piero Sansonetti
Roma, 13 aprile 2007
da "Liberazione"