Lo scontro sulla candidatura di Marco Ferrando

Contro la deriva moderata di Rifondazione, per il mantenimento di un'opposizione comunista nel nostro paese.

“Quando si vogliono ricoprire incarichi elettivi Istituzionali, la posizione che deve essere rappresentata è quella del partito e non la propria singola e personale posizione”

Marco Ferrando

Marco Ferrando

L’ attacco di questi giorni alla candidatura di Marco Ferrando ha un preciso significato politico. A partire da un articolo su Libero, che recuperava vecchie dichiarazioni su Israele nel suo libro-intervista di qualche anno fa (edito dalla giovanetalpa), si è sviluppata una vera campagna, guidata dal direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli e da ambienti liberali dell’Unione, tesa a far saltare la sua candidatura al Senato. Più precisamente una campagna tesa a spingere Bertinotti a ritirare la candidatura, cosa che si è puntualmente verificata.

Questa campagna è stata mossa anche, naturalmente, da fattori particolari, ma la ragione prioritaria e vera è un’altra: evitare in Senato una presenza “scomoda” per Prodi e per l’Unione. Tanto più scomoda nella previsione di un possibile scarto minimo al Senato tra le due coalizioni. Questa campagna si colloca in un’azione generale di pressione sul PRC: una volta incassato il coinvolgimento governativo di Fausto Bertinotti sul programma degli industriali e dei banchieri, il Centro liberale e la sua stampa vogliono che il PRC presidi il fronte alla sua sinistra, svolgendo da subito un ruolo di contenimento delle lotte e di disciplinamento dei movimenti. Le pressioni sul PRC attorno alla questione TAV, alle contestazioni olimpiche, alle lotte per la casa, si pongono in questo quadro: mirano a misurare, a futura memoria, il grado di affidabilità del PRC come sinistra del centrosinistra. Questo non solo sul versante parlamentare, ma anche sul versante sociale.

Il pressing sulle candidature “irregolari” è parte di questa campagna. Sia per la pressione della propaganda reazionaria delle destre, sia per uno specifico interesse proprio, il Centro dell’Unione chiede a Bertinotti la ripulitura delle liste del PRC dagli elementi inaffidabili e ingovernabili, o almeno da quelli che tali appaiono. La difficoltà di Bertinotti, in questo quadro, è evidente: da un lato deve rassicurare la borghesia sulla serietà della propria scelta di governo (e della propria aspirazione alla presidenza della Camera); dall’altro non può scaricare personaggi come Caruso o Luxuria che sono espressioni reali e simboliche di realtà di movimento o associative con cui il PRC, e Bertinotti in particolare, ha costruito una relazione politico-identitaria.

La presenza nelle liste del PRC di Marco Ferrando trova la sua ragione nella rappresentanza di una componente storica della sinistra del Partito, ma proprio per questo è paradossalmente più esposta al rischio di un intervento discriminatorio e censorio del suo gruppo dirigente. Soprattutto è una candidatura più invisa agli ambienti politici liberali dell’Unione, che ne conoscono o ne intuiscono l’intransigenza politica. Così non è un caso che dopo il primo articolo del quotidiano Libero (9-2) e soprattutto l’articolo e il corsivo di Mieli sul Corriere del 10-2 (che apertamente incoraggiava Bertinotti a liquidare la candidatura Ferrando), sia intervenuto sul tema Piero Fassino: che in una nota d’agenzia del 12-2 ha pubblicamente esortato il PRC a rimuovere la candidatura di Marco Ferrando “in quanto non accetta il programma dell’Unione sul Medio Oriente” (!). Il secondo articolo del Corriere, sotto forma di intervista a Ferrando (13-2) ha cercato di rilanciare l’affondo di Fassino con un titolo scandalistico dal punto di vista borghese sul caso Nassirya.

Di fronte a ciò, Progetto Comunista ha tenuto un comportamento coerente. Da un lato stiamo lottando con le nostre forze per difendere una candidatura rivoluzionaria dalla campagna borghese e dalla capitolazione ad essa di Bertinotti. Dall’altro, come sempre, non siamo stati disponibili a mercanteggiare riconoscimenti politici con la rinuncia alle nostre posizioni programmatiche e di principio. Le stesse per cui siamo oggi combattuti. Le stesse che vogliamo difendere e valorizzare in ogni sede in cui avremo voce e presenza.

Questo ha portato alle conosciute scelte della Segreteria Nazionale che ha deciso di cassare la candidatura aprendo una consultazione e-mail dei componenti del CPN su un testo che, appunto, chiede l’esclusione di Ferrando dalla liste elettorali del Prc. In questo quadro ci pare molto grave non solo il merito della scelta, ma anche il metodo: le candidature sono state votate, come da statuto, in una riunione plenaria del Comitato Politico Nazionale (20 e 21 gennaio 2006). La scelta di rimozione è stata di fatto effettuata dalla Segreteria Nazionale, ed imposta al CPN con una procedura inedita di consultazione telefonica. L’intento della Segreteria Nazionale del PRC, evidentemente, è quello di mostrare la propria rapidità di intervento alle forze dell’Unione, chiudendo la vicenda il più velocemente possibile anche per evitare il coagularsi dentro e fuori il PRC di un consenso alle posizioni espresse sulla lotta palestinese ed irakena.

Nel merito delle questioni sollevate, infatti, come Progetto Comunista-sinistra del Prc rivendichiamo tutti i contenuti espressi da Marco Ferrando nelle recenti interviste.

Sosteniamo senza riserve la lotta popolare del popolo palestinese contro l’oppressione sionista. L’intifadah vede il nostro più ampio e incondizionato sostegno, con il rifiuto delle soluzioni di com­promesso come gli accordi di Oslo e la Road Map e la loro negazione del diritto al ritorno dei fuoriusciti palestinesi. Le soluzioni prospettate di “due popoli due stati”, infatti, oltre che mantenere l’esistenza di un artificiale stato confessionale che in questi decenni è stato il principale artefice di politiche imperialistiche e neocoloniali nel medioriente, rappresentano la negazione del diritto al ritorno dei profughi, il mantenimento di una condizione di apartheid interno per la crescente quota della popolazione palestinese con cittadinanza israeliana, il perpetuarsi di un regime centrato sulla logica dell’assedio religioso e della potenza militare costruito sulle spalle della classe lavoratrice ebraica. Questa posizione antisionista, patrimonio anche della sinistra rivoluzionaria israeliana con la quale condividiamo la comune appartenenza al Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale (Socialist Workers League), non può assolutamente essere scambiata con una posizione antisemita. La recente vittoria di Hamas nelle elezioni palestinesi è giudicata con preoccupazione da Progetto Comunista: questo partito, pur avendo l’appoggio delle fasce popolari più diseredate e degradate, rappresenta principalmente la borghesia clericale palestinese. In Italia come in Medioriente, in Israele come in Palestina siamo contro ogni integralismo e fondamentalismo religioso, utile solamente a compattare la popolazione dietro gli interessi ed ai progetti politici della propria borghesia nazionale. Al contrario, davanti alla vittoria elettorale di Hamas, salutiamo i 3 seggi conquistati nel Parlamento palestinese dal Fplp, forza della sinistra palestinese con cui è in solidarietà in Italia l’Unione Democratica Palestinese, il cui segretario è iscritto al Prc e, pur non appartenendo a Progetto Comunista, ha votato il nostro documento all’ultimo congresso del Partito.

Con la stessa forza rivendichiamo il diritto di Resistenza, anche armata, del popolo iracheno contro l’occupazione neocoloniale del suo paese. Il diritto a sparare anche contro le truppe italiane, guidate non da interessi umanitari ma da ben più concreti interessi petroliferi dell’ENI nell’area di Nassiriya, è il diritto della popolazione irakena a difendere la propria sopravvivenza ed il proprio autogoverno. Il sostegno alla lotta popolare dei lavoratori e della masse irakene non ha mai voluto dire, per Progetto Comunista, l’appoggio al regime nazional-militare di Saddam, a suo tempo principale protagonista degli interessi imperialisti francesi ed americani nell’area, che si è sempre contraddistinto per la feroce repressione dei movimenti dei lavoratori del suo paese. Con la stessa fermezza con cui sosteniamo la resistenza irakena, ci battiamo contro le sue componenti integraliste e fondamentaliste, lì come in Palestina veicoli principali di una nuova dominazione della borghesia nazionale. E come nella tradizione della sinistra marxista rivoluzionaria sin dall’inizio della sua storia, ci battiamo contro ogni deriva terroristica delle lotte sociali e di liberazione nazionale, soprattutto quando colpisce indiscretamente la popolazione civile.

Queste posizioni rappresentano la nostra proposta ed il nostro profilo, come la critica alla linea del PRC di alleanza con il centrosinistra e di sostegno al futuro governo Prodi. In Rifondazione Comunista ci siamo battuti, ci battiamo e ci batteremo per rompere con le forze liberali rappresentate da Prodi e dall’Unione e per mantenere un’opposizione comunista nel nostro paese. Queste posizioni sono espresse nei nostri documenti congressuali, nel nostro giornale, negli interventi negli organismi dirigenti di Rifondazione e nella nostra pratica politica. Come tali sono ed erano ben conosciute da Bertinotti e da tutto il gruppo dirigente del PRC ben prima della scelta di candidare Marco Ferrando nelle sue liste: la scelta di dichiararle oggi incompatibili con il Partito è semplicemente figlia della pressione politica di Fini, di D’Alema e dell’Unione.

Queste posizioni crediamo rappresentino un’area ed una componente della sinistra, dei movimenti e delle lotte sociali in questo paese, che va ben oltre la nostra militanza e la nostra influenza. Queste posizioni crediamo debbano essere rappresentate nel prossimo Parlamento e per questo invitiamo tutte i compagni che le condividono a chiedere al gruppo dirigente nazionale del PRC di mantenere la candidatura di Marco Ferrando alle prossime elezioni politiche, a partire dalla sottoscrizione dell’appello che alleghiamo.


CONTRO LA DERIVA MODERATA DI RIFONDAZIONE,
per il diritto alla resistenza del popolo irakeno, a fianco dell’intifadah palestinese

Le accuse rivolte in questi giorni a Marco Ferrando di criticare la natura dello stato di Israele o di rivendicare il diritto di rivolta della popolazione irakena contro le truppe di occupazione potrebbero essere rivolte a molti di noi. Sono posizioni di ampia parte del Prc e largamente presenti nei movimenti di lotta di questi anni. Tanto più inaccettabili risultano queste accuse quando provengono da forze promotrici di missioni militari e di guerra nell’ultimo decennio, contro cui Rifondazione Comunista e i movimenti si sono sempre battuti. Per questo noi, lavoratori e militanti impegnati nei movimenti, respingiamo l’aggressione scatenata da ambienti reazionari di centrodestra e dal centro dell’Unione contro la sua candidatura e chiediamo al Partito della Rifondazione Comunista che sia mantenuta:

PRIMI FIRMATARI: Nicoletta Dosio (Comitato anti TAV Valsusa), Piero Acquilino (rsu Fincantieri); Massimo Busnelli (AEB Monza); Antonio D’Andrea (rsu Fiat Melfi); Daniele Debetto (rsu Pirelli Settimo Torinese); Bruno Manganaro (segr Fiom-Cgil Genova, Com. Centrale Fiom); Letizia Mancusi (Forum Palestina); Michele Melilli (segr prov Cub Trasporti Ragusa); Gino Mirabelli (segr Fnle-Cgil Genova); Alfonsina Palumbo (dir Cgil Benevento); Renato Pomari (rsu IBM Vimercate); Luigi Sorge (Rsu Sincobas Fiat Cassino, Coordinamento naz Sincobas); Germano Monti (Forum Palestina) Roberto Spagnolo (esecutivo Cobas scuola TO); Aldo Romaro (Pane e rose - Padova)…

Per ulteriori adesioni: amr@progettocomunista.it

AMR - Progetto Comunista
Roma, 17 febbraio 2006
www.progettocomunista.it