«La politica è fatta così, in certi momenti si deve accelerare». Ma forse
Fausto Bertinotti non si aspettava che la sua proposta di un «cantiere che cominci a discutere
della sinistra» andasse così veloce. O forse sì. Sarà stata la mezza crisi
di governo, fatto sta che qualcosa si muove. E per la prima volta Fabio Mussi, leader del correntone
Ds nonché ministro dell’Università, prende posizione pubblicamente: «Sì,
mi interessa. Il cantiere di cui parla Bertinotti è una discussione che coinvolge anche noi.
Certe divisioni hanno fatto il loro tempo».
Mancava solo lui. E chissà che adesso il “cantiere” non abbia le gambe per camminare.
Ci voleva qualcuno che lo nominasse e le parole del presidente della Camera, in questo senso, hanno
dato la carica ad un’operazione di cui in tanti, a sinistra, sentivano la necessità.
Ora c’è una prospettiva diversa da quella del Partito Democratico, perché chi
parteciperà al cantiere avrà come obiettivo quello di discutere di «contenuti» e
non di «contenitori». Cioè, come dice Aldo Tortorella (tra i primi ad apprezzare
la proposta) «di rivisitare la tradizione di sinistra». E magari, come osserva Pietro
Folena, «la Sinistra europea potrà essere una prima parte di questo processo, ma solo
una prima parte verso un orizzonte più ampio». Le parole di Mussi hanno «un grande
significato per me - aggiunge Folena - che sono impegnato da tempo nella costruzione di un ponte
verso un “nuovo socialismo”».
Nell’intervista all’Espresso in edicola oggi, Mussi, riferendosi ai Ds, afferma che «un’impresa
comune è sull’orlo di finire. Non accetto l’idea che la sinistra possa ridursi
a fare la corrente di minoranza di un partito di centro». Lascia quindi intendere che all’indomani
della nascita del Partito Democratico la sinistra sarà chiamata a riorganizzarsi, o meglio «cercherà di
ritrovarsi. A prescindere perfino dalle volontà di ciascuno di noi, qualcosa di nuovo nascerà».
Con l’occasione, il ministro si toglie qualche sassolino dalla scarpa: «Il partito si è indebolito.
In questi anni c’è stata una mutazione dei nostri iscritti. Ci siamo trasformati in
un’agenzia di promozione del ceto politico locale». E il guaio, attacca Mussi, è che
il nuovo partito non ha ancora né una identità né una collocazione internazionale: «Fassino
dice in giro che il Pd deve stare nel Partito socialista europeo. I nostri amici della Margherita,
invece, ripetono tutti i giorni che il Pd non potrà aderire al Pse. Risultato: questo Pd è un
partito homeless, alla ricerca di un tetto, una roba che non esiste in Europa». Per la cronaca,
giusto ieri è andato in scena uno psicodramma seguito alle affermazioni del capogruppo del
Pse all’Europarlamento, Martin Schulz, secondo il quale il Pd sarà sotto il tetto del
Pse e anche Francesco Rutelli «è il benvenuto», ma se non vuole entrare «tanto
peggio per lui».
Tant’è. Per Mussi Rutelli «fa il suo. Però...». Però, «Rutelli
dichiara che in Francia voterebbe il centrista Bayrou, per i Ds invece la candidata di riferimento è Ségolène
Royal. E se si va al ballottaggio Sarkozy-Royal e Bayrou decide di appoggiare Sarkozy, che facciamo?
Come può stare in piedi un partito così?». E ora che l’alternativa c’è -
un tavolo a cui far sedere tutti quelli che si dicono di sinistra magari per dar vita ad un «nuovo
grande partito» - vale la pena approfittarne. Perché altrimenti «l’Italia
diventerà l’unico paese europeo senza un grande partito di sinistra che si richiama
al socialismo».
«Riflessioni interessantissime - secondo Giovanni Russo Spena - che vanno nella nostra medesima
direzione». Ovvero: quando Bertinotti parla di «massa critica» «pensa alla costruzione
di un partito che contenga in sé in maniera plurale l’esperienza comunista, quella socialista
e quella cattolico-democratica. Le discriminanti - aggiunge Russo Spena - devono essere la pace, l’antiliberismo
e la costruzione di un nuovo spazio pubblico come rapporto tra istituzioni e movimento. Su queste basi
- conclude il presidente dei senatori comunisti - si può dare vita ad una confederazione di forze
che possano lavorare insieme alla costruzione di un nuovo soggetto politico».
Ma non c’è solo Mussi. Al richiamo di Bertinotti - che poi è anche del segretario
del Prc, Franco Giordano, che domenica scorsa al Teatro Eliseo ha parlato di «una sfida» che è a
tutta la sinistra, perché «la prospettiva del socialismo è viva» e perciò occorre «un’innovazione
culturale per sfidare sul terreno della sinistra il Partito Democratico - ieri in varie interviste
ha risposto di nuovo Cesare Salvi. «Rispetto all’impressionante debolezza del manifesto
per il Partito democratico - dice il senatore diessino - è un’idea nuova e buona».
Aggiunge Salvi: «Continuo a sperare che i Ds, alla fine, decidano di non rinunciare alla propria
identità di sinistra. Se non lo faranno, è ragionevole immaginare che una forza esplicitamente
di sinistra, socialista e, aggiungo io, riformista, possa ottenere forti, fortissimi consensi».
E’ chiaro che in questa operazione c’è spazio per tutti i Ds scontenti. Ed è chiaro
che è al “dopo” che tutti guardano. Non solo dopo-Pd, ma anche dopo-Prodi. Non è così remoto
il rischio di ritrovarsi con una sinistra magari più ampia ma emarginata dalle forze centriste
del futuro Pd e della Casa delle Libertà. Non per nulla Antonio Polito e Nicola Rossi, parlamentari
dell’Ulivo, ieri, dalle colonne del Corriere della sera hanno ufficialmente chiesto a Marco
Follini, neoacquisto dell’Unione al Senato, «di partecipare alla costruzione del Partito
Democratico». «Vorrebbe dire che l’Italia di mezzo, quella fascia di elettori mediani
per classe sociale e per orientamento politico interessa moltissimo anche a un partito del centrosinistra
a vocazione maggioritaria». Appunto.