Il disegno di legge proposto (imposto) da Bossi approvato al Senato

Devolution: dalla falla alla voragine

La dichiarazione di voto di Rifondazione comunista al Senato

Quello che francamente stupisce in questa accanita discussione sulla cosiddetta "devoluzione", assai più propriamente definibile come "dissoluzione" dello Stato nazionale, è l'assoluta mancanza di riflessione critica relativa alla Legge Costituzionale n. 3 del 2001, con la quale si è modificato il Titolo V della Costituzione.

Vede presidente, prendersela con il ministro per le Riforme è sacrosanto e doveroso, data la gravità delle sue rozze affermazioni ancora nel suo intervento qui in Aula, che richiamano in forma gradualistica l'impostazione apertamente secessionistica e paleo-razzista della prima fase della Lega Nord, orgogliosamente rivendicata. Ma se ci si limitasse a questo, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, tanto maldestri e scoperti sono i disegni di destabilizzazione espressi dal ministro Bossi, che ha annunciato i successivi passi della sua riforma: dalla Corte Costituzionale all'introduzione del Senato federalista e - ovviamente - al presidenzialismo: vero punto di approdo dello sconvolgimento costituzionale in atto.


E' sul federalismo così come già attuato che non si vuol riflettere. Questo federalismo è il primo cardine su cui si muove una politica tesa a smantellare un sistema istituzionale - democratico, unitario e partecipativo, fondato sul primato dello Stato e garante dei diritti universali - per liberare il sistema economico da quei vincoli nazionali ed unitari che sono ritenuti insostenibili dalla competizione fra sistemi locali. E' già quindi in questo contesto che lo Stato viene concepito come un'organizzazione residuale che svolge solo alcuni limitati compiti, che sarebbe impossibile o inopportuno decentrare, ma che non può avere un progetto di trasformazione della società secondo il principio di uguaglianza e giustizia.

Si tende ad annullare già così uno dei principi fondamentali della Costituzione, che è quello dell'unità e dell'indivisibilità della Repubblica (che dovrebbe essere sottratto a qualsiasi revisione costituzionale) ma anche a dar vita a un federalismo all'italiana derivato da una dissociazione. Infatti, mentre normalmente i federalismi storici nascono da processi di integrazione di entità che erano precedentemente stati sovrani che danno vita allo stato federale, e le costituzioni di queste entità erano il residuo di questa statualità originaria (a tal proposito il ministro Bossi dovrebbe andare a scuola non solo di storia, ma anche di geografia, che forse alla Radio Elettra di Torino non gli hanno insegnato bene…), nel nostro caso il federalismo nasce dalla cessione di competenze da parte di uno stato unitario in favore di sue componenti territoriali. Si è già data una legittimazione costituzionale al principio della sussidiarietà orizzontale nei confronti dei privati, che finisce, nei fatti, per affidare al pubblico solo quelle funzioni amministrative che non possono o non vogliono svolgere i privati. Ora, in molti insorgono contro questa deriva di privatizzazione esasperata, ma senza fare i conti con lo scivolo messo a disposizione di questa sciagurata "devoluzione". Sarà un caso che il ministro Maroni si è subito lanciato sull'idea di pensioni integrative private regionali? Ha o no un significato il richiamo del presidente Pera sul rischio di inibire il parlamento nazionale stesso ad intervenire su casi come la Fiat?


In verità si sono spinte le varie istituzioni a cedere al privato le proprie competenze in merito alla gestione dei servizi di interesse generale (sanità, trasporti, scuola, assistenza). Insomma, con la modifica del Titolo V la privatizzazione dei servizi ha assunto legittimazione costituzionale. Con questa disposizione siamo in presenza, prima di ogni altra considerazione, dell'annullamento del dettato dell'articolo 3 della Costituzione, il quale affida alla Repubblica «il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese», compito che essa può esercitare solo attraverso il primato della pubblica funzione. Quindi, già con la riforma federalista dell'Ulivo non solo siamo di fronte ad una palese contraddizione costituzionale o a una tacita e non scritta modifica della prima parte della Costituzione, ma siamo di fronte a delle istituzioni che, come dicevamo, si fanno carico del mercato assecondandone le esigenze.


Queste sono alcune delle considerazioni - insieme a molte altre - che hanno portato il gruppo di Rifondazione comunista a contrastare quella che giustamente il senatore Fisichella ha definito una falla, che l'attuale disegno di legge costituzionale aggrava, allargando questa falla fino a farla diventare una voragine. Di questo si tratta, infatti, quando si attribuisce alle regioni la competenza legislativa tendenzialmente esclusiva in materia di sanità, scuola e polizia locale. Polizia locale: facciano pure finta di «salvare la patria» sulla Polizia, ma dopo l'intervento in quest'aula del ministro Bossi, che il federalismo americano ha citato quale esempio di funzionamento eccellente, mi permetto di far riferimento alla risposta di Luigi Einaudi ai lavori della costituente che ha liquidato come del tutto fallimentare proprio l'istituzione di polizie federali e non di una polizia centrale dell'intera confederazione.

Non ho nulla da aggiungere a tale pertinente ed efficace ricostruzione del dibattito all'assemblea costituente qui richiamato dal già citato senatore Fisichella. Il no di Rifondazione comunista alla "devoluzione" è così scontato da apparire quasi superfluo, data la nostra più ferma opposizione a qualsivoglia manomissione della costituzione repubblicana. Lo abbiamo già fatto in occasione dell'approvazione della legge Bossi-Fini sull'immigrazione, purtroppo inascoltati, e lo ripetiamo qui: il supremo garante della nostra Carta fondamentale dovrebbe pensarci proprio bene prima di apporre la sua firma a tanto scempio dei diritti universali, a partire dal principio di uguaglianza di tutti i cittadini e le cittadine di fronte alla legge.


Cosa prevede la proposta di Bossi  (nota a cura della Redazione)

Il ddl numero 1187, approvato in prima lettura al Senato, prevede di inserire dopo il quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione un quinto comma che recita:

Le Regioni attivano la competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie:
  1. assistenza e organizzazione sanitaria;
  2. organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione;
  3. definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione;
  4. polizia locale.

Il provvedimento, da sempre cavallo di battaglia di Bossi, attribuisce l'esclusiva competenza legislativa alle Regioni su polizia, sanità e scuole. Come tutte le modifiche alla Costituzione sono necessarie due deliberazioni di Camera e Senato (con un intervallo di tre mesi) prima di diventare definitivo. La "devolution" è stata di fatto già introdotta nella Costituzione con la legge costituzionale sul federalismo del governo di centrosinistra.

Gigi Malabarba
Roma, 6 dicembre 2002
da "Liberazione"