Nelle elezioni del 6 aprile 1924 la trovata delle “liste di disturbo”
Liste civetta: fu Mussolini ad inventarle nel 1924

La frode elettorale delle liste civetta venne inventata settantasette anni fa dal Cavaliere Benito Mussolini e sarebbe di qualche conforto pensare con George Santayana che coloro che non possono ricordare il passato sono costretti a ripeterlo.

Purtroppo non è così: la memoria del passato dovrebbe essere quanto mai presente oggi. Qualsiasi manuale scolastico di storia patria come quello de Agostini, documenta ampiamente la formidabile trovata del duce non per vincere ma per stravincere le infauste elezioni del 1924.

Si trattò di una truffa ai danni della volontà popolare che si aggiunse a quella ben più macroscopica della riforma Acerbo (sistema maggioritario all'interno di un collegio unico nazionale con un premio di maggioranza che attribuiva i due terzi dei seggi - 356 - alla lista che ottenesse più del 25% dei voti, mentre i 179 seggi restanti andavano assegnati su base proporzionale alle liste di minoranza).

Benito Mussolini volle una più assoluta certezza di schiacciare la rappresentatività democratica del Parlamento e pertanto ideò e pose in atto quelle che vennero allora chiamate “liste di disturbo”: erano liste filo fasciste ma con simboli e denominazioni diverse da quelle del Listone Nazionale; il 6 aprile di quell'anno portarono all'elezione di soli 19 deputati che si aggiunsero ai 356 del “Listone” ma sottrassero centinaia di migliaia di voti, per l'esattezza 347,552, ai partiti di opposizione grandi e piccoli nelle circoscrizioni “rosse” o a rischio per il regime.

Senza le liste di disturbo il “Listone” fascista ottenne 4.305.936 voti pari al 64,9%. In totale le opposizioni raccolsero 2.511.974 voti, pari al 35,1%, e 161 deputati: i Popolari 645.000, i Socialisti Unitari 423.000, I Socialisti massimalisti 360.000, i Comunisti, a tre anni dalla scissione di Livorno ed un anno prima di compiere i primi passi sulla strada della clandestinità ottennero 268.000 voti.

Il 30 maggio di quello stesso anno Giacomo Matteotti denunciò in Parlamento la frode elettorale delle liste di disturbo oltre alle violenze fasciste, ai brogli e alle altre irregolarità che avevano caratterizzato lo svolgimento delle votazioni: dieci giorni dopo il deputato socialista venne aggredito, rapito e ucciso sul Lungo Tevere Arnaldo da Brescia dagli squadristi Dumini, Volpi, Viola, Poveromo e Malacria.

Sempre con un dovuto richiamo a George Santayana è opportuno ricordare che in quella infuocata campagna elettorale Benito Mussolini fece di tutto per dare una vernice pluralistica e democratica al suo “Listone”.

Nel discorso inaugurale del 28 gennaio 1924 dichiarò testualmente: «Tutti quegli uomini del popolarismo e della frazioni della democrazia sociale, disposti a collaborare con una maggioranza fascista, sono invitati ad entrare in una grande lista elettorale».

L'invito venne prontamente accolto da fior fior di liberali e democratici come Antonio Salandra, Vittorio Emanuele Orlando ed Enrico De Nicola, e da fuoriusciti del Partito Popolare come Stefano Cavazzoni, Egilberto Martire e Paolo Mattei Gentili.

Il Salandra motivò la sua adesione riconoscendo in Mussolini “il continuatore della migliore tradizione liberale e risorgimentale”; V. E. Orlando accreditò l'immagine di un fascismo inteso come forza capace di portare alla “normalizzazione” del paese.

E poi tutti in coro, fascisti e non fascisti, a ricordare l'assoluta necessità di assicurare la “governabilità” e la “stabilità” della nazione italiana. Doveroso peraltro ricordare che V. E. Orlando, De Nicola ed altri democratici si dimisero o comunque si dissociarono dal fascismo prima e dopo l'assassinio di Matteotti.

Carlo G. Rendi
Roma, 25 aprile 2001