Care compagne e compagni di Rifondazione Comunista, tutte e tutti voi siete impegnati con grande intensità nella raccolta delle firme per i referendum che, assieme ad altre forze politiche e sociali, abbiamo contribuito a promuovere. Siamo ad un punto cruciale, nel quale si determina il successo o meno dell'iniziativa. Non abbiamo molto tempo di fronte a noi. La legge sui referendum e l'incombenza delle ferie estive ci impongono di arrivare alle firme necessarie entro l'ultimo giorno di luglio. Non abbiamo più che un mese di fronte a noi. Il numero delle firme fin qui raggiunte ci dà conforto, ma sappiamo che senza un ulteriore sforzo, senza una spinta promossa dal cuore e dalla mente, l'obiettivo potrebbe essere mancato.
Non agito questo pericolo in modo strumentale o come una frusta per spronare a fare di più. So bene che per voi non ve ne sarebbe di bisogno. Ma so anche che non vi è nulla di più pericoloso che convincersi che da un indubbio successo politico di un'iniziativa derivi naturalmente il suo buon esito effettivo. Non è mai così. La forza della ragione va sempre corroborata dalla tenacia dell'iniziativa per affermarla concretamente. Abbiamo quindi bisogno di un'intensificazione delle iniziative di raccolta delle firme, che deve vedere impegnati tutte e tutti, senza esclusione alcuna. Ovviamente agiamo all'interno di un fronte comune e largo. Perciò possiamo contare sul contributo di altri e in modo diffuso. Eppure, insisto, mai come in questo momento l'antico proclama di "contare sulle proprie forze" è utile, perché se ognuno, pur agendo in sintonia, produce il suo massimo sforzo, quasi che l'obiettivo dovesse raggiungerlo da solo, aumenta di gran lunga le possibilità di vittoria.
Questa campagna di raccolta di firme per i referendum sociali ha
almeno due obiettivi alla sua portata, quello di uno spostamento a
sinistra della società civile - nel senso di una positiva radicalizzazione
delle istanze di cambiamento che provengono dai molteplici soggetti
sociali - e quello di una migliore qualificazione e coesione
dell'iniziativa dei movimenti che hanno animato la realtà sociale e
politica degli ultimi anni. Si tratta di obiettivi assolutamente necessari
di fronte all'operato e all'offensiva delle destre e del loro governo. E'
evidente a tutti che assistiamo ad un tentativo del tutto illiberale di
cancellazione dei diritti. Mi riferisco a fatti e atti concreti, che vanno
dalla legge contro l'immigrazione Bossi-Fini, a quella contro la
fecondazione assistita eterologa, passando naturalmente per la
cancellazione dell'articolo 18 dello statuto dei diritti dei lavoratori.
Ma non solo a questo. L'offensiva di stampo terroristico contro il
segretario della Cgil, Sergio Cofferati - che respingiamo con tutte le
nostre forze - si iscrive, da un lato, in una logica non nuova
nell'esercizio del potere, in base alla quale, di fronte a grandi
avvenimenti di massa - come la manifestazione del 23 marzo e lo sciopero
del 16 aprile - , scattano meccanismi di provocazione disponibili a
qualunque impresa criminale; dall'altro lato, in un negativo salto di
qualità dello scontro politico che giunge a livelli di imbarbarimento
inusitati, che provocano sempre più inquietanti elementi di inquinamento
della vita democratica del paese.
Lo sforzo che dobbiamo produrre in queste ultime settimane può
contare su un effettivo allargamento del fronte delle forze impegnate
nella raccolta delle firme e, contemporaneamente, nell'indebolimento di
quelle che vi si volevano opporre. Ora la Fiom, la principale
organizzazione di metalmeccanici italiani, è scesa decisamente in campo.
Veti e opposizioni a questa scelta si sono fatti più deboli e comunque
inefficaci. In particolare la questione del referendum sull'articolo 18 è
entrata nel vivo del dibattito politico. Anche chi lo osteggia non può non
riconoscere che, se attribuiamo alla protezione contro i licenziamenti
ingiusti - come è giusto fare - i caratteri di una difesa del diritto al
lavoro costituzionalmente protetto, non si può evitare di estendere il
reintegro nel posto di lavoro di fronte ad un licenziamento ingiusto anche
ai lavoratori delle piccole imprese. Insomma questi referendum hanno
sconvolto l'agenda politica e sociale e hanno posto in primo piano le
esigenze effettive dei lavoratori e dei cittadini. Nessuna forza politica
o sindacale può ignorare questo dato e infatti gran parte del confronto e
del dibattito verte sulle questioni che abbiamo contribuito a sollevare.
La Cgil pensa di lanciare proposte di legge di iniziativa popolare, sia - a quanto pare- sui temi della soglia dei quindici dipendenti, come su quelli dei diritti dei lavoratori a collaborazione continuativa. Si tratta di proposte più deboli di quelle del referendum che sosteniamo per quanto riguarda la materia dell'estensione della tutela reale contro i licenziamenti ingiusti a tutti i lavoratori, o uguali a quelle nelle quali siamo già impegnati con apposite proposte di legge per costruire una griglia di diritti per tutte le lavoratrici e i lavoratori indipendentemente dalla tipologia del loro rapporto di lavoro.
E' in ogni caso significativa l'idea, lanciata dalla Cgil, di raccogliere cinque milioni di firme su queste proposte che saranno utili a preparare un nuovo sciopero generale e a contestare l'intero pacchetto - quindi non solo l'articolo 18 - di norme contenuto nel disegno di legge delega sul mercato del lavoro. Da parte nostra, alla prospettiva di un nuovo sciopero generale, c'è un solo sì senza alcun ma. Tanto più che ci troviamo di fronte all'ipotesi concreta di un accordo separato tra governo e Cisl e Uil, che vuole dare vita ad una sorta di regime neocorporativo, includendo nel governo allargato dell'economia anche Cisl e Uil, con una nuova "conventio ad escludendum" riservata in questo caso alla Cgil.
La scelta di promuovere una campagna referendaria sui temi sociali
va anche al di là dei suoi singoli importantissimi obiettivi. Si tratta
infatti di ricostruire un percorso diretto tra la volontà popolare e la
sua realizzazione. E' insomma una risposta non risolutiva, ma positiva e
immediata alla crisi della politica e alla grande domanda di protagonismo
popolare. Ce lo dimostra anche l'esperienza della raccolta di firme.
Ovunque si organizza un tavolo, le firme non mancano. Questo avviene in
situazioni diverse tra loro, per latitudini e condizioni sociali. Tutto
questo dimostra che "ci abbiamo preso", ovvero abbiamo colto un punto di
passione e sensibilità diffusa in diversi strati della popolazione.
Abbiamo saputo unire le rivendicazioni di chi difende la propria
condizione di lavoratore tradizionale, a quelle di chi lavora nelle
piccole imprese, a quelle di chi sta in uno stato di precariato, a quelle
di chi è disoccupato, per giungere a chi, indipendentemente dalla propria
condizione sociale, sente di dovere difendere fino in fondo un diritto
fondamentale e fondativo delle moderne società, quello del diritto al
lavoro. Nella proposta di referendum molti ripongono una speranza di
rinascita del sistema democratico e dell'efficacia della politica. Non
dobbiamo deluderli.
L'iniziativa politica che abbiamo messo in moto con la raccolta
delle firme per i referendum sociali può e deve avere valenze ancora
maggiori. Infatti noi in questo modo ci cimentiamo su un tema
fondamentale, quale quello della continuità e dell'efficacia delle
politiche antiliberiste. Contemporaneamente sottolineiamo, a dieci anni
esatti dal primo accordo triangolare di concertazione tra sindacati,
confindustria e governo, il fallimento delle politiche concertative e la
necessità della fuoriuscita dalle medesime. Ovvero vogliamo e dobbiamo
affermare una parte "destruens" e una "construens".
Su questi temi sono chiamati misurarsi tanto la Cgil quanto il movimento dei movimenti. Ad entrambi, pur nella differenza di responsabilità e di referenti sociali, è chiesta oggi una qualità di piattaforma. Non mancano elementi e spunti a questo riguardo, dalle elaborazioni sul mercato del lavoro, a quelle sul tema del salario sociale e del salario europeo, a quelle sul tema fiscale e che hanno originato la proposta di legge di iniziativa popolare sulla Tobin tax che con successo si sta concludendo in questi giorni, al rifiuto degli esuberi alla Fiat che allo stesso tempo rivendica criteri di positiva rigidità, per contrasto alla flessibilità padronale, e allude a nuovi progetti di politica industriale.
Bisogna fare di più e questo sforzo è indispensabile per dare corpo e sostanza allo sciopero generale, come ai prossimi appuntamenti di mobilitazione del movimento dei movimenti. Ad entrambi è vietata una semplice e troppo comoda ripetizione delle precedenti scelte e dei precedenti atti. In questa comune sorte di difficoltà e di necessità di progetto si può costruire un livello di unità più coeso e più avanzato. In ogni caso a questo appuntamento non si può sfuggire. L'esito positivo della raccolta delle firme, e, ovviamente ancora di più, del pronunciamento nel voto referendario nella prossima primavera, possono dare una spinta decisiva in questa direzione.
L'avere introdotto nella concretezza dello scontro politico il tema
dei referendum sociali ha rimescolato le carte nel dibattito politico. E
questo è precisamente un altro elemento di forza in questa nostra comune
iniziativa. Voglio qui riferirmi semplicemente al campo del
centrosinistra. Come si è visto appena si afferma nel concreto una
discriminante programmatica, il centrosinistra, ma anche gli stessi Ds al
loro interno, si dividono. Può essere il tema della fecondazione
assistita, come dell'articolo 18. Ovvero dal tema dei diritti della
persona a quelli della persona-lavoratore. Lo strappo effettuatosi tra la
maggioranza dei Ds e la Cgil sulla difesa dello statuto dei lavoratori
segna forse un punto determinante e di non ritorno nel cammino involutivo
della sinistra moderata. Se si aggiunge la questione della guerra il
quadro è ancora più completo e evidente. In sostanza ogni volta che i nodi
vengono al pettine è sempre più chiara la crisi strutturale del
centrosinistra, in Italia, come in Europa. Non ha senso quindi riproporre
il tema spesso assillante di un'intesa tra il centrosinistra e la sinistra
alternativa di cui noi facciamo parte. Può essere argomento per una tappa
di elezioni locali, ma non è una prospettiva che abbia fiato strategico.
Al contrario l'insieme delle forze che oggi sono concretamente in campo
nella battaglia per il referendum estensivo dell'articolo 18 e degli altri
referendum sociali, farebbero bene ad interrogarsi sulla possibilità di un
progetto politico che noi consideriamo ineludibile e che abbiamo avanzato
come proposta nel nostro recente congresso, quello della costruzione di
una sinistra d'alternativa.
Ma tutto questo, care compagne e compagni, dipende anche dal risultato che otterremo nei prossimi giorni, in quel lavoro apparentemente banale e oscuro della raccolta delle firme. Buon lavoro a tutti noi.