Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista

Interventi A - Z

Roma, 7 maggio 2006

Imma Barbarossa

Dai giornali italiani ad Atene, ho appreso che secondo autorevoli dirigenti del nostro partito esisterebbe una sorta di diseguaglianza di diritti, tra chi ha elettorato attivo e passivo e chi ce l’ha solo passivo, che dovremmo scegliere il segretario nazionale in base ad un identikit prefigurato, che non siamo valutati per il lavoro, cultura politica, coerenza morale, ma in base ad un prima ed un dopo un grande evento come Genova, e chi ha indicato Giordano nelle consultazioni non avrebbe “osato”, avrebbe contributo ad una scelta vecchia.

Devo dire che sono affermazioni che si commentano da sé. E vero che dopo Genova tutti e tutte abbiamo detto: “niente sarà come prima”, in particolare, la scelta dell’internità al movimento antiglobalizzazione; ma è anche vero che siamo stati capaci di una critica dall’interno nei confronti della militarizzazione e del machismo del movimento. Ricordo come metafora il 4 ottobre e la scelta irrevocabile della nonviolenza, a cui Bertinotti ha dato un grande contributo, sta qui la profonda innovazione, costruire il partito come una comunità politica, capace di attraversare criticamente la tradizione comunista, con l’apertura al pacifismo e all’ecologismo e con il tentativo di costruire la sessuazione dei soggetti, dal personale al politico assumendo la critica femminista del mondo e del capitalismo, ma anche del “promoteismo” della tradizione comunista.

Tutti/e insieme, attraverso la capacità di metterci in discussione. Certo, è un percorso difficile, ed è ancora più difficile per le giovani generazioni, per due ragioni.

Innanzitutto perché la crisi della politica ha cercato di devastare anche il movimento delle donne, in secondo luogo a causa della nostra insufficiente capacità di costruire relazioni con le ragazze, senza spocchia e senza pretendere di fare le madri simboliche.

Questo determina nelle giovani generazioni un appannamento del conflitto di genere, laddove qui sta la vera innovazione, la vera discontinuità, nella critica del patriarcato anche di quello di sinistra, anche di quello giovanile, anche di quello del movimento.

Come abbiamo detto nella grande, forte, radicale assemblea di donne ad Atene.

Dobbiamo avviare insieme questo percorso, affrontando intanto i primi immediati appuntamenti, dalle elezioni siciliane, a quelle amministrative al referendum sulla Costituzione. In tutto questo percorso penso che Franco Giordano sia un importante punto di riferimento.

Salvatore Bonadonna

Non avrei immaginato, quarant’anni fa, nella piazza di Terrasini, che avrei salutato come presidente della Camere dei Deputati, quel compagno che con me faceva un comizio elettorale per le regionali siciliane dal pianale di una MotoApe.

Fausto veniva da Novara, il suo parlare era più veloce, le sue inflessioni padane accentuate e le sue erre talmente arrotate che alcuni che ascoltarono il comizio commentarono, in dialetto stretto: «mischia, chisti puru un francisi ficiru scinniri! »… questi hanno fatto venire pure un francese! Era evidente che la stoffa fosse buona e la elezione alla terza carica dello Stato testimonia del forte impegno culturale, dell’alta moralità e della eccezionale capacità politica di Fausto Bertinotti, espressa anche dalle scelte che hanno portato Rifondazione al successo elettorale e politico di oggi. La fase che si apre è, dunque, filiazione diretta del Congresso di Venezia; si tratta di lavorare a quella riforma della politica che guarda all’alternativa di società.

Voterò convinto Franco Giordano alla segreteria del partito, e credo che la sua disponibilità sia un atto di coraggio e di generosità. Ha le qualità umane e politiche per sviluppare il percorso di questi anni. Piuttosto dobbiamo riflettere sullo stato del partito e dei suoi gruppi dirigenti anche dopo il successo elettorale. Anche con quei compagni che hanno denunciato il mancato salto generazionale dovremmo riflettere su cosa e quanto abbiamo fatto, o non fatto, perché quella indicazione non sia divenuta sbocco naturale.

Sulle incrostazioni e sulle modalità del complesso sistema di relazioni che opera tra diverse parti del gruppo dirigente, centrale e territoriale.

Forse, troppo spesso, riforma della politica, innovazione, riforma della cultura del partito, sono formule che servono ad occultare modalità concrete che poco hanno a che fare con ciò che si proclama.

E’ cresciuta una generazione di quadri e di dirigenti, prodotto della propria epoca, della lotta contro la globalizzazione e contro la guerra, protagonista dei moderni conflitti sociali, che esprime in prima persona direzione politica qualificata a vari livelli territoriali e nazionali. Se non vogliamo che questa rimanga come affiancata e parallela alla crescita del partito “tradizionale” dobbiamo avere il coraggio di declinare esplicitamente cosa intendiamo per innovazione e riforma della politica. Propongo che prima del prossimo Cpn, senza l’ansia di dovere decidere e votare, in una sede seminariale, si possa discutere di innovazione e riforma della politica per evitare che la questione generazionale finisca anch’essa per rappresentare uno schermo o essere banalizzata come mero fatto anagrafico.

Credo che Franco Giordano, a cui oggi affidiamo la guida del partito, abbia le sensibilità e le qualità adatte a far si che questi auspici di riforma si trasformino concretamente in scelte capaci di incorporare la cultura e il portato politico delle nuove generazioni e, quindi, di cambiare davvero il partito reale.

Milziade Caprili

E’ giusto che il partito si interroghi sulla fase che si è aperta a seguito delle elezioni.

Sarebbe tuttavia sbagliato non vederne le opportunità concentrandosi sulle difficoltà smarrendo così il filo di un ragionamento che dal Congresso di Venezia in avanti siamo andati facendo. Così come i mutamenti necessari nella direzione del partito ad iniziare dal segretario sono dovuti al fatto assolutamente positivo della presidenza della Camera per il compagno Fausto Bertinotti e del contemporaneo impegno di alcune compagne e alcuni compagni in diversi ruoli istituzionali. E’ d’altra parte da salutare positivamente che su fase e riorganizzazione del partito la discussione sia esplicita e che si registri una minore tensione tra le componenti del partito. Si è parlato del cosiddetto “spirito” del Congresso di Venezia rispetto soprattutto alla organizzazione del partito e dei suoi gruppi dirigenti.

Prima di tutto vi sono le difficoltà connessa alla sostituzione di un segretario come Fausto Bertinotti e lo vorrei dire con estrema sincerità: senza Fausto oggi non saremmo quello che siamo, non ci sarebbe stata una nuova generazione formatasi proprio su questa politica. Sento che la richiesta che su questi temi si vada ad una discussione un po’ più strutturata non può essere elusa né all’interno del partito né rispetto a tanti soggetti esterni interessati a noi. E sono anche per prendere sul serio le pur isolatissime obiezioni rispetto alla scelta - che condivido intensamente - di eleggere Franco Giordano a segretario del partito. Non c’è dubbio sul fatto che uno degli elementi portanti del Congresso di Venezia sia stato il cosiddetto “salto generazionale”.

Sento anch’io l’esigenza che compagne e compagni che da Genova in qui hanno lavorato nel movimento e in rapporto al movimento, giovani per cultura, pratiche ed anche per età anagrafica, si affermino e per quanto è possibile siano aiutati ad affermarsi nella direzione di questo partito. Ai compagni distratti vorrei dire che questo si è cercato di fare se è vero come è vero che, meritatamente e con risultati lusinghieri, molte federazioni grandi e piccole, molti regionali, molte strutture del partito sono oggi dirette da compagni (molte meno compagne) giovani quando non giovanissimi. E’ necessario accelerare in questa direzione, avere meno timidezza, non farsi ingabbiare da assurde pregiudiziali proprietarie di pezzi del partito? Sì, ed è proprio per questo che considero Franco Giordano come l’ipotesi di segretario migliore per portare a compimento questi scopi.

Paolo Ferrero

La sostituzione di Fausto Bertinotti come segretario ci pone davanti ad un problema molto difficile. Difficile per il valore politico della figura di Fausto ma anche per l’indubbia difficoltà che il nostro partito ha storicamente avuto a dotarsi di un gruppo dirigente autorevole e collegiale. Per questo considero un fatto positivo in se l’aver saputo individuare nella candidatura di Franco Giordano - a cui faccio gli auguri - una proposta unitaria. Ci evita discussioni e divisioni che avrei considerato nefaste in questa fase e ci permette di disporci immediatamente alla costruzione dell’iniziativa politica e alla costruzione della Sinistra Europea. In primo luogo sottolineo la centralità del referendum del 25 giugno, che è un passaggio decisivo per consolidare la vittoria dell’Unione e per destrutturate le destre. Questa scadenza è tanto più importante viste le pulsioni “inciuciste” emerse nella discussione sulla presidenza della repubblica. In secondo luogo credo dovremmo utilizzare questo passaggio di testimone al vertice del partito per porci l’obiettivo di costruire un gruppo dirigente allargato del partito che, nella discussione franca e nella capacità di far dialogare culture politiche, esperienze e generazioni diverse, conquisti sul campo una propria autorevolezza.

Non ho invece condiviso la denuncia di un presunto tradimento dello spirito del congresso di Venezia. L’uscita da sinistra dallo stalinismo, l’internità ai movimenti di massa e la nonviolenza sono oggi i tratti distintivi del nostro partito; la nostra capacità di elaborazione e direzione politica, più che esercitarsi su chi è il più fedele interprete di Venezia, dovrebbe misurarsi su un problema che a me pare grande come una casa: le nostre elaborazioni politiche e teoriche sono maturate in un lungo percorso di opposizione; cosa vogliono dire oggi che siamo in maggioranza e ci apprestiamo ad entrare al governo? Far vivere il nostro anticapitalismo, la nonviolenza, le due sinistre nel nuovo contesto è la sfida su cui - mi pare - siamo chiamati a misurarci nel prossimo periodo

Alfonso Gianni

Nella riunione della Direzione e dell’Esecutivo mi sono espresso in modo contrario alla candidatura di Franco Giordano alla segreteria del partito. L’ho fatto ponendo alcune questioni di fondo alle quali non sono state fornite risposte convincenti, malgrado che alcuni interventi abbiano tentato di entrare finalmente nel merito della questione.

Per questo riconfermo la scelta di un voto di astensione che ovviamente non significa equidistanza tra la candidatura di Giordano e quella del tutto improvvisata e singolare, per chi minaccia di abbandonare il partito, del compagno Ferrando.

Al congresso di Venezia era già nota l’intenzione di Bertinotti di lasciare la segreteria del partito in un tempo politicamente prevedibile.

L’accelerazione dovuta all’insediamento alla presidenza della Camera non muta la sostanza della questione.

A Venezia e nelle conclusioni di Bertinotti è stato tracciato un identikit preciso di chi doveva essere il successore. Si puntò su un salto generazionale, il che escludeva figure di compagne e compagni pure capaci, e si puntava su una figura la cui maturazione politica fosse avvenuta all’interno della storia di Rifondazione e della sua contaminazione positiva con i movimenti. La generazione di Genova era ed è il simbolo di tutto ciò.

Per dirla in termini più diretti la figura del nuovo segretario non avrebbe dovuto provenire dall’album di famiglia né del vecchio Pci, né da quello dei gruppi extraparlamentari degli anni settanta, né da quello della Fgci degli anni Ottanta, senza nessuna offesa o sottovalutazione di quelle fondamentali esperienze. La figura di Giordano per motivi anagrafici e biografici non corrisponde affatto a quel tipo di scelta. Si può certamente cambiare idea, ma si ha il dovere di motivare il perché. Per parte mia credo che le ragioni di Venezia siano ancora più forti di allora.

In primo luogo il nostro partito ha avuto un grande successo; vive una positiva crisi di crescita che richiede di essere governata; è più presente nelle istituzioni di prima, dagli enti locali fino al governo. Abbiamo bisogno perciò di una figura di segretario che dia un impulso al radicamento sociale del partito e tra le nuove generazioni.

In secondo luogo proprio queste ultime hanno determinato la storica vittoria, per quanto risicata, dell’Unione sulle destre, come dimostra il dato della Camera dove è stata determinante la scelta di coloro che votavano per la prima volta. Per queste ragioni penso che dobbiamo investire sul futuro, fare una scelta coraggiosa che esprima questa scommessa anche nella figura del segretario.

Non si è avuto il coraggio di farlo. O meglio, come è apparso nel dibattito di questi giorni, malgrado che tutti a Venezia plaudivamo a quella scelta, da subito si è sviluppata nel partito una diffusa resistenza a questa innovazione, la quale, alcuni dicono, se fatta oggi provocherebbe una spaccatura nel partito. Io non lo credo, o meglio non penso che questo sarebbe il rischio maggiore.

Credo che sarebbe meglio andare ad una franca discussione nel corpo del partito, piuttosto che compiere una scelta mediatoria sul segretario.

Detto questo auguro a quella splendida persona che è Franco Giordano il meglio.

Se lo vorrà il mio modesto contributo non gli verrà a mancare.

Beatrice Giavazzi

Voterò a favore della proposta avanzata dalla presidenza del compagno Giordano segretario del partito, come altri compagni della mia mozione che ne condividono le ragioni principali, con l’intento di collocarci dentro la sfida di una fase che non può essere affrontata dal partito “tradizionalmente”, perché deriva da fatti “straordinari” che tutto il nostro partito ha determinato.

L’esito del voto a Rifondazione Comunista, il riconoscimento istituzionale a Bertinotti, ci assegnano una responsabilità grande.

E’ un atto difficile perché, per la prima volta, differisce da quello della mozione cui appartengo che esprime un pensiero rilevante del nostro dibattito interno ma, soprattutto, cui fanno riferimento militanti e dirigenti territoriali che mai, anche nei momenti più aspri del dibattito interno, hanno fatto mancare il proprio contributo politico e di militanza. Ma oggi è necessario dare segnali più forti dell’astensione sulla scelta del segretario per 2 ragioni principali: la prima e più importante è quella di far prevalere l’interesse del partito su quello di parte. Il partito vive una condizione contraddittoria, una sorta di euforia per i risultati da un lato e dall’altro uno smarrimento che l’uscita di Bertinotti inevitabilmente ha prodotto mentre le difficoltà dei rapporti politici con le altre forze dell’Unione e la necessità di essere punto di riferimento sociale dei movimenti sono ben chiare a tutti. Il gruppo dirigente uscente ha quindi la responsabilità ineludibile di dare un segnale forte di coesione e solidarietà cui tutti rispondano con determinazione.

Il partito ce lo chiede, se lo aspetta. La seconda.

Su Liberazione abbiamo avanzato la proposta del “superamento delle mozioni congressuali” per dispiegare al meglio le nostre potenzialità in una gestione plurale, unitaria e solidale.

Non ingenuità politica ma una proposta profondamente ineditata e collettiva che si assume le responsabilità che il partito vive da consegnare al gruppo dirigente nuovo per un’elaborazione più compiuta e largamente condivisa. Voteremo, con queste premesse, il compagno Giordano al quale, con gli auguri di buon lavoro, consegniamo la responsabilità dell’ascolto, della sintesi necessaria e volontà di costruire percorsi concreti di gestione unitaria del nostro partito. A lui l’onere di rispondere.

Claudio Grassi

Vorrei fare gli auguri a Fausto Bertinotti per l’importante nuovo ruolo di presidente della Camera e ringraziarlo per il discorso fatto. Quella dedica agli operai e il richiamo a Marzabotto e alla Resistenza mi hanno fatto molto piacere.

E vorrei anche ringraziarlo per il lavoro che ha svolto come segretario del partito per 12 anni. Tra noi ci sono stati momenti di accordo e anche aspre contrapposizioni, ma ciò non toglie nulla alla gratitudine che gli dobbiamo per l’impegno profuso.

Nella relazione di Ferrara di oggi vengono confermati elementi positivi che avevamo già registrato nelle relazioni di Bertinotti in occasione della Direzione e del Cpn scorsi. Si propone l’apertura di una fase nuova e una gestione collegiale del partito. Vogliamo percorrere anche noi questa strada senza pregiudiziali e arroccamenti.

Tuttavia il processo è, per il momento, solo annunciato; abbiamo bisogno di vedere fatti e riscontri.

Siamo appena usciti da una gestione sulle candidature che ha determinato una penalizzazione grave della pluralità interna, che non ha eguali in nessun partito politico. Anche la composizione della direzione dei gruppi parlamentari è stata fatta escludendo l’apporto delle minoranze. In molte federazioni persistono situazioni di grave discriminazione. Bisogna quindi dimostrare nei fatti che le future decisioni saranno prese con modalità diverse. Il partito deve essere di tutti, non della maggioranza, altrimenti non si apre nessuna fase nuova.

Ci asterremo, come Essere Comunisti congiuntamente a Sinistra Critica, sul nuovo segretario, per dare un segnale di apertura, per incoraggiare questa fase che si è aperta, in attesa di riscontri positivi.

A Franco Giordano, che comprenderà il senso e lo spirito di questo mio intervento, vorrei formulare i migliori auguri. Siamo cresciuti assieme in questo partito e sono sicuro che troveremo il modo per tenerlo unito, pur nella differenza delle posizioni: è un patrimonio prezioso per la sinistra che sapremo far crescere insieme.

Enzo Jorfida

Al compagno Franco Giordano viene proposto un incarico ed impegno politico non facile.

  1. perché occorre superare il vuoto che lascia il compagno Fausto Bertinotti dopo 13 anni da segretario Nazionale del Prc.

    Accanto alla felicità per la sua elezione a presidente della Camera dei Deputati esiste, nel corpo del partito anche un certo sconcerto per il fatto che ora occorre sostituirlo.

  2. Perché occorre costruire un gruppo dirigente “autorevole” e “pluralista”: l’autorevolezza si conquista sul campo, con l’azione quotidiana. Pluralista perché è un segnale forte che si aspetta tutto il corpo del partito per superare gli strascichi e i veleni lasciati dal 6° Congresso, che considero finito con il risultato del voto del 9 e 10 aprile. Il partito non ha bisogno di un “capo” ma di un gruppo dirigente che viva in simbiosi con gli iscritti e le iscritte.
  3. Perché occorre proporre una piattaforma politica (non politicista) che garantisca, sul piano politico, l’autonomia del nostro partito nella nuova fase che si è aperta.
  4. Perché occorre dare gambe solide e di massa al Prc. Una linea politica può essere la più perfetta ma se non ha una organizzazione forte, strutturata, capillare nel territorio, nei luoghi di lavoro e di studio, rischia di essere da ostacolo alla realizzazione della linea politica.

    E’ stato detto, da questa tribuna, lo scorso Cpn che abbiamo una organizzazione del partito inadeguata. Credo che dovremo realizzare al più presto la Conferenza Nazionale d’Organizzazione per iniziare a rendere più forte ed autonomo il nostro partito.

Ecco, caro compagno Giordano, se questi sono obiettivi che vorrai proporti e proporre, il “non facile” diventerà “più facile”.

Gigi Malabarba

Sinistra Critica votò contro il segretario al congresso di Venezia per l’orientamento politico proposto e anche per l’imposizione di una logica rigidamente maggioritaria ed escludente nella gestione del partito. Continuiamo a non condividere la linea riconfermata, l’esperienza di governo la verificheremo insieme. Di fronte al fallimento del funzionamento politico-organizzativo dei gruppi dirigenti e, insieme, alla necessità del loro rinnovamento anche a seguito del conseguimento di incarichi rilevanti, si apre una possibilità di coinvolgimento delle aree critiche del partito a tutti i livelli, segreteria nazionale compresa. L’astensione sulla candidatura di Franco Giordano, l’unica oggi in grado di garantire continuità e autorevolezza, significa scommettere sulle possibilità di apertura, al momento però non concretamente esplicitate. Una battaglia politica critica trasparente a volte risulta più leale e costruttiva di interessati sostegni alla linea di maggioranza. E’ oggi il momento di dimostrare appieno l’autonomia del partito e dei movimenti dal governo e dalle sue mediazioni: lo diciamo tutti, noi ci impegniamo a farlo sul serio.

Gennaro Migliore

Ci sono molti motivi per i quali mi sento di sostenere la candidatura di Franco Giordano a Segretario del partito e vorrei citarne alcuni. In primo luogo la sua è una candidatura che gode del più ampio consenso interno e ciò rappresenta un’efficace risposta al contesto dell’opinione pubblica nazionale, laddove appare chiaro che Rifondazione Comunista ha immediatamente una soluzione da offrire alla direzione del partito, pur nella perdita di una guida così importante come quella di Fausto Bertinotti. La seconda riguarda le caratteristiche di garanzia che offre Franco Giordano per la preservazione e lo sviluppo del processo politico avviatosi al Congresso di Venezia, che per tutti noi rappresenta l’elemento essenziale da cui partire.

Le caratteristiche di Giordano sono quindi interne al progetto politico collettivo del quale oggi sentiamo maggiore urgenza. C’è bisogno di condurre il partito nella fase molto complessa che si apre ed è quindi necessaria la massima collegialità e partecipazione, tenendo ben ferma l’idea di innovazione che abbiamo proposto nell’elaborazione di Rifondazione Comunista negli ultimi anni. A questo scopo, il tratto personale di Giordano, la sua generosità in politica, non disgiunta da una capacità di direzione che rappresenti al massimo l’interezza del partito, consente di operare anche per una apertura unitaria alla sua gestione.

Il congresso di Venezia ci restituisce, pur nelle differenze politiche emerse dalle mozioni, un quadro che può essere foriero di nuovi sviluppi sul terreno della condivisione delle responsabilità.

In ultimo è fondamentale cogliere un aspetto legato ad una cultura politica cresciuta nel corso di questi anni grazie alla potente elaborazione e contaminazione con il movimento, ovvero una cultura che si misura con il consenso, con la capacità di verificare il proprio lavoro politico, con la dimensione collettiva. In questo quadro Rifondazione comunista è oggi più avanti e ritengo che la prossima fase dovrà contribuire decisamente a questo processo di profonda innovazione politica e organizzativa che è quella di un partito autonomo e comunista alla sua prima esperienza di partecipazione al governo.

Alfio Nicotra

Lo dico sottovoce ma spero con la sufficiente forza. Intendo protestare per la decisione di tenere la direzione e il comitato politico nazionale nei giorni del Forum Sociale Europeo di Atene.

Abbiamo ripetuto a Venezia che la nostra bussola politica era sintetizzata nella parola d’ordine “governo leggero e movimento pesante”. Devo dire che come esordio non è molto incoraggiante… Mi rendo conto della straordinarietà della situazione che sta vivendo il nostro partito ma leggo in questa, diciamo così, non sufficiente sensibilità a quello che è uno degli appuntamenti dei movimenti di lotta più importante del nostro continente, una spia di un pericolo che abbiamo davanti: quello che le priorità della nostra agenda siano imposte da una torsione istituzionale e da una attenzione predominante solo agli assetti e dinamiche di governo.

Mi auguro che sia solo una congiuntura. Perché è evidente che se il Prc decide di affrontare il Forum con un atteggiamento di basso profilo questo ha conseguenze a cascata anche su altre cose.

Ne cito una su tutti. il partito della Sinistra Europea.

Noi sappiamo come alcuni dei partiti che vi hanno aderito non hanno avuto una spontanea adesione al movimento dei movimenti e ai suoi appuntamenti. Sono stati coinvolti in questa contaminazione grazie alla nostra iniziativa ed esempio. Se Rifondazione trascura il movimento altri - che non sono mai stati del tutto convinti - si sentiranno legittimati a fare altrettanto.

Quanto al compagno Giordano, che voterò con convinzione, non ho nessuna obiezione da fare: è sempre stato disponibile quando lo abbiamo chiamato e ho fiducia nelle sue capacità.

Avrei preferito però una metodologia differente. Sappiamo che con la trasmigrazione di larga parte del gruppo dirigente nel parlamento e nel governo restano scoperti settori chiave e decisivi per la vita del Prc (l’area movimenti, del lavoro, esteri e pace, per non parlare dell’organizzazione).

Sarebbe stato più logico e razionale che approvassimo contestualmente al nuovo segretario anche un riequilibrio, che io ritengo assolutamente necessario, per dare un preciso segnale che il partito non si chiude nell’istituzioni (ne lo si può governare da lì pena il suo snaturamento) e che immediatamente siamo in grado di riprendere l’intervento di massa e di movimento.

Credo che il recupero dell’autonomia del partito sia la priorità che Franco si troverà davanti e, nel fargli gli auguri di buon lavoro, auspico che lo affronti con grande decisione nelle prossime settimane.

Gianluigi Pegolo

Sostituire Fausto Bertinotti nella carica di segretario non è certamente facile. La sua è stata una gestione “forte”.

A tale riguardo, colgo l’occasione per formulargli i più sinceri auguri per l’impegno istituzionale a cui è stato chiamato. Per quanto riguarda la candidatura di Franco Giordano non mi permetto di esprimere valutazioni.

Al di là delle sue indubbie capacità, infatti, resta diritto della maggioranza indicare il nome del nuovo segretario e io ne prendo atto.

Il mio voto sarà conseguentemente di astensione.

Questa scelta costituisce anche una scommessa sulla volontà unitaria che è stata qui espressa Nei prossimi mesi il partito, in ragione della sua nuova collocazione di governo, sarà posto di fronte a questioni decisive.

La prima è la capacità di garantire - in un quadro così difficile - l’autonomia del partito, impedendo che abbia il sopravvento una spinta all’omologazione. La seconda è costituita dalla capacità di dare risposta alla domanda sociale con un’azione di governo riformatrice, tenendo aperta la prospettiva dell’alternativa.

La terza questione attiene al rapporto fra costruzione della sinistra di alternativa - esigenza obiettiva ma che va assunta con spirito unitario e senza erigere steccati verso chicchessia - e il mantenimento e rafforzamento di una opzione comunista che non può essere rimessa in discussione.

L’ultimo nodo riguarda le scelte concrete che si intendono assumere sul piano della gestione del partito.

L’unità del gruppo dirigente non può essere condizionata all’esistenza di una totale omogeneità. Decisivo è invece riconoscere alle varie posizioni presenti nel partito piena cittadinanza - a tutti i livelli - nelle strutture di gestione del partito. A tale proposito duole costatare che nell’ultimo periodo non si sono fatti passi avanti significativi, come dimostrano le prime scelte compiute sugli incarichi istituzionali, attribuiti totalmente alla maggioranza.

Giovanni Russo Spena

Sosterrò Giordano segretario come punto di equilibrio condiviso per proseguire il percorso di innovazione.

La sua propensione al rinnovamento è metafora di un investimento sul futuro, non ritorno al passato.

Dovremo dare un impulso forte a una nuova direzione collegiale, organizzarla, rendere più intenso e dialettico il rapporto tra centro e periferia come condizione per la stessa autonomia del partito e per evitare che esso si trasferisca nelle istituzioni ad amministrare il presente.

Ancora più forte dovrà essere la nostra spinta innovativa all’interno di un contratto storico in cui si ridislocano i poteri a livello nazionale e internazionale, in cui assumono identità nuove gli stessi movimenti sociali, dal conflitto di classe (in Italia come in Cina), ai conflitti di comunità ribelli e democratiche (si pensi all’America Latina).

Usciamo da un ciclo politico aspro. Si apre un ciclo nuovo in cui i paradigmi del congresso di Venezia diventano discriminante di identità e strategia.

Incontreremo grandi difficoltà ma anche straordinarie possibilità se sapremo, in una fase di crisi della globalizzazione liberista e di crisi di civiltà, innovare anche le categorie del rapporto poteri/ governo/ società, mettendo al centro statuti di cittadinanze in una società meticcia.

Dovremo vivere la nostra identità come un orizzonte di senso che ci sfida come comunità e come individui.

Patrizia Sentinelli

Non posso oggi parlare di politica, di fase, di agenda, di iniziative da intraprendere senza nominare i sentimenti profondi che mi vengono in superficie. D’altronde per noi la politica non è mai scissa dai sentimenti e dalle passioni; guardiamo, infatti, sempre ai soggetti, ai loro desideri e autorganizzazione.

C’è un insieme di malinconia, di soddisfazione e di entusiasmo che mi pervade.

Siamo nella politica, ma mi sento anche nella storia, che stiamo, infatti, scrivendo insieme.

E’ un fatto straordinario che Bertinotti sia presidente della Camera dei Deputati.

Questo ci priva di un Segretario, ma ci assegna nuovi compiti e nuove altre responsabilità, ad ognuno e ognuna di noi e a noi tutti.

Fausto è stato già apprezzato per l’importantissimo discorso alla Camera, ma - mi riferiscono - anche per un garbo particolare con cui segna i suoi rapporti con chi lavora al Parlamento. E’ il riconoscimento del valore del pubblico, non solo educazione, quello che emerge è il valore della cosa pubblica e di chi vi opera.

Ora dobbiamo votare il nuovo Segretario, lo farò convintamente per Giordano che ho conosciuto appena entrata a Rifondazione Comunista durante il mio compito di Responsabile Lavoro della Federazione di Roma. Ricordo con gratitudine il suo impegno costante per coniugare la questione politica con quella sociale, battendo autoreferenzialità, politicismo e settarismo. Lo ricordo anche impegnato per sconfiggere quell’idea deleteria del cosiddetto sviluppiamo, ancora presente, ahimé, anche tra coloro che parlano di innovazione.

Non c’è innovazione, infatti, se si separa ambiente e lavoro in una logica neutra di crescita e sviluppo.

Così come non c’è innovazione se non ci facciamo attraversare da quella cultura e pratica agita dai giovani comunisti nel partito e nel Movimento.

Da ultimo, oltre gli auguri a Franco, chiedo un impegno per la Sinistra Europea - sezione italiana. Nei territori in diverse situazioni si sta già lavorando e sperimentando.

Non possiamo perder tempo e deludere aspettative.

Occorre subito lavorare ad un grande incontro, un evento significativo per giugno.

Sandro Valentini

Sono molto d’accordo con la proposta di Franco Giordano segretario, non solo perché è la proposta che riscuote il consenso più alto nel partito, ma anche perché, mi pare, una figura di grande garanzia rispetto alla fase politica nuova che si è determinata con il voto del 9 aprile.

Si è discusso molto, sia nel Cpn sia nella riunione congiunta tra Direzione ed Esecutivo Nazionale, sull’interpretazione oggi da dare sul Congresso di Venezia, se è superato o no, e cosa resta di politicamente valido di quella assise. Per quanto mi riguarda considero il congresso di Venezia alle nostre spalle, superato dallo sviluppo degli avvenimenti politici.

Vorrei essere ancora più chiaro: considerare superato il Congresso di Venezia non vuol dire non riconoscerne l’esito politico, la linea politica che da esso è scaturita. Come, per quanto mi riguarda, rivendico pienamente il percorso congressuale che mi ha portato ha contrastare le posizioni della maggioranza. Ma oggi al centro del confronto politico tra noi vi sono ben altre problemi, dovuti alla fase nuova segnata dalla sconfitta di Berlusconi.

Al centro del dibattito vi sono tre questioni fondamentali: come qualificare la nostra azione di governo rivendicando l’attuazione dell’accordo di programma sottoscritto; come costruire una Sezione italiana della Sinistra Europea dalle caratteristiche di massa e che sia una prima tappa della realizzazione del più vasto processo unitario della sinistra di alternativa, questione su cui registriamo purtroppo più di una difficoltà; come dare nuovo vigore e slancio al processo della rifondazione comunista. Infatti, il partito rischia in questo momento una deriva istituzionale e una messa in discussione della sua autonomia proprio perché gran parte del gruppo dirigente svolge ora compiti istituzionali.

Per questo occorre un gruppo dirigente allargato autorevole, che dia certezze, che punti alla pratica della collegialità e che sia riconoscibile per tutto il partito. A me pare che Giordano può svolgere positivamente questo ruolo e ricercare un giusto equilibrio tra innovazione e rinnovamento generazionale e necessità di essere all’altezza dei compiti.

Occorre però realizzare una precondizione, come alcuni di noi, della mozione “Essere comunisti” hanno affermato in un documento pubblicato su Liberazione. Questa situazione politica nuova richiede il superamento di tutto le Mozioni, non solo di quelle di minoranza. Un impegno in questo senso deve essere preso da tutto il partito superando le modalità con cui si sono costruiti in questa fase i gruppi dirigenti, nominati i settori di lavoro e indicate le rappresentanze parlamentari.

Dichiarazioni di voto sulla elezione del Segretario

di Claudio Grassi e Salvatore Cannavò

L’elezione di un nuovo segretario costituisce per il partito l’occasione di una discussione a largo raggio, per una riflessione sul funzionamento interno e per un effettivo allargamento del quadro dirigente allargato del partito stesso.
Per parte nostra vogliamo sottolineare alcuni elementi che ci sembrano prioritari nella gestione politica che la nuova segreteria dovrà portare avanti e che vogliamo sostenere nel confronto collettivo, pur non venendo meno le divergenze politiche scaturite dallo scorso congresso.

  1. Un aspetto centrale della nuova fase politica è l’autonomia organizzativa e politica del partito. Essa costituisce di per sé un valore, ma riveste un’importanza ancor più rilevante nella complessa fase politica che si apre con la partecipazione di Rifondazione Comunista a una esperienza di governo in un quadro politico nazionale e internazionale di estrema problematicità. Riteniamo che l’autonomia del partito sarà garantita soltanto se sapremo dotarci di un’agenda coerente con le nostre fondamentali opzioni programmatiche e incentrata sull’intervento di massa e con i movimenti. E’ su questo punto che si misura un nuovo rapporto tra centro e federazioni locali, nella capacità di queste ultime di sapere articolare un’iniziativa decentrata in funzione del movimento e delle vertenze sociali.
  2. In secondo luogo si dovrà procedere a una profonda riflessione sul funzionamento interno del partito, sul quale non formuliamo un giudizio positivo né per quanto riguarda il rapporto tra direzione ed esecutivo, né per ciò che concerne le modalità di formazione delle decisioni (spesso adottate secondo un rigido metodo maggioritario) e il terreno per noi cruciale del radicamento sul territorio. Nelle prossime settimane andranno individuate le sedi opportune per individuare correttivi efficaci, capaci di tradurre in pratica la proposta di una gestione unitaria del partito, che possa vedere l’apporto di tutti e tutte alla formazione delle decisioni, a tutti i livelli, centrale, locale, di settore. Accogliamo con favore questa proposta di gestione collegiale, che non implica ignorare la presenza di diverse posizioni nel nostro partito. Riteniamo tuttavia necessario in primo luogo verificarne la concretezza sul piano dei fatti, tanto più che su questo terreno - decisioni prese dalla maggioranza senza tenere conto delle posizioni espresse dalle minoranze del partito - ci lasciamo alle spalle esperienze tutt’altro che favorevoli.
  3. In terzo luogo, si pone il problema del rapporto tra il partito e le altre forze politiche e sociali della sinistra di alternativa. Permangono tra noi valutazioni diverse in ordine al progetto della Sinistra europea. Ma anche a questo riguardo siamo concordi nel sostenere che nessun progetto di allargamento e di maggiore unità con altre soggettività politiche e sociali possa funzionare in assenza di un rafforzamento dell’identità e del ruolo del Prc che - come ha confermato anche l’ultima campagna elettorale e come testimoniano le lotte nel paese – resta uno strumento indispensabile di lotta, di impegno politico, di iniziativa di massa.

Alla luce di queste considerazioni, la scelta di astenerci sulla candidatura del compagno Franco Giordano a Segretario nazionale del partito rappresenta, nelle nostre intenzioni, un segnale di apertura e di verifica della gestione del partito. Al nuovo segretario auguri di buon lavoro.

di Marco Ferrando e Franco Grisolia

La candidatura ed elezione di Franco Giordano a segretario del Prc si colloca dentro la continuità della linea di maggioranza del Congresso di Venezia e rappresenta un consolidamento della svolta governativa del partito. Per questo avevamo proposto all’insieme delle minoranze congressuali un comune candidato alternativo a Franco Giordano, senza alcuna pregiudiziale di nomi: visto che l’insieme delle minoranze si era pronunciata al congresso, in forme diverse, contro l’ingresso al governo, raccogliendo su questa posizione il 41% dei consensi. La risposta negativa dei dirigenti di Ernesto, Sinistra critica e Falce e Martello, ci ha indotto alla presentazione di un nostro candidato “di bandiera”, quale espressione, di un’alternativa politica al governismo. Diamo un giudizio profondamente negativo della svolta de “l’Ernesto” e “Sinistra critica”. La rinuncia ad una comune contrapposizione al candidato bertinottiano e alla sua linea governativa nel nome di una attesa “gestione unitaria del partito” (cioè del proprio ingresso nella futura segreteria nazionale); ancor più la contrapposizione ad un ordine del giorno da noi proposto che impegnava i gruppi parlamentari a votare contro il rifinanziamento della missione in Afghanistan - a favore invece dell’Odg di Gennaro Migliore (totalmente evasivo su questo punto cruciale) - esprimono di fatto una grave capitolazione alla maggioranza dirigente del partito: una capitolazione tanto più clamorosa nel momento stesso in cui quella maggioranza concretizza oggi la linea politica alla quale si era opposto il 41% del partito.

Questo episodio di trasformismo si pone peraltro in un quadro più generale di degrado interno al Prc. Lo stesso dibattito sulla successione a Bertinotti è stato svincolato da ogni riferimento politico a contenuti, programmi, indirizzi: e invece si è avvitato in un confronto cifrato tutto interno sugli equilibri del gruppo dirigente, lungo una logica di scambio e compensazione tra cariche di partito, cariche di governo, carichi istituzionali. Anche questo degrado è il portato della svolta governista che, al di la delle parole, sposta sempre più il baricentro del partito sul versante delle istituzioni, a scapito, inevitabilmente, della centralità della linea di massa nei movimenti e nelle lotte. Come del resto tante volte è accaduto nella storia del movimento operaio.

Come Progetto Comunista - Sinistra del Prc non abbiamo partecipato ad alcuno scambio tra principi di classe e compensazioni politiche. Abbiamo semplicemente tenuto fede al mandato congressuale di quella larga parte del partito che, in forme diverse, ha contrastato la deriva governativa del suo gruppo dirigente. Il nostro unico obiettivo è stato quello di salvaguardare la natura di classe del nostro partito, sino all’ultimo minuto utile, nel nome di un rapporto rispettoso e profondo con le migliori energie e generosità del suo corpo militante. Che non merita ciò che sta accadendo. Con lo stesso rispetto e trasparenza ribadiamo, tanto più oggi, ciò che dicemmo al Congresso di Venezia: “Un’opposizione comunista è irrinunciabile”. Saremo coerenti con questo impegno. Non accetteremo un partito di governo in cambio dell’accesso al governo del partito.

Redazione di Liberazione
Roma, 7 maggio 2006
da "Liberazione" (del 12 maggio 2006)