Da Mario Chiesa e le mazzette Enimont,
alla vendetta" del Cavaliere

La madre di tutte le tangenti

Il 17 febbraio del 1992 l'ingegnere Mario Chiesa, presidente dell'ospizio milanese "Pio Albergo Trivulzio" nonché esponente politico del partito socialista del capoluogo meneghino, veniva arrestato dagli uomini della Guardia di Finanza del capoluogo lombardo mentre all'interno del proprio ufficio intascava una tangente di 7 milioni, prima tranche di una mazzetta di 14 milioni per un appalto delle pulizie. Quella che sembrava una operazione di routine volta a sanzionare l'ennesimo episodio di corruzione, si rileverà ben presto soltanto l'inizio di un caso giudiziario senza precedenti, in seguito denominato "Tangentopoli", che travolgerà amministratori pubblici, segretari di partiti, grandi imprenditori, manager, magistrati, parlamentari ed ufficiali delle Fiamme gialle.

Quel Pio Albergo

Partendo dalle rivelazioni di Mario Chiesa e di alcuni imprenditori, infatti, la procura di Milano disvelerà un sistema di corruzione che per anni aveva dominato la politica e l'economia italiana. Due mesi dopo l'arresto del presidente del "Pio Albergo Trivulzio", il cosiddetto pool "Mani Pulite", composto dall'allora capo della procura milanese, Francesco Saverio Borrelli, e dai sostituti Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo e Tiziana Parenti (alla quale nel '93 subentrerà Ilda Boccassini), mette sotto inchiesta gli assessori socialisti al comune di Milano Walter Armanini (con delega ai servizi cimiteriali), Alfredo Mosini (lavori pubblici), Michele Colucci (istruzione) e Loris Zaffra (urbanistica).

Il primo maggio del '92 stessa sorte viene riservata all'ex sindaco di Milano Carlo Tognoli e all'allora primo cittadino del capoluogo lombardo Paolo Pillitteri, entrambi parlamentari del Psi. Mentre alcuni giorni dopo toccherà al tesoriere nazionale della Dc Severino Citarristi, il quale nel corso delle indagini collezionerà ben ottanta avvisi di garanzia. Anche il gruppo dirigente della federazione milanese dell'ex Pci verrà decapitato dall'inchiesta del pool. Ma a finire sotto processo è l'intero settore pubblico del capoluogo meneghino. Per aggiudicarsi gli appalti banditi dalla società Metropolitane milanesi, Sea, Ospedali, Comune ed altri enti pubblici, infatti, gli imprenditori dovevano pagare una tangente all'amministratore di turno.

La "madre di tutte le tangenti"

Ma è con la scoperta della maxitangente Enimont di 168 miliardi, meglio nota come la "madre di tutte le tangenti", che all'inizio del 1993 l'indagine approda ai piani alti della politica romana. Tutti i segretari nazionali del "pentapartito" - Bettino Craxi (Psi), Arnaldo Forlani (Dc), Renato Altissimo (Pli), Giorgio La Malfa (Pri) e Carlo Vizzini (Psdi) - finiscono sul banco degli imputati e con loro gli amministratori di Eni e Montedison. Nell'estate del '93, l'ex presidente dell'Eni, Gabriele Cagliari, si suicida nel carcere di San Vittore e tre giorni dopo Raul Gardini, presidente di Montedison, si uccide con un colpo di pistola al capo ancor prima che gli venisse notificato un ordine di custodia cautelare.

Il Pentapartito

Nel settembre del '92, era stato Sergio Moroni, ex parlamentare del Psi, a togliersi la vita dopo aver ricevuto un avviso di garanzia Ma nell'inchiesta Enimont vengono coinvolti, tra gli altri, anche Claudio Martelli, Gianni De Michelis, Cirino Pomicino e il costruttore Salvatore Ligresti. Mentre a Napoli, nella cosiddetta tangentopoli partenopea, finiscono sotto accusa l'allora ministro della Sanità, Francesco De Lorenzo, il vice segretario nazionale del Psi, Giulio Di Donato, l'ex ministro dell'Interno, Antonio Gava, e il parlamentare democristiano, Alfredo Vito, noto come "mister centomila preferenze".

Colpo di spugna

Quasi tutti i dirigenti del "Pentapartito" finiti sotto inchiesta erano accusati di illecito finanziamento ai partiti ma, molto verosimilmente, le tangenti sarebbero finite nelle tasche (o per meglio dire nei conti all'estero) dei singoli politici. Per tentare di bloccare il fiume di richieste di autorizzazione a procedere nei confronti di senatori e deputati, il 5 marzo del 1993 l'allora ministro della Giustizia, Giovanni Conso, presentò un decreto che prevedeva la depenalizzazione del finanziamento illecito. Ma il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, si rifiutò di firmarlo.

Berlusconi vince le elezioni nel 1994

Dopo la discesa in campo del Cavaliere Berlusconi, la nascita di Forza Italia e la riforma in senso maggioritario della legge elettorale, nel marzo del '94 il Polo delle Libertà, una coalizione di centrodestra formata da Fi, An, Ccd e Lega Nord, vinse le elezioni. A presiedere il nuovo esecutivo fu chiamato Silvio Berlusconi. Il 13 luglio del '94, il governo approvava il cosiddetto decreto Biondi, dal nome del ministro della Giustizia, ribattezzato dalle opposizioni "decreto salvaladri" perché escludeva il carcere per i reati tipici di Tangentopoli. Secondo il decreto, infatti, i reati di concussione, corruzione, abuso d'ufficio, falso in bilancio e finanziamento illecito sarebbero stati puniti soltanto con gli arresti domiciliari. L'immediata reazione del pool di Milano e la solidarietà del cosiddetto "popolo dei fax" spinse l'allora ministro degli Interni, Roberto Maroni, a ritirare la firma del decreto che otto giorni dopo venne bocciato dalla Camera. Il 21 novembre del 1994, durante il vertice internazionale sulla criminalità a Napoli, Berlusconi viene raggiunto da un avviso di garanzia per l'inchiesta sulle mazzette pagate alla Guardia di Finanza e dopo due mesi, con il venir meno dei voti della Lega Nord, è costretto a dimettersi. Nel frattempo, il pm Antonio Di Pietro lascia la magistratura dopo la requisitoria al processo Enimont. Successivamente, l'ex pm entra in politica e nel '96 viene eletto senatore con l'Ulivo in una elezione suppletiva.

Riecco Berlusconi

Dopo la parentesi dei governi di centrosinistra guidati da Prodi, D'Alema e Amato, che di certo non hanno contribuito a rendere più agevole l'azione della magistratura, alle elezioni politiche del 13 maggio 2001 il centrodestra ha riconquistato la guida del Paese con una maggioranza schiacciante. Grazie a questa maggioranza il Cavaliere Berlusconi, il quale nel corso degli anni trascorsi lontano da Palazzo Chigi ha accumulato un bel po' di avvisi di garanzia e rinvii a giudizio per corruzione semplice, falso in bilancio, corruzione in atti giudiziari, etc, ha pensato bene di fare approvare dal Parlamento alcune leggi per risolvere i propri guai giudiziari: depenalizzazione del falso in bilancio, rogatorie, rientro dei capitali all'estero. E, dulcis in fundo, sta predisponendo un pacchetto di riforme sulla Giustizia teso a rendere meno autonomo e indipendente il ruolo della magistratura.

Davvero un anniversario amaro per coloro che si battono per la difesa della legalità.

Toni Baldi
Milano, 17 febbraio 2002
da "Liberazione"