25 APRILE 2002

I duecentomila di Milano

Cofferati: «Memoria e difesa dei diritti»

Quando inizia a parlare Cofferati la testa del corteo è entrata in piazza da un'ora e mezzo, ma la coda si trova ancora in Corso Venezia. Prima di lui avevano preso la parola: Tino Casali, Aldo Agnasi, Gerardo Agostini, Olga D'Antona e Giuliano Giuliani. Sergio Cofferati, interrotto continuamente da applausi, sottolinea i valori della memoria e della storia democratica per insistere sulla necessità di non perdere mai la capacità di lettura critica negli accadimenti dell'oggi. «La pietà per i morti, per tutti i morti della guerra non deve stravolgere e alterare le responsabilità politiche e morali di chi la combatté», dice Cofferati (che questa sera sarà ospite di "Sciuscià"). «Non bisogna mai tacere di fronte ad episodi di intolleranza e di revisionismo, come quelli della Giunta di Trieste, che vorrebbe alterare la storia. Il valore della storia della liberazione si rinnova ogni volta: nella lotta contro il terrorismo che è nemico della democrazia, per la libertà di informazione o quando qualcuno vorrebbe mettere in discussione il principio e il ruolo della rappresentanza sociale». «Vi sono vincoli democratici - aggiunge - che dobbiamo saper trasmettere alle giovani generazioni, quelle ragazze e quei ragazzi a cui si vogliono cancellare i diritti e le garanzie conquistati dai loro padri». Il filo conduttore del segretario della Cgil - «battere i facili revisionismi», dice - sta proprio qui nell'argomentare le ragioni che impediranno a Confindustria e governo di poter dividere i padri dai figli. E dopo il comizio fa un gesto simbolico: "adotta" pubblicamente l'articolo 1 della Costituzione.

La straordinarietà della manifestazione del 25 aprile di quest'anno sta proprio infatti in questa presenza di migliaia di ragazze e di ragazzi. Non se ne erano mai visti così tanti e così diversi in una manifestazione del 25 aprile. Quella di Milano ogni anno è considerata la manifestazione nazionale, ma, soprattutto quest'anno, sono decine i cortei organizzati in tutta Italia. Particolarmente visibili le presenze del nord: gli striscioni della Cgil di Parma, Reggio Emilia, Modena, Venezia, Padova. Così come quelli dell'Anpi. La gente di piazza Duomo, già occupata da migliaia di persone alle quattro del pomeriggio, applaude commossa quando entra un gonfalone di Reggio Emilia con l'immagine di papà Cervi. Tutti si svolge secondo la migliore tradizione: davanti la banda che intona le canzoni della Resistenza, gonfaloni di decine di comuni con sindaci e consiglieri con fasce tricolori, gli spezzoni dei partiti: dai Ds, ai Verdi, ai Comunisti italiani a Di Pietro. E poi l'Arci ragazzi, gli striscioni delle scuole con studenti e insegnanti, la compagnia degli stracci del teatro in movimento, la Fiom, ItaliaCuba.

Sì, questo 25 aprile è ancora il solito, con i partigiani che hanno liberato l'Italia dal nazifascismo e con i rappresentanti delle istituzioni, ma è anche un 25 aprile nuovo, meno conformista, più "di parte". E' un 25 aprile che parla di allora per dire dell'oggi, per opporsi all'arroganza di Berlusconi, di un presidente del Consiglio che si accanisce contro i lavoratori, contro gli immigrati e contro il pluralismo dell'informazione. Un presidente del Consiglio che pretende di imitare la Thatcher, contro un sindacato che porta in piazza milioni di persone, e vorrebbe commemorare Sogno quando nel giorno della liberazione scendono in piazza centinaia di migliaia di giovani. Una nuova resistenza, un incontro fra generazioni, ecco che cos'è il 25 aprile del 2002. Ci sono tutte le età nel corteo milanese, ma che si tratta di un incontro lo vedi subito: Rifondazione comunista unisce il pezzo del corteo "tradizionale" allo spezzone enorme del Social forum. Lo senti dalle musiche, lo vedi dalle facce: davanti in giacca e cravatta, dietro i ragazzi rasta colorati e gli orecchini al naso. Davanti le signore milanesi delle "girandole" con le magliette alla Borrelli, "Resistere, resistere, resistere", dietro i ragazzi con le magliette di Genova contro il G8, quelle di Porto Alegre, quelle con Jim Morrison. Le kefia e le bandiere palestinesi sono esibite ovunque ma le facce scure degli immigrati sono più visibili nello spezzone del Social forum: con Attac, i Giovani comunisti, i centri sociali. Resistenza e liberazione sono le parole più gettonate: dagli striscioni dei partigiani con il tricolore a quelle dei centri sociali, dove campeggiano uno "spezzone resistente" del centro sociale Torchiera e un "liberiamo il futuro" del centro sociale Leoncavallo.

«In questa piazza mi ha portato Carlo» - dice nel suo discorso Giuliano Giuliani, interrotto da un caldo applauso - «la sua uccisione è considerata un'ingiustizia da migliaia di democratici». I "disobbedienti" milanesi non possono però sentire quel discorso: quando il papà di Carlo parla stanno ancora in corso Buenos Aires. Ma Carlo è con loro, con i loro tamburi, con le musiche degli Ustmamo, di John Lennon, dei Modena City Ramblers, i Zeda sparate dagli altoparlanti del camion. Tutti insieme questi giovani stanno sotto lo striscione dell'opera nomadi per ricordare lo sterminio degli zingari, o sotto quello dell'arcigay per dire delle discriminazioni contro gli omosessuali. Ricordano Carlo come i quarantenni portano lo striscione per non dimenticare Claudio Varalli e Giannino Zibecchi. Una mescolanza incredibile.

La voglia di giustizia e di libertà si respira ovunque: giustizia sociale, diritti civili, libertà per il popolo palestinese, giustizia e libertà per l'Argentina, giustizia e libertà per tutti gli sfruttati della terra. Il gadget più venduto è il kit per la resistenza di Radio Popolare: un cappellino giallo e una radio in cartone con una "resistenza". Si può e si deve resistere in tanti modi e per la prima volta dopo tanti anni un popolo così diverso riesce a stare insieme in un 25 aprile. D'altra parte, ci sono tanti modi per cantare Bella Ciao. E infatti ognuno la canta a modo suo, e la balla pure. Sarà per questo che Bella Ciao è il disco più venduto della settimana.

Michela Giuliani
Milano, 26 aprile 2002
da "Liberazione"