Dall'analisi dei voti delle elezioni politiche un'immagine inedita e più completa
Forza Margherita
Il successo "nuovista" della lista Rutelli, una forte tendenza alla polarizzazione, la vittoria del rampantismo degli anni 90, l'affermazione inutile degli ex diccì, Rifondazione che avanza dove vince l'Ulivo.

Guardare le elezioni dalla parte dei voti espressi in assoluto è un esercizio interessante e stimolante. Molti fenomeni che la logica, un po' perversa, dei dati in percentuale non vede, vengono meglio alla luce e ci consegnano un'immagine più nitida - per quanto non perfetta - del paese reale, o perlomeno di quello che ha votato. La prima immagine, ad esempio, non viene mai presentata e invece sarebbe interessante da indagare. Ci riferiamo allo scarto tra i votanti e i voti validi. Sono 2.280mila al Senato e 3.194mila alla Camera le schede annullate o restituite in bianco e quindi non assegnate a nessuna lista. Si tratta di un fenomeno ormai strutturale, che si ripete ogni anno e che si affianca a quello, più corposo, dell'astensione. Chi annulla la scheda può avere mille ragioni e in genere in questa casistica rientrano anche i numerosissimi errori che il sistema attuale genera

Il voto dei giovani

La seconda immagine riguarda il voto giovanile. Ovviamente non disponiamo di nessuno strumento scientifico adeguato e non possiamo che basarci sul differenziale tra Camera e Senato per ciascuna coalizione, che sembra non lasciare adito ad alcun dubbio.

Il Polo ottiene 14.400mila voti al Senato e 18.380mila alla Camera, 4 milioni di voti in più, il 28%.

L'Ulivo invece, nei due rami del parlamento, ottiene gli stessi voti: circa 13 milioni. La lista D'Antoni, addirittura, ottiene meno voti alla Camera (886mila) che al Senato (1.066mila), mentre va meglio a Di Pietro che alla Camera ottiene il 26% di voti in più, mentre Rifondazione ha uno scarto di 160mila voti, circa il 10%.

I giovani, quindi, stanno con Berlusconi. Sono stati abituati dagli anni 90 a preferire il rampantismo alla solidarietà, il liberismo al welfare, il valore dell'impresa su quello del lavoro, che in cabina elettorale gli deve essere sembrato inevitabile premiare il simbolo azzurro di Forza Italia.

Ed è questo dato che permette alla Casa delle libertà di avere, alla Camera, metà del paese dalla propria parte.

Su 37 milioni di voti validi espressi nella parte proporzionale, la coalizione di centrodestra ne guadagna 18.380mila, mentre al Senato il rapporto è molto più basso: 14.397mila su 33.854mila voti validi (appunto il 42.5%).

I centristi

Terza immagine, perdono tutti.

Al di là infatti dei meccanismi istituzionali che conferiscono le maggioranze in parlamento, i due principali schieramenti, così come Rifondazione, perdono, rispetto al 1996, un numero consistente di voti: un milione e duecentomila le destre, mentre dall'altra parte il conteggio è più complesso. L'Ulivo, infatti, conteggiando i voti delle liste che lo compongono, ottiene alla Camera gli stessi voti del '96, ma solo grazie ai 600mila voti che gli porta in dote la scissione cossuttiana. Rifondazione, che nel '96 aveva praticato la desistenza con l'Ulivo, detratti i voti del Pdci, perde invece 700mila voti. In tutto si tratta di 1.300mila voti, all'incirca quanto il fronte avversario.

Ora, a costo di cadere in un automatismo eccessivo, la somma di questi numeri corrisponde, grosso modo, alla somma dei voti ottenuti da Di Pietro e D'Antoni (2.329mila) che sembrebbero, sia pure indirettamente, “lucrare” su questa dispersione di voti.

Ovviamente possiamo procedere solo per approssimazioni, ma alcune linee di tendenza sembrano segnate.

Il centrodestra perde i suoi voti soprattutto al Nord; man mano che ci si sposta al sud, nonostante le perdite secche di An e Ccd-Cdu, i voti complessivi della CdL corrispondono a quelli del '96, segno quindi che il poderoso incremento di Forza Italia (che complessivamente guadagna 3 milioni di voti) compensa le perdite del partito di Fini (che invece perde nazionalmente oltre 1.400mila voti) e di quello di Casini e Buttiglione (sotto di un milione).

Il tracollo della Lega (si tratta di 2.320mila voti), non viene invece assorbito dai successi personali di Berlusconi.

E infatti la Cdl al Nord perde 80mila voti in Piemonte, 190mila in Lombardia, 60mila in Veneto.

Questo saldo negativo potrebbe essere stato assorbito in parte da Di Pietro (volto accettabile per l'ex elettorato di Bossi e che ottiene buoni risultati in tutto il Nord, così come nel centro e nel sud), ma anche da D'Antoni, i cui successi nel Lazio, in Campania, Calabria, Puglia, Basilicata e Sicilia fanno pensare a una buona capacità di attrazione rispetto ai voti persi da Ccd-Cdu e Alleanza nazionale (per lo meno quelli che non trasmigrano in Forza Italia).

L'Italia bipolare

Ma per i centristi il discorso va allargato al centrosinistra e in particolare a quel fenomeno, politico e sociale, rappresentato dalla Margherita. La lista creata da Rutelli e composta da popolari, Democratici, diniani e mastelliani ha fatto un vero e proprio en plein.

I suoi successi viaggiano tra il 13 e il 19% in tutte le regioni, ma, se ci soffermiamo sul risultato delle regionali del 2000, il suo risultato nel nord e nel centro è nettamente differente da quello del sud: Rispetto al '96 la Margherita guadagna 1.196mila voti.

Ma rispetto al 2000 l'incremento è molto più alto (il confronto complessivo non è possibile visto che allora votarono solo 15 regioni su 20): in Piemonte si tratta di 280mila voti, nel Veneto 150mila, in Toscana 180mila, in Emilia 300mila, nel Lazio 260mila. Questa crescita impetuosa si ferma di botto, però, quando si passa in quelle regioni ad alta tradizione democristiana e clientelare: la Margherita perde rispetto ai suoi soci fondatori 250mila voti in Campania, 40mila in Basilicata, 100mila in Calabria, mentre rimane sostanzialmente stabile in Sicilia.

Da questi dati si possono ricavare almeno due considerazioni.

La prima riguarda la tendenza marcata alla polarizzazione del voto: sia nel centrodestra che nel centrosinistra (che non si scambiano quasi nessun voto) sono i nomi di Berlusconi e Rutelli ad attrarre l'elettorato.

Nell'Ulivo questa dinamica si scarica negativamente sui Ds che pagano duramente il fatto di aver rinunciato a presentare una propria figura credibile e visibile nel corso della campagna elettorale (Veltroni si è rifugiato a Roma, D'Alema a Gallipoli, Fassino è ancora troppo marginale).

In realtà, sia rispetto alle regionali del 2000 che alle europee del '99 la Quercia guadagna voti: nelle 15 regioni in cui si è votato anche nelle regionali il recupero è di 300mila voti.

Ma questa capacità di recupero, possibile per il consistente aumento dell'affluenza al voto (che caratterizza tutte le liste, compresa la Lega), impallidisce di fronte a quella manifestata dai centristi della Margherita da un lato e da Forza Italia dall'altro.

Voto leggero e voto utile

Si consolida quindi il voto “leggero”, il consenso d'opinione, che oggi c'è, ma che domani potrebbe spostarsi da un'altra parte. Il voto a Rutelli, a un'analisi attenta, potrebbe provenire in larga parte dalla lista Bonino.

Si indebolisce quindi il voto “pesante” quello basato su corpose relazioni sociali, su legami costruiti nel territorio o nel posto di lavoro.

In realtà, questa dinamica è più visibile al Nord e meno al Sud, e forse indica un nuovo blocco sociale, fatto di nuove figure professionali (piccoli imprenditori, professionisti, dirigenti, impiegati di alto livello, quadri e tecnici, ecc.), di persone attratte da un progetto “progressista e riformatore” nel senso più anglosassone del termine, che nell'Ulivo “leggero” targato Rutelli, Veltroni e Fassino, si sentono più a loro agio.

Sono loro, in effetti, oggi a rappresentare la vera anima del centrosinistra, essendo, quella riformista di stampo socialdemocratico, cioè ispirata al mondo del lavoro, ai suoi diritti e alle sue tutele, ampiamente sbiadita.

Un'annotazione, questa che ha a che fare con il voto a Rifondazione e con il richiamo del voto utile.

A quelli che pensano che il Prc abbia fatto perdere il centrosinistra vale la pena segnalare che il Prc ha ottenuto risultati apprezzabili proprio nei collegi assegnati all'Ulivo.

Tre esempi:

Forse, nella rappresentanza dei soggetti sociali in carne e ossa, qualcosa sta cambiando.

Salvatore Cannavò
Roma, 16 maggio 2001
da "Liberazione"