A cinquant'anni dalla morte di Stalin

La distruzione delle opposizioni

Il suo avversario più tenace fu Trockji. Ma non fu il solo a essere eliminato

La lotta di Stalin contro le opposizioni viene spesso presentata come "la rivoluzione che divora i suoi figli", affermazione banale che oltre a voler distogliere chiunque dall'idea stessa di rivoluzione, ha lo scopo di impedire di comprendere uno scontro di idee ricco e complesso, e una frattura che ha attraversato drammaticamente la società russa e il partito bolscevico. Più spesso, nella maggior parte dei manuali di storia, si parla della "lotta per la successione a Lenin". Una bella sciocchezza: successione a che cosa? Lenin non aveva cariche formali nel partito, non è mai stato "segretario generale" e neppure segretario (la segreteria era un organo esecutivo tecnico assolutamente subalterno al Cc e all'Ufficio Politico). Caso mai si potrebbe parlare della lotta di Stalin per cancellare la direzione collettiva del paese e del partito. Queste banalizzazioni servono anche a nascondere che la critica all'involuzione dell'Urss è stata fatta prima di tutto dall'interno del movimento comunista (mentre i borghesi come Churchill si intendevano benissimo con Stalin).

Kamenev e Zinov'ev

Naturalmente, vista in prospettiva storica, emerge la straordinaria abilità tattica di Stalin, che ha utilizzato i principali esponenti del partito gli uni contro gli altri, per poi sbarazzarsene. È stato senza dubbio facilitato dagli errori degli altri dirigenti che hanno sottovalutato le sue capacità: questa osservazione può essere fatta sia per chi ha accettato inizialmente di collaborare con Stalin e "coprirlo" di fronte a un partito che lo conosceva poco e non lo apprezzava (Zinov'ev e Kamenev nel 1923-1925, Bucharin fino al 1928) sia per coloro (come Trotskij e l'Opposizione di sinistra) che pur combattendolo hanno creduto che Stalin fosse solo un brutale collaboratore subalterno di altri: si basavano sulla sua rozzezza culturale (non ha mai scritto i saggi che ha firmato, che commissionava ad altri), e perfino sulla sua incapacità di parlare un buon russo. Ma Stalin aveva in cambio uno straordinario fiuto per lo stato d'animo dello strato burocratico che si era venuto formando durante la guerra civile e che si era poi accresciuto a ritmi vertiginosi, e che cominciava a occupare tutti i posti chiave nel partito e nello Stato, eliminando di fatto ogni criterio realmente elettivo.

Zinov'ev e Kamenev, che durante la malattia e subito dopo la morte di Lenin avevano accettato di formare con Stalin una trojka segreta che prendeva decisioni alle spalle degli altri membri del Politbjuro, si resero conto alla fine del 1925 dell'errore compiuto, e insieme alla vedova di Lenin passarono all'opposizione. Trotskij diffidò inizialmente di loro, pensando a una manovra tattica, anche perché non dimenticava la lotta feroce che era stata fatta contro di lui e gli altri compagni che avevano segnalato per primi i rischi dell'involuzione burocratica. Quell'opposizione unificata fu comunque facilmente sconfitta, sia impedendole con la violenza di parlare nei congressi, sia falsando spudoratamente i risultati (come è emerso in questi anni dall'apertura degli archivi). Zinov'ev e Kamenev si piegarono, ma ciò non impedì a Stalin di preparare la sua vendetta, per cui aspettò dieci anni.

Bucharin

Stalin dopo quella defezione puntò tutte le sue carte su Bucharin "il beniamino del partito", che apparve quindi fino all'estate del 1928 il vero leader del partito e dell'Internazionale. In quell'anno emerse clamorosamente che la linea teorizzata e praticata in quel periodo cruciale (lasciare via libera al gioco del mercato con la parola d'ordine "arricchitevi! " lanciata ai contadini) in realtà aveva permesso a una minoranza di kulaki e di intermediari di concentrare nelle proprie mani il monopolio dell'approvvigionamento delle città, affamandole e stritolando al tempo stesso i contadini poveri. Stalin cambiò allora bruscamente linea, cominciando una lotta sorda contro una presunta "opposizione di destra". Alludeva a Bucharin e ai suoi alleati Tomskij (capo dei sindacati) e Rykov, capo del governo, che recalcitravano di fronte alla brutalità dell'attacco ai contadini, ma ormai, proprio con la loro collaborazione, ogni dibattito nel partito era stato soppresso, le opinioni diverse da quelle del vozd erano diventate "deviazioni" e punite come crimini. Proprio in quell'anno Trotskij, Zinov'ev e Kamenev (con migliaia di altri dirigenti) erano stati mandati in esilio in città lontane da Mosca e Leningrado. Così di questa presunta "opposizione di destra"in realtà sappiamo pochissimo, perché non poté formulare nessun programma alternativo, e le lettere di Bucharin (sia quelle a Stalin trovate dieci anni fa negli archivi di Mosca, sia quella "alle future generazioni del partito" che fece imparare a memoria alla giovanissima moglie Anna Larina che la trasmise al partito nel 1961) rivelano un uomo distrutto che ribadiva penosamente la sua fedeltà a Stalin.

Stalin dal 1929 al 1934 sembra diventato il padrone assoluto del partito e dell'Ic: impone la sua linea al Pc tedesco (il "nemico principale" sono i socialdemocratici e non i nazisti); di fronte all'affamamento delle città da parte dei kulaki lancia una feroce collettivizzazione forzata che provoca milioni di morti tra i contadini, ma anche una carestia tremenda.

Kirov

Nel 1934 si tiene il XVII congresso del Pcus, detto "dei vincitori". Le opposizioni sono state sconfitte, ma tra i delegati serpeggia il malcontento, e molti di loro cancellano sulla scheda il nome di Stalin. Vorrebbero mettere Kirov alla testa del partito, e recuperare una parte delle opposizioni (in effetti Bucharin viene chiamato alla testa delle Isvestia). Kirov esita, ma paga lo stesso con la vita: nel dicembre dello stesso anno viene ucciso in un attentato più che sospetto, che viene attribuito alle opposizioni: comincia allora il "Grande Terrore", in cui, tra gli altri, moriranno ben 1108 delegati al XVII Congresso su 1966, e 110 su 139 membri del CC, tutti fedelissimi di Stalin. E comincia lo sterminio delle vere opposizioni, quella trotskista in genere senza processo, perché nessuno accetta di autoaccusarsi di crimini infamanti, mentre chi ha capitolato come Zinov'ev o Bucharin è costretto a umiliarsi in processi farseschi, in cui l'accusatore è l'ex menscevico e controrivoluzionario Viscinskij.

Al termine delle purghe, tutti i membri del Politbjuro del tempo di Lenin sono stati uccisi (o costretti al suicidio come Tomskij), e 18 membri su 31 del CC del periodo ‘17-‘21.

La repressione poi assumerà caratteristiche sempre più scollegate dalla politica: si dà l'ordine di colpire in blocco intere categorie: la prima - e lo si pagherà caro nel 1941 - sono gli ufficiali superiori formatisi nella guerra civile, poi verranno colpiti tutti coloro che per qualche ragione avevano contatti con l'estero (astronomi, filatelici, esperantisti, ebrei "cosmopoliti"), e tanti semplici cittadini, a volte vittime di delatori interessati. Uno sterminio di massa che rivela l'insicurezza del regime, che pure sarà difeso negli anni più terribili della guerra dagli stessi sopravvissuti ai Gulag, scarcerati e arruolati in massa!

Massimo Lega
Roma, 5 marzo 2003
da "Liberazione"