La Costituzione e le vicende politico-istituzionali italiane dal 1946 al 1994

3.1. L’attuazione della Costituzione

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Dopo che il testo definitivo venne approvato a larghissima maggioranza dall’Assemblea Costituente, il primo gennaio 1948 la Costituzione Repubblicana entrò in vigore.

Le basi del nuovo Stato erano poste e a suo fondamento furono collocati i valori della democrazia, della libertà, della giustizia e della solidarietà, frutto delle diverse idealità che avevano contribuito ad arricchire la Costituzione stessa.

La tragedia della guerra e la lotta di Resistenza antifascista avevano in gran parte unito i diversi partiti di massa emergenti che erano riusciti a tradurre in precise e solenni disposizioni normative le loro aspirazioni e le loro attese per una società migliore.

Il compromesso costituzionale che ne risultò, proprio per la sua natura di intesa e di incontro tra dottrine anche molto diverse, si prestò, nei decenni successivi, sia pure nell’ambito di una cornice ben circoscritta, a svariate e divergenti interpretazioni che, inevitabilmente, consentirono alle forze politiche che si susseguirono alla guida dello Stato una certa discrezionalità di azione nei provvedimenti concreti di attuazione dei principi costituzionali.

Si tenga inoltre presente che solo una parte delle disposizioni della Costituzione è rappresentata da norme immediatamente precettive, cioè giuridicamente immediatamente operative, come, per esempio, il diritto di associarsi liberamente in partiti previsto dall’art. 49, il diritto di libertà personale disciplinato dall’art. 13, il diritto di sciopero enunciato dall’art. 40, il diritto di libertà religiosa sancito dall’art. 8.

In altri casi le disposizioni della Costituzione sono invece rappresentate da norme programmatiche, cioè contenenti enunciazioni di principio, indicazioni per l’avvenire, raccomandazioni al Parlamento e al Governo per l’elaborazione di nuove leggi che avrebbero dovuto riformare e innovare sul piano istituzionale, sociale ed economico lo Stato italiano. Si pensi, per esempio, al diritto di referendum abrogativo stabilito dall’art. 75, le cui modalità di attuazione dovevano essere determinate per legge, o all’art. 42, il quale enuncia che la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, o all’art. 41 che, pur riconoscendo la libertà di iniziativa economica privata, proclama che essa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, o ancora, l’art. 31 che, allo scopo di agevolare e favorire la formazione della famiglia e l’adempimento dei suoi compiti, attribuisce alla Repubblica il compito di intervenire con misure economiche ed altre provvidenze.

In tutti questi casi, e in molti altri ancora, l’attuazione della Costituzione è, più che mai, dipesa dai concreti orientamenti assunti dalle maggioranze politiche susseguitesi nella direzione del Paese. Esse hanno così esattamente definito l’effettivo ruolo che è venuto ad assumere lo Stato nei confronti della società italiana.

La Costituzione repubblicana non è rappresentata, staticamente, solo da un documento scritto e approvato alcuni decenni fa, ma da un documento che vive nel tempo e nella storia legato alle scelte politiche concrete, cioè al modo in cui i suoi principi, dinamicamente, sono o non sono stati attuati e rispettati.

Un’analisi delle principali vicende politico-istituzionali dal dopoguerra ad oggi è fondamentale per capire, accanto alla Costituzione scritta, quale sia stato il destino della Costituzione vivente nella realtà italiana [tali vicende potranno essere meglio seguite osservando lo schema in Appendice III relativo ai risultati elettorali della Camera, ai Presidenti della Repubblica, ai Presidenti del Consiglio, alla composizione dei Governi e alla loro durata da 1948 al 1994].

Graziano Galassi
Vignola, 1 maggio 1996
www.grazianogalassi.it