Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista

Perché voto a favore

Roma - 25 settembre 2003

Condivido il documento che viene proposto alla discussione di questa Direzione e l'introduzione del Segretario.

A me pare evidente che l'attualità politica ponga con urgenza a tutte le forze della sinistra - dunque anche a noi comunisti - due obiettivi ineludibili: da un lato, la cacciata del governo delle destre, d'altro lato la concretizzazione di un programma alternativo che sappia rispondere alle istanze del "popolo dell'opposizione" e dei movimenti con un deciso cambio di rotta rispetto alle politiche neoliberiste. Si tratta di due questioni intrecciate, nel senso che, in assenza del conseguimento del secondo obiettivo, il primo risulterebbe depotenziato e politicamente precario. E tuttavia non è affatto detto che raggiungere l'uno comporti automaticamente conseguire l'altro: potremmo ad esempio trovarci ad aver sconfitto elettoralmente Berlusconi sull'onda di un crescente malcontento popolare senza tuttavia aver acquisito un programma condiviso tale da qualificare l'azione di un governo "delle attuali forze di opposizione". Siamo chiamati dunque a lavorare per costruire le condizioni di un'alleanza che assicuri la sconfitta elettorale di Berlusconi e la vittoria dello schieramento di sinistra e, nel contempo, lavorare per evitare che tale vittoria sia politicamente labile ed effimera. Dunque non solo un'unità contro, ma anche un'unità per. Un'opinione sempre più diffusa ci chiede di cacciare il governo in carica (chi non percepisse come assolutamente primaria tale esigenza sarebbe fuori non dalla politica ma, letteralmente, dal mondo). Ma a tale richiesta si risponderà davvero, e durevolmente, se saranno promosse politiche strutturalmente alternative a quelle che hanno condotto al disastro attuale, politiche che non restino prigioniere delle compatibilità neoliberiste, che riguadagnino la fiducia della nostra gente rilanciando contenuti capaci di incontrare i bisogni dei ceti popolari.

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Essendo chiaro il punto a cui ci proponiamo di giungere, sarà bene essere altrettanto chiari sul punto di partenza. Io vedo che, ad oggi, nonostante le buone intenzioni e qualche segnale positivo, non vi è nulla di scontato né di facile. Un patto di coalizione deve comportare un percorso di mediazione e noi ci siamo detti pronti ad interloquire. Ma è evidente che la mèta non può essere la replica delle politiche condotte dal centrosinistra dagli anni '90 ad ora: ricordo che quei governi hanno conseguito un non invidiabile primato nei processi di privatizzazione, hanno messo mano alla cosiddetta ‘riforma strutturale' del sistema pensionistico, hanno partecipato alla ‘guerra umanitaria' targata Usa. Se si perseverasse su queste politiche che hanno contribuito al dilagare dell'ideologia neoliberista, sarebbe per tutti noi un disastro totale. Non credo che i lavoratori italiani sarebbero poi disposti a concederci un'altra chance, e la reazione successiva sarebbe davvero incontenibile.

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Da questo punto di vista, l'esito positivo dell'incontro dell'altroieri, ma soprattutto l'accettazione della nostra proposta di convocare una grande manifestazione nazionale contro il governo Berlusconi, sono primi segnali importanti. Occorre ora che ad essi si accompagnino atti concreti, che sta anche a noi richiedere e favorire. D'altra parte la situazione è grave e spinge tutti a rivedere le proprie posizioni. Stiamo assistendo ad un'azione sistematica e devastante per opera di una compagine governativa che coltiva un disegno organico di regressione reazionaria. Siamo ben lontani dal "normale" operare di una "normale" coalizione conservatrice nel quadro di una vagheggiata "normale" alternanza: il "sovversivismo delle classi dirigenti" del nostro paese è tutt'ora ben vivo. Certamente, le ricorrenti sortite di Berlusconi (da ultimo, le gravissime battute sulla bonomia di Mussolini e del regime fascista e sulla "pulizia etnica" che si starebbe compiendo a danno dei comunisti nel nostro paese) servono anche a distogliere l'attenzione dal netto peggioramento delle condizioni materiali dei lavoratori, da tutto quello che è stato a suo tempo promesso e poi clamorosamente disatteso. Ma esse hanno soprattutto lo scopo di alimentare un clima di sfascio delle istituzioni nate dalla Resistenza, mirano a modificare il senso comune democratico; e contribuiscono a creare il contesto regressivo entro cui, a colpi di maggioranza, si procede nello smantellamento della costituzione materiale e formale del paese sostituendo, quale suo principio guida, la logica e l'utile d'impresa ai diritti del lavoro e alla solidarietà.

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Questo governo deve dunque andarsene al più presto. Spetta a noi, alle sinistre, prospettare ai lavoratori, ai giovani in cerca di un'occupazione stabile, alle donne, ai pensionati di questo paese una via radicalmente diversa. Una tale radicale inversione di tendenza va costruita soprattutto su alcuni essenziali punti di merito di cui dobbiamo cominciare a parlare e intorno ai quali occorre costruire sin d'ora concrete iniziative di elaborazione e di mobilitazione. Posso qui indicarne i titoli: 1) Una politica di pace, ispirata ad un intransigente rispetto dell'art.11 della nostra Costituzione; 2) una politica redistributiva, che consenta a chi lavora e a chi non lavora più di recuperare una dignitosa qualità della vita; 3) una politica di sviluppo socialmente e ambientalmente qualificato, che dia lavoro e certezze ai giovani (cominciando con l'abrogare subito l'iniqua legge 30/2003), che inverta la tendenza al degrado delle risorse del paese e allo smantellamento dei suoi settori strategici, che riconsegni al pubblico la funzione di promozione e riequilibrio che gli spetta; 4) una politica istituzionale solidale e di tenuta democratica, che difenda i capisaldi della nostra Carta costituzionale (abrogando tra l'altro le leggi ad personam sulla giustizia emanate dalle destre).

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Come ho detto, il compito che ci attende è tutt'altro che facile e il suo esito tutt'altro che acquisito. Ritengo che il nostro partito debba essere sin d'ora attraversato, a tutti i suoi livelli, da una discussione vera: una riflessione che dia a tutte le compagne e a tutti i compagni gli elementi per valutare adeguatamente la delicatezza della fase e l'entità della posta in gioco. Questo documento va discusso in tutto il partito. Vanno altresì attivate le forze a noi più vicine - forze politiche, associazioni, movimenti - quelle che hanno dato un impulso straordinario alle mobilitazioni contro la guerra e alla battaglia per l'estensione dell'art.18. Con loro dobbiamo consolidare quel comune denominatore che su questioni dirimenti ci ha visto uniti e, contestualmente, proseguire il confronto con le altre forze del centrosinistra.

Lo spazio per questa politica è grande e alcuni primi segnali positivi emergono dai sondaggi e anche dalla grande partecipazione alle feste di Liberazione. Dobbiamo impegnarci a consolidare questa tendenza, investendo anche sul partito e sul suo rafforzamento.

Claudio Grassi
Roma, 25 settembre 2003
da "Liberazione"