Colloquio a tutto campo con Cesare Salvi sul futuro della sinistra italiana

Cofferati, ascolta...
«Referendum e sciopero generale non si
contrappongono»

Nonostante la presa di distanza dal referendum del segretario della Cgil, Sergio Cofferati, il senatore dei Ds, Cesare Salvi, non cede di un passo. Era e resta convinto dell'importanza di portare avanti la campagna per l'estensione dell'articolo 18. La sua fermezza non entra, però, minimamente in contrapposizione con l'eventuale scelta della Cgil di andare a un nuovo sciopero generale che, dopo la rottura di ieri, sembrerebbe sempre più plausibile. «E' questa - spiega il leader dell'associazione della sinistra Ds, Socialismo 2000 che per il 13 luglio, a Roma, convoca l'assemblea nazionale - una scelta che il sindacato prende in piena autonomia e che rispetto. Sciopero generale, proposte di legge per estendere i diritti di tutti i lavoratori, referendum estensivi dell'articolo 18 e 35 alle aziende al di sotto dei quindici dipendenti, sono tre strumenti della stessa battaglia per battere Berlusconi».

I Democratici di sinistra non la pensano però tutti come lei. Da Violante a D'Alema, ieri intervistato dal "Corsera", in diversi si esprimono contro il referendum sull'articolo 18.

Nel mio partito non c'è stata ancora alcuna decisione; sono stati espressi - accanto ad adesioni da parte di autorevoli compagni della sinistra - dubbi e perplessità, che sono comprensibili, e sui quali dobbiamo quindi ragionare. E lo stesso vale per quanto detto da Cofferati alla Rivista del manifesto. I problemi ci sono, è inutile negarlo, sia di consenso politico che di alleanze sociali. Dobbiamo però porci una domanda: è giusto o no il quesito che parla dell'estensione dell'articolo 18? Come si fa, cioè, a sostenere che i lavoratori vanno tutelati se stanno in un'azienda al di sopra dei 15 dipendenti, ma se lavorano in un'azienda che ne ha solo 14 questa tutela non vale più? Parte da questa considerazione l'adesione di Socialismo 2000 alla campagna referendaria sugli articoli 18 e 35, ma anche dalla necessità di continuare a tessere il delicatissimo filo dei rapporti a sinistra.

Non teme che i no che vengono da una parte del suo partito e dalla Margherita possano essere determinati dalla volontà di mediare con il governo su una questione così importante?

Non ho visto segnali in questa direzione. Dobbiamo invece lavorare per l'unità, anche perché c'è una maggioranza molto estesa di italiani, composta anche da elettori di destra, che non vuole venga toccato l'articolato 18. Sostenere il quesito è fondamentale per almeno due ragioni: perché dopo le lotte che ci sono state sarebbe contraddittorio non farlo; e perché il lavoro è un tema cruciale. Il pacchetto Treu-Amato che propone di normare il mondo del precariato, anche se lo non condivido pienamente, rappresenta comunque un passo in avanti: dalla flessibilità ai diritti. Lo considero un'inversione di rotta frutto delle mobilitazioni di questi mesi, che spero venga ulteriormente migliorata.

Vuole minimizzare le divisioni interne al suo partito?

Non le minimizzo, opero perché vengano superate. Troverei singolare che un partito di sinistra si ponesse di traverso rispetto a una battaglia come quella del lavoro. Mi impegno, quindi, perché si determini un'apertura e auspico intanto che tutta la minoranza assuma un'analoga posizione.

Amministrative e campagna referendaria: quale strada indicano per il rinnovamento della sinistra?

Il dato che emerge dalle elezioni, che non va enfatizzato come ho visto fare, conferma una mia vecchia tesi: la sinistra cresce, se cresce tutta insieme. Così come il riflusso colpisce sia gli uni che gli altri. L'importanza dell'unità non lo vedo però solo come un fatto numerico; il rapporto con il Prc rappresenta un contributo importante dal punto di vista dei contenuti e delle relazioni. E' quindi cruciale superare lo schema dell'Ulivo per costruire una nuova coalizione, che a partire dall'unità a sinistra abbia un rapporto anche con il centro. Ancora, però, non ci siamo. E spero che su questo punto "Aprile" possa sviluppare un'ampia riflessione.

«Non ci siamo»: si riferisce anche all'intervista di Massimo D'Alema quando ripropone sempre lo stesso modello di Ulivo e polemizza con chi cerca singolarmente il rapporto con il Prc?

E' un punto di dissenso con D'Alema e anche con Fassino: anche per questo non condivido l'opinione per la quale i problemi che la nostra mozione pose al Congresso di Pesaro sono superati. L'unità a sinistra, e la ricomposizione di una nuova coalizione con il centro democratico, deve partire dai contenuti, non dalle formule o dagli organigrammi.

Oggi il dibattito sul futuro della sinistra ruota molto intorno al ruolo che potrà avere il quasi ex segretario della Cgil. E' d'accordo con Giovanni Berlinguer, che su "Repubblica" di giovedì, dichiarava su Cofferati: «Bisognerebbe fargli ponti d'oro per aggregarlo al partito»?

Ponti d'oro per aggregarlo alla sinistra, non solo al nostro partito, dico io. Sono sempre contrario ai personalismi. Ma credo che in questa fase Cofferati possa interpretare la più alta espressione dell'unità a sinistra.

In questa dialettica tra sinistra riformista e sinistra d'alternativa, quale rapporto auspica con Rifondazione comunista?

Le posizioni del Prc per quanto diverse non sono contrastanti. Il punto è avere un'intenzionalità unitaria, per il resto il pluralismo è solo una grande ricchezza. Considero, per esempio, molto importante la riflessione di Rifondazione sul rapporto con i movimenti. Se i movimenti contro la globalizzazione neoliberista si trasformano in partiti perdono consenso e spinta propulsiva. E' nostro compito farci carico delle loro istanze di cambiamento. Esiste, però, il rischio che i movimenti si esauriscano senza che ci sia la volontà o la capacità di dargli uno sbocco politico.

Angela Azzaro
Roma, 1 giugno 2002
da "Liberazione"