Alcune considerazioni sui referendum sociali

I referendum sono inutili?

Qualcuno ci dice oggi: ma come, anche il PRC si butta sui referendum? Non erano una tipica trovata di Pannella?

Coi referendum si chiede il voto anche a monache e salumieri, carabinieri e industriali, ecc., cioè a persone che non possono essere sensibili alla difesa dell'art. 18. Quindi, ammesso che si riesca a raccogliere le firme necessarie, il referendum lo si perderà perchè il nostro è "un paese di merda".

Ragionando così, bisognerebbe rifiutare - come fanno gli anarchici o i bordighisti o le sette di vario genere - qualsiasi tipo di voto, "per principio", o perchè il "paese è di merda".

Ma facendo cosa, invece del voto?

I rivoluzionari hanno sempre considerato il voto solo "un termometro" per misurare gli spostamenti negli stati d'animo delle masse, senza seminare illusioni sul fatto che sia risolutivo.

Una campagna elettorale, referendaria o politica, permette di raggiungere persone altrimenti non raggiungibili, e che normalmente non si interessano alla politica.

I referendum in più permettono di contattare persone ai banchetti, prima del voto, e di spiegargli quello che i grandi mezzi di comunicazione di massa gli nascondono.

Nessuna illusione dunque, ma un'occasione da utilizzare per politicizzare un pò più di gente di quanta ne raggiungiamo abitualmente. Non sarà facile nulla: i DS e gran parte della CGIL (a partire da quel Cofferati che oggi cerca di riciclarsi come leader politico, dopo aver portato i lavoratori a tante sconfitte, sono contro, ma anche nel PRC c'è chi non ci crede e si occupa solo della campagna elettorale amministrativa.

Ma il referendum è l'occasione per creare un nuovo schieramento, una "sinistra alternativa" molto più grande del PRC e non elettoralistica, in cui confluiscano vari soggetti: i Social Forum, i Sindacati autorganizzati (a meno che non prevalga in alcuni di loro la logica di potenziali "soggetti politici", più che sindacali).

Lo stesso vale per i Centri sociali e i "disobbedienti": in alcuni casi cadono anch'essi nell'elettoralismo, condito con una fronda "di sinistra" al PRC; a volte per settarismo arrivano (come a Vicenza in occasione dello sciopero dei lavoratori immigrati) a cercare di impedire ai migranti di parlare dal palco perchè iscritti alla CGIL.

Ma in genere sono disponibilissimi e concreti. E perchè non tenere conto della FIOM? Perchè ignorare i suoi gesti coraggiosi? Perchè proiettare su di essa le responsabilità della CGIL e dei DS? I metalmeccanici della FIOM a Genova erano una bella fetta di corteo. Non hanno fatto poi due scioperi generali della categoria? Un loro impegno può essere essenziale per raccogliere le firme sufficienti e sensibilizzare l'opinione pubblica!

Ma anche se si riesce a raccogliere le firme, dice qualche pessimista, a che serve?

Intanto riflettiamo su un dato: una volta iniziata com'è la campagna, è meglio raccogliere 700.000 firme o solo 100.000? Perchè dimenticare che raccogliere molte firme, perfino se fuori del territorio del comune (e quindi annullabili se non si riesce ad avere in tempo i certificati), significa parlare a persone a cui nessuno parlerebbe di questo?

C'è un altro modo per raggiungerli? Sappiamo andare in altro modo nelle strade, sulle spiagge, sui luoghi di lavoro? Ovvio che se ci fosse un'altra forza politica e sociale, a partire da un PRC non solo più forte, grande e radicato, ma con meno "residuati" della vecchia logica elettoralistica e proiettata solo o prevalentemente sulle istituzioni (come il vecchio PCI e gran parte della vecchia "Nuova Sinistra" ex estremista ); se ci fosse un sindacalismo autorganizzato più radicato e meno "gruppettaro" (cioè non impegnato a ostacolare i più diretti concorrenti o preoccupato di fare sciopero il giorno prima o dopo di quello finalmente imposto alla CGIL, o di farsi a ogni costo il corteo separato, ecc.) si potrebbe puntare a battere l'attacco governativo all'art. 18 e ai diritti dei lavoratori rimasti attraverso la lotta, partendo dalle mobilitazioni sociali, dalle fabbriche, ecc.

Ma chi è in grado di farlo? I referendum non ci sono mai piaciuti per le ragioni già dette (alla fine decideranno anche settori non direttamente interessati), ma ricordiamoci che quando toccavano gli interessi delle grandi masse (magari per un errore dell 'avversario, che li aveva proposti, come quelli sull'aborto e sul divorzio) si è avuto un successo reale.

Pannella, che gioca per il nemico di classe fingendo per i fessi di essere di sinistra, li ha poi screditati, anche proponendoli a raffica, e di segno diversissimo tra loro, ma quelli proposti dal PRC sono pochi, chiari e collegati tra loro da una logica profonda? Questa volta non è stato l'avversario a scegliere la via del referendum ma l'ha imposta di fatto.

Scontava che nessuno si sarebbe opposto al suo attacco sul terreno parlamentare e nei grandi sindacati confederali. Ma proprio per questo il referendum è diventato l'unico modo per raggiungere il paese scavalcando la melma della finta opposizione del centrosinistra e di una CGIL che ha usato il 23 marzo e il 16 aprile come strumento di pressione, ma rifiuta l'allargamento dello Statuto alla maggioranza non protetta, essenziale per battere il governo.

Il referendum invece punta proprio a questo.

E il referendum, ne siamo sicuri, cambierà anche il PRC. Se ci si riesce, si modificheranno i rapporti di forza interni tra chi concepisce questa battaglia come premessa di una ripresa delle lotte e chi invece nel PRC c'è venuto solo perchè non era d'accordo col cambio di nome, ma non è capace di cambiare mentalità, ed è rimasto legato a un'ottica prevalentemente proiettata alla conquista del potere illusorio che può dare un assessorato in una coalizione egemonizzata da borghesi e da politicanti opportunisti e senza principi?

Un ultimo argomento: se non si raggiungerà il numero necessario di firme, chi se ne avvantaggerà? Sarà più facile lottare contro l'attacco all'art. 18 e ai pochi diritti dei lavoratori non ancora cancellati? è evidente che no.

Ma pure se si raggiungeranno le firme, si riuscirà a fare davvero il referendum?

è molto probabile che Corte Costituzionale e altri organismi del potere borghese tenteranno di strapparci il diritto di andare al voto, ma avremo comunque messo in movimento forze altrimenti non raggiungibili.

Se si riuscirà a imporlo, può essere che non si vinca, ma sarà stato davvero inutile?

Se un partito del 5% riesce ad organizzare altre forze oggi disperse e a ottenere il 30 o magari il 40% dei voti, il mancato raggiungimento della maggioranza non sarebbe una vera sconfitta, ma un passo nella direzione giusta, che indicherebbe alle forze disperse (per subalternità culturale a una sinistra masochista e suicida, o per settarismo), la strada per continuare, e in prospettiva per vincere.

Non capirlo, sarebbe davvero il segno di un elettoralismo deteriore che, magari ammantato di argomenti "di estrema sinistra", porta alla passività.

Bisogna dunque ottenere le firme, battere i tentativi borghesi di scippare il referendum, ma anche sconfiggere le concezioni rinunciatarie e attendiste (di non si sa che cosa).

Un precedente storico nella Germania del 1926

Vorremmo ricordare un esempio storico di grande importanza: nel 1926 in Germania SPD e KPD, i due partiti della sinistra tedesca, già lacerati da polemiche aspre e non immotivate (la SPD era il partito che nel 1919, dal governo, fece assassinare Rosa Luxemburg e Karl Liebkhnecht, e portò alla sconfitta la più forte classe operaia di Europa), trovarono la strada per un referendum basato su un problema concreto: il governo voleva concedere un lauto indennizzo ai principi spodestati dalla rivoluzione del 1918.

I due partiti di sinistra proposero un referendum per abrogare quella legge ed anzi per l'espropriazione totale dei loro beni.

Non ebbero la maggioranza, ma moltissimi voti in più di quelli che avevano avuto separatamente nelle ultime elezioni: passarono da 11 a 14 milioni. Un risultato che dimostrava che partendo non dalle polemiche ideologiche, ma dai bisogni concreti della popolazione (che avrebbe dovuto pagare, e pagò poi, quel lauto indennizzo a chi aveva succhiato il sangue della Germania per secoli), si poteva crescere e in prospettiva vincere. Non si vinse allora, ma non sarebbe stata una vera sconfitta, se si fosse continuato su quella strada.

Invece (anche per opera di Stalin) prevalse il settarismo nella KPD, e il risultato fu la catastrofe: l'incapacità della sinistra di fronteggiare il pericolo della demagogia nazista. Anche su questo dobbiamo riflettere: dato che ancora oggi, i problemi di fronte ai rivoluzionari sono ancora gli stessi: da un lato l'elettoralismo (che giudica positivo solo se si vince e non se si conquista nuova gente), dall'altro il settarismo, che impedisce di usare al meglio tutte le forze.

Antonio Moscato
Lecce, 28 maggio 2002
da "Bandiera Rossa News"