Comitato politico nazionale di Rifondazione Comunista
Roma, 14 - 15 Ottobre 2006

Sintesi della relazione introduttiva

Roma, 14 - 15 ottobre 2006

1. La fase costituente della Sinistra Europea

Il nostro CPN deve assumere una decisione impegnativa: Rifondazione Comunista sta dentro questa fase costituente e decide di coinvolgere tutto il partito in una discussione ampia, coinvolgente, ricca. Il nostro obiettivo consiste nel definire, dentro un percorso e un dibattito aperti,
l’identità politica e culturale della Sinistra Europea.

Innanzi tutto l’Europa

E’ stato giustamente affermato la differenza di approccio con il Partito Democratico: lì si fa una aggregazione che mette assieme forze e poi cerca di capire come agganciarle in Europa. Noi partiamo, al contrario, proprio dall’Europa e dall’esperienza in Europa del partito della Se.

Il partito della Sinistra europea, in forme ancora non compiute, rappresenta la novità politica dell’Europa. Noi vogliamo tradurre, nell’esperienza concreta del nostro Paese, il nuovo europeismo popolare di sinistra.

Popolare, cioè non elitario, non chiuso dentro la sua sfera della autoreferenzialità della politica, capace di essere riferimento di movimenti, di lotte (anche specifiche e concrete) capace di superare la “solitudine” dei movimenti, perché li mette dentro una ispirazione generale che crea una connessione interna e permette così di scalare il tema difficile dell’efficacia. Sinistra, quella che è stata capace di innovarsi e costruire relazioni, contaminazioni, dentro percorsi di movimento: culture del movimento operaio con altre culture critiche (femminismo e differenza di genere, pacifismo radicale, ambientalismo, esperienze nella direzione di una nuova economia, ecc.).

2. Sinistra Europea e sinistra di alternativa

La Sinistra europea è per noi un progetto, quindi non un fatto tattico, una proposta organizzativa, un assemblaggio. E’ la risposta, almeno per noi, a come costruire la Sinistra di alternativa in Italia.

Abbiamo rifiutato sia l’idea che la Sinistra di alternativa si riducesse ad un allargamento e/o rafforzamento del Prc, sia che si riducesse a sommare forze politiche esistenti, fuori e/o a Sinistra del Partito Democratico, quasi mimetico e adattativo al sistema elettorale.

Abbiamo pensato alla Sinistra di alternativa dentro una ispirazione generale, dentro una cultura politica, dentro una sperimentazione di nuove forme dell’agire politico. Per questo, è una proposta che si rivolge ad altri che, con altre storie, altre culture autonome, altri percorsi, si pongono le stesse nostre domande.

Un progetto non comprensibile fuori da quello del movimento dei movimenti e dalla sua concreta esperienza.

3. Sinistra Europea e Partito Democratico

Il nostro progetto, la Sinistra europea, è alternativo a quello del Partito Democratico ma non si sviluppa in relazione ad esso.

Viviamo una sfida, non una concorrenza. Sinistra Europea e PD sono due progetti dentro una sfida di lungo periodo, due ispirazioni di idea di società e di mondo, su come rispondere alle contraddizioni poste dal fallimento del neoliberismo e della guerra. Una sfida che non esclude anche fasi di collaborazione dentro lo scontro frontale con le destre, sul precipitare nel conflitto di civiltà e nella devastante precarietà.

La differenza è quindi di fondo, l’alternativa tra due prospettive. Sinistra Europea e PD sono i due progetti in campo dentro questa sfida. Ma i tempi e i modi della costruzione della Se non sono in relazione o di risulta al PD. Noi marciamo sui nostri tempi e sulle nostre gambe.

Ci interroghiamo camminando: siamo interessati anche a forme di relazione costanti con chi si pone domande analoghe alle nostre anche se fornisce risposte differenti o ancora non conclusive. Penso ad esempio, all’interessante, importante riflessione proposta dall’ ARS.

4. Sinistra Europea e movimenti

C’è una stasi nei movimenti che interagisce negativamente con la costruzione della Sinistra Europea? Sulla stasi dei movimenti, il loro ripiegamento etc., andrei cauto. Non solo perché sono in corso e in programma iniziative di movimento molto importanti: quella contro le grandi opere che devastano il territorio, il 4 novembre, quella Stop-Precarietà su cui investiamo enormemente, il 18 a Milano una marcia per la Palestina e la Pace in Medio Oriente e così via. Anche qui, credo, dovremmo andare più in fondo e vedere il lavoro che continua e si estende. Io penso che dobbiamo andare avanti con decisione. Aree di movimento anche radicali, guardano con interesse al nostro percorso, dobbiamo rispettare tempi, percorsi, modalità con cui gli altri interloquiscono con noi.

Chi, infine, vorrebbe inchiodarci con lo slogan: Se = Sinistra di governo, sbaglia. Penso che sia una caricatura strumentale e come tale cade nel vuoto della propaganda. La Se guarda oltre il ciclo del passaggio di governo, lo attraversa, guarda oltre l’alternanza per costruire l’alternativa.

5. Sinistra Europea e la crisi della politica

Noi abbiamo avanzato una proposta con la forza di una progettualità alta, capace di delineare i caratteri di una soggettività politica nuova.

Una soggettività che tenti di affrontare i nodi della crisi della politica del nostro tempo. Il carattere di fondo di questa crisi, prodotto della globalizzazione capitalistica (la politica ridotta a tecnica), ma anche capace di connettere questo ciclo lungo dentro la crisi del sistema politico italiano, i costi ed il funzionamento della politica.

Pensiamo ad una innovazione nelle forme di organizzazione della politica.

Parliamo di un doppio superamento: superamento dell’idea che una soggettività politica si costruisce o per scioglimento o per cooptazione; superamento della divisione dei ruoli, per cui ai movimenti spetta la radicalità ed al partito la mediazione.

Non chiediamo ad altri (partiti e/o movimenti) di entrare nel Prc; non intendiamo sciogliere, superare, diluire il Prc, abbiamo proposto un percorso costituente che parta dal riconoscimento dell’autonomia, dell’indipendenza, della diversità di ciascuno.

6. Sinistra Europea e struttura a rete

Proponiamo un’alleanza, un patto tra differenti che si riconoscono pari dignità, dentro una ispirazione di carattere confederale.

Pensiamo a Sinistra europea come una struttura di carattere confederale, a rete, policentrica, secondo una maglia di nodi: una maglia verticale (le reti strutturate nei territori) e una maglia orizzontale, la costruzione di “Case della Sinistra europea” nelle città, luoghi della partecipazione e dell’origine di lotte e resistenze.

Pensiamo ad un percorso costituente aperto, partecipato, vero.

Entro la prossima primavera una Assise di Costituzione della Se in cui le reti nazionali, ovvero le realtà che hanno sedi o gruppi di riferimento in più realtà regionali, invieranno ognuna lo stesso numero di delegati. Tra di esse si stabilisce come regola del funzionamento e della decisione il metodo del consenso.

All’Assise parteciperanno anche le reti locali con pieno diritto di partecipazione attiva.

Ruolo specifico dovranno assumere competenza, intellettuali, del mondo della scienza, della cultura.

Pensiamo che da lì parta un nuovo percorso, nell’autunno/inverno, che investa direttamente le città e la costituzione della Se come realtà del territorio (coordinamenti e strutture locali).

Assieme, i due livelli quello verticale e nazionale e quello orizzontale e locale, si daranno ulteriori appuntamenti anche nel corso del 2008, fino a una struttura democratica che unisca l’esigenza della rappresentanza di tutti con quella della partecipazione e della scelta (una testa un voto).

Un processo non semplice e non scontato, ma vero e partecipato. Un processo in cui reti nazionali sono già costituite e altre si stanno costituendo e in cui una grande forza viene dall’originalità con cui nei territori questa esperienza si forma e si radica.

Due sono i rischi da evitare:

Al contrario, dobbiamo impegnarci per alzare di molto il confronto politico, monitorare il processo, favorire occasioni di incontro e dibattiti, evitare come la peste le letture distorte e personalistiche. Dentro un comune orizzonte, 1000 fiori crescano.

7. Una transizione irrisolta

Siamo dentro processi contraddittori in cui il nuovo nasce dentro un corpo a corpo con il vecchio e non è detto che ce la faccia a prevalere. Un corpo a corpo dentro le viscere di un conflitto aspro in cui il cambiamento è necessario ma non necessitato.

La strategia della guerra preventiva ha fallito gli obiettivi che ha dichiarato e l’unilateralismo Usa è in crisi, elementi di discontinuità si affacciano (il Libano) ma sono contraddetti dagli scenari di guerra aperti, il mondo è ancora sospeso sul baratro del conflitto di civiltà.

In Italia, le destre sono state superate ma non sconfitte. Una fase si è chiusa ma una nuova non è ancora aperta. Siamo dentro un conflitto, la sfida contro il continuismo e la grande coalizione materiale che prepara quella politica. Dentro questa sfida tra elementi di discontinuità e tentazioni di continuismo, tra alternanza e grande coalizione, tra progetto dell’alternativa e quello riformista, il Paese resta sospeso tra ansia e aspettativa del cambiamento da un lato, e rivincita di una cultura reazionaria di massa, populista e socialmente regressiva dall’altro.

La novità, rispetto alla fase precedente, dell’arrembante ascesa del neoliberismo, è che la partita sembrava finita, si è riaperta. Ma vincerla è tutta un’altra cosa.

Anche per questo, dentro un’idea della critica del potere, acquista un senso concreto quando parliamo della nostra esperienza, come di un attraversamento. Attraversamento dentro una transizione, attraversamento come corpo a corpo, attraversamento come ambiguità (nel senso del doppio carattere della natura del governo e dell’esito della sfida).

Il punto per noi è capire come Rifondazione sta dentro questo conflitto. Abbiamo rifiutato la marginalità, quelli che stanno ai margini di una manovra che si impone come necessaria, la tolda di comando riformista.

Noi abbiamo condotto una offensiva assumendo un ruolo centrale con l’Unione materiale (le forze sindacali e sociali) e per conto del patto che l’Unione politica ha stabilito con il suo popolo nel programma.

Questa sfida è stata prima, sarà durante, sarà dopo la Finanziaria e anche il suo testo ne è attraversato e noi dobbiamo con forza rilanciare una iniziativa per la sua modifica in senso progressivo.

La legge finanziaria (con tutte le difficoltà e le insufficienze) è segnata dalla nostra forza di incidere. Ma abbiamo chiaro che non si tratta di un risultato acquisito né di un risultato completo.

Più in fondo, dobbiamo investigare il rapporto tra impianto generale dei grandi numeri della manovra e la sua incidenza nella vita delle persone. Dobbiamo vedere che c’è oggettivamente uno scarto, una insufficienza a determinare quella svolta necessaria.

8. La manifestazione del 4 novembre

La manifestazione del 4 novembre contro la precarietà è una tappa fondamentale.

C’è un effetto di polarizzazione tra l’alto e il basso, lo vedi nella condizione sociale che si fa disperante, lo vedi nella vita delle città dove gli elementi di coesione si spezzano e una solitudine si sta facendo separatezza, che può esplodere in maniere difficili da prevedere (di cui le banlieu parigine ci parlano), lo vedi in una condizione del Mezzogiorno che tramuta verso una deriva (guardate i dati sulla povertà del Paese), elementi di intensificazione dello sfruttamento del lavoro e di nuove forme di schiavismo, la violenza (quella sulle donne).

Non è che non vedo gli anticorpi, le resistenze, i movimenti, noi stessi, i nostri risultati; dico che possiamo fare tutto bene e avere ragione nella sfera della politica (anche nella discontinuità conquistata) e poi tutto questo essere inadeguato e insufficiente.

Il tema della fuoriuscita dalla precarietà nel lavoro e nella società, nella sfera della produzione e in quella della riproduzione nonché nelle relazioni è il tema di fondo che deve accompagnare tutta la nostra iniziativa dentro la transizione che il Paese attraversa.

9. La Sinistra Europea e il Prc

La Conferenza di Organizzazione avrà al suo centro due domande: perché il Prc nella Se, quale Prc nella Se.

Pongo solo alcuni punti di riflessione.

Non vogliamo sciogliere, superare, annacquare il Prc. Non è una mediazione o un fermarsi a metà. E’ una sfida sull’innovazione dell’organizzazione della politica. E’, tra l’altro, la garanzia che non vogliamo annettere altre culture.

Abbiamo fatto il Prc quando era controcorrente, non ci rinunciamo ora che il tema della trasformazione si ripropone attuale. E’ la nostra forza (forza di incidenza e forza di innovazione) che ci permette di provare il salto nella Sinistra europea.

La seconda domanda, quale Prc nella Sinistra europea, è importante come la prima. Noi ci Rafforziamo solo se ci innoviamo.

Abbiamo innovato la cultura politica, non il partito e il suo funzionamento.

La crisi della politica (il ciclo lungo della globalizzazione capitalistica, e il ciclo breve della crisi del sistema politico italiano) investe anche noi.

Noi vogliamo cambiare questa politica e non viceversa.

Il nostro progetto ha l’aspirazione di costruire la possibilità di un esito da sinistra alla crisi della politica.

Nessuna sottovalutazione della nostra forza, ma dobbiamo capire perché questa forza è sotto utilizzata e spesso mortificata.

Tutto il Partito, le sue varie culture, debbono essere messe in condizione di discutere e intervenire alla pari in questa discussione.

Oggi avviamo il percorso. Proponiamo che la Direzione e un esecutivo svolgano un approfondimento e che un prossimo Cpn discuta percorsi, modalità, contenuti di questa discussione vera, partecipata, appassionata.

Walter De Cesaris
Roma, 14 ottobre 2006
da "Liberazione" (del 18 ottobre 2006)