È morto Luigi Pintor, fondatore del «Manifesto».

Grazie di tutto, Luigi

Luigi Pintor

E' morto oggi, Luigi Pintor uno dei fondatori del gruppo "Il Manifesto" che fu radiato dal Pci nel 1969... Nato a Roma il 18 settembre 1925, soffriva di un male incurabile del quale si era accorto un mese fa. Pintor, che era stato anche deputato, aveva 78 anni.

Nel 1943 si iscrive al Pci, entra all'Unità (quotidiano del PCI) come redattore politico. Diventerà condirettore dell'edizione romana. Nel partito, Pintor entra nel Comitato centrale e poi nell' Ufficio di segreteria. Nel 1968 entra in Parlamento come deputato del PCI. Con Rossana Rossanda, Aldo Natoli, Lucio Magri, danno vita a un gruppo di sinistra interno, riunito intorno all'omonima rivista mensile "il manifesto'' Sarà radiato dal Partito Comunista italiano nel novembre del 1969.

Pubblica a partire del 1990 il romanzo "Servabo", poi da "La signora Kirchgessner", "Il nespolo" e "Politicamente scorretto", uscito nel 1998, che rappresenta la sua autobiografia.

Primo numero del Manifesto Il progetto di una rivista, nasce nell'estate del ‘68. La rivista Il Manifesto è uno degli sbocchi cui giunge la lunga e complessa storia del dissenso di sinistra all’interno del PCI. Ma non si tratta del dissenso del vecchio apparato stalinista (Secchia, D’Onofrio), ma di quello più moderno che si viene raccogliendosi attorno alla figura di Pietro Ingrao.

Anche per la sinistra interna del PCI, infatti, gli avvenimenti del 1967-68 rappresentano un grosso fatto nuovo: il sorgere del primo movimento di massa "il movimento studentesco" non egemonizzato dal partito; la scoperta che il movimento non si accontenta di lottare nel chiuso delle università, ma cerca di collegarsi, sia pure con ingenuità, con errori di spontanesimo e dogmatismo, agli operai più giovani giunti alla politica quando ormai il PCI è assente dalle grandi fabbriche, non può che imporre scelte nuove ai dissenzienti interni al partito.

Se l’idea di una rivista autonoma è dell’estate del ’68, il primo numero del giornale Il Manifesto uscirà effettivamente solo un anno dopo, nell'estate del 1969. In vista del XII congresso del PCI, infatti, il progetto è stato congelato.

Il gruppo promotore del giornale (Rossana Rossanda, Lucio Magri, Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina) manda in stampa il primo numero il 23 giugno 1969. Il Manifesto avrà una periodicità mensile. Il primo numero è un vero successo editoriale: con le ristampe arriverà a vendere 55 mila copie.

La scommessa è ambiziosa, ma rischiosa su entrambi i fronti.

I gruppi della sinistra extraparlamentare, che si stanno formando proprio nello stesso periodo, sono piuttosto diffidenti nei confronti di una iniziativa proveniente dall'interno del PCI.

Il pericolo principale viene però proprio dall'interno del PCI e dalla prevedibile accusa di frazionismo.

In un primo periodo le tendenze nel PCI sono due: una, incarnata da Natta, vuole arrivare rapidamente ai provvedimenti disciplinari e non è disposta ad alcuna concessione; l’altra, favorita da Berlinguer, non vede negativamente il permanere di un dissenso interno, ma a certe condizioni.

Ma è un equilibrio instabile quello che vive il gruppo del Manifesto. A fine novembre 1969 il comitato centrale del PCI decreta la radiazione dal partito di tre suoi componenti che lavorano al Manifesto: Natoli, Pintor e Rossanda.

Da questo momento Il Manifesto non è più solo la redazione di una rivista politica, ma una formazione politica con una sua piccola rappresentanza parlamentare: ai tre deputati radiati dal PCI si aggiungono anche Massimo Caprara (già segretario di Palmiro Togliatti che finirà poi vicino a Bettino Craxi e quindi, anni dopo, nello schieramento di centro-destra) e Valerio Bronzuto.

Ma la vera svolta politica del gruppo del Manifesto avviene nel settembre 1970 con la pubblicazione sulla rivista delle Tesi per il comunismo: una piattaforma di discussione e di lavoro politico per l’unità della sinistra rivoluzionaria e la costruzione di una forza politica.

Il gruppo della sinistra extraparlamentare con cui Il Manifesto cerca di stringere rapporti è Potere operaio.

Luigi Pintor Si arriva così al febbraio 1971 quando l’unificazione tra Il Manifesto e Potere operaio sembra ormai cosa fatta. L’occasione sembra essere offerta dal convegno unitario in cui la parola d’ordine è: costruire i comitati politici. Il processo di unificazione si bloccherà perché, paradossalmente, sarà Potere operaio ad accusare Il Manifesto di eccessivo operaismo.

Le energie del gruppo si sono intanto concentrate su un nuovo progetto editoriale, quanto mai ambizioso: la trasformazione del mensile in quotidiano. Il Manifesto quotidiano vedrà la luce a fine aprile 1971. Inteso, inizialmente, come uno strumento per tutti i gruppi alla sinistra del PCI, Il Manifesto finirà per diventare la voce del gruppo.

Accusato di intellettualismo e riformismo, il gruppo del Manifesto già nel 1971, finisce con l’isolarsi all’interno della sinistra rivoluzionaria. Lo scontro politico con Avanguardia operaia e soprattutto con Lotta continua troverà il suo culmine in occasione della manifestazione nazionale di Milano per il secondo anniversario della strage di piazza Fontana. Sul problema della riposta da dare ad un corteo proibito dalla questura, Il Manifesto si isolerà, rifiutandosi anche di entrare nel Comitato nazionale contro la strage di Stato.

Le elezioni anticipate del 7 maggio 1972 fanno precipitare la situazione. Il Manifesto decide di presentarsi con proprie liste alla Camera e di invitare a votare per il PCI al Senato. Il dibattito interno che porta a questa scelta è durissimo: due deputati, Massimo Caprara e Aldo Natoli, lasciano il direttivo del gruppo.

Nonostante la presenza in tre importanti circoscrizioni, come capolista, di Pietro Valpreda, la lista del Manifesto ottiene una secca sconfitta elettorale: appena 224.313 voti, pari allo 0,7 %, nessun deputato.

Comincia da questa sconfitta elettorale il lento, ma inesorabile, declino dell’organizzazione. Gli anni compresi tra il 1972 e il 1975 saranno dedicati alla costruzione di una difficile unità con altre due formazioni uscite sconfitte dalla prova elettorale del 1972: i cattolici del Movimento popolare dei lavoratori (MPL) di Livio Labor e il PDUP, ossia i resti - non confluiti nel PCI e non ritornati nel PSI - del Partito socialista di unità proletaria (il PSIUP, nato nel 1964 da una scissione a sinistra dei socialisti di Nenni, in occasione della scelta governativa del partito), guidato da Vittorio Foa e Silvano Miniati.

Il processo di unificazione porterà nel gennaio del 1976 le tre formazioni alla creazione di una nuova forza politica che manterrà il nome PDUP (Partito di unità proletaria) a cui viene aggiunta l’espressione: per il comunismo di cui sarà segretario Lucio Magri.

Nel 1975 il PDUP si presenta alle elezioni regionali del ‘75, in alcune circoscrizioni da solo, in altre insieme ad Avanguardia operaia, ottenendo un appena discreto successo.

Assieme ad Avanguardia operaia e a Lotta continua, il PDUP da vita, nelle elezioni politiche del 1976, al cartello di Democrazia proletaria, ma anche questa volta il risultato è insoddisfacente: 556.022 voti, l’1,5 % e sei seggi. Risultano eletti: Magri, Castellina, Milani e Foa del PDUP; Gorla e Corvisieri di Avanguardia operaia. Successivamente, le dimissioni da parlamentare di Foa consentiranno l’ingresso alla Camera di Mimmo Pinto per Lotta continua.

Tra il febbraio ed il marzo del 1977 - mentre il quotidiano Il Manifesto ha cessato di essere organo del PDUP per tornare ad essere soltanto un quotidiano comunista - avviene un ennesimo rimescolamento di carte: dal PDUP per il comunismo esce la componente minoritaria, ex psiuppina, che faceva capo a Miniati e Foa che, assieme alla componente maggioritaria di Avanguardia operaia assumerà in seguito il nome del vecchio cartello elettorale, ossia Democrazia proletaria, mentre alla maggioranza del PDUP di Magri si unirà la minoranza di AO, guidata da Aurelio Campi.

Alle politiche del 1978 il PDUP si presenterà da solo, ottenendo sei deputati.

Alle politiche del 1983 il PDUP presenterà, invece, i propri candidati nelle liste del PCI, partito in cui confluirà l’anno successivo, al termine di una parabola durata 15 anni.

A tutt’oggi il quotidiano Il Manifesto prosegue le pubblicazioni, continuando a collocarsi in un’area di sinistra di opposizione.

Collettivo Bellaciao (Roberto F.)
Parigi, 17 maggio 2003
da www.bellaciao.org