Domande e risposte, di Fausto Bertinotti, sulla proposta del PRC di"non belligeranza"
Una scelta di autonomia

Caro Fausto, scusami ma non mi convince ancora la politica di non belligeranza che il partito vorrebbe attuare. Intanto perché è incomprensibile ai più. Dici: Rifondazione decide unilateralmente (poco credibile!) di non presentare candidati alla Camera per dare modo alla sinistra moderata di vincere e allontanare il pericolo delle destre.

Sappiamo bene che le destre vinceranno anche perché non si capisce il contrario. Cioè qual è la sinistra. O no? Allora forse sarebbe meglio un accordo secco alla luce del sole. Ci garantiscono 30 collegi sicuri o ne perdono cento e senza dubbio alcuno il governo. Senza alchimie. Prendere o lasciare.

Ma quello che vorrei dirti e chiederti è perché io, comunista, non debba pretendere dal mio partito di presentare un candidato che mi rappresenti alla Camera? Perché forse pensiamo che la Camera sia un'istituzione inutile? Oppure perché pensiamo basti il proporzionale? O forse più realisticamente crediamo comunque che non porteremo nessuno e così evitiamo di sentirci per tutta la campagna elettorale il solito, noioso, falso, ritornello.

Noi facciamo vincere le destre... Non paga. Questa volta rischiamo che il nostro elettorato si astenga anche sulla quota proporzionale. Questi sono gli umori che sento in giro. Non si capirebbe del resto cosa dire nelle strade in campagna elettorale? Voi dovete votare proporzionale di qua, Senato maggioritario di là... Camera se volete... per battere le destre (quali) colà. Scusami, ci avete pensato?

Credo veramente che il partito rischi di scomparire. E poi perché in democrazia un voto è inutile? Anche fosse solo “ideale”. Non regge. Fidati.

Diego Valeri

Caro Diego, di questo argomento abbiamo parlato spesso in questa rubrica e in altre parti del giornale, come pure negli organi dirigenti del partito con tanto di votazioni conclusive di documenti per tutti impegnativi.

Francamente, visto che il quadro complessivo entro il quale operiamo non è mutato, non sentirei l'esigenza di aggiungere alcunché al già più volte detto e argomentato, se non fosse per il fatto che nella tua lettera tocchi aspetti su cui ritengo necessario tornare a precisare, con la speranza che questo possa essere di comune utilità.

Tu affermi che la scelta che abbiamo maturato - e che abbiamo definito di non belligeranza - sarebbe incomprensibile ai più e, peggio ancora, poco credibile perché presentata come unilaterale. Se ben capisco tu proponi in alternativa una scelta drastica tra un accordo secco su collegi sicuri e la presentazione in ogni dove, motivando quest'ultima con l'utilità di una rappresentanza istituzionale (che peraltro nessuno ha mai messo in dubbio).

Permettimi di dirti che il tuo mi pare un ragionamento sbagliato e contraddittorio. In primo luogo non è affatto vero che questa scelta è incomprensibile, non solo perché è condivisa dalla grandissima maggioranza del nostro partito, ma perché incontra comprensione e condivisione nell'area di simpatia e di sostegno elettorale al nostro partito. In secondo luogo trovo davvero preoccupante che si consideri come poco credibile una scelta proprio perché viene fatta in modo unilaterale, ovvero perché viene compiuta senza chiedere nulla in cambio e in particolare senza patteggiamenti sui collegi. In effetti sono recentemente comparse notizie di stampa che vorrebbero avvalorare l'esistenza di presunti accordi sotterranei.

Ma tutto ciò è pura invenzione e deriva da una concezione purtroppo diffusa della politica che è incapace di pensare e di praticare un comportamento che sia estraneo tanto alla logica di accordi di convenienza quanto a soluzioni di puro isolazionismo. Lo ripeto: la nostra scelta si fonda sull'applicazione del principio dell'autonomia, sull'analisi puntuale del quadro politico e delle forze in campo, su una attenta considerazione degli effetti pratici di una presentazione elettorale.

Tutti questi elementi, non solo uno di essi, concorrono a determinare la nostra scelta. Se noi ci presentassimo in tutti i collegi uninominali alla Camera non otterremmo alcun risultato, almeno in base ai rapporti di forza attuali non certo modificabili entro la prossima primavera. La scelta di non presentazione è quindi guidata dalla necessità di ottenere effettivamente una rappresentanza istituzionale e non dalla indifferenza a questo obiettivo.

Al Senato, se non si arriverà a una modifica della legge elettorale che noi auspichiamo, le regole del gioco sono diverse e quindi la nostra presentazione in ogni collegio è motivata dalla possibilità di ottenere il risultato di un certo numero di eletti, risultato che altrimenti non sarebbe perseguibile.

Non credo affatto che la nostra non presentazione nei collegi uninominali alla Camera allontanerebbe nostri possibili elettori deprimendo il nostro risultato al proporzionale. In realtà è di gran lunga più probabile il contrario: una nostra presentazione all'uninominale alla Camera scatenerebbe, questa sì, l'offensiva del “voto utile”, mettendo a serio rischio la nostra affermazione elettorale nella parte proporzionale e persino l'esistenza di una rappresentanza parlamentare.

Naturalmente, ma anche questo lo abbiamo già detto, il nostro atteggiamento di non belligeranza può essere puramente passivo o attivo, ossia, in questo caso, promuovere un voto contro le destre nei collegi uninominali. Quest'ultima condizione non dipende da noi, ma dipende dal fatto che lo schieramento del centrosinistra riesca a produrre atti ed atteggiamenti che non allontanino da sé l'elettorato di sinistra.

I segnali giunti in questa direzione non sono stati incoraggianti, se non addirittura contrari. Eppure proprio la martellante offensiva delle destre, che nelle sue propaggini e conseguenze estreme giunge alla bomba al “manifesto”, dovrebbe fare capire che la corsa al centro e ai “programmi fotocopia” produce solo disastri, e non solo sul terreno elettorale.

Fausto Bertinotti
Roma, 30 dicembre 2000
da "Liberazione", 31 dicembre 2000.