Intervista a Paolo Ferrero

«Ci saremo senza simbolo: sarà uno spazio pubblico»

Partecipando a un progetto più grande di noi, non potremmo mai chiedere che questo fosse portato avanti con il nostro simbolo. Si tratterà piuttosto di decidere insieme, simboli e nomi.

Se chiedi degli “arancioni” a Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, lui comincia sorridendo. Ma non per sfacciataggine, né perché consideri, per qualche ragione, comico il progetto. Anzi. Ferrero ride perché conosce i suoi polli, quanto è difficile metterli d'accordo. E pure se stesso.

Ferrero si fa presto a dire “arancioni ”. Le anime però sono ancora scomposte.

È perché siamo un percorso aperto, e dicembre è il mese costituente.

Facciamo il punto.

Credo che l'appello “Cambiare si può” sia per questo sufficientemente definito e positivo, perché dice chiaramente che si deve costruire un quarto polo per proporre agli italiani un'alternativa alle politiche di austerità del governo Monti e anche del centrosinistra, individuando nella partecipazione dal basso, il modo in cui si uniscono tutti coloro che si oppongono al liberismo. Con il sindacato, i comitati locali, i no Tav, i movimenti dei referendum: il vero motore della sinistra.

E i partiti?

Certo, anche partiti.

Voi di Rifondazione e anche ciò che resta dell'Idv di Di Pietro?

Sicuramente. Perché io confido che, queste forze, insieme a de Magistris che fa una cosa sua il 12, possano convergere tutte su una lista alternativa, costruita con modalità democratiche.

Senza pretendere ognuno la sua quota, insomma?

Democratica vuol dire che, se il Pd fa le primarie per scegliere il candidato presidente, e se Beppe Grillo fa le “parlamentarie”, noi dovremmo garantire un livello di democrazia e partecipazione anche maggiore, coinvolgendo i territori, costruendo uno spazio pubblico della sinistra, rinunciando quindi a patti e trattative.

Rinunciando anche ai simboli?

Mi pare ovvio. Partecipando a un progetto più grande di noi, non potremmo mai chiedere che questo fosse portato avanti con il nostro simbolo. Si tratterà piuttosto di decidere insieme, simboli e nomi. Ma più avanti.

Non va bene “lista arancione”?

Dipendesse da me, io la chiamerei “unità della sinistra”, ma per ora chiamiamola quarto polo, visto che non c'è ancora né nome, né simbolo, né colore.

Ne preferirebbe un altro?

A me, è risaputo, piace il rosso.

È però sicuro che il polo sarà alternativo a quello delle primarie?

Il punto oggi è questo. Perché è il tempo di prospettare l'alternativa, il tempo di rivendicare «un nuovo New deal», per dirlo con le parole di Luciano Gallino.

E la coalizione del centrosinistra non può farlo?

Mi sembrerebbe difficile, perché è il centrosinistra del Pd che appoggia Monti e vota continuamente la fiducia al peggior governo dal dopoguerra ad oggi, che demolisce i diritti e sta impoverendo l'Italia.

Bersani però promette: «Farò il cambiamento » . Ma poi la sua coalizione nella carta d'intenti ribadisce piena fedeltà alla politica del rigore. Per noi, invece, gli italiani hanno diritto a un'alternativa, e per questo dobbiamo chiedere di andare al governo: non possiamo lasciare il Paese sospeso tra Monti e il vaffanculo di Grillo.

Andare al governo da soli però è difficile. Lei farebbe un accordo post elettorale?

Se dopo elezioni, che noi vinciamo, non ci bastano i voti, è ovvio, ( ride) che proporremmo al Pd e alla sua coalizione di collaborare.

E invertendo l'ordine di arrivo sul traguardo?

È lo stesso. Ma senza dare nulla per scontato, perché per noi contano i programmi, e questo polo non nasce in relazione agli altri, ma su alcune proposte chiare, fuori dalla tattica.

L'alternativa.

Sì, l'alternativa alle politiche liberiste, contro il fiscal compact e per un piano pubblico di occupazione, per il no alla Tav e all'acquisto degli F35, per il tetto agli stipendi e alle pensioni d'oro e contro la speculazione finanziaria.

Insomma si discute poi, in base ai pesi elettorali?

No. Si discute in base ai programmi, perché che si debbano ristabilire i diritti per i più poveri e i doveri per i più ricchi, non è oggetto di trattativa.

Non vi spaventa la soglia di sbarramento e il “voto utile”, con la coalizione delle primarie così alta nei sondaggi?

No. Perché quei risultati sono frutto anche dell'enorme rilievo mediatico dato dalle primarie. E poi perché, questa volta, il progetto è molto chiaro e la gente ha provato sulla propria pelle le politiche dell'austerità, dei tagli alla sanità e all'istruzione, votati dal Pd.

Niente Sinistra Arcobaleno, insomma.

No, questo è un fatto nuovo. Altrimenti non parlerebbe a nessuno. E anche le liste non saranno fatte solo di ex parlamentari, come fu allora.

Lei farà un passo indietro?

La mia candidatura, come le altre, sarà elemento di discussione. Certo però il progetto non sta o cade su questo. Non è possibile: pensiamo al Paese e non a Paolo Ferrero.

E invece Antonio Ingroia va bene, è il candidato giusto per guidare la lista?

Per quanto mi riguarda, sì.

Non c'è il rischio sia così troppo “manettara”?

No. La nostra sarà una risposta complessiva alla drammatica sofferenza sociale, e per questo terrà insieme la riforma morale e la questione sociale.

Ma ci sono i tempi?

Se si vota a marzo saremo pronti. Dicembre è il mese costituente, gennaio quello dei programmi e delle liste partecipate. Il tutto intrecciato con la raccolta firme per i referendum sull'art 8 e 18, e sulla riforma Fornero delle pensioni.

Luca Sappino
Roma, 5 dicembre 2012
da “Pubblico