Rifondazione Comunista. Direzione Nazionale allargata ai gruppi parlamentari

Giordano: «Ora si si pensi a cambiare la legge elettorale»

La relazione del segretario del Prc: «A Napolitano chiederemo un governo di scopo e a termine.
Ma ci si occupi anche di attuare la Finanziaria sull'uso del tesoretto per i lavoratori dipendenti»

Franco Giordano

Franco Giordano

La crisi

Con il voto al Senato si è determinata la fine all'esperienza di governo. La crisi, maturata nel ventre molle del centro moderato, si è proposta tramite una volgare e repentina operazione di puro trasformismo. L'Udeur di Mastella nell'arco di 24 ore e senza aprire alcun confronto con il resto della coalizione, è passato dal sostegno al governo al suo appoggio esterno ed, infine, addirittura all'opposizione.

E' evidente che il centro è stato un luogo di permeabilità dei poteri forti: sistematicamente questa parte della coalizione ha boicottato il programma dell'Unione ed ha incrinato il rapporto di tutto il governo con aree sociali rilavanti.

Mentre su di noi si accendevano i riflettori nei momenti di instabilità della coalizione, il centro è stato ripetutamente coccolato e, così, ha potuto incidere anche nelle scelte più importanti del governo. Alla fine i nodi sono venuti al pettine e, con manifesta inaffidabilità, questo centro moderato ha determinato la crisi di governo senza tanti complimenti e mentre era aperto un confronto fra lo stesso governo e le forze della sinistra.

Penso che mai come ora sia necessaria una riforma morale ed intellettuale del paese: dobbiamo ricostruire un'etica pubblica ridando centralità alla questione morale che ha grande rilevanza politica.

Il Presidente della Repubblica, nel suo discorso di fine anno, ha valorizzato la tenuta della nostra economia, respingendo le critiche di chi sostiene che essa sia in fase di declino. Tutto ciò è vero, ma è evidente anche che siamo di fronte ad un declino morale e culturale che si impasta con una crisi sociale drammatica e che accentua le difficoltà della politica nel dare risposte individuali e collettive.

Tutto ciò determina uno spaesamento nella società italiana con il dilagare di logiche competitive, lo sgretolarsi delle forme di solidarietà ed un distacco drammatico della politica dalle persone. La politica si riduce all'autoriproduzione di sé, del ceto politico e dei suoi privilegi.

Questione morale. Cuffaro deve dimettersi

Ieri a Palermo ho partecipato ad una bellissima iniziativa sulla questione morale, con l'obiettivo di chiedere di dimissioni del presidente della regione. E, proprio in queste ore, sull'onda di una grande protesta popolare di massa indetta da noi, dalle associazioni anti-racket ed antimafia che ho avuto il piacere di incontrare, si sta riunendo il parlamento siciliano in seduta straordinaria e convocata dallo stesso Cuffaro, per discutere delle sue dimissioni. Questa vittoria sarebbe un primo segnale concreto di una nostra battaglia portata avanti a viso aperto e condotta con successo insieme alle forze pulite e democratiche del nostro paese.

Se così non fosse, allora chiediamo al Presidente Prodi che con un decreto, un DPCM, sospenda Cuffaro condannato a 5 anni ed interdetto dai pubblici uffici per un'evidente incompatibilità con il suo ruolo, così come avviene in tutto il resto d'Europa.

Su questo terreno abbiamo trovato grande sostegno e su questa strada dobbiamo continuare ricostruendo un circuito virtuoso fra società e politica. La vicenda morale attuale è il sintomo della presenza di una miscela pericolosa fra vecchio notabilato e forme di modernizzazione sul modello americano che si propone quale antidoto contro tutte le forme di protagonismo sociale e di partecipazione.

Perché abbiamo condiviso la scelta di portare la crisi in Parlamento

Abbiamo condiviso la scelta di portare la crisi in Parlamento, al quale è stata così restituita la sua centralità, nonostante l'osceno spettacolo andato in onda al Senato.

Questa scelta è condivisibile anche perchè l'utilizzo di leggi delega, decreti, regolamenti, ecc. negli ultimi anni aveva determinato una divaricazione netta fra parlamento ed esecutivo.

Proprio oggi, nel 60mo anniversario della Costituzione repubblicana dobbiamo rilanciare un "patriottismo costituzionale" così come sostenuto dal Presidente Napolitano. che, in questa occasione, ha rilanciato l'importanza della centralità delle Camere ed ha criticato il presidenzialismo.

Ritengo che la scelta di portare la crisi in parlamento abbia fatto emergere chiaramente tutte le responsabilità del ventre molle del centro moderato, dove hanno vegetato liste individuali ed interessi particolari del tutto permeabili ad interessi esterni: queste forze politiche rappresentano una zavorra per il rinnovamento e la modernizzazione del paese. Penso che mai più possano essere coinvolte in un governo che abbia intenzione di cambiare realmente il paese. Mai più con i vari Dini e Mastella!

La scelta di Mastella è incomprensibile salvo che non sia intesa come un'operazione di accreditamento verso la coalizione di centro-destra. Non c'è stata dignità politica in questa operazione: si tratta dell'opposto di quanto accaduto nel ‘98 quando noi, senza vincolo di programma comune e senza la nostra presenza al governo, rompemmo sui contenuti. Ora loro hanno sabotato il programma, rotto il vincolo di mandato elettorale e non hanno discusso di contenuti ma hanno generato la crisi solo per dinamiche di potere: è l'esatto rovescio del '98.

E fino a poco prima Mastella sosteneva apertamente il governo anche in virtù dei risultati economici raggiunti: con il rapporto deficit/pil in calo e con la diminuzione, oltre ogni previsione, del debito pubblico pur se all'interno di un quadro sociale molto preoccupante, come da noi de tempo sostenuto.

In virtù di questi dati macroeconomici e a causa del ricorso ad una sistematica sottostima della crescita che ha fatto emergere di tanto in tanto i cosiddetti "tesoretti", adesso disponiamo di una somma pari a 12-14 miliardi di euro di extragettito da poter utilizzare nell'immediato.

Grazie a queste risorse potevamo attuare una politica di redistribuzione reale, peraltro già concordata dalle forze della sinistra: ma da subito si è determinato un intervento dei poteri forti, finanziari e confindustriali al fine di bloccare queste decisioni.

Si era aperto anche uno spiraglio con lo sblocco dei contratti dei metalmeccanici, grazie a cui sono state sconfitte le posizioni più retrive delle componenti datoriali, si è salvaguardato il contratto collettivo nazionale di lavoro e si è ottenuta, dopo anni di lotte, l'equiparazione fra operai ed impiegati, risultato forse più importante fra tutti.

La piattaforma unitaria della sinistra prevedeva detrazioni fiscali per i lavoratori dipendenti e per i pensionati, contrastava la precarietà e rilevava che il calo della disoccupazione è dettato solo da processi di precarizzazione del lavoro, evidenziando il progressivo e costante indebolimento dei salari, che ci colloca al penultimo posto in Europa come potere d'acquisto.

Eravamo anche prossimi all'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie ed a nuovi investimenti per il Mezzogiorno, ma tutto ciò è stato bloccato dall'intervento delle forze neocentriste sostenute da quei poteri forti a cui accennavo prima.

Il ruolo delle gerarchie ecclesiastiche

Anche le gerarchie ecclesiastiche, puntualmente, sono scese in campo su temi importanti come la 194 ed il riconoscimento delle coppie di fatto, dando il via ad una battaglia sul terreno dell'egemonia culturale che ha trovato terreno fertile in alcuni settori della coalizione, totalmente incapaci di mediare gli interessi del Vaticano come avveniva in passato con la DC: Questa offensiva ci ha visto lanciare l'allarme sulla questione della difesa della laicità, fondamento della nostra stessa Carta Costituzionale.

I centristi, del tutto permeabili alle influenze vaticane, hanno costantemente difeso la sacralità della famiglia. Oggi rileviamo, dati alla mano, che è proprio la famiglia il centro degli omicidi e della violenza sulle donne: 181 donne sono morte nel 2006 per atti di violenza subiti in famiglia, molto più delle vittime per mafia o microcriminalità.

Autonomia e indipendenza della magistratura

Nonostante avessimo svolto un lavoro comune basato sulla nostra cultura giuridica garantista, la crisi politica si è sviluppata anche sul tema delicato della giustizia, con il ritorno del dibattito sul conflitto aperto fra politica e magistratura. Questo tema è stato cavalcato dalle destre alla ricerca di un'autoassoluzione ex-post ed una legittimazione per coloro che sono stati già giudicati in passato nei tribunali e dall'elettorato, riproponendo un'idea drammatica della giustizia: clemente e garantista con i potenti e spietata con gli ultimi, i poveri, i migranti.

Noi difendiamo l'autonomia e l'indipendenza della magistratura come valori inviolabili.

Proponiamo un governo di scopo

La crisi è di difficile soluzione, le destre vogliono capitalizzare rapidamente il vantaggio offerto loro dal centro moderato. Per questa ragione, propongo di determinare le condizioni per un governo di scopo e a termine che, in tempo breve e determinato, sia in grado di dar vita ad una legge elettorale che riparta dalla bozza Bianco. La legge elettorale è fondamentale, poiché il sistema attuale alimenta la frammentazione e spinge verso coalizioni coatte. In più, con il rischio del referendum si potrebbe solo accentuare questo processo. Un governo di scopo non può fare altro, non è un inganno, non si tratta di una strategia per campare un po' di più o per stemperare l'aggressività delle destre.

Al massimo, in questo frangente, il governo potrebbe impegnarsi nel destinare le risorse dell'extragettito al lavoro dipendente, come già previsto nell'art.1 comma 4 della legge finanziaria, da noi fortemente voluto. Ciò rappresenterebbe un pezzo della nostra battaglia contro il degrado della politica e per la moralità.

Con questa legge elettorale la sinistra non godrebbe di autonomia, in quanto sarebbe confinata ad una scelta coatta della coalizione: dobbiamo lavorare per costruire le condizioni per una scelta libera. Veltroni non mi spaventa quando sostiene di voler andare al voto da solo, noi verificheremo le condizioni per dar vita ad un eventuale programma comune.

La possibilità di riproporre l'Unione non esiste adesso: essa si è frantumata. Per superare questa fase bisogna prendere atto di questa sconfitta, si deve creare un scatto in avanti ed investire nella costruzione della soggettività politica a sinistra, radicarsi nella società e non ostinarsi nella partecipazione al governo a tutti i costi.

Su questo abbiamo basato la verifica e su questo rilanciamo la nostra sfida strategica col PD.

La bozza Chiti era sostenuta da chi voleva andare da solo alle elezioni oppure, in caso di lista unitaria con tutta la sinistra, avrebbe voluto solo preservare il ceto politico senza includere pezzi di società e movimenti.

Con il sistema tedesco l'autonomia delle forze politiche è limpida: non obbliga ad una collocazione ex ante, ma lascia libera la possibilità di scegliere se collocarsi al governo o all'opposizione.

Il PD punta sul modello tedesco perché vuole correre da solo, ciò non mi spaventa, noi valuteremo serenamente le differenti opzioni. Confindustria appoggia questo modello poiché immagina un quadro delle compatibilità dove non vi sia la sinistra che possa influire nelle scelte di governo.

Forse il modello tedesco favorisce il centro, ma con il sistema elettorale attuale, le forze di centro divengono determinanti, anche nelle forme più personali ed individualistiche, come accaduto nei giorni scorsi.

Il processo unitario a sinistra

La nostra opzione strategica resta quella del processo unitario: perciò contesto chi pensa ad una soglia di sbarramento molto bassa solo per mantenere aperta la possibilità di correre da soli e non con gli altri partiti della sinistra.

Questo progetto non può ridursi alla riunione dei comunisti: abbiamo lavorato per anni all'innovazione culturale e per il coinvolgimento dei movimenti. La mera riaggregazione dei comunisti è sideralmente diversa dagli obiettivi di innovazione che si propone la Sinistra Europea e dal progetto alternativo di società che elaboriamo quotidianamente con i movimenti.

Dobbiamo accelerare, ridare al paese un'idea di sinistra unita, plurale, viva che non includa solo partiti, ma anche associazioni, comunità, movimenti e che continui nel processo di rinnovamento politico-culturale in questo momento di crisi profonda della credibilità della politica.

C'è un ritrarsi della sinistra nella società che crea danni enormi: c'è una mancanza di soggettività politica e lo si vede negli orientamenti culturali, nel degrado morale. Il ritrarsi della sinistra apre spazi che nel sud, ad esempio, vengono spesso colmati dalla criminalità. Ma anche la chiesa nelle sue forme più integraliste avanza e con essa la cultura del mercato, le logiche competitive con una perdita di socialità che viene accentuata dalla cosiddetta "fabbrica della paura", che mette i penultimi contro ultimi in una logica di contrapposizione nella società.

Nel partito, ed in tutta la sinistra, dobbiamo avviare una campagna di discussione e di mobilitazione: a partire dal 9 febbraio a Torino, giorno in cui terremo una grande assemblea operaia che metterà al centro il lavoro con gli orari, la precarietà, i ritmi, la democrazia interna, le retribuzioni e che faccia emergere una sinistra radicata nel mondo del lavoro, non equidistante fra impresa e lavoro, non schiacciata nella dinamica produzione-consumo, come ci propone il PD, dove l'unico referente sociale diviene un indistinto cittadino-consumatore.

Difendo la nostra scelta di votare il protocollo sul welfare: oggi saremmo in grande difficoltà in quanto non avremmo mai potuto aprire la verifica col governo ed avremmo avuto i lavoratori contro di noi poiché, pur contestando la natura del protocollo, avrebbero subito come una mannaia gli effetti dello scalone della riforma Maroni.

In questi giorni terremo un incontro per discutere delle prossime elezioni amministrative, in occasione delle quali puntiamo a fare un investimento comune con le altre forze della sinistra.

Siamo di fronte a passaggi complessi dove è indispensabile allargare la direzione anche alle realtà decentrate: tutti abbiamo una responsabilità collettiva e dobbiamo avere una tenuta nel dibattito nazionale e nell'orientamento generale di tutto il partito. Sta a noi esserne all'altezza.

Franco Giordano
Roma, 26 gennaio 2008
da “Liberazione”