Elezioni regionali della Lombardia 24 - 25 Febbraio 2013

Programma di “Per un'altra Lombardia - Etico, a sinistra”

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Per un'altra Lombardia. Etico a sinistra

DISCONTINUITÀ

Dopo 18 anni di un uomo solo al comando vogliamo un’altra Lombardia.
Una nuova macchina amministrativa, una nuova dirigenza, più trasparenza, più merito, 50% di donne nei posti di responsabilità, collegialità nel governo.
Aprire una fase costituente a partire dalla revisione dello Statuto.

TERRITORIO, ambiente, agricoltura

In Regione Lombardia la situazione ambientale è estremamente preoccupante. Non solo la qualità dell’aria e delle acque, ma il gravissimo inquinamento del suolo la desertificazione dei terreni agricoli (sempre più poveri di contenuti organici), la cementificazione speculativa e l’assenza di una politica capace di coordinare e disegnare l’ambiente del futuro stanno lasciando segni irreversibili.

PRIMO PASSO, RICOSTRUIRE L’ARPA, l’Agenzia Regionale per la protezione dell’Ambiente

L’ARPA è un ente estremamente prezioso per lo studio e il controllo dell’Ambiente (stato del suolo, delle acque, dei rifiuti). La Regione Lombardia deve invertire la pratica di smantellamento perseguita negli anni formigioniani. L’ARPA deve tornare ad avere pieni poteri di programmazione e controllo nell’interesse della salute dei cittadini, permettendole tra l’altro l’individuazione di procedure snelle per il perseguimento dei reati ambientali. Un’urgenza assoluta è legata alla bonifica dei suoli lombardi che hanno livelli di inquinanti altissimi (ad esempio a Brescia, la cui situazione è ben peggiore che a Taranto):la Regione deve coordinare attraverso l’ARPA un piano di ampio respiro che integri bonifiche e gestione rifiuti, superando il modello degli interventi tampone.

STOP AL CONSUMO DI SUOLO

Il consumo di suolo si combatte attraverso politiche mirate alla rivalutazione delle costruzioni esistenti, alla mobilità sostenibile (v. relativo programma), alla valorizzazione della produzione agricola di qualità:

Stop a nuove infrastrutture e rivalutazione delle costruzioni esistenti.

Agricoltura ed EXPO:

Il sistema agricolo in una Regione come la Lombardia è centrale, sia come forma di tutela del territorio, sia come settore produttivo (non a caso uno dei pochi che sembra in grado di produrre nell’immediato sbocchi occupazionali).

La Regionedeve essere un’agente di coordinamento in grado di proporre:

Un’occasione fondamentale da questo punto di vista è la riqualificazione dell’EXPO, alleggerendone al massimo l’impatto in termini di di infrastrutture e cemento e dando molto più peso ai contenuti. Occorre un EXPO diffuso che coinvolga le tante realtà ed eccellenze lombarde impegnate nello sviluppo sostenibile attraverso la produzione agricola ed alimentare. Un’occasione per i tanti giovani e le tante donne e un modello di grande impatto sociale, ambientale e culturale, antitetico alle pratiche di Formigoni.

ENERGIA

Il settore energetico è responsabile di circa i due terzi delle emissioni mondiali di gas serra. La maggiore efficienza energetica e l’uso di fonti rinnovabili sono due tra gli strumenti principali per affrontare e vincere tale sfida nonché per ridurre la dipendenza dalle importazioni.

Sviluppo dell’efficienza

L’efficienza energetica presenta diversi vantaggi sia ambientali, inducendo un minor consumo di energia e quindi riducendo le emissioni climalteranti e inquinanti, sia economici, riducendo i costi per le famiglie e per le imprese.

Contrariamente a come ha agito fino ad ora Regione Lombardia occorre ristabilire la giusta priorità: innanzitutto ridurre i consumi finali di energia primaria, e contestualmente implementare le fonti rinnovabili.

Sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili

Compito della Regione deve essere:

MOBILITÀ SOSTENIBILE

La mobilità in Lombardia è strozzata da un sistema di trasporto merci inquinante e non coordinato, da sistemi di trasporto persone che insistono eccessivamente sul capoluogo, da un’attenzione molto bassa all’impatto ambientale dei trasporti e alla pianificazione di un sistema di spostamenti che assecondi e al contempo indirizzi le modalità dei flussi.

Partendo dallo studio della realtà esistente in Lombardia e dalle buone pratiche presenti nei territori europei occorre che la Regione predisponga un piano complessivo articolato in 3 aree tematiche:

Trasporto su ferro

La Regione deve incentivare un piano per il trasporto ferroviario, finalizzato a rimuovere strozzature e colli di bottiglia, mettendo in circolazione treni più lunghi, con capacità di carico maggiore, favorendo l’intermodalità e i collegamenti con le reti svizzere per il trasporto merci e favorendo ulteriormente l’integrazione fra tutti i sistemi di trasporto passeggeri attualmente presenti sul territorio.

Aree chiuse al traffico, sviluppo dell’elettrico, piani di sostenibilità

Occorre che la Regione si impegni a realizzare, in concerto con il Comune di Milano:

Efficienza organizzativa

La Regione deve farsi carico di:

LAVORO, sviluppo, economia

LAVORO E REDDITO

Tra il 1996 e il 2011 il PIL della Lombardia è cresciuto dell’8,3%, un valore pari a poco più del 20% del tasso di crescita medio dell’Unione Europea nello stesso periodo. La minore crescita del PIL ha intaccato il ruolo del lavoro dipendente. Infatti, la quota di reddito da lavoro dipendente della Lombardia sul totale è precipitata velocemente al 35,2%, un valore inferiore alla media delle regioni del nord e dell’Italia, e, ancor di più, alla media dei paesi dell’area euro. Non solo. La variazione percentuale del tasso di occupazione della Lombardia tra il 2004 e il 2011 ha un valore negativo (-1,2%), contro il -0,8% dell’Italia. Per queste ragioni è stato recentemente affermato che la ricchezza della Lombardia è più presunta che reale. Si pone dunque l’esigenza di un intervento pubblico che abbia, da un lato, la finalità di stimolare e indirizzare la politica industriale e, dall’altro lato, di predisporre strumenti di tutela del reddito. Per questo secondo scopo, una prospettiva fattibile è quella del reddito minimo garantito, già sperimentato in alcune regioni italiane, ad esempio il Lazio. Gli obiettivi di questo strumento sono:

  1. la riduzione della povertà relativa
  2. il reinserimento lavorativo di determinati soggetti “deboli”.

L’intervento potrebbe essere disegnato come erogazione a favore di disoccupati, inoccupati e lavoratori precari, di ammontare significativo (orientativamente tale da consentire un reddito individuale mensile di 416 euro), per un periodo di tempo determinato e condizionato alla presa in carico dell’individuo da parte dei Centri per l’impiego e a requisiti di reddito e di residenza. A ciascun requisito potrebbe poi essere attribuito un punteggio e, sulla base del punteggio, potrebbe essere formata una graduatoria. L’erogazione potrebbe poi avvenire sulla base della graduatoria, fino ad esaurimento delle risorse. Una quantificazione precisa delle risorse disponibili potrà essere compiuta solo dopo aver verificato l’entità delle risorse recuperate tramite le politiche di bilancio. Tuttavia, una prima fonte di risorse disponibili sono quelle stanziate attualmente per le diverse forme di intervento a favore di famiglie in condizioni di difficoltà economica. Si tratta di un ammontare di circa 80 milioni di euro che potrebbero essere immediatamente disponibili.Quanto alle modalità di erogazione, essa potrebbe avvenire direttamente o attraverso il sistema fiscale. Questa possibilità è offerta dall’articolo 6, comma 5 del decreto legislativo 68/2011, che consente di introdurre l’imposta negativa a favore degli incapienti, cioè degli individui con un reddito così basso da non poter fruire delle detrazioni cui hanno diritto. Questo strumento si presta maggiormente ad un intervento a favore degli individui che dichiarano un basso reddito e sostengono spese che per il fisco sono rilevanti (spese sanitarie, carichi familiari). Dovrebbe quindi essere coordinato strettamente con l’erogazione diretta onde evitare sovrapposizioni. Fa parte delle politiche per il lavoro anche, in stretta connessione con la politica industriale, una decisa azione di contrasto delle delocalizzazioni. Ad esempio, la Regione potrebbe condizionare il proprio l’erogazione di contributi pubblici sotto qualsiasi forma alla sottoscrizione di contratti di responsabilità sociale che potrebbero contenere requisiti quali:

  1. il piano industriale e di sviluppo dell’impresa
  2. l’impegno al mantenimento della unita’ produttiva per almeno quindici anni dall’insediamento
  3. l’impegno a non delocalizzare gli impianti produttivi o parte della produzione, anche laddove la delocalizzazione avvenga tramite cessione di ramo d’azienda o attività produttive dalla stessa appaltate ad aziende terze, se a questa consegue riduzione del personale
  4. l’impegno a mantenere per almeno dieci anni i livelli occupazionali, o a incrementare gli stessi
  5. l’assunzione della responsabilità sociale dell’impresa, intesa quale integrazione delle problematiche sociali e ambientali nelle attività produttive e commerciali e nei rapporti con i soggetti che possono interagire con le imprese medesime.

UNA NUOVA POLITICA INDUSTRIALE

La crisi economica ha investito la Lombardia ed ha determinato pesanti ricadute occupazionali e industriali. Secondo le analisi della Cgil e il recente rapporto della Fim-Cisl, nel primo semestre del 2012 risultano colpite dalla crisi quasi 2500 aziende e quasi 60mila lavoratori nel solo settore metalmeccanico. Agli ammortizzatori sociali statali vanno affiancate, oltre a politiche per garantire un reddito minimo, iniziative finalizzate al contenimento delle conseguenze della crisi. Più in particolare, va identificata una task force regionale in grado di recepire le buone pratiche, intervenire immediatamente nelle grandi crisi aziendali e coordinare, gestire e finanziare progetti di continuità aziendale, riconversione e/o di ricollocazione per non disperdere patrimoni industriali e personali impossibili oggi da ricostruire e far fronte a traumi e drammi personali. L’obiettivo deve essere quello di riconvertire i settori industriali come avvenuto, ad esempio, in Germania con il passaggio dal tessile tradizionale al cosiddetto “tessile/non tessile”. Le iniziative di riqualificazione possono essere finanziate anche attraverso l’utilizzo dei fondi FEG (Fondi europei di adeguamento alla globalizzazione).

È poi necessario guardare avanti. Una buona politica industriale e del lavoro si preoccupa di preparare il sistema produttivo alle sfide internazionali, che con il passare degli anni si sono profondamente modificate. Occorre modificare la specializzazione produttiva regionale e attrezzare l’industria lombarda nei settori emergenti ad alto contenuto tecnologico. È sbagliato ed ideologico pensare che ciò possa avvenire spontaneamente: è invece necessario ripensare al ruolo pubblico di indirizzo e di sostegno al settore industriale. Le imprese in grado di affrontare meglio la crisi e di competere a livello internazionale sono quelle che sanno coniugare innovazione, internazionalizzazione e orientamento alla green economy. Occorre aiutare queste imprese facendo conoscere e valorizzando le esperienze e le buone pratiche, sia nei settori tradizionali, attraverso l’innovazione di prodotto, sia in quelli emergenti legati alle tecnologie green e ai servizi correlati.

Più in particolare, nei confronti delle imprese industriali occorre:

  1. ridurre il costo di approvvigionamento finanziario, che attualmente rende eccessivamente onerosi i finanziamenti per le aziende che operano nei settori più innovativi;
  2. creare un centro pubblico in cui le conoscenze tecniche dei centri di ricerca pubblica mettono a disposizione del sistema delle imprese il know how disponibile, legandolo alla dinamica del mercato;
  3. sviluppare l’efficienza energetica, che la Regione Lombardia ha fino ad oggi relegato ad un ruolo subalterno, in modo da ridurre i costi sia per le imprese sia per le famiglie.

Questi obiettivi possono essere realizzati congiuntamente attraverso specifici progetti, il primo dei quali dovrebbe essere la costituzione di una banca regionale per lo sviluppo sul modello dell’Oseo francese. Si tratterebbe di una banca i cui capitali dovrebbero giungere in parte dalla Regione (che opererebbe attraverso Finlombarda), in parte dalle banche commerciali e in parte dalla Cassa Depositi e prestiti nazionale. La banca opererebbe esclusivamente a vantaggio delle PMI regionali secondo tre assi direttrici:

  1. come prestatore di garanzie per le PMI che accedono al normale finanziamento bancario;
  2. come finanziatore di progetti di medio-lungo termine nei settori a particolare innovazione e ricaduta economica ed occupazionale;
  3. come agente di supporto per i problemi di gestione della tesoreria e della liquidità di breve termine.

Inoltre, è necessario che la Regione utilizzi tutti gli strumenti che ha a propria disposizione (incentivi fiscali, punteggi nei bandi, ecc.) per premiare i comportamenti virtuosi, ovvero in particolare:

  1. vanno create delle white list per le imprese che possano dimostrare il rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori; queste liste possono essere poi utilizzate per i punteggi negli appalti;
  2. vanno inserite delle clausole specifiche e condizionanti per l’erogazione di contributi pubblici sotto qualsiasi forma per garantire l’impegno a non delocalizzare gli impianti produttivi o parte della produzione e a non diminuire per un certo numero di anni i livelli occupazionali.

BILANCIO

Il bilancio della Regione Lombardia è un documento estremamente complesso che consta di centinaia di pagine e che ha una dimensione di poco meno di 40 miliardi di euro (se valutati per competenza). Nell’epoca formigoniana, l’informazione e la trasparenza sui flussi che caratterizzano il bilancio, sugli obiettivi delle decisioni e sui loro beneficiari sono state praticamente nulle. È ora di innovare radicalmente sia il metodo sia il merito delle decisioni.

Per quanto riguarda il metodo:

  1. la procedura di bilancio deve essere aperta rendendo chiari ed espliciti gli obiettivi che si intendono conseguire e i vincoli a cui si è sottoposti;
  2. obiettivi e vincoli devono essere discussi e condivisi sul territorio attraverso riunioni pubbliche di informazione e di acquisizione di conoscenze portate dai soggetti sociali, individuali ed organizzati;
  3. deve essere garantita la corretta informazione sull’evoluzione della discussione in Consiglio regionale e sulle scelte principali adottate;
  4. la Regione deve utilizzare le strutture di cui dispone per verificare se gli obiettivi sono stati raggiunti e riportare alla discussione pubblica le ragioni del successo/fallimento.

Per quanto riguarda il merito, la situazione della finanza pubblica nazionale richiederà anche nel prossimo futuro di cercare nuove risorse sia attraverso la riduzione degli sprechi sia attraverso la leva fiscale.
In particolare, dal lato delle spese il bilancio regionale va primariamente sottoposto ad una rigorosa procedura di auditing, a sua volta trasparente e verificabile. Le aree di criticità su cui primariamente concentrare l’attenzione sono le seguenti:

1) Sanità. La riforma lombarda del 1997, unica in Italia (e difforme dalla legge nazionale), ha separato le aziende di produzione dei servizi (AO) dalle aziende di acquisto e finanziamento (ASL). E’ una separazione ideologica, ispirata dalla riforma inglese della Thatcher, e tra l’altro mal realizzata. Se le ASL acquistano i servizi (ricoveri, diagnosi, visite), devono conoscere che cosa, quanto, da chi, a che prezzo e a quali condizioni acquistare. Devono innanzitutto conoscere i bisogni sanitari della loro popolazione (quanti sono i diabetici, gli ipertesi, i malati di tumore, ecc.) e le prestazioni che servono realmente. Devono quindi scegliere con chi fare il contratto di fornitura, firmarlo e verificarne il rispetto. Se non fanno questo, a che servono le ASL? Oggi c’è un semplice tetto di finanziamento per ogni AO o ospedale privato, che li lascia liberi di erogare le prestazioni più remunerative. Dall’idea di competizione si passerà a quella di cooperazione, dall’antagonismo ad accordi di programma. Questa razionalizzazione dovrà puntare particolarmente a ridurre gli sprechi derivanti sia dagli eccessi di ricoveri sia dalla mancanza di adeguati investimenti in prevenzione.

2) Welfare. Va introdotto il bilancio unico del welfare, seguendo le esperienze già realizzate in Friuli V.G. In questa regione, tale bilancio unico ha consentito – a parità di condizioni – un risparmio di circa il 4% grazie alle riduzione degli sprechi e delle sovrapposizioni di interventi gestiti da assessorati diversi, oltre a garantire maggior trasparenza e equità. A tale bilancio unico affluiranno:

le risorse provenienti dai fondi europei, inclusi quelli destinati alla formazione e riqualificazione professionale e agli aiuti per gli indigenti : si stima che debbano essere ancora utilizzati quasi 350 milioni di euro per le politiche di coesione territoriale;

le risorse provenienti dalla razionalizzazione ed eliminazione delle duplicazioni oggi esistenti: un risparmio del 4% sull’insieme delle spese per assistenza, istruzione e formazione nel bilancio regionale consentirebbe di disporre di circa 100 milioni di euro.

3) Spese non catalogabili. Secondo i dati riportati dall’ISSIRFA-CNR, nel 2010 poco meno del 10% delle spese della Regione Lombardia non erano attribuibili a nessuna delle funzioni tradizionali della Regione (Assistenza, Sanità, Istruzione e formazione, ecc.). Si tratta di un insieme di circa 2miliardi di spese la cui reale utilità va chiarita.

REDDITO MINIMO GARANTITO

Malgrado le ripetute sollecitazioni provenienti dalle istituzioni comunitarie, l’Italia rimane uno dei pochissimi Paesi europei a non disporre di uno schema di reddito minimo garantito (RMG). Alcune Regioni hanno cercato di ovviare a questa mancanza, mentre la Lombardia ha finora brillato per la sua assenza. Che si tratti di un’assenza grave lo dicono i numeri. In Lombardia il tasso di occupazione è calato di 1,2 punti percentuali tra il 2004 e il 2011, 1/3 in più della riduzione avvenuta in Italia nello stesso periodo. Considerando i lavoratori a tempo determinato (154.000), con contratto di somministrazione (53.000), o intermittente (13.000), oppure ancora parasubordinato (46.000) e domestico (10.000), ci sono non meno di 350.000 posti di lavoro «insicuri o instabili». Secondo i dati dell’Osservatorio Provinciale del lavoro di Milano, 9 assunzioni su 10 sono precarie e solo poco più del 30% divengono stabili nel primo anno. La povertà relativa in Lombardia nel 2011 colpiva il 4,2% delle famiglie residenti, quella assoluta era di poco inferiore (il 3,4%) solo due anni prima.

La Lombardia è quindi un territorio drammaticamente colpito dalla disoccupazione, dalla precarietà, dalla povertà e dall’esclusione sociale. La Regione deve essere parte attiva nella costruzione di un progetto di società inclusiva, che non subisce passivamente questi fenomeni drammatici ma mobilita le sue energie per contrastarli . Di questo progetto fa certamente parte l’introduzione del RMG per rispondere a due esigenze principali:

Si tratta di due obiettivi solo in parte coincidenti, il che richiede di dotarsi di strumenti che possano essere gestiti in modo flessibile per adattarsi alle diverse situazioni individuali. L’irrinunciabilità di un’azione pubblica non significa isolamento burocratico. Anzi. Pensiamo che intorno al progetto di RMG possa essere (ri)costruita una rete di relazioni e di responsabilità che coinvolgono le istituzioni pubbliche, le imprese sociali, il settore for profit e il sindacato; un esempio concreto di quelle sinergie di forze sane che sono l’unica possibilità di sviluppo concreto per la nostra Regione.
Più nel dettaglio il RMG che proponiamo ha le seguenti caratteristiche di base:

  1. deve essere di importo almeno pari alla soglia della povertà relativa (circa 1000 euro per una coppia senza figli);
  2. viene erogato agli individui che:
    1. posseggano determinate condizioni soggettive: disoccupati, inoccupati o precari di età compresa tra i 18 e i 65 anni di età, con indicatore ISEE al di sotto di una certa soglia;
    2. dimostrino una concreta disponibilità al reinserimento occupazionale ovvero al reinserimento sociale; qui è importante sottolineare che per reinserimento occupazionale intendiamo l’accettazione di un’offerta di lavoro se congrua in termini economici e di condizioni di vita per il lavoratore.

Questi requisiti si traducono in un punteggio che dà luogo ad una graduatoria di validità annuale, e le risorse disponibili vengono utilizzate seguendo questa graduatoria. È prevista una fase di applicazione monitorata, anche perché lo schema di RMG che proponiamo, diversamente da altri già attuati, non si esaurisce nella relazione tra la Regione, le altre istituzioni pubbliche (Centri per l’impiego) e gli individui.

In particolare, alle imprese sociali viene chiesto di collaborare attivamente:

e d’altro canto viene offerta alle stesse imprese sociali la possibilità di coinvolgere i titolari del RMG in attività lavorative e formative:

Anche le PMI e le loro associazioni di categoria verranno coinvolte nella gestione del RMG, da un lato con la sottoscrizione di un patto, sottoposto a continuo monitoraggio che le vincoli a non sfruttare strumentalmente il RMG, dall’altro lato di presentare progetti di formazione e riqualificazione professionali strumentali alla buona e nuova occupazione dei titolari di RMG, attraverso appositi bandi regionali.
In questo modo il RMG diventa:

Il finanziamento del RMG deve avvenire attraverso la prioritaria formazione di un bilancio unico del welfare.

FISCO

I cittadini e le imprese lombarde contribuiscono oggi con ben 18 miliardi di euro al finanziamento di circa il 50% della spesa regionale di competenza, al netto della quota di gettito destinata alla perequazione. Di questi 18 miliardi, circa 8 provengono dall’Irap, 7 dalla compartecipazione Iva e la parte restante dall’addizionale regionale all’Irpef e dalla tassa automobilistica. A questi si dovrebbero aggiungere gli strumenti parafiscali, come ad esempio i ticket sanitari. Il livello di pressione fiscale regionale, che si aggiunge a quello nazionale, è quindi elevato. Ad esso si è arrivati per una politica fiscale sostanzialmente passiva sia sul piano del disegno istituzionale, dove la Regione non è stata in grado di esercitare il suo ruolo di key player e ha di fatto contribuito al fallimento del federalismo disegnato dal centrodestra, sia su quello della policy, con un sostanziale allineamento verso l’alto di tutte le possibili forme di prelievo. Così le aliquote Irap sono state portate ai massimi livelli possibili e l’addizionale regionale Irpef è stata aumentata all’1,73% oltre la soglia, davvero bassa, di 28mila euro.

È evidente che livelli così elevati di pressione fiscale sono fattori di freno dell’attività economica e dei consumi. Inoltre, l’utilizzo indifferenziato degli strumenti fiscali genera forti iniquità. È necessario agire in tre direzioni.

La Regione dovrà esercitare un’azione convinta e decisa sia sul piano politico sia su quello amministrativo per ampliare i suoi poteri in tema di contrasto all’evasione fiscale e per applicare tali poteri in maniera efficace nel breve periodo. Va ricordato che, secondo la stessa Agenzia delle Entrate, la sola evasione della base imponibile dell’Irap in Lombardia ammonta a circa 20 miliardi di euro annui a cui va aggiunta l’evasione dell’Iva, di importo presumibilmente ben maggiore. Questo significa che in Lombardia ci sono circa 50 miliardi di ricchezza che sfuggono alla tassazione, e quindi non contribuiscono al finanziamento della spesa e alla redistribuzione a livello nazionale, gravando quindi sui cittadini e sulle imprese lombarde e distorcendo la concorrenza. Nel contesto del vero federalismo fiscale, dove ad un trasferimento di funzioni corrisponde una potestà impositiva piena, le Regioni e gli enti locali devono potere esercitare un ruolo di primo piano sia nel disegno delle politiche di contrasto, sia nel monitoraggio circa la loro attuazione da parte dell’Agenzia delle Entrate. Questo obiettivo ha due ricadute immediatamente operative. In primo luogo la Regione deve essere parte attiva nel processo di implementazione dei meccanismi premiali oggi previsti ma rimasti inattuati, come quelli dell’articolo 8 della legge 42 del 2009. In secondo luogo la Regione deve utilizzare pienamente tutti gli strumenti amministrativi oggi esistenti, ad esempio la Convenzione con l’Agenzia delle Entrate e gli studi di settore regionalizzati.

Le risorse così generate dovranno essere utilizzate innanzitutto per ridurre il prelievo sui redditi medio-bassi, con particolare riferimento all’addizionale regionale all’Irpef, utilizzando a tale scopo le possibilità offerte dal decreto legislativo n.98 del 2011, agendo anche sulla base imponibile a vantaggio degli incapienti e delle famiglie numerose.

SANITÀ

I DIECI PUNTI PER LA SANITÀ

1. LA SALUTE AL PRIMO POSTO

La prevenzione deve essere un obiettivo primario. L’aria della pianura padana è tra le più inquinate d’Europa. L’incidenza di patologie tumorali e cardiache è più elevata rispetto a quella di regioni come Emilia Romagna e Toscana e genera una più bassa aspettativa di vita.
Investire in prevenzione significa tutelare la salute dei cittadini e spendere meno per le cure.
Un obiettivo che può essere raggiunto ricostruendo un sistema di monitoraggio epidemiologico e combattendo i fattori di rischio con una politica per il controllo dell’inquinamento atmosferico e del traffico urbano, con la promozione di stili di vita più salutari e attivi, con campagne più intense di diagnosi precoce.

2. CURE PRIMARIE 24 ORE SU 24 E 7 GIORNI SU 7
La garanzia di assistenza fuori dagli orari di ambulatorio non può essere delegata alle strutture di pronto soccorso o alla guardia medica notturna o festiva.
Bisogna tornare a puntare sulla medicina di primo intervento (medici di famiglia e pediatri) e su una maggiore integrazione tra diagnostica, esami di laboratorio e cura.
La risposta a questa esigenza può essere una rete di “Case della salute”, aperte ininterrottamente (24 ore su 24 e 7 giorni su 7), dove i medici di famiglia si integrino con gli specialisti in una relazione coordinata nella gestione della salute del paziente.
La Regione Lombardia può fare apripista rispetto a un modello virtuoso, richiamato anche in un recente disegno di legge e che all’estero (Spagna, Svezia) è già da anni una realtà concreta.

3. OSPEDALI DI ECCELLENZA E RETE SUL TERRITORIO

Con la riforma lombarda (LR 31/1997) i 97 ospedali pubblici sono stati accorpati in 29 Aziende ospedaliere (AO) e consegnati alla competizione con le strutture private. Non si è dunque rispettata la legge nazionale, che prevedeva di costituire in AO solo gli ospedali di eccellenza e di rilievo nazionale, generando in diversi casi accorpamenti innaturali e scarsamente competitivi.
Serve dunque un altro modello: una Rete ospedaliera regionale che inglobi e raccordi tutte le strutture pubbliche e private: le AO, le Fondazioni IRCCS, gli istituti scientifici privati, quelli ecclesiastici, le case di cura accreditate.
Serve il modello hub & spoke (perno e raggi) dove gli ospedali di eccellenza (hub) costituiscano il riferimento per le alte tecnologie e la casistica più complessa, nell’ambito di un’attività fortemente integrata e funzionalmente connessa con quella dei centri ospedalieri periferici (spoke).

4. SUPERARE LA DIVISIONE ASL E AO

La riforma lombarda del 1997, unica in Italia (e difforme dalla legge nazionale), ha separato le aziende di produzione dei servizi (AO) dalle aziende di acquisto e finanziamento (ASL). È una separazione ideologica, ispirata dalla riforma inglese della Thatcher, che va rivista.
Se le ASL acquistano i servizi (ricoveri, diagnosi, visite), devono conoscere che cosa, quanto, da chi, a che prezzo e a quali condizioni acquistare.
Devono conoscere i bisogni sanitari della loro popolazione (quanti sono i diabetici, gli ipertesi, i malati di tumore, ecc.) e le prestazioni che servono realmente. Devono poter scegliere con chi attivare il contratto di fornitura e verificarne il rispetto.
Oggi invece questo non avviene: esiste un semplice tetto di finanziamento da parte delle ASL che consente a ogni AO o ospedale privato di erogare non tanto le prestazioni più utili, ma quelle più remunerative.
È dunque indispensabile superare la separazione tra ASL e AO e puntare su una forma di cooperazione, funzionale alle esigenze della popolazione dei pazienti e indirizzata all’ottimizzazione delle risorse.

5. UNA NUOVA GOVERNANCE PER LE AZIENDE SANITARIE

C’è poca democrazia e poca trasparenza nelle Aziende sanitarie (ASL e AO), addirittura meno che in una SPA.
Non c’è un organo di rappresentanza degli interessi generali dei cittadini. Non c’è un Consiglio di Amministrazione, ma una gestione monocratica con il Direttore Generale (DG), nominato dalla Regione e che risponde solo alla Regione. I bilanci (preventivi e consuntivi) sono approvati senza che all’esterno si possano visionare. Per i cittadini non c’è modo di sapere come vengano spesi i soldi delle loro tasse.
Occorre mettere mano alla governance delle Aziende sanitarie e prevedere massima trasparenza, a partire dalle nomine dei DG fino all’approvazione dei bilanci.
L’istituzione di un Consiglio di Sorveglianza o di un organo simile che preveda la partecipazione, oltre che del DG e della Regione, anche dei sindaci, dei cittadini e del personale dipendente, garantirebbe l’affermazione di principi di trasparenza all’insegna dell’efficienza e della legalità.

6. FEDERALISMO, TASSE E SPRECHI

La Regione Lombardia si vanta di avere i bilanci della Sanità in ordine. Ma questo grazie a due “espedienti”: maggiori tasse per i cittadini lombardi (che con l’addizionale Irpef all’1,7%, anziché all’1,2% di base, pagano 600 milioni in più) e gli introiti generati dai pazienti di altre regioni che vengono a curarsi in Lombardia (altri 450 milioni). Queste entrate mascherano perciò una situazione di sprechi e inefficienze nella produzione e nella domanda di servizi sanitari.
Se tali sprechi fossero eliminati si potrebbero pagare meno tasse o, in alternativa, erogare nuovi servizi.
È a questo che dobbiamo puntare, anche perché la spending review ce lo imporrà per i prossimi anni.

7. PUBBLICO, PRIVATO E TERZO SETTORE

La Lombardia è la regione con la maggiore presenza di privato in Sanità. Nel Servizio Sanitario Regionale pesa per il 43% e nell’intero sistema sanitario (inclusa la Sanità a pagamento) per il 57%. Il precedente governo regionale ha fatto dell’apparente competizione pubblico-privato il motore della Sanità regionale, dando molto (troppo) spazio alla Sanità privata. Il principio di sussidiarietà imposto dall’alto ha distorto la relazione pubblico/privato orientando la programmazione a favore di quest’ultimo e generando posizioni di rendita che spesso hanno generato scandali e comportamenti illeciti.
È prima di tutto indispensabile la revisione completa degli accreditamenti e del sistema dei rimborsi a prestazione.
Per un reale confronto pubblico-privato servono programmazione e regole nuove.
La Regione può e deve coordinare e razionalizzare l’offerta pubblica e privata dei servizi sanitari per i pazienti.
Privato infatti non è solo il for-profit, ma è la vitalità del terzo settore, del no profit, delle associazioni, delle cooperative sociali, che condividono i valori e l’etica del pubblico. Pubblico e privato devono essere messi nelle condizioni di reale parità e devono cooperare, sotto la guida regionale.

8. UNA RICERCA DI RANGO MONDIALE

In Lombardia vi è la più alta concentrazione di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), sia pubblici (4) che privati (14) e vi sono 6 Facoltà di Medicina e Chirurgia. Molti ricercatori lombardi risultano al top della letteratura scientifica internazionale. In Lombardia inoltre sono presenti il 45% di industrie farmaceutiche e il 52% di quelle biomediche. Questa concentrazione di saperi e tecnologie è un grande vantaggio, ma manca una regia che ne metta a sistema il potenziale. I fondi per la ricerca corrente del SSN sono assegnati senza strategie e criteri trasparenti. Il supporto per la conquista dei fondi europei è debole.
Non sono evidenti le aree di eccellenza delle Università e degli IRCCS, perché siano coordinate e potenziate. La collaborazione imprese-Università ancorché promettente, è solo agli inizi e potrebbe creare maggiori start up e brevetti.
Serve perciò l’istituzione di un’Agenzia regionale che coordini le aree dei saperi e sappia stimolare la ricerca. L’Agenzia dovrà essere anche un supporto per le decisioni di politica sanitaria dell’Assessorato, come già accade in altre regioni.
Sostenere la ricerca scientifica con finanziamenti adeguati è per la Regione un compito strategico. Le ricadute, anche industriali, della ricerca saranno uno stimolo virtuoso per l’economia lombarda.

9. LA SANITÀ DIGITALE E IL SISTEMA INFORMATIVO

La rivoluzione delle tecnologie di informazione e comunicazione (ICT) ha aperto orizzonti impensabili anche in Sanità. Il web consente di accedere a informazioni su malattie e cure, classifiche sulla qualità dei servizi e sui tempi di attesa delle strutture sanitarie. L’informazione favorisce scelte più consapevoli, ma la decisione deve sempre essere guidata dal medico di fiducia. Con la Carta Regionale dei Servizi (CRS) si possono prenotare visite e ricoveri, anche se permangono problemi procedurali, superabili. Si potrà fare anche via internet, non solo per telefono. La CRS o una carta prepagata potranno facilitare il pagamento dei ticket, senza l’uso di denaro contante. Sanità digitale significa mettere in un archivio centrale le informazioni diagnostiche e terapeutiche dei pazienti, a cui i medici da qualsiasi punto possono accedere con la firma digitale e il consenso del paziente. È ancora presto però per de-materializzare le ricette, ma ci si arriverà. La Sanità è essenzialmente informazione. La mole di informazioni generata dalle prestazioni fruite (150 milioni circa) è la base per conoscere i bisogni di salute dei cittadini e l’appropriatezza delle prestazioni erogate. E così controllare la spesa. Sarà compito dell’Agenzia regionale utilizzare le informazioni amministrative del sistema per programmare la domanda e l’offerta di servizi sanitari.

10. UN FONDO PER LA NON-AUTOSUFFICIENZA

In Lombardia vi sono circa 330.000 persone non autosufficienti, soprattutto anziane. Continuare a vivere assistiti nel proprio domicilio, con l’aiuto di una badante, o in una residenza sanitaria comporta costi che non tutti si possono permettere e che non sono neppure alla portata dello Stato.
Servirebbe una riforma nazionale per integrare le varie forme di assistenza oggi erogate da Stato, Regioni, Comuni e INPS e aggiungervi ulteriori risorse dei contribuenti.
La Regione Lombardia può anticipare tutto questo istituendo un Fondo Regionale per la non-autosufficienza, alimentato dalle risorse disponibili e da contributi volontari o obbligatori dei cittadini. Altre 10 regioni si sono già messe su questa strada. Una forma di assicurazione sociale, fondata su un’idea di relazione solidale, che andrebbe gradualmente a coprire le principali spese a carico delle famiglie.

BENI COMUNI, SCUOLA

Le politiche di Formigoni sono state caratterizzate dalla retorica ideologica della “libera scelta” e dalla destrutturazione del welfare; è mancato un pensiero organico, ci si è affidati a logiche settoriali ed ovunque si è introdotta la logica del voucher. È necessario un ripensamento radicale che punti a preservare i beni comuni su cui si fondano la convivenza civile e le possibilità di sviluppo reale per la nostra comunità.In particolare, per quello che riguarda la scuola:

  1. Sì alla scuola pubblica: progressiva diminuzione dei fondi alle scuole private; nel 2011 l’80% dei 51 milioni destinati dalla Regione alla Dote scuola sono andati alle scuole private con il meccanismo del “Buono scuola” versato alle famiglie. Questo meccanismo costituisce di fatto un finanziamento alle scuole private, in contrasto con lo spirito della Costituzione che vede nella scuola pubblica un soggetto fondamentale per la realizzazione dei principi di libertà, uguaglianza e laicità;
  2. i fondi devono essere utilizzati per un piano di formazione e aggiornamento permanente degli insegnanti con un’attenzione particolare ai temi di grande importanza pedagogica, culturale e sociale quali ad esempio:
    • la progettazione curricolare verso obiettivi di educazione alla mondialità, allo sviluppo sostenibile, ai diritti, all’intercultura, al patrimonio;
    • il rafforzamento della formazione professionale come educazione permanente in coordinamento con i Piani provinciali. È necessario infatti ampliare le risorse per un piano dell’offerta formativa che sviluppi adeguate competenze di cittadinanza e professionali nei giovani e in tutti coloro che vogliono mettersi o rimettersi in formazione, che guardi in anticipo alla domanda di beni e servizi e si indirizzi verso gli obiettivi di un’ economia e una società in cui la green economy sarà centrale, in tutte le sue molteplici e trasversali manifestazioni.

Occorre inoltre che la Regione coordini insieme alle Province un piano di intervento sull’edilizia scolastica che le riqualifichi verso parametri di vivibilità, di efficienza energetica, di sostenibilità ambientale.

Per un'altra Lombardia - Etico, a sinistra
Milano, 4 febbraio 2013
www.perunaltralombardia.it