REFERENDUM ART. 18

VOTA SI

PERCHÉ I DIRITTI NON ABBIANO CONFINI
PERCHÉ IL LAVORATORE NON SIA UNA MERCE
PERCHÉ LA DIGNITÀ NON ABBIA UN PREZZO
PERCHÉ LA LEGGE SIA UGUALE PER TUTTI

VOTA SI al referendum contro il licenziamento arbitrario, per  libertà e la dignità nel lavoro, per una società più giusta, per una migliore convivenza civile.

La libertà di licenziamento è un tratto di barbarie sociale, perché fonda i rapporti sociali sull’arbitrio e nega i principi costituzionali di difesa dei soggetti più deboli e ha ricadute sostanziali su diritti fondamentali quali la libertà di pensiero, di espressione, di adesione a partiti politici, a formazioni sindacali, su ogni altra forma di tutela e su ogni altro diritto di fonte contrattuale e legale.

Oggi la tutela da questo arbitrio, garantita dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori,  riguarda solo una minoranza di lavoratrici e lavoratori dipendenti – il 95% delle imprese e il 64 % dei lavoratori ne sono privi – e questo determina una condizione evidente di disparità e di ingiustizia. mentre le diverse fasi della produzione vengono distribuite in varie parti del mondo, considerato quale centro produttivo globale, facendo così emergere differenze di trattamento, di condizioni di lavoro e frammentazioni dei diritti dei lavoratori. Da una parte quindi produzione senza confini e, dall’altra, diritti confinati.

Non si difende un diritto se lo si lascia a pochi, così come un diritto o è universale o non è. Per questo la vittoria del SI, che estende l’articolo 18 a tutte e a tutti, riguarda dignità, sicurezza sul posto di lavoro e libertà dei lavoratori, rende effettiva la nostra Costituzione, dà corpo alla Carta europea dei diritti fondamentali, porta il diritto del lavoro nella Costituzione europea.

7 SI PER RISPONDERE A 7 BUGIE

1. "Danneggia l'economia e l'occupazione, è necessaria maggior flessibilità"

VOTA SI perché il  referendum non ha incidenza alcuna sull'economia e i livelli di occupazione. Infatti riguarda esclusivamente il licenziamento individuale senza giustificato motivo e per discriminazione. Oltre a tutte le forme di flessibilità contrattuali e di legge negli ultimi 10 anni sono stati, purtroppo,  250 mila all'anno i licenziamenti per crisi, ristrutturazione, taglio dei costi. Le sentenze di reintegra decise dal giudice annullando il licenziamento individuale arbitrario sono stati nell'ordine di 1200 all'anno.

2." Impedisce alle piccole imprese di crescere"

VOTA SI perché la libertà e la dignità del cittadino che lavora sono inalienabili e prioritari e sono fattori di sicurezza e qualità del lavoro anche per l’impresa: un positivo rapporto con dipendenti tutelati dall'art. 18 è un beneficio al tessuto produttivo delle piccole imprese, più moderno proprio perché rispettoso di regole e diritti.

I dati (ISTAT) e il governatore della banca d’Italia dicono che il 95% delle imprese è sotto la soglia dei 10 dipendenti e che quelle subito sopra i 15 dipendenti sono più numerose di quelle con 13-14 dipendenti, a dimostrazione che la scelta della dimensione d’impresa non ha nulla a che vedere con l’articolo 18, ma con i processi che negli ultimi 30 anni hanno profondamente cambiato la struttura produttiva, l’organizzazione e il mercato del lavoro. In ragione di questo processo oggi le imprese sono piccole come numero di dipendenti, ma grandi come fatturato con attività molto avanzate.

3. "Aumenterà il lavoro nero"

VOTA SI perché l’articolo 18 aiuta a uscire dal lavoro nero chi è sicuro di non essere ricattato dal licenziamento e contrasta la precarizzazione e la destrutturazione del mercato del lavoro realizzata dalla delega governativa per renderlo tutto quanto più nero possibile. Il lavoro nero si contrasta con la sicurezza del lavoratore, con le leggi, gli strumenti per applicarle. La vittoria del referendum ridurrà l'area del lavoro nero, perché costruirà solidarietà e unità in difesa di regole, tutele e diritti del lavoro e renderà possibile la lotta per contrastarlo.

4. "Non tutela i lavoratori con contratti atipici"

VOTA SI perché estendere la tutela dal licenziamento arbitrario agli oltre 3 milioni di lavoratori dipendenti che ne sono privi vuol dire ampliare l'effetto giuridico in caso di vittoria del referendum ai 2 milioni e più di co.co.co. e ai 3 milioni di lavoratori in nero. Fin dall'inizio il referendum è stato promosso con l'obiettivo di unificare sul terreno dei diritti tutto il mondo del lavoro, incluso quello con contratti atipici. Il SI al referendum coincide con un SI ad una legge che estenda le tutele ai lavoratori e lavoratrici con contratti diversi dal tempo indeterminato. Il SI è primo passo in questa direzione, e pone le basi per estendere i diritti a tutti.

 

5. " È uno strumento inadeguato"

VOTA SI perché il referendum è uno strumento costituzionale che assegna al voto popolare funzione di legislatore in quanto può pronunciarsi anche in contrasto con le rappresentanze elette, cioè il Parlamento. A febbraio è stata approvata la legge delega sul mercato del lavoro che rende istituzionale la precarietà del posto di lavoro (lavoro in affitto anche a tempo indeterminato, a chiamata, ecc.), cancella il contratto collettivo di lavoro, toglie al sindacato il ruolo di rappresentare e tutelare i lavoratori.

Con la maggioranza parlamentare che ha approvato questa delega è almeno dubbio poter ottenere una legge che estenda i diritti. Certo la ottiene la vittoria del SI che impedisce anche l’approvazione della delega che modifica l’articolo 18: se il governo l’approva prima del referendum, essa verrà inglobata nel quesito referendario, in quanto in contraddizione con esso; dopo la vittoria del SI non si può legiferare in contrasto con il voto popolare. Infine la vittoria del SI rende immediatamente applicabile l’estensione dell’articolo 18, perché il quesito è formulato in modo da  produrre l’immediata efficacia della nuova norma senza intervento del legislatore.

6.  "Il referendum divide”

VOTA SI perché l’unità si fa sulle cose. La maggioranza dei cittadini è favorevole all'estensione del diritto a non essere licenziato ingiustamente. Chi mai, se non di animo proprio cattivo, può essere favorevole ad un licenziamento e per giunta ingiustificato?

Esiste una maggioranza sociale favorevole al SI, e una grande attenzione ai diritti, prodotto della mobilitazione sindacale dello scorso anno. Sul contenuto c'è l'unità dei lavoratori e la divisione della forze politiche. Ma noi non abbiamo promosso il referendum per definire uno schieramento politico, per unire o dividere la sinistra, fare un nuovo partito o altro. Il referendum pone una questione di giustizia, di civiltà. Su questo chiede un giudizio, con un SI o con un NO, a tutti i cittadini, indipendentemente da come votano alle elezioni politiche.

E’ certo comunque che dalla vittoria del SI può nascere una nuova stagione sociale e politica con vantaggio e ragioni di unità per una politica ancora troppo attenta alle logiche di schieramento, ai propri processi interni, piuttosto che alle domande della società, del mondo del lavoro, dei più deboli.

7. "Il referendum ci porta fuori dall'Europa"

VOTA SI perché la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea all’articolo 30 dichiara: "OGNI LAVORATORE HA DIRITTO ALLA TUTELA CONTRO OGNI LICENZIAMENTO INGIUSTIFICATO". Non fa alcuna distinzione tra pubblico e privato, tra aziende con più o meno di 15 dipendenti, tra lavoratori a termine o a tempo indeterminato, tra subordinati e atipici. Inoltre afferma - art. 51.1 - che l'esercizio del diritto deve essere effettivo e non una mera enunciazione di principio.

Di cosa parliamo quando parliamo di articolo 18

La legge e i contratti prevedono in quali casi si può licenziare (“flessibilità in uscita”). Lo statuto dei lavoratori all’art. 18 non si occupa di questo ma solo delle conseguenze nel caso in cui un lavoratore abbia subito un licenziamento al di fuori di quelle regole che lo giustificano. L’art. 18 non si occupa cioè di flessibilità ma solo di sanzionare il licenziamento arbitrario e ingiustificato.

Cosa prevede l’articolo 18 e a chi si applica l’articolo 18

L’art. 18 – quando sia accertato in giudizio che il licenziamento è ingiusto – prevede che il lavoratore abbia il diritto di riavere il proprio posto di lavoro, la copertura previdenziale dal licenziamento alla reintegrazione, nonché un risarcimento pari  alle retribuzioni perse che non può comunque essere inferiore a 5 mensilità. Il lavoratore inoltre, se ha perso fiducia nel datore e non intende più tornare nel proprio posto,  può chiedere - in sostituzione della reintegrazione -  ulteriori 15 mensilità.

L’art. 18 si applica non a tutti i lavoratori subordinati ma solo a quelli che lavorano in unità produttive che abbiano più di 15 dipendenti o comunque per datori di lavoro che, avendo molte sedi con pochi dipendenti in ciascuna di esse, occupino più di 60 dipendenti in Italia. Tutti coloro che invece lavorano per datori di lavoro che occupano meno dipendenti oppure lavorano per partiti, sindacati, scuole religiose ecc. (che ad oggi sono esclusi dall’applicazione del 18 a prescindere dal numero di dipendenti) a fronte del licenziamento ingiusto e arbitrario possono solo avere un’indennità economica veramente irrisoria che va da due mensilità e mezzo dell’ultima retribuzione fino a sei mesi.

Gli effetti dell’abrogazione referendaria dei limiti dell’articolo 18

La vittoria del referendum, fatti sempre salvi i casi esclusi dalla legge (il lavoro domestico, quello dei dirigenti, degli sportivi ecc.), comporterebbe che di fronte alla stessa ingiustizia si hanno gli stessi diritti per tutti e cioè quello di poter tornare nel proprio posto di lavoro da cui si è stati ingiustamente espulsi, di avere i contributi  anche per il periodo di ingiusta disoccupazione sino alla sentenza, e di vedersi risarcito il reale danno subito. Si otterrà cioè un effetto che nulla ha a che vedere con la flessibilità in uscita (disciplinata da altre norme) ma con la giustizia (uguale lavoro uguali diritti), con la libertà (di programmare la propria vita) e con la dignità (di pretendere il rispetto della propria persona) senza il permanente ricatto di poter essere cacciati con un pugno di euro. Si otterrà cioè che finalmente i lavoratori verranno trattati come tutti i cittadini che, a fronte di un ingiusto recesso da un qualsiasi contratto hanno sempre il diritto di chiederne l’adempimento oltre al reale risarcimento del danno.

Comitato Nazionale per il SI
Roma, 11 aprile 2003