Berlusconi e la sua "carriera"...
I venti punti fondamentali dell'ascesa economica e politica di Berlusconi.

Agli italiani sembra che non gliene freghi un gran che, gli basta che prima o poi gli si diminuisca le tasse in modo vero o virtuale e che si gli porti le pensioni minime a un milione al mese.
Poi può continuare a fare quello che vuole, l'importante è comprarsi la Mercedes nuova e che si possa continuare ad evadere senza che gli si rompano troppo le balle.
In fondo per loro chi paga sono sempre i soliti, quelli che remano con 2 milioni al mese striminziti e che si esaltano solo alle partite del Milan o guardando i TG di Emilio Fede.
Il pregiudicato Silvio Berlusconi (perchè volenti o nolenti di questo si tratta) condannato tra l'altro dalla Corte d'Appello di Venezia nel maggio 1990 per falsa testimonianza, evita accuratamente di rispondere alle varie domande che gli vengono poste, sia dai giornalisti della stampa estera, sia dai Tribunali della Repubblica.
In Una storia italiana, lussuosa pubblicazione inviata gratuitamente a dodici milioni di italiani, per una distrazione del proto di Arcore sono saltate alcune decisive pagine. Ci si consenta di rimediare.
Ecco il riassunto dei 20 punti fondamentali della carriera del Berlusconi che sono ormai nella sua storia personale e che meritano sicuramente una attenta considerazione da parte di tutti:

Edilnord

La Edilnord Sas è la società fondata nel 1963 da Silvio Berlusconi per costruire Milano2. Soci accomandatari (quelli che vi operano), oltre al futuro Cavaliere, sono il commercialista Edoardo Piccitto e i costruttori Pietro Canali, Enrico Botta e Giovanni Botta. Soci accomandanti (quelli che finanziano l'operazione) il banchiere Carlo Rasini, titolare dell'omonima banca con sede in via dei Mercanti a Milano, e l'avvocato d'affari Renzo Rezzonico, legale rappresentante di una finanziaria di Lugano: la Finanzierungesellshaft fùr Residenzen Ag, di cui nessuno conoscerà mai i reali proprietari. Si tratta comunque di gente molto ottimista, se ha affidato enormi capitali a Berlusconi, cioè a un giovanotto di 27 anni che, fino a quel momento, non ha dato alcuna prova imprenditoriale degna di nota. A proposito della Rasini, ecco la risposta di Michele Sindona (bancarottiere piduista legato a Cosa Nostra e riciclatore di denaro mafioso) al giornalista americano Nick Tosches, che nel 1985 gli domanda quali siano le banche usate dalla mafia: "In Sicilia il Banco di Sicilia, a volte. A Milano una piccola banca in piazza Mercanti". Cioè la Rasini, dove Luigi Berlusconi, padre di Silvio, ha lavorato per tutta a vita, fino a diventarne il procuratore generale. Alla Rasini tengono i conti correnti noti mafiosi e narcotrafficanti siciliani come Antonio Virgilio, Salvatore Enea, Luigi Monti, legati a Vittorio Mangano, il mafioso che lavora come fattore nella villa di Berlusconi tra il 1973 e il 1975.

Edilnord 2

II 2° ottobre 1968 nasce la Edilnord centri residenziali Sas (una sorta di Edilnord 2): stavolta, al posto di Berlusconi, come socio accomandatario c'e' sua cugina Lidia Borsani, 31 anni. E i capitali li fornisce un'altra misteriosa finanziaria luganese, la Aktiengesellshaft fùr Immobilienanlagen im Residenzentren Ag (Aktien), fondata da misteriosi soci appena 10 giorni prima della nascita di Edilnord 2. Berlusconi da questo momento sparisce ne1 nulla, coperto da una selva di sigle e prestanome. Riemergerà solo nel 1975 per presiedere la Italcantieri nel 1979, come presidente della Fininvest. Intanto nascono decine di società intestate a parenti e figuranti, controllate da società di cui si ignorano i veri titolari. Come ha ricostruito Giuseppe Fiori in Il venditore (Garzanti, Milano 1994), Italcantieri nasce nel 1973, costituita da due fiduciarie ticinesi: Cofìgen Sa di Lugano (legata al finanziere Tito Tettamanzi, vicino alla massoneria e all'Opus Dei) e Eti A. C. Holding di Chiasso (amministrata da un finanziere di estrema destra, Ercole Doninelli, proprietario di un'altra società, la Fi.Mo, più volte inquisita per riciclaggio, addirittura con i narcos colombiani).

Villa San Martino ad Arcore

Nel 1973 Silvio Berlusconi acquista da Annamaria Casati Stampa di Soncino, ereditiera minorenne della nota famiglia nobiliare lombarda rimasta orfana nel 1970, la settecentesca Villa San Martino ad Arcore, con quadri d'autore, parco di un milione di metri quadrati, campi da tennis, maneggio, scuderie, due piscine, centinaia di ettari di terreni. La Casati è assistita da un pro-tutore, l'avvocato Cesare Previti, che è pure un amico di Berlusconi, figlio di un suo prestanome (il padre Giuseppe) e dirigente di una società del gruppo (la immobiliare Idra). Grazie alla fortunata coincidenza, la favolosa villa con annessi e connessi viene pagata circa 500 milioni dell'epoca: un prezzo irrisorio. E, per giunta, in azioni di società non quotate. E in comode rate.

Vittorio Mangano

Nel 1973 Berlusconi, tramite Marcello Dell'Utri, ingaggia come fattore (ma recentemente Dell'Utri l'ha promosso "amministratore della villa") il noto criminale palermitano, pluriarrestato e pluricondannato Vittorio Mangano. Il quale lascerà la villa solo due anni più tardi, quando verrà sospettato di aver organizzato il sequestro di Luigi d'Angerio principe di Sant'Agata, che aveva appena lasciato la villa di Arcore dopo una cena con Berlusconi, Dell'Utri e lo stesso Mangano. Mangano verrà condannato persino per narcotraffico (al maxiprocesso di Falcone e Borsellino) e, nel 1998, all'ergastolo per omicidio e mafia.

Immobiliare San Martino

Nel 1974 nasce la Immobiliare San Martino, amministrata da Marcello Dell'Utri e capitalizzata da due fiduciarie del parabancario Bnl: la Servizio Italia (diretta dal piduista Gianfranco Graziadei) e la Saf (Società azionaria finanziaria, rappresentata da un prestanome cecoslovacco, Frederick Pollack, nato nientemeno che nel 1887). A vario titolo e con vari sistemi e prestanome, le due fiduciarie "fìglieranno" una miriade di società legate a Berlusconi e ai suoi cari: a cominciare dalle 34 "Holding Italiana" che controllano il gruppo Fininvest. Secondo il dirigente della Banca d'Italia Francesco Giuffrida e il sottufficiale della guardia di finanza Giuseppe Giuro, consulenti tecnici della procura di Palermo al processo contro Marcelle Dell'Utri per concorso estemo in associazione mafiosa, 22 di queste holding hanno ricevuto fra il 1978 e il 1985 almeno 113 miliardi (pari a 502 miliardi di oggi), perlopiù in contanti o in assegni "mascherati", dei quali tutt'oggi "si ignora la provenienza". La procura di Palermo sostiene che sono i capitali mafiosi "investiti" nel Biscione dalle cosche legate al boss Stefano Bontade.

P2

II 26 gennaio 1978 Silvio Berlusconi si affilia alla loggia Propaganda 2 (P2), tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625. La partecipazione al pio sodalizio gli procaccerà vantaggi di ogni genere: dai finanziamenti della Servizio Italia di Graziadei ai crediti facili e ingiustificati del Monte dei Paschi di Siena (di cui è provveditore il piduista Giovanni Cresti) alla collaborazione con il Corriere della Sera (diretto dal piduista Franco Di Bella e controllato dalla Rizzoli dei piduisti Angelo Rizzoli, Bruno Tassan Din e Umberto Ortolani).

Tre finanzieri in carriera

II 24 ottobre 1979 Silvio Berlusconi riceve la visita di tre ufficiali della guardia di finanza nella sede dell'Edilnord centri residenziali. Si spaccia per un "un semplice consulente esterno" addetto "alla progettazione di Milano2". In realtà è il proprietario unico della società, intestata a Umberto Previti. Ma i militari abboccano e chiudono in tutta fretta l'ispezione, sebbene abbiano riscontrato più di un'anomalia nei rapporti con i misteriosi soci svizzeri. Faranno carriera tutti e tre. Si chiamano Massimo Maria Berruti, Salvatore Gallo e Alberto Corrado. Berruti, il capopattuglia, lascerà le fiamme gialle pochi mesi dopo per andare a lavorare per la Fininvest. Finirà in carcere nel 1994 insieme a Corrado per i depistaggi nell'inchiesta sulle mazzette alla guardia di finanza, poi verrà eletto deputato per Forza Italia e condannato a 8 mesi per favoreggiamento. Gallo risulterà iscritto alla loggia P2.

"il noto Silvio Berlusconi"

II 30 maggio 1983 la guardia di finanza di Milano, che sta controllando i telefoni di Berlusconi nell'ambito di un'inchiesta su un traffico di droga, redige un rapporto investigativo in cui si legge: "E stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane (Lombardia e Lazio). Il predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni in Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo aventi sede a Vaduz e comunque all'estero". Per otto anni l'indagine, seguita inizialmente dal pm Giorgio Della Lucia (poi passato all'Ufficio istruzione, tuttoggi indagato per corruzione in atti giudiziari insieme al finanziere Filippo Alberto Rapisarda, ex datore di lavoro ed ex socio di Marcelle Dell'Utri), langue, praticamente dimenticata. Alla fine, nel 1991, il gip milanese Anna Cappelli archivierà tutto.

Legge Mammì

II terzo, seccante incontro ravvicinato fra il Cavaliere e la legge risale al 16 ottobre 1984. Tre pretori, di Torino, Roma e Pescara, hanno la pretesa di applicare le norme che regolano l'emittenza televisiva e che il Cavaliere ha deciso di aggirare, trasmettendo in contemporanea gli stessi programmi su tutto il territorio nazionale. E bloccano le attrezzature che consentono l'operazione fuorilegge. Il Cavaliere oscura le sue tv, per attribuire il black-out ai giudici, poi scatena il popolo dei Puffi e di Dallas con lo slogan "Vietato vietare", opportunamente rilanciato dallo show dell'apposito giornalista piduista Maurizio Costanzo. Lo slogan viene subito tradotto in legge dall'apposito presidente del Consiglio Bettino Craxi. Il quale abbandona una visita di Stato a Londra per precipitarsi in Italia e varare un decreto legge ad personam ("decreto Berlusconi") che riaccende immantinente le tv illegali del suo compare d'anello. Ma il decreto viene bocciato dall'aula come incostituzionale. Due dei tre pretori reiterano il sequestro penale delle attrezzature utilizzabili oltre l'ambito locale. Così Craxi partorisce un secondo decreto Berlusconi, minacciando elezioni anticipate, in caso di mancata conversione in legge. Provvederà poi lo stesso Caf a legalizzare il monopolio illegale Fininvest con la legge Mammì.

Il primo processo (1988)

Nel 1988 Berlusconi finisce per la prima volta in tribunale. Ma nella veste di presunta parte lesa. E uscita infatti per gli Editori Riuniti la sua prima biografia non autorizzata, Berlusconi, inchiesta sul signor Tv di Giovanni Ruggeri e Mario Guarino, dove si racconta fra l'altro del suo tormentato rapporto con la legge. Il Cavaliere querela non gli autori, ma soltanto i pochi, incauti recensori. Ne nasce una causa davanti al tribunale di Verona, dove il querelante giura di dire tutta la verità. Poi racconta un sacco di trottole a proposito della sua iscrizione alla P2: "Non ricordo", dice, "la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo comunque che è di poco anteriore allo scandalo (...). Non ho mai pagato una quota di iscrizione, né mai mi è stata richiesta". Peccato che lo scandalo sia del 1981, e la sua iscrizione risalga al 1978, con tanto di pagamento della quota (100 mila lire). Così da parte offesa il Cavaliere si tramuta in imputato, per falsa testimonianza, davanti alla Corte d'Appello di Venezia. Questa, nel maggio 1990, sentenzia: "Ritiene il Collegio che le dichiarazioni dell'imputato non rispondano a verità. (...) Ne consegue quindi che il Berlusconi ha dichiarato il falso", rilasciato "dichiarazioni menzognere" e "compiutamente realizzato gli estremi obiettivi e subiettivi del delitto di falsa testimonianza". Ma il parlamento, nel 1990, ha approvato una provvidenziale amnistia. Così il teste spergiuro riesce a farla franca: "II reato va dichiarato estinto per intervenuta amnistia".

Falso in bilancio

II 13 dicembre 1997 Berlusconi viene condannato insieme al manager Carlo Bernasconi a 1 anno e 4 mesi per falso in bilancio: l'accusa parla di 10 miliardi di fondi neri costituiti sui libretti al portatore del Cavaliere, attraverso l'acquisto a prezzo gonfiato della Medusa Cinematografica da parte della Rete Italia. In Appello Berlusconi - che ha risarcito 17 miliardi a Rete Italia per guadagnare un'attenuante in più - viene assolto, mentre viene confermata la condanna di Bernasconi: i fondi neri c'erano, ma - secondo i giudici di secondo grado - "le notorie rilevanti dimensioni del patrimonio di Berlusconi postulano l'impossibilità di conoscenza sia dell'incremento (di appena 10 miliardi, n.d. a.) sia soprattutto dell'origine dello stesso".

Corruzione

II 7 luglio 1998 Berlusconi viene condannato a 2 anni e 9 mesi per corruzione della guardia di finanza: tre tangenti autorizzate da lui stesso e pagate dal capo dei servizi fiscali della Fininvest Salvatore Sciascia ai verificatori delle fiamme gialle perché chiudessero un occhio nelle ispezioni a Mondadori, Videotime, Mediolanum (1989-91) e Tele+ (1994). In Appello, proprio l'ultima mazzetta, quella per Tele+, viene considerata non sufficientemente provata (assoluzione in base al comma 2 dell'articolo 530 del codice di procedura penale), mentre per le altre tre - dimostrate, secondo i giudici - vengono concesse le attenuanti generiche. Così scatta la prescrizione del reato e il conseguente "non luogo a procedere". Ma Berlusconi è colpevole, come dimostra anche la condanna al pagamento di 4,5 milioni di spese processuali: "II giudizio di colpevolezza dell'imputato poggia su molteplici elementi indiziari, certi, univoci, precisi e concordanti, per ciò dotati di rilevante forza persuasiva, tali da assumere valenza probatoria".

Finanziamento illecito

II 13 luglio 1998 Berlusconi viene condannato a 2 anni e 4 mesi per finanziamento illecito: 21 miliardi a Bettino Craxi fra il 1991 e il '92, estero su estero, tramite la società off-shore All Iberian (con sede nelle isole del Canale), controllata al 100 per cento dalla Fininvest. In Appello, però, anche questa volta le attenuanti generiche fanno il miracolo: prescrizione del reato. Che però esiste eccome: lo confermano tanto la Corte d'Appello nel 1999 quanto la Cassazione nel 2001.

Ancora falso in bilancio

II Cavaliere è imputato anche di falso in bilancio per centinaia di miliardi di fondi neri che ruotano intorno al sistema estero di Ali Iberian, usati secondo l'accusa per pagare giudici, prestanome (Tele+ & C.) e politici, per acquistare le quote di Telecinco in Spagna, per costituire società in gran segreto con Raul Cardini e Giulio Margara (Auditel) e così via. Ma, per un vizio di forma, questo filone viene stralciato dal processo per i finanziamenti a Craxi, ed è tuttora in corso in primo grado.

villa Belvedere Visconti a Macherio

Nel 1997-98 Berlusconi viene processato per una serie di irregolarità fiscali legate all'acquisto di villa Belvedere Visconti a Macherio (la residenza in stile barocco di Veronica e dei tre figli di secondo letto, Barbara, Eleonora e Luigi). Il Cavaliere la comprò nel 1989, all'asta, per 6 miliardi complessivi, inclusi i 120 mila metri quadri di parco. Poi vi aggiunse i terreni attigui, altri 286 mila metri quadri, per 575 milioni "ufficiali" più 4,4 miliardi in nero. Di qui le accuse di frode fiscale, appropriazione indebita e falso in bilancio delle due società immobiliari Fininvest coinvolte: Idra e Buonaparte. E il rinvio a giudizio. Il tribunale di Milano assolve il Cavaliere dalla frode fiscale e dall'appropriazione indebita (pagò in nero, ma senza produrre ricchezza, e usò soldi suoi). Restano i falsi in bilancio delle due immobiliari, ai quali ha "indubbiamente concorso Berlusconi". Ma il danno erariale è coperto da un vecchio condono tombale, e il giudice concede le attenuanti generiche, che abbreviano i termini di prescrizione a 7 anni e mezzo. Il Cavaliere si salva perché il reato è prescritto. In Appello lo assolvono anche dal falso in bilancio di Idra, mentre quello di Buonaparte, pur sussistendo, è dichiarato coperto da amnistia.

Milan

Berlusconi è stato rinviato a giudizio (processo in corso a Milano) anche per i 6 miliardi versati in nero dal suo Milan, nel 1992, all'allora presidente del Torino Calcio Gianmauro Borsano, per l'acquisto del calciatore "granata" Gianluigi Lentini. Anche qui l'accusa è di falso in bilancio.

Off-shore

La procura di Milano ha chiesto all'inizio del 2001 il rinvio a giudizio di Berlusconi per falso in bilancio nei consolidati del gruppo Fininvest fino all'esercizio 1996: secondo la prestigiosa società di revisione Kpmg, Berlusconi controlla ben 64 società estere nei paesi off-shore, al punto da aver costituito una "Fininvest parallela", occulta, invisibile, per operazioni invisibili quanto inconfessabili. Si parla di fondi neri esteri per quasi 2 mila miliardi di lire. Berlusconi prima nega di aver mai posseduto società off-shore, All Iberian inclusa; poi, il 3 maggio, improvvisamente confessa: "Le ho create per pagare meno tasse". In realtà, secondo l'accusa, le tasse non le pagava per nulla. Centinaia di miliardi di evasione fiscale.

Corruzione

Silvio Berlusconi è stato rinviato a giudizio ed è sotto processo a Milano per corruzione in atti giudiziari insieme all'avvocato-deputato Cesare Previti, agli avvocati Attilio Pacifico e Domenico Acampora e agli ex giudici romani Renato Squillante e Filippo Verde, "stabilmente retribuiti" in cambio di sentenze di favore. In particolare, quella che bloccò l'acquisto della finanziaria alimentare dell'Iri, la Sme, da parte della Buitoni di Carlo De Benedetti. Le carte bancarie dimostrano almeno un passaggio di denaro di 400 mila dollari (500 milioni di lire) da un conto estero della Fininvest a un conto svizzero di Previti, e da questo a un conto di Squillante. Il tutto in poche ore, nel marzo 1991. Per Paura sentenza in odor di mazzette, quella del giudice Vittorio Metta (sospettato di aver incassato 400 milioni di lire) che annullò il lodo Mondadori regalando la casa editrice al Cavaliere, gli imputati sono stati assolti dal gup nel 2000. Ma la procura ha fatto ricorso in Appello: nel frattempo si è scoperto che la motivazione della sentenza incriminata, quasi 300 pagine dattiloscritte, fu depositata appena 24 ore dopo il dispositivo. Nemmeno Mandrake avrebbe potuto scrivere tanto in così poco tempo.

Concorso in strage

Silvio Berlusconi, insieme a Marcelle Dell'Utri, è sotto inchiesta per concorso in strage nelle procure di Caltanissetta e Firenze, che indagano sugli eccidi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del '93 (Roma, Firenze e Milano). A Caltanissetta i pm hanno chiesto l'archiviazione (imboccando la pista mafia-appalti, in cui sono sospettate alcune società legate a Paolo Berlusconi), e ora il gip deve decidere. A Firenze, il gip nel 1999 ha definito "plausibile" il coinvolgimento dei due indagati nelle stragi, e la procura ha riaperto l'inchiesta.

Telecinco

Berlusconi, Dell'Utri e vari manager Fininvest sono imputati in Spagna per l'affare Telecinco: secondo la Fiscalìa anticorruzione di Madrid, il Cavaliere ha controllato l'86 per cento della società televisiva tramite i soliti prestanome. Il giudice Baltasar Garzón contesta ai vertici del Biscione un'evasione fiscale per almeno 15 miliardi di pesetas (170 miliardi di lire), sei falsi in bilancio in altrettante società e varie irregolarità finanziarie, oltre alla violazione dell'antitrust. Berlusconi si fa eleggere al parlamento europeo insieme a Dell'Utri, con relativa immunità e ingresso nel Ppe (cui aderiscono il premier spagnolo Josemaria Aznar e la presidente dell'euro-parlamento Nicole Fontaine). Senonchè il procuratore Carlos Castresana apre un'istruttoria parallela su un presunto finanziamento illecito berlusconiano in Svizzera ai partiti popolare e socialista spagnoli (Ppe e Psoe), in cambio di un'amnistia e del non ritiro della licenza pubblica a Telecinco fuorilegge. Sarà un caso, ma il parlamento europeo, con incredibili cavilli e giochetti da azzeccagarbugli, rinvia sine die la decisione sull'immunità europea, e blocca il processo. Intanto, Garzón scopre che Berlusconi svuotò le esangui casse dell'emittente spagnola per impinguare quelle di alcune società off-shore della "Fininvest parallela". Un salasso di 21 miliardi di pesetas (252 miliardi di lire). Più volte convocato, il Cavaliere si presenta a Garzón una sola volta, il 12 novembre 1998 (che gli impone una cauzione di 32 miliardi). Poi, all'uscita, lamenta un complotto delle "toghe rosse" milanesi. Le quali, non contente di perseguitarlo in patria, hanno osato collaborare con i colleghi spagnoli, "venendo meno all'elementare spirito patriottico che dovrebbe legare i connazionali". (sic ! )

Silvio B. (Pseudonimo)
31 maggio 2001
da "Internet"