Comitato politico nazionale di Rifondazione Comunista
Roma, 14 - 15 Ottobre 2006

Conclusioni del Segretario Franco Giordano

Roma, 15 ottobre 2006

Un problema che dobbiamo affrontare con urgenza è sicuramente quello della rivendicazione dei diritti civili: PACS, fecondazione assistita, ma anche la stessa difesa della laicità dello stato, tema che spesso ci mette in difficoltà nel rapporto con la coalizione, a causa dell’assenza attuale di un partito cattolico forte che possa fungere da naturale interlocutore con il Vaticano. In realtà oggi esistono una serie di compagini politiche contrapposte, di matrice cattolica e desiderose di accreditarsi come referenti privilegiate del Vaticano, ma che non riescono a svolgere un vero ruolo di mediazione come in passato.

Le relazioni introduttive sui temi della Sinistra Europea e della finanziaria hanno dato vita ad un dibattito vivo ed interessante che ha avuto, però, il limite di scindere i problemi di attualità dall’iniziativa politica da intraprendere. Nel dibattito, ad esempio, non si è fatta menzione della necessità di riprodurre iniziative sociali e di lotta come quella di sabato contro TAV, ponte e MOSE.

Ma l’analisi politica e le critiche di questi giorni, se accompagnate da un deficit di proposte, possono solo aumentare quella che è la difficoltà nella direzione del partito, tutta incentrata sulla collegialità e sulla partecipazione.

Il limite riscontrato è quello di aver indicato solo vie parlamentari di iniziativa politica, mentre non è stata proposta alcuna iniziativa sociale e di massa per la modifica della legge finanziaria.

Vi sono compagni che, indifferentemente dalla loro corrente di appartenenza, criticano parzialmente o totalmente l’impostazione della legge di bilancio.

Partendo dal documento sottoscritto da 60 economisti, incentrato sulla strategia di stabilizzazione e non di riduzione del debito, abbiamo potuto costruire le basi per una politica economica alternativa che ha cambiato l’impostazione della finanziaria rispetto a quella prospettata nel DPEF, su cui noi ci eravamo astenuti.

Ne sono prova, da una parte, l’attacco sferrato da Confindustria che aveva difeso a spada tratta il contenuto del DPEF, e dall’altra, la sostanziale approvazione da parte dei sindacati che, invece, si erano sollevati contro il contenuto del documento di programmazione economica e finanziaria.

La finanziaria non è targata Rifondazione Comunista, così come indicato dalle destre e da certa stampa: questa non è la nostra finanziaria, ma ne condivido l’impostazione, che va difesa, e ribadisco l’importanza della nostra azione decisiva nella correzione di tiro avvenuta rispetto al DPEF.

Il nostro ruolo decisivo è stato determinante nel momento in cui siamo riusciti a far escludere dalla legge di bilancio la riforma delle pensioni non ponendola sotto la tagliola della spesa sociale, ad evitare la chiusura delle finestre, a bloccare i tagli prospettati per la pubblica istruzione, contrariamente a quanto indicato nel programma dell’Unione, ad aumentare le risorse per il rinnovo dei contratti ed a stabilizzare una parte consistente dei precari del pubblico impiego.

Vi è un primo timido tentativo di redistribuzione del reddito, mai avvenuto dalla prima legge finanziaria del 1978 ad oggi, sia tramite la riorganizzazione delle aliquote, sia tramite la tassazione di rendite finanziarie e grandi successioni, sia tramite la lotta all’evasione fiscale.

Ma la nostra battaglia non può fermarsi qui, al contrario, dobbiamo insistere sulla riduzione dei tagli ai trasferimenti agli enti locali poiché ciò potrebbe creare un inasprimento della tassazione indiretta o un peggioramento della qualità dei servizi sociali. Dobbiamo impegnarci, con grande determinazione, per l’abolizione del ticket sul pronto soccorso, particolarmente odioso, poichè colpisce spesso gli anziani costretti ad accertamenti e ricoveri frequenti.

Sulla sanità si può intervenire ed anche tagliare: lo si può fare riducendo la spesa farmaceutica e, soprattutto, diminuendo le onerosissime convenzioni con i privati.

Sul TFR va detto che l’opposizione ad un suo trasferimento dalle imprese all’INPS è stato contestato da Confindustria, ma anche da società assicurative e banche in quanto disincentiverebbe i fondi pensione. Va detto che, da una parte il lavoratore non subisce alcuna ripercussione e dall’altra le imprese beneficiano, comunque, del cuneo fiscale che ha un’entità ben più rilevante.

In realtà temo che Confindustria, con questa polemica, voglia solo rivendicare una sorta di credito nei confronti del governo in occasione delle prossime questioni da affrontare, ovvero l’innalzamento dell’età pensionabile e la flessibilità degli orari di lavoro.

Ma è proprio da queste lotte che noi dobbiamo ripartire, individuando le forme di iniziativa sociale di massa da adottare e, nel concreto, proponendo una riforma delle pensioni alternativa caratterizzata da un aumento delle pensioni minime che dovranno garantire la sopravvivenza.

La nostra iniziativa deve essere improntata sul rilancio di una nuova politica economica alternativa radicalmente diversa da quella adottata sino ad oggi: nuove produzioni di qualità non energivore, rispettose dell’ambiente e del territorio, innovazione tecnologica ed alta formazione costituiscono i campi su cui dobbiamo investire.

Di quale catena genetica valoriale si vuole dotare il nostro paese? La risposta non può essere ricercata nella competitività di prezzo, poiché si è rivelata fallimentare e foriera di precarietà e disuguaglianza. La precarietà, infatti, non è una patologia di questo modello di sviluppo, ma è funzionale ad esso.

La costruzione della Sinistra Europea parte da questo terreno, ha le sue radici a Seattle ma nasce da Genova e dalla stagione dei movimenti con i quali vuole dialogare e crescere.

A proposito, ne approfitto per augurare affettuosamente ad Haidi Giuliani un buon lavoro e per ringraziare Gigi Malabarba per tutto ciò che ha fatto per il partito.

Siamo davanti ad uno stallo teorico evidente della sinistra moderata e nel suo progetto di creazione del Partito Democratico.

E non vogliamo alimentare alcuna politica scissionista all’interno dei DS, ma manteniamo aperto il dialogo con quelle forze e con quei soggetti che non si sentano coinvolti in questa fase di nascita del Partito Democratico.

Tale stallo è determinato dal fatto che il Partito Democratico nasce già schiacciato da una parte su posizioni meramente liberiste e governiste e dall’altra su posizioni tardo-keynesiane e social-democratiche, schiacciato fra Blair ed Amendola: personalmente, pur rispettando queste posizioni, non vedo come possano portare ad un rinnovamento vero della politica e della sua teoria, restano mute non offrono un’alternativa di società e mirano a lenire la povertà, senza cercare di sradicarne le cause.

Anche noi saremmo muti se volessimo separare la nostra identità dall’iniziativa sociale.

Piuttosto, mantenendo intatti simbolo e nome, non possiamo procedere con l’opzione federativa sul modello della matrioska che ci vede immobili e chiusi l’uno dentro l’altro, al contrario dobbiamo abbracciare l’organizzazione confederativa, dove le diverse soggettività politiche si intrecciano, si contaminano, avviano quel processo di innovazione politica per una nuova critica anticapitalistica.

Questa innovazione politica e culturale rappresenta la nostra sfida più importante per il radicamento nella società: si tratta di un’innovazione non solo teorica, ma anche organizzativa che, avendo cura del partito, possa dotarlo di una forma più dinamica e funzionale.

Anche per questo abbiamo voluto individuare lo spazio europeo come modello di fondo, alternativo rispetto a quello statunitense: in questo spazio abbiamo già avviato iniziative sociali importanti come la mobilitazione contro la direttiva Bolkenstein e quella per una diversa carta costituzionale.

Questo nuovo soggetto politico della trasformazione si basa sul rapporto con i movimenti, ma anche su pace, non-violenza, parzialità maschile, libertà, uguaglianza e differenza, in maniera diametralmente opposta al modello di società basato sul binomio amico/nemico e che trova il suo logico fondamento nella guerra.

Il nuovo soggetto deve creare anche un nuovo rapporto fra le forme della rappresentanza politica e quella sociale, attaccando la cittadella della politica e contrastando la logica della conquista del potere e della mera sostituzione di un ceto politico con un altro.

Franco Giordano
Roma, 15 ottobre 2006
da "Liberazione" (del 17 ottobre 2006)