Manuale di sopravvivenza alla finanziaria

Non ne possiamo più

Punto per punto, cifra per cifra, tutti i sacrifici, e tutti i regali del governo delle destre
Un'altra politica economica e sociale: le proposte di Rifondazione comunista Partito della Rifondazione comunista
Presentazione di Fausto Bertinotti

La legge del più forte

Questa finanziaria taglia lo stato sociale, lo fa in modo diretto con i tagli alla sanità e alla scuola e in modo subdolo, togliendo risorse agli enti locali e scaricando su di essi la responsabilità di diminuire i servizi o aumentare le tariffe (in ambedue i casi, sottraendo quote di reddito da salari e pensioni). Il federalismo delle destre si dimostra per quello che è, ovvero uno strumento per privatizzare e smantellare lo stato sociale e imporre la rottura di ogni solidarietà collettiva.

Questa finanziaria passerà come la finanziaria dei condoni: da quello fiscale alla proroga della sanatoria dei capitali illegalmente esportati. E le modifiche che si annunciano, attraverso gli emendamenti presentati dai partiti di destra, porteranno nuovi condoni e sanatorie. C'è una linea di continuità impressionante e inquietante nella politica di questo governo: eliminare il confine tra economia illegale e legale, ovvero rendere del tutto legittimata la speculazione di ogni tipo, come se, in campo economico, esistesse una sospensione dello stato di diritto.

La vera devastazione sociale che colpisce i ceti popolari di questo Paese è la sciagurata politica economica perseguita in questi anni: la diminuzione del potere di acquisto delle retribuzioni, le privatizzazioni, la precarizzazione dei rapporti di lavoro, la dismissione di qualsiasi idea di intervento pubblico nelle politiche economiche al di fuori dell'assistenzialismo (questo si un vero e proprio fiume di denaro preso dai contribuenti) alle imprese, senza vincoli (per esempio all'occupazione stabile), senza investire in ricerca e qualità.

Per questo, vogliamo distinguere la nostra opposizione da quella che a questa finanziaria fa l'Ulivo, senza naturalmente rifiutarci di ricercare su temi specifici convergenze unitarie. L'Ulivo somma tutte le voci critiche assumendole acriticamente: dalla Confindustria, alle altre associazioni di categoria. Anzi, nella sua parte prevalente, ha mostrato insofferenza e, in alcune punte, vera e propria ostilità, allo sciopero della CGIL contro il cosiddetto Patto per l'Italia, cui questa legge finanziaria si ispira, mentre ha assunto con evidente entusiasmo il gioco al rialzo che il padronato italiano ha ingaggiato per avere di più per sé (senza naturalmente alcun impegno) e ancora meno per lavoratori e pensionati. Per questi motivi, il nostro gruppo parlamentare ha deciso di presentare una relazione di minoranza a questa finanziaria.

Ma assieme a questa critica e a questa denuncia, noi presentiamo proposte concrete che dimostrano che è possibile da subito, qui e ora, uscire dalle politiche neoliberiste, che è giusto e necessaria una rottura del patto di stabilità per allargare la spesa sociale, che è necessario un nuovo intervento pubblico nelle politiche economiche, che vanno assunte misure concrete per una redistribuzione del reddito a favore di chi in questi anni ha avuto le proprie retribuzioni falcidiate e che oggi sono inferiori di oltre il 30% a quelle dei principali Paesi europei. Non è un compiuto programma per l'alternativa, ma spunti e proposte che vanno in quella direzione.

Partiamo da discriminanti concrete che stanno dentro le sofferenze sociali e le grandi sfide che si sono aperte: dalla riqualificazione dello stato sociale, alla nazionalizzazione della FIAT, a strumenti concreti per intervenire nei processi di ristrutturazione per garantire l'occupazione, a misure che invertano la logica delle privatizzazioni (a partire dai beni essenziali, come l'acqua e l'energia), all'introduzione di vere riforme come il salario sociale, il recupero automatico dell'inflazione reale e così via.

Dobbiamo, quindi, sviluppare una grande iniziativa politica: promuovere incontri, stabilire relazioni con soggetti, movimenti, forze politiche, sindacali e sociali, che si muovono oltre l'orizzonte angusto delle politiche neoliberiste, stare dentro le vertenze concrete.

Dallo sciopero generale, al forum sociale europeo, alla campagna di opposizione alla legge finanziaria possiamo trarre maggiore forza per i prossimi appuntamenti della primavera: primi fra tutti i referendum sociali. I diritti, quelli del lavoro, dell'ambiente, della salute, dello stato sociale, si difendono allargandoli a tutti.

Fausto Bertinotti
Segretario del PRC - Italiano

1. Italia: fotografia di un paese malato

Otto milioni di poveri

Stiamo vivendo un drammatico impoverimento della popolazione del nostro Paese, un impoverimento non neutro socialmente (colpisce, in particolare, i redditi popolari da lavoro dipendente e da pensione, aggravando le già violente discriminazioni, di genere, di nazionalità, di condizioni particolari legate all'età, alle infermità, alle disabilità) e non neutro geograficamente (si insedia con particolare asprezza nel sud e acuisce le differenze tra le diverse aree del Paese). L'evidenza di questo fenomeno è tale che ormai neanche i dati ufficiali degli Istituti di ricerca riescono a nasconderla. Quasi 2 milioni e 700 mila famiglie vivono al di sotto del limite di povertà, pari a quasi 8 milioni di persone. Di queste, il 66 % vivono nel Meridione, con una marcata tendenza all'acuirsi delle distanze tra il centro nord e il sud del Paese (fonte ISTAT: La povertà in Italia nel 2001).

Aumentano i disoccupati

L'economia italiana, al pari di quella internazionale, è entrata in una fase di stagnazione che minaccia di trasformarsi in aperta recessione. Nel corso del primo semestre di quest'anno la crescita economica è stata pari a zero.

Le previsioni (ottimistiche) ipotizzano una crescita annua per il 2002 dello 0,4%-0,6%. Causa principale del forte rallentamento economico è il basso livello dei consumi delle famiglie, a cui fa seguito una dinamica negativa degli investimenti delle imprese.

Le esportazioni sono in calo per la debole domanda estera. Siamo ad un passo da una crisi economica profonda e duratura. E' questo il risultato di un decennio di politiche neoliberiste. In tutta l'area dell'euro il tasso di disoccupazione è tornato a salire (8,3% ad agosto, + 0,3% rispetto all'anno precedente). In Italia la situazione è ancora peggiore con un tasso di disoccupazione pari all'8,7%, concentrato in particolare nel Mezzogiorno (17,9%) e tra i giovani tra i 15 e i 24 anni (26,1% in Italia, addirittura 49% nel Sud).

Il Governo Berlusconi è stato colto completamente impreparato dal peggioramento dell'economia. L'anno scorso il Governo prevedeva una crescita addirittura del 3% per il 2002 e fino al luglio scorso le stime governative indicavano una crescita più che doppia (1,3%) rispetto a quella reale. E' questo il segno dell'incompetenza e della malafede di questo Governo, intento sempre a imbrogliare gli italiani. In una situazione congiunturale di questo tipo ci sarebbe bisogno di una manovra fiscale espansiva, in grado di aumentare i consumi e di risollevare la produzione e l'occupazione. La Finanziaria va invece nella direzione opposta, verso l'ulteriore riduzione dell'intervento pubblico nell'economia, aggravando così una situazione già molto difficile.

I prezzi tornano a salire

Sul fronte dei prezzi, la crescita segnalata dai dati ISTAT (più 2,7% a ottobre) descrive una tendenza che, nella realtà, è assai più marcata, come dimostra l'esperienza reale di milioni di famiglie di lavoratori e pensionati. La polemica, rilanciata da tutte le associazioni dei consumatori, riguarda la composizione del paniere sulla cui base l'ISTAT rileva le variazioni dei prezzi e la diversa incidenza sociale e territoriale che gli aumenti hanno in relazione ai livelli di reddito familiare (in particolare a causa del peso maggiore che hanno determinati generi di consumo, quali l'alimentazione e la casa, per le fasce di redditi bassi).

Tabella 1. SPESA PER FAMIGLIA - AUMENTI INTERVENUTI NEL 2002 SU ALCUNE VOCI DI SPESA
(Elaborazione Intesa dei Consumatori su dati ISTAT, ISVAP, Min. Economia, dati in Euro)

  SPESA MESE SPESA ANNO VARIAZ. % NUOVA SPESA MESE NUOVA SPESA ANNO
SERVIZI BANCARI 30,45 365,42 +10,9 33,77 405,24
LUCE 30,00 360,00 +3,3 30,99 371,88
GAS 42,87 514,44 +2,1 43,77 525,24
ABBIGLIAMENTO E CALZATURE 150,00 1.800,00 +3,0 154,5 1.854,00
RICREAZIONE E TEMPO LIBERO 118,00 1.416,00 +3,2 121,78 1.461,31
BEVANDE E TABACCHI 59,00 708 +2,3 60,36 724,28
MOBILI E SERV. CASA 166,00 1.992,00 +1,8 168,99 2.027,86
SANITA' E SALUTE 88,00 1.056 +1,3 114,4 1.372,8
ABITAZIONE 500,00 6.000,00 +1,1 505,5 6.066,00
SCUOLA 29,28 351,36 +3,7 30,36 364,36
ASSICURAZIONE VEICOLI 105,77 1.269,24 +13,0 119,50 1.434,24
TRASPORTI 335,67 4.028,04 +2,3 343,39 4.120,68
ALBERGHI RISTORANTI E PUBBLICI ESERCIZI 109,20 1.310,4 +4,8 114,44 1.373,30
CONSUMI ALIMENTARI 421,68 5.060,16 +3,1 434,75 5.217,02
TOTALE delle voci 2.185,92 26.231,06 +3,99 2.276,50 27.318,78
        +90,5 +1.087,15

I salari e le pensioni rimangono al palo

Negli ultimi dieci anni il valore reale delle retribuzioni nette è diminuito del 5%, mentre la produttività del lavoro (cioè la ricchezza prodotta da ogni lavoratore) aumentava in media del 2% all'anno (dati Banca d'Italia). Ad appropriarsi della nuova ricchezza prodotta sono stati esclusivamente il profitto e la rendita. Infatti, negli ultimi 20 anni, la quota del monte salari sul PIL diminuisce di quasi il 10% (dati Eurostat) e raggiunge i livelli degli anni 50. E' stato questo il frutto perverso per i lavoratori e per i pensionati dell'abolizione della scala mobile. La Finanziaria esaspera questa disparità tra redditi da lavoro e redditi da capitale. Fissando un tasso di inflazione programmata falso (pari all'1,4% nel 2003, contro un'inflazione reale attuale del 2,7%), a cui dovranno adeguarsi le dinamiche contrattuali, il Governo continua a mangiare il potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati.

In Europa: moneta e prezzi uguali, salari diversi

Le differenze salariali tra il nostro Paese e i principali Paesi europei sono molto grandi e sono divenute evidentissime dopo l'entrata in vigore dell'euro, testimoniando una acuta differenza di potere di acquisto dei salari. Ormai, come dicono i dati sopra indicati, abbiamo prezzi omogenei a quelli dei principali Paesi europei mentre i nostri salari sono inferiori di circa un terzo.

Tabella 2. RETRIBUZIONI A CONFRONTO: COSTO MEDIO ORARIO
DI UN LAVORATORE DELL'INDUSTRIA E DEI SERVIZI NELL'UE
(dati centro studi CUB: elaborazione dati Eurostat)

  Euro Lire Media
Euro-zone
22,1 42.791,6 117,6
Austria
27,2 52.666,5 144,7
Danimarca
27,0 52.279,3 143,6
Germania
26,8 51.892,0 142,6
Belgio
26,2 50.730,3 139,4
Svezia
25,8 49.955,8 137,2
Francia
23,8 46.083,2 126,6
Lussemburg
22,7 43.953,3 120,7
Olanda
21,7 42.017,1 115,4
Finlandia
20,8 40.274,4 110,6
UK
19,3 37.370,0 102,7
Italia
18,8 36.401,9 100,0
Irlanda
16,2 31.367,6 86,2
Spagna
15,3 29.624,9 81,4
Grecia
11,8 22.848,0 62,8
Portogallo
7,0 13.553,9 37,2

L'appello del Presidente del Consiglio, che dice agli italiani “spendete di più” appare addirittura grottesco e offensivo per le milioni di famiglie a reddito fisso che oggi con sempre maggiore difficoltà riescono a sopravvivere.

2. Tagli sacrifici e regali

In questa situazione di grave difficoltà economica e sociale, il Governo vara una Finanziaria di tagli e sacrifici. Basta vedere i numeri complessivi. L'entità complessiva della manovra è di 13.600 milioni di euro di riduzione del bilancio pubblico, così suddivisi: 9940 milioni di tagli di spesa e 3.660 di aumento di entrate. L'avanzo primario, cioè la differenza tra entrate fiscali e spese correnti al netto degli interessi sul debito pubblico, passerà del 3,8% del PIL al 4,5%. Altro che Finanziaria di sviluppo! La Finanziaria di quest'anno è la manovra più pesante dal 1997. Ma vediamo più in dettaglio cosa nascondono queste cifre, già di per sé eloquenti.

Il fumo per i lavoratori

L'enfasi con la quale il governo ha presentato l'intervento previsto in finanziaria per i redditi più bassi è completamente infondata. Si tratta di misure complessivamente assai modeste e marginali rispetto alla distribuzione del reddito. I benefici che ne derivano sono inesistenti per i più poveri (i cosiddetti “incapienti”) e, per la gran parte dei lavoratori dipendenti (quelli con reddito fino a 40 mila euro), neanche riescono a compensare la differenza tra inflazione programmata (quella rispetto alla quale vengono calcolati gli aumenti salariali) e inflazione reale. Infatti, le più attendibili proiezioni dei centri di ricerca in materia economico-finanziaria (vedi per esempio lo studio degli economisti Baldini - Bosi, pubblicato in www.lavoce.info) dimostrano come l'incremento del reddito dovuto agli sgravi fiscali è solo dell'1% (lo scarto tra inflazione programmata e quella reale, segnalata dall'ISTAT è dell'1,2 / 1,4 %) e che l'intervento è addirittura insignificante dal punto di vista dell'entità delle disuguaglianze (rapporto tra il reddito dei più poveri e quello dei più ricchi). Per un reddito tra 12 e 13 mila euro il risparmio è di meno di 140 euro l'anno, il beneficio medio per famiglia è di 267 euro l'anno. Per i più poveri (redditi fino a 6015 euro annui, circa 12 milioni) il risparmio di imposta è insignificante: appena 21 euro l'anno.

Non solo questi importi non consentono neanche di recuperare lo scarto tra inflazione programmata e inflazione reale, ma, come abbiamo visto prima, rappresentano meno di un terzo di quanto una famiglia ha perso nel corso del 2001per l'aumento reale dei prezzi.

“Il più grande intervento di riduzione delle tasse a favore dei ceti più bassi”, come espresso nella pomposa propaganda del governo, si rivela così una misera mancia che neanche fa recuperare quanto si è già perso e che sarà rimangiata con interessi usurari dagli aumenti delle tariffe e dalla differenza tra inflazione programmata e quella reale. Se si pensa, infine, che questi miseri risparmi fiscali corrispondono sostanzialmente a quelli già previsti dalla finanziaria per il 2001 e sospesi lo scorso anno dalla prima finanziaria Berlusconi e che non vi sarà alcuna restituzione del “fiscal drag”, si capisce bene come siamo di fronte a una vera e propria beffa ai danni dei lavoratori e dei pensionati.

L'arrosto per le imprese

Non bisogna dimenticare che quella presentata nella finanziaria, altro non è che il “primo tempo” dell'intervento di ridisegno complessivo dell'IRPEF e che è contenuto nella cosiddetta “delega fiscale”, già approvata della Camera e che adesso è al Senato.

Come dimostra la tabella di fianco (ripresa dal medesimo sito www.lavoce.info), con la definizione di due sole aliquote (del 23 per cento fino a 100 mila euro e 33% oltre quella soglia), i benefici per i redditi più bassi sono già esauriti con la “mancia” della finanziaria mentre tutto il restante intervento sarà a favore dei redditi alti.

N.B.: nel grafico le famiglie vengono suddivise in 10 parti (1 corrisponde al 10% della popolazione più povera e 10 al 10% della popolazione più ricca).

In termini assoluti, le conseguenze finali previste dalla delega fiscale proposta dal governo è sintetizzabile nella seguente tabella (elaborazione Dipartimento Stato Sociale del PRC):

Tabella 3. L'OBBIETTIVO FINALE DELLA "RIFORMA FISCALE" DEL GOVERNO BERLUSCONI - DDL 1396
(valori in lire)

Reddito IRPEF 2001 IRPEF futura Tasse da pagare
    tassa %   tassa %
?
Il governo deciderà di volta in volta deduzioni di imposta sui redditi bassi e medi, che per il 2003 non coprono neanche il costo dei ticket
20.000.000 3.600.000 18 4.600.000 23
25.000.000 4.800.000 24 5.750.000 23
30.000.000 6.000.000 24 6.900.000 23
35.000.000 7.600.000 32 8.050.000 23
40.000.000 9.200.000 32 9.200.000 23
60.000.000 15.600.000 32 13.800.000 23 -1.800.000
100.000.000 31.200.000 39 23.000.000 23 - 8.200.000
135.000.000 44.850.000 39 31.050.000 23 - 13.800.000
200.000.000 74.100.000 45 46.000.000 23 - 28.100.000
500.000.000 209.100.000 45 112.000.000 33 - 97.100.000

Per le imprese, infine, malgrado le lamentele della Confindustria, continuano gli sgravi senza, tra l'altro, porre alcuna condizione (per esempio in termini di maggiore occupazione): riduzione di due punti percentuali di IRPEG, dal 36 al 34 per cento, (che diventeranno 3, come ha già annunciato il Presidente del Consiglio), ulteriori sgravi in materia di IRAP e altri adempimenti fiscali. L'intervento sull'IRPEG e sull'IRAP avrà un costo nel 2004 di quasi 3 miliardi e 600 milioni di euro (costo calcolato con la riduzione di soli due punti di IRPEG e che arriverà, quindi, a quasi 5 miliardi di euro con l'ulteriore abbattimento già promesso), benefici che si sommano al condono fiscale e alla proroga della sanatoria per il rientro dei capitali illegalmente esportati.

Per gli evasori i condoni

Sbaglia, nel suo giudizio sull'operato del governo, il centro sinistra: il governo Berlusconi non sta tradendo le promesse, al contrario svolge una coerente politica di classe. Dalla eliminazione dell'imposta di successione sui grandi patrimoni all'abolizione del reato di falso in bilancio, dalla sanatoria dei capitali illegalmente esportati al condono sui reati delle industrie in campo ambientale e per il ricorso al lavoro nero: c'è una sconcertante continuità nelle concrete misure proposte dal governo Berlusconi e approvate dalla su maggioranza parlamentare. Ora, con la finanziaria, arriva un altro caposaldo di questa impostazione: il condono fiscale che da “concordato” si appresta a divenire, attraverso il passaggio parlamentare, come già preannunciato da diversi esponenti della maggioranza, un vero e proprio “condono tombale”. L'ingiustizia di questa misura è evidente. L'Italia è il Paese europeo con la più alta evasone ed elusione fiscale, a partire da quella contributiva a danno dei lavoratori. Oltre il 15% del lavoro italiano è lavoro nero e, nel Mezzogiorno, arriva al oltre il 22,5% (fonte ISTAT “Economia sommersa”). Il condono fiscale da un lato è, quindi, un premio a chi ha rubato e un incentivo a continuare a farlo, con tutte le conseguenze devastanti che si determinano. L'Italia è, infatti, il Paese in Europa con più alta frequenza di incidenti sul lavoro e di “morti bianche” (oltre 1000 l'anno). C'è una evidente relazione tra ricorso al lavoro nero, irregolarità contributiva, non rispetto delle norme sulla sicurezza.Gli unici che rimangono colpiti senza scampo sono i cittadini a reddito fisso, lavoratori dipendenti e pensionati, che hanno la ritenuta alla fonte. Accanto al condono fiscale, la Finanziaria prevede altre misure di sanatoria fiscale: la riedizione del condono per i capitali illegalmente esportati all'estero, la chiusura delle liti fiscali pendenti e la sanatoria dell'evasione fiscale sulle rimanenze di magazzino per le imprese. Questa festa dell'evasione fiscale dovrebbe, secondo Tremonti, portare nelle casse dello Stato circa 8 miliardi di euro. Ma è facile prevedere che non sarà così. Il lassismo fiscale del Governo è garanzia di pace e di tranquillità per gli evasori. Vogliamo scommettere che fra qualche mese, si comincerà a parlare di una manovra aggiuntiva di tagli alle spese per compensare il mancato gettito dei condoni? Da un condono all'altro. Il centro destra ha già presentato una serie di emendamenti per introdurre una serie infinita di nuovi condoni: da quello edilizio, alle multe… fino alle auto d'epoca. Questa veramente sta per diventare la finanziaria dei condoni.

Meno soldi per i malati

Ma è proprio vero, come dice il governo, che questa finanziaria non riduce la spesa per lo stato sociale ? E' falso: la finanziaria opera direttamente tagli pesanti, in particolare con riferimento alla sanità e alla scuola pubblica e altri oneri li scarica sulle Regioni e gli enti locali con inevitabili ricadute sulla qualità e la quantità dei servizi offerti, nonché sulle tariffe dei servizi.
Le cure termali escono dall'elenco delle prestazioni del Servio sanitario nazionale.
Dal 2003, inoltre, sarebbe dovuto essere eliminato il ticket per l'assistenza specialistica e per la diagnostica. Questo risultato era stato ottenuto da Rifondazione Comunista, grazie a un emendamento approvato nella finanziaria per il 2001. Ora, questo governo, con la nuova finanziaria per il 2003, cancella questa conquista che avrebbe portato un reale e consistente risparmio per le famiglie. Il peso di questa misura è molto onerosa per le persone che hanno bisogno di tali prestazioni (in particolare gli anziani): nel 2004 si arriva a circa 2 miliardi e 170 milioni di euro. In complesso, considerando tutti gli interventi di risparmi previsti nella finanziaria, le minori spese per la sanità ammontano a circa due miliardi di euro solo per il 2003. Si accentua così il divario tra l'Italia e gli altri Paesi dell'Unione Europea nel rapporto tra spesa sanitaria pubblica e PIL (in Italia pari al 5,4%, contro il 7,2% di Francia e Germania).

Tagli a docenti e studenti

Si prevede la riduzione del personale ausiliario, tecnico e amministrativo: circa 6000 lavoratori della scuola nel 2003, 9000 nel 2004 e 12000 nel 2005, tra bidelli e personale amministrativo, perderanno il posto di lavoro e saranno sostituiti da appalti esterni. Si stabilisce, inoltre, la mobilità per gli insegnati dichiarati inidonei al servizio, arrivando fino alla previsione della risoluzione del rapporto di lavoro (leggi licenziamento) e si blocca la nomina di nuovi insegnati di sostegno. Tagli pesanti vengono fatti ai danni alle Università e della ricerca.

L'attacco ai diritti dei cittadini

La stima dell'ANCI sul complesso dei tagli imposti ai comuni (per minori trasferimenti di spesa corrente e per vincoli di spesa imposti) ammonta a oltre 1 miliardo e 700 milioni di euro. Aggiungendo i tagli previsti per le Province e le regioni si arriva a 2.250 milioni di euro. Circa il 50% del bilancio di un comune è dedicato a voci di spesa che riguardano servizi erogati ai cittadini. Ridurre i trasferimenti, vincolare all'abbattimento del 10% dell'acquisto di beni e servizi e obbligare a una rigida determinazione per il calcolo del disavanzo ( per il 2003 non può essere superiore al 3,6% sul 2001, quindi assai meno dell'inflazione reale) determinerà la conseguenza di un inasprimento delle tariffe, a partire dai rifiuti solidi urbani, all'ICI, ai trasporti e così via. Il costo di questi interventi, inevitabilmente, sarà scaricato in gran parte sulle spalle dei cittadini.
I comuni calcolano che il costo che si abbatterà addosso alle famiglie, a causa delle suddette riduzioni di trasferimenti, sarà pari ad almeno 290 euro all'anno (solo questa voce supera l'incremento medio sui redditi derivanti dai maggiori sgravi IRPEF).
Ma ciò non basta: oltre ai maggiori costi imposti direttamente e indirettamente, attraverso i tagli ai comuni, non vi è nessun intervento a favore delle fasce sociali più deboli né alcun intervento per potenziare lo stato sociale. Anzi, al contrario: non vi è l'estensione dell'aumento delle pensioni minime a un milione ai soggetti che ne sono stati esclusi, malgrado, come riconosciuto dallo stesso governo, non sono neanche stati erogati tutti gli stanziamenti previsti nella scorsa finanziaria a favore dell'aumento delle pensioni . Già lo scorso anno, a proposito dell'aumento delle pensioni minime annunciato dal governo, denunciavamo che solo una parte dei pensionati o titolari di assegno sociale o di invalidità civile che prendono meno di un milione di vecchie lire al mese e che sono oltre 5 milioni di persone, avrebbero avuto il beneficio.
Ora, arriva la beffa: il governo non estende l'aumento neanche a tutti quelli cui lo aveva garantito. Sono stati 1 milione e 767 mila i beneficiari dell'aumento delle pensioni minime a un milione (previsto dalla scorsa finanziaria) mentre la previsione del governo era di 2 milioni 139 mila persone: avanzano, quindi, 516 milioni di euro che non vengono utilizzati per realizzare il completamento dell'innalzamento delle pensioni minime.
Per di più, restano escluse dalla maggiorazione a 1 milione, a parità di condizioni di reddito, le persone inabili al lavoro che non hanno compiuto sessant'anni, che devono vivere con pensioni di 420.000 lire al mese! Se si guardano le tabelle, allegate alla finanziaria, si scopre, inoltre, che spese sociali vengono tagliate. Un solo esempio: il fondo sociale per il contributo affitto alle famiglie meno abbienti diminuisce di 150 miliardi di lire (il che vuol dire che una parte di cittadini che gli scorsi anni ebbero il contributo, quest'anno rimarranno a bocca asciutta). Infine, l'ambiente viene massacrato. Si riducono fortemente gli investimenti in campo ambientale, con la riduzione delle tabelle di spesa e, contemporaneamente, si rilanciano le opere che devastano il territorio come l'alta velocità.

La finanziaria nascosta e la finanziaria che manca

I temi del lavoro, della previdenza e dell'ambiente sono toccati solo marginalmente dalla finanziaria. Il motivo è semplice: gli interventi sono già stati fatti, sono in corso o sono in via di predisposizione attraverso provvedimenti separati e non c'era bisogno di introdurli nella Finanziaria. Sul lavoro, la delega sul cosiddetto “Libro bianco” del ministro del Lavoro Maroni è in via di approvazione definitiva da parte del Parlamento: prevede l'estremizzazione del ricorso alla precarizzazione per ogni forma di prestazione lavorativa e la privatizzazione del collocamento . Sull'ambiente, la dismissione dei beni pubblici, attraverso il processo cosiddetto di “cartolarizzazione”, è già stato approvato, così come è stata approvata la legge sulle grandi opere (La legge obiettivo) che consente la deregolamentazione di ogni sistema di controllo e autorizzazione per la costruzione di infrastrutture che devastano l'ambiente e che il governo definisce strategiche. E' in via di approvazione definitiva la delega che permette al governo di riscrivere come gli pare e piace (quindi, sottraendo poteri di indirizzo e controllo) tutti i testi unici in campo ambientale (dai rifiuti, ai parchi, all'inquinamento atmosferico e così via). Attraverso provvedimenti specifici, si è provveduto a liberalizzare l'installazione delle antenne che producono inquinamento elettromagnetico (Decreto Gasparri) e delle centrali elettriche (Decreto Marzano), con la svendita dei beni ambientali e culturali (legge Tremonti) si vogliono pagare le grandi opere che devastano il territorio. Si ripropone nel nostro Paese una grave situazione occupazionale che la propaganda del governo ormai non riesce a nascondere. Aumenta solo la precarietà del lavoro (gli incrementi dell'occupazione segnalano questa tipologia di assunzioni temporanee, attraverso le varie forme di precarietà introdotte in questi ani). Diminuisce, invece, il “lavoro buono”, quello stabile.
Il caso FIAT mette a luce la totale assenza di una politica industriale nel nostro Paese e vengono al pettine i nodi delle contraddizioni aperte dalle selvagge privatizzazioni di questi anni
.
Nella finanziaria è assente qualsiasi ipotesi che identifichi una politica industriale degna di questo nome. Ma non è una semplice dimenticanza, bensì una scelta precisa: inasprire le politiche neoliberiste vuol dire prevedere “scientificamente” la sottrazione di indirizzo e controllo pubblici sull'economia per lasciare libero campo al dominio dell'impresa.

Il Sud dimenticato

Si accrescono le disuguaglianze ai danni del Mezzogiorno.
Tra il 1989 e il 1998, le differenze nelle retribuzioni nette tra il centro nord e il sud passa dal 2% a quasi il 15%. L'incidenza dei bassi salari sul monte retribuzioni è cresciuta in tutto il Paese, ma in particolare nel Sud: si passa dall'8% omogeneo sull'intero territorio nazionale nel 1989 al 14% nel centro nord e al 28% nel Mezzogiorno alla fine degli anni 90 (Indagine di Banca d'Italia sui bilanci delle famiglie italiane). In questo quadro, emerge con grande nettezza il tema dell'assenza di qualsiasi intervento per il Mezzogiorno. Non è solo una questione di carenza di risorse impegnate (nel 2003 e 2004, sono utilizzabili solo 400 milioni di euro di stanziamenti aggiuntivi). Vi è di più: si stabilisce un accentramento nelle mani dell'esecutivo di ogni potere di decisione e intervento, a spese di ogni decentramento verso le Regioni e gli Enti locali e di ogni potere di indirizzo e controllo da parte del Parlamento. E' l'esecutivo, in particolare il premier, che attraverso la gestione del “fondo unico” cui vengono fatte affluire tutte le leggi che prevedono interventi di spesa, che decide di volta in volta quali interventi finanziare.
Il taglio antimeridionalista della Finanziaria si manifesta attraverso la riduzione dei trasferimenti relativi alla spesa pubblica (sia nella spesa corrente sia per gli investimenti).
La forte riduzione delle risorse finanziarie destinate alle infrastrutture, alle attività produttive, alla spesa sociale (è stato addirittura eliminato il reddito di inserimento), e persino delle risorse destinati agli LSU, determinerà un aggravamento della condizione delle popolazioni ed, in particolare, dei disoccupati che non avranno prospettive anche a seguito della caduta del prodotto interno lordo e della crisi di alcuni settori produttivi come l'edilizia, l'agroindustria e l'automobile. Il governo Berlusconi in 16 mesi ha determinato la riduzione degli investimenti in opere pubbliche destinate al Mezzogiorno per una quota pari al 4,1%, mentre al nord gli investimenti di stessa natura sono aumentati del 4,8%.
Nell'ultimo anno, i divari sono aumentati a partire dall'acqua, che, pur essendo un bene primario, viene erogata al Sud escludendo di fatto il 24,3% delle famiglie (il dato peggiora se si considerano solo le Isole, dove le famiglie non servite con regolarità salgono al 37%). In altre parole, il Mezzogiorno ha un approvvigionamento idrico pari al 46% della media nazionale. Il futuro del Sud, quindi, si annuncia con meno acqua, meno infrastrutture, meno investimenti, ma, non ultimo, anche con meno credito. Infatti, a questo proposito, si può dire che i crediti concessi dalle banche ai privati sono passati dal 11,3% del 2000 al 8,8% del 2001, e nei confronti delle imprese sono passati dal 9,2% al 4,8%. Ciò significa meno denaro per i finanziamenti che sostengono gli investimenti per le iniziative sociali e produttive.

3. Chi ci guadagna, chi ci rimette

Proviamo a ricapitolare tutte le maggiori entrate e le spese previste per fare un calcolo del costo sociale della finanziaria, ovvero chi ci guadagna e chi ci rimette. L'unico intervento sociale che possiamo mettere in attivo per i cittadini è quello sull'IRPEF, che abbiamo visto ammonta a 3500 milioni di euro. In negativo, come costo sociale a danno dei cittadini vi sono le seguenti voci:

Per tentare, una prima approssimazione della ricaduta sul bilancio delle famiglie dei benefici e degli oneri (elaborazione PRC)

Tabella 4. FINANZIARIA: COSTI E RICAVI PER LE FAMIGLIE
(calcolo medio annuo)

Sgravi fiscali IRPEF + 280 euro
Ricadute sui cittadini per i minori Trasferimenti ai comuni - 290 euro
Costo per la reintroduzione dei tickets Sulla diagnostica e per le cure termali - 180 euro
Perdita del potere di acquisto per gli aumenti Contrattuali sulla base dell'inflazione Programmata (1,4%) - 330 euro
Totale - 520 euro

Nota bene:

4. Tutti i motivi della nostra opposizione

E' una finanziaria ambigua perché nella previsione delle entrate ha elementi soltanto ipotetici (gli introiti per il condono fiscale e la sanatoria dei capitali illegalmente esportati), quindi si presta a essere smentita dalla realtà dei fatti e prepara la strada a nuovi interventi nella direzione di nuovi condoni per i ricchi e nuovi tagli dei servizi. E' una finanziaria ambigua perché rimanda ad altri provvedimenti gli interventi strutturali di tagli dello stato sociale: la legge delega sul lavoro estende ogni forma di precarietà; la dismissione dei beni pubblici con i cui proventi finanziare le cosiddette grandi opere che devastano il territorio e l'ambiente; la deregolamentazione di ogni forma di controllo pubblico sono già stati realizzati con provvedimenti varati dal governo e approvati dalla maggioranza di destra. Infine, sulle pensioni, l'intervento strutturale che si intende portare a termine (taglio delle prestazioni, elevazione dell'età pensionabile), viene rimandato ad altra sede, quella di una direttiva comunitaria, che dovrebbe imporre i nuovi vincoli.

Una finanziaria populista …

L'aggettivo “populista” è stato formulato per demistificare il tema della riduzione delle imposte così enfatizzato dal governo come elemento centrale di questa Finanziaria. Le cose dette prima, a proposito dell'intervento sul fisco previsto dalle misure concrete contenute nell'articolato presentato in Parlamento e, più in generale, dalla delega fiscale approvata alla Camera e oggi al Senato, dimostrano che, in realtà, la vernice populista è una patina così leggera che basta grattare un poco e leggere i numeri concreti che escono fuori per dimostrare che siamo di fronte a una vera e propria controriforma fiscale. A questa controriforma, di cui la legge finanziaria anticipa la prima tappa, Rifondazione Comunista contrappone un progetto alternativo per ridurre l'imposizione fiscale ai redditi più bassi e ai lavoratori dipendenti e, al tempo stesso, elevandola ai grandi patrimoni e colpendo l'evasione e l'elusione fiscale. Un vero intervento di riforma fiscale nella direzione della redistribuzione del reddito a favore dei redditi bassi (quelli veramente colpiti dall'aumento dei prezzi e dalla perdita del potere di acquisto di salari e pensioni), non si concilia con una generalizzata diminuzione delle imposte (tema che accomuna centrodestra e centrosinistra). Per far funzionare lo stato sociale, la sanità, la scuola, i servizi, serve un sistema fiscale giusto, che faccia pagare di più chi guadagna di più.
Per questo, noi proponiamo una effettiva forte diminuzione delle aliquote dei primi due scaglioni di reddito (fino a 30 milioni di lire), finanziandolo attraverso un incremento delle aliquote per gli ultimi due scaglioni più alti ( 135 milioni e oltre di lire)
.
Così come, per le imposte indirette, proponiamo di eliminare l'ICI sulla prima casa non di lusso, aumentando contemporaneamente l'ICI sulle case sfitte.
Si debbono, inoltre, tassare i movimenti di capitale speculativi attraverso l'introduzione della cosiddetta “Tobin tax”.
Tutti i redditi, qualsiasi sia la fonte della loro produzione debbono essere tassati allo stesso modo. Il vero scandalo del fisco, infatti, è che i redditi da lavoro e da pensione hanno una tassazione progressiva mentre i redditi derivanti dal profitto, dalla rendita immobiliare e finanziaria vengono tassati con una aliquota fissa più bassa. Insomma, una vera riforma fiscale è quella che mantiene saldo il principio costituzionale della progressività dell'imposizione al crescere del reddito, e che opera una redistribuzione del reddito a favore delle fasce più basse, avendo il coraggio di colpire l'evasione fiscale e la speculazione finanziaria (proprio le due fattispecie favorite e incoraggiate dal governo di destra che regala condoni e sanatorie).

Tabella 5. LE ALIQUOTE DELL'IRPEF:
LA PROPOSTA DEL PRC
NEGLI EMENDAMENTI ALLA LEGGE FINANZIARIA
(valori in euro)

Da 0 a 10.330 esente
Da 10.331 A 15.500 20%
Da 15.501 A 31.000 29%
Da 31.001 A 69.800 40,5%
Oltre 69.800 47%

… immorale …

Sicuramente si. Il condono fiscale, che la maggioranza di destra sta preparandosi ad estendere nei tempi e nelle modalità di applicazione ed ad ampliare ad altri settori (per esempio il condono edilizio, è una misura di inciviltà perché premia chi ha rubato risorse alla collettività. Anzi, spesso, nel caso dell'evasione contributiva, è legata al ricorso al lavoro nero e all'utilizzo irregolare della manodopera (con le conseguenze terribili di incidenti e morti sul lavoro). A questo si accompagna, l'altra misura della sanatoria dei capitali illegalmente esportati, che viene riproposta nella legge finanziaria. Si tratta di misure che vengono incontro alla peggiore speculazione e che lanciano un messaggio di stile mafioso: continuate ad evadere il fisco e ad imbrogliare la collettività, tanto alla fine arriverà chi, con una manciata di spiccioli, metterà una pietra sopra. Uno schiaffo in faccia ai milioni di lavoratori e pensionati che hanno la ritenuta alla fonte e che sopportano il massimo del carico fiscale.
Il PRC è contrario a qualsiasi forma di condono che non fa altro che favorire gli evasori.

… che taglia lo stato sociale …

Il governo dice no. Ma è una falsità. I tagli agli enti locali si ripercuoteranno sulle tariffe dei servizi pubblici, si blocca l'abolizione dei tickets sulla diagnostica e le visite specialistiche, il riferimento per gli aumenti contrattuali rimane l'inflazione programmata, inferiore di oltre un punto percentuale a quella rilevata dall'ISTAT. Oltre 900 miliardi delle vecchie lire vengono stornate dal previsto aumento delle pensioni minime ad altre voci di bilancio. Altri tagli pesantissimi sono fatti ai danni della scuola pubblica. L'insieme di questi interventi rende chiaro che il saldo sociale della legge finanziaria è negativo per i ceti popolari. Le tabelle riassuntive che abbiamo mostrato rendono chiara ed evidente questa realtà.
A questi tagli, Rifondazione Comunista si opporrà strenuamente. L'abolizione totale dei tickets sanitari fu una conquista, dovuta a un emendamento del PRC, alla legge finanziaria del 2001. Riproporremo con grande forza la necessità di questo intervento.
Così come chiederemo con forza che siano garantite le cure sanitarie a favore di persone non autosufficienti, colpite da malattie croniche o ad alto rischio invalidante, indipendentemente dalla malattia, dalla durata delle cure e dall'età della persona; quelle per la prevenzione, cura e riabilitazione della malattia mentale e per l'assistenza all'area della maternità e dell'infanzia.
Allo stesso tempo, riproporremo la necessità di un'elevazione di tutti i trattamenti di pensione e assimilati.
Il governo con la scorsa finanziaria aveva promesso come minimo un milione di lire al mese. Avevamo ragione noi: l'aumento è stato solo per una parte. Anzi, quella parte è stata ancora inferiore a quella che lo stesso governo aveva considerato, per questo sono avanzati 516 milioni di euro che oggi il governo utilizza per altri scopi. Noi chiederemo, al contrario, che l'intervento di aumento sia esteso a tutti, incluse tutte le persone invalide civili, sordomute o cieche civili assolute, o che siano titolari di pensione di inabilità.
Per gli enti locali, diciamo un no grande e convinto ai tagli imposti. Il governo cerca di scaricare sui comuni la responsabilità degli aumenti delle tariffe, noi vogliamo che questa manovra ipocrita venga scoperchiata.
Non solo ci batteremo contro i tagli ai comuni, ma proponiamo l'abolizione dell'articolo 35 della scorsa finanziaria, quello che obbliga i comuni alla privatizzazione dei servizi pubblici.
Sulla casa, chiediamo di aumentare il fondo per il contributo affitto e un nuovo intervento per l'edilizia sociale.
Sull'ambiente, diciamo no ai tagli previsti nelle tabelle e, al tempo stesso, riproponiamo una grande battaglia politica e culturale contro la devastazione del territorio e la privatizzazione dei beni essenziali: acqua, energia, trasporti debbono rimanere pubblici e l'accesso deve essere garantito a tutti i cittadini. La gestione di queste risorse deve, inoltre, garantire il rispetto dei cicli ambientali, nuove politiche per il lavoro devono fondarsi sul risanamento e la valorizzazione dell'ambiente al posto delle grandi opere. Va garantito il rispetto del protocollo di Kyoto ( e oltre), bloccando gli inceneritori, le centrali elettriche private e promuovendo il risparmi energetico e fonti alternative e pulite. Serve una riforma delle PAC (Politiche Agricole Comunitarie) che non tagli e liberalizzi ma promuova qualità, ambiente e genuinità dei prodotti.

… recessiva.

Si deprimono i consumi, riducendo la capacità di spesa delle famiglie il cui reddito viene falcidiato dall'aumento dei prezzi e dalla perdita di potere d'acquisto delle retribuzioni, al tempo stesso manca qualsiasi idea di intervento pubblico nelle politiche economiche per favorire l'occupazione, rilanciare la ricerca. L'unica modalità di intervento che viene riproposta è quella degli aiuti alle imprese a pioggia, senza neanche vincolare i sussidi a precise garanzie in termini di crescita occupazionale. Il caso FIAT è emblematico: gli interventi che il governo annuncia riguardano esclusivamente la cassa integrazione per i lavoratori e nuovi interventi di incentivazione per l'impresa a fondo perduto. Ma lo Stato, attraverso le tasche di tutti i cittadini, in questi decenni ha già lautamente finanziato le imprese e, in particolare, la FIAT, addirittura accollandosi i costi delle ristrutturazioni e poi regalando le imprese, dopo averle risanate (vedi il caso dell'Alfa Romeo).
Rifondazione Comunista ha presentato un emendamento alla legge finanziaria per la nazionalizzazione della FIAT e, inoltre, per la creazione di un fondo nazionale di monitoraggio e la gestione dei processi di mobilità nei settori pubblici e privati della produzione e dei servizi.
La proposta consiste, quindi, in un nuovo intervento pubblico (dello Stato, delle Regioni e degli enti locali) nelle politiche economiche al fine di promuovere l'equilibrio ambientale, favorire la ricerca e l'innovazione, garantire l'occupazione.
Per il Mezzogiorno, ci battiamo per ottenere più trasferimenti di risorse per le infrastrutture e per l'ambiente, misure per l'agroindustria allo scopo di trasformare in loco i prodotti, finanziamenti mirati per l'industria manifatturiera, maggiori finanziamenti per la scuola, la sicurezza sociale e sostegni per i disoccupati, a partire dall'introduzione del salario sociale.
In particolare, lanciamo una grande battaglia contro la privatizzazione di un bene primario come l'acqua che, come detto, nel Meridione è ancora una emergenza sociale.

5. Quattro proposte per redistribuire il reddito

Con il patto di stabilità europeo si è strangolata la spesa pubblica. Oggi, con la recessione in atto, il patto di stabilità è destinato a comportare ulteriori e insostenibili conseguenze sulle condizioni sociali e dunque occorre uscire dai suoi vincoli che rappresentano, insieme, una prigione per ogni tentativo verso una manovra economica espansiva e determinano la necessità di tagli strutturali e devastanti alle spese sociali. C'è qui una differenza di fondo tra l'opposizione di Rifondazione Comunista e quella del centro sinistra.
Fare dei vincoli del patto di stabilità, l'elemento sovraordinatore di qualsiasi politica economica e sociale, è oggettivamente incompatibile con un nuovo ruolo dell'intervento pubblico nell'economia per favorire l'occupazione nonché estendere diritti e tutele del lavoro e le principali conquiste dello stato sociale.
Per questi motivi, in relazione alla Finanziaria, è sbagliata la posizione del centro sinistra che tende a cavalcare tutte le spinte. No! Vi è una spinta regressiva, che va respinta: è quella della Confindustria che chiede soldi a pioggia per le imprese, attacca diritti fondamentali, quale quello dell'articolo 18 dello statuto del lavoro e pretende interventi drastici di destrutturazione delle conquiste sociali, quali la previdenza pubblica. Oltre la battaglia emendativi contro questa legge finanziaria, quindi, proponiamo alcune misure che vanno nella direzione di imboccare una nuova linea di politica economica e sociale in questo Paese che rompa i vincoli imposti dall'ideologia neoliberista che ha dominato le scelte in questi anni.

1. Istituzione di un nuovo meccanismo di adeguamento automatico delle retribuzioni e delle pensioni all'inflazione reale

Non è vero che in Italia non esiste più la scala mobile. Esiste, in realtà, una scala mobile rovesciata che, anno dopo anno, inesorabilmente, erode il potere di acquisto delle retribuzioni. Questo meccanismo perverso si chiama “inflazione programmata”. Il governo fissa per decreto l'inflazione che spera vi sarà l'anno successivo e le retribuzioni (salari e pensioni) vengono adeguate (con i rinnovi contrattuali e altre iniziative) a quel tasso che, in realtà, non corrisponde all'inflazione reale che effettivamente si verifica nel corso dell'anno e che è sempre superiore a quella prevista dal governo. L'inflazione programmata è, quindi, una finzione giuridica, una vera e propria “bugia di Stato”. Con questa scusa, a partire dal 1993 (anno in cui è stata abolita la scala mobile), il monte retribuzioni ha perso oltre il 10% del potere di acquisto.
Rifondazione Comunista avanza una proposta molto semplice: l'introduzione di un meccanismo automatico che all'inizio di ogni anno allinei i salari e le pensioni all'inflazione reale verificatasi l'anno precedente. Con questo meccanismo, nella busta paga di gennaio, il lavoratore o il pensionato deve ricevere la differenza tra l'inflazione programmata prevista dal governo e quella reale determinata dall'effettivo aumento dei prezzi.

2. Stabilire un tetto massimo per le retribuzioni

Rifondazione Comunista che non possa essere superato tra le retribuzioni un rapporto superiore di 1 a 10. Ciò vuol dire che, la retribuzione massima, qualsiasi sia il ruolo o l'incarico rivestito, non deve superare di 10 volte la retribuzione minima in essere per il livello retributivo corrispondente più basso. Con questa misura di equità sociale, tra l'altro, si eliminerebbe lo scandalo delle liquidazioni e delle pensioni d'oro.

3. Introduzione del salario sociale

Ammontano a centinaia di migliaia di miliardi i trasferimenti dello Stato a favore delle imprese. La scusa è sempre quella: favorire una politica di nuove assunzioni. Le imprese hanno preso i soldi ma l'occupazione non è aumentata, anzi nei settori industriali è ulteriormente diminuita. E' cresciuto il lavoro precario (quello interinale, a termine e così via), mentre sono drammaticamente diminuiti i posti di lavoro stabili.
Rifondazione Comunista chiede di rivoluzionare il meccanismo di contribuzione pubblica per favorire l'occupazione, rendendo titolare dell'intervento il disoccupato. Noi proponiamo, quindi, l'introduzione di un salario sociale per i giovani inoccupati e i disoccupati di lunga durata. A questo va aggiunto un pacchetto di servizi gratuiti, a cura degli enti locali (formazione professionale, istruzione per i figli, trasporti, sanità ecc.).
Le imprese potranno ricevere questa retribuzione spettante alla persona solo in caso di assunzione a tempo indeterminato

4. Blocco delle tariffe e una riforma che garantisca i consumi sociali

Noi proponiamo un vero blocco delle tariffe pubbliche per tutto il 2003 e contemporaneamente l'approvazione di una riforma complessiva del sistema di determinazione delle tariffe dei beni di pubblica utilità (energia elettrica, gas per il riscaldamento e l'alimentazione, l'acqua, le telecomunicazioni telefoniche fisse, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, i trasporti pubblici).
In pratica, si tratta di riconoscere il prezzo di costo per l'uso domestico dei beni e servizi di pubblica utilità e il prezzo di mercato, oltre determinati limiti di consumo e di reddito percepito.

PRC - Italia
Roma, 1 novembre 2002