Legge elettorale, evitare una Caporetto.

Alcuni giorni fa l'onorevole Mussi, capogruppo dei DS alla Camera, ha affermato che si tenterà di approvare la nuova legge elettorale, ma senza fare del Parlamento un Vietnam; noi di Rifondazione comunista, in verità, amiamo l'eroica lotta del popolo vietnamita e vorremmo piuttosto evitare una Caporetto: dopo le scelte tardive e contraddittorie dell'Ulivo, una mancanza di determinazione oggi significherebbe solo l'introiezione della sconfitta, la resa politica. Le destre oggi, è nostra precisa convinzione, sono pericolosamente forti anche per le contraddizioni e la debolezza del centrosinistra.

La forza delle destre può essere contrastata, può non trasformarsi in successo. Ma occorre una determinazione straordinaria, un salto di qualità. Berlusconi, Bossi, Fini, vanno messi di fronte alla proprie responsabilità ed alle proprie contraddizioni.

Il Parlamento non può essere bloccato dalle loro ipocrisie, furbesche fandonie, ossessioni elettoralistiche. Per bieco elettoralismo tradiscono una precisa volontà popolare che si è espressa in due referendum, che obbliga il Parlamento a votare una riforma della legge elettorale che garantisca formazione democratica della rappresentanza parlamentare in senso più proporzionale, e, insieme, più governabilità.

Questo è un tema fondamentale per la democrazia che non può essere oggetto di baratto né di mercantilismo aziendale.

Negare una limpida dialettica democratica significa fondare, in maniera che respingiamo, il processo costituente della politica su una pura contesa per il governo tra due confusi schieramenti sostanzialmente unificati, nei programmi e nei comportamenti, dal “pensiero unico” del mercato. E' qui che si evidenzia la proiezione del pensiero unico del mercato sulle istituzioni, con una politica che viene ritenuta l'unica possibile, perché ancella, serva dell'economia.

Perché, allora, mi chiedo, Polo e Ulivo si meravigliano dell'astensione crescente, del rifiuto e del disagio sociale rispetto ad una politica che vende la sua anima, la sua “connessione sentimentale” con il popolo?

Rifondazione comunista proprio questo vuole contrastare; l'esistenza di una forza come la nostra ha proprio questo senso politico, la necessità di un soggetto politico che resista attivamente alla politica omologata, rompendo la grigia coltre del moderatismo.

Stanno qui la nostra radicalità e la nostra progettualità. Anche per questo riteniamo che Berlusconi e coloro che, anche nel centrosinistra, per puri calcoli di bottega, pensano ipocritamente, dopo aver bloccato la discussione in Parlamento per un anno, che oggi non vi sia più il tempo di approvare la riforma elettorale, si assumano una duplice, grave, responsabilità. Da un lato, mandano il Paese al voto con una legge che tutti ritengono obsoleta ed incapace di rappresentare adeguatamente il pluralismo, l'articolazione democratica di una società complessa come la nostra, cancellando pressoché completamente dalle istituzioni le voci e le istanze critiche.

Dall'altro stanno, implicitamente ma con evidenza, decidendo sin da ora che la legislatura che si aprirà dopo le prossime elezioni politiche durerà ben poco, perché comunque bisognerà riformare la legge elettorale e a questa riforma è ineludibile che seguirà, per prassi costituzionale consolidata, un nuovo turno elettorale.

Altro che stabilità!

Si sta condannando il paese ad anni di instabilità istituzionale, abbandonandolo nelle mani dei poteri economici e finanziari forti.

Noi siamo contrari ad un “Parlamento ad una dimensione”, che sostituisce il cinismo politico alla dialettica, al confronto, allo scontro politico, che sono il sale della democrazia parlamentare.

Rifondazione comunista ripete oggi, con coscienza, ciò che afferma da 8 mesi: incoraggiamo e sosteniamo l'attuazione della riforma elettorale. Se le destre pretestuosamente, rifiutano il confronto, la riforma può nascere da un incontro tra il centrosinistra e PRC sul testo già messo a punto dopo un anno di discussioni e votazioni della Commissione Affari Costituzionali.

Non è il nostro testo; non stiamo difendendo rigidamente i nostri principi ed obiettivi; ma è un passo avanti, la conquista di un terreno democratico più avanzato. Questo ci interessa, non qualche seggio parlamentare in più, al quale abbiamo già dimostrato di saper rinunziare. Le lusinghe elettoralistiche non ci interessano.

I comunisti sono fatti così, sono ancora figli dell'“Utopia concreta” del conflitto e della trasformazione. Anche per questo non ci contenteremo di manfrine o del palleggiamento delle responsabilità: riterremo invece grave se, di fronte alla irresponsabilità delle destre, il centrosinistra fosse bloccato da uno spirito di resa. Sono sempre dell'idea che dovremmo imparare dalla intelligenza, dalla lucidità, dalla determinazione dei Vietnamiti. Il resto è pura chiacchiera.

Giovanni Rosso Spena
deputato del PRC
Roma, 16 gennaio 2001
Da Liberazione, 17 gennaio 2001