Elezioni Politiche 2008

Relazione iniziale del Segretario della Federazione Brianza

Comitato Politico della Federazione Brianza (allargato alle iscritte ed agli iscritto del PRC)
Muggiò, 22 Aprile 2008, Sala della Cooperativa Edificatrice

Care compagne e cari compagni,

abbiamo convocato questa riunione con una modalità straordinaria perché è straordinaria la fase che stiamo affrontando e perchè le compagne ed i compagni si sentissero parte di una comunità (anche e soprattutto in una occasione così avversa) e perché non si diffonda in loro un sentimento di sfiducia e di abbandono. La tenuta del partito è l’obiettivo urgente che noi ci poniamo. Nessuno ha mai pensato e pensa di sciogliere il partito, né lo potrebbe fare.

Questo incontro si svolge dopo una pesantissima sconfitta elettorale e a seguito del CPN dello scorso fine settimana in cui sono state ratificate le dimissioni del Segretario Franco Giordano e dell’intera segreteria nazionale che voglio qui ringraziare per l’impegno e la passione che hanno messo in questa esperienza di direzione del partito. Lo faccio sinceramente e nonostante abbia, anche nel recente passato, sollevato qualche critica, in particolare per l’inspiegabile disattenzione del gruppo dirigente nazionale per quello che stava succedendo qui al nord, nella società e nel nostro mondo di riferimento. Critiche che, comunque, non hanno mai fatto venire meno stima e solidarietà.

Il CPN ha fissato per luglio il congresso anticipato del partito e fino ad allora ne è stata affidata la gestione ad un comitato di 12, eletto a conclusione dello stesso CPN. Il CPN di sabato e domenica ha decretato la fine della vecchia maggioranza politica uscita dal congresso di Venezia del 2005. Essa si è divisa dopo un dibattito teso e, a mio giudizio, fin troppo duro e ingeneroso. Si è configurata così una nuova geografia interna che si riflette anche nella composizione del comitato di gestione, geografia che, però, non configura quella del confronto congressuale non essendosi ancora definite le linee congressuali.

Esprimo a voi, dopo averlo fatto giovedì scorso nella riunione tra i segretari di federazione e la segreteria regionale, la mia preoccupazione in merito alla modalità con cui è stato avviato il confronto interno del dopo voto, fatta di accuse e ricerca di colpevoli. Modalità in parte rientrata e corretta nel Cpn, anche se alcuni interventi hanno riproposto argomentazioni che poco hanno a che fare col confronto (anche franco e puntuale) tra compagne e compagni che fanno parte di un partito comunista. Se non riconduciamo sui giusti binari la discussione, temo che dopo i voti, perderemo anche iscritti e militanti che per l’affermazione elettorale del Prc prima e del La Sinistra L’Arcobaleno poi hanno umilmente e tenacemente lavorato e, con loro, ogni speranza di ricostruire un percorso diverso, credibile per il partito e per l’intera Sinistra di questo Paese.

Ritengo invece che si debba fare una sincera ma cruda analisi del voto e che si debba abbandonare la rituale prassi del riposizionamento del gruppo dirigente (dei “leader”, dei “tenenti”, dei “soldati”). Se così non facessimo, ci riconfermeremo inadeguati.

Per non ricommettere gli stessi errori e prima di optare per una linea politica piuttosto che per un'altra mi piacerebbe capire cosa è successo e ci terrei che chi ha più strumenti, a partire dai miei dirigenti, mi aiutassero a capire e non mi chiedessero, invece, solo di schierarmi.

Vorrei quindi con voi tentare di impostare un ragionamento per capire questa sconfitta e le sue ragioni, certo che, col prossimo congresso avremo la possibilità di pronunciarci consapevolmente e di contribuire alla costruzione della linea politica del nostro partito e alla definizione di un rinnovato e adeguato gruppo dirigente.

Le urne ci consegnano dei risultati devastanti, la cui portata va ben oltre alle nostre più pessimistiche previsioni. Il Paese consegnato alle destre e la contemporanea estromissione della Sinistra dal Parlamento: un’ipotesi che nessuno ha mai preso in considerazione, neppure dopo gli ultimi sondaggi che ci davano ad una percentuale ben al di sotto delle nostre attese.

Tutte e tutti, nessuna e nessuno escluso (anche chi ora dice “l’avevo detto”) – siamo stati incapaci di leggere cosa era accaduto e cosa stava accadendo nel nostro Paese.

Rispetto al 2006, le forze de La Sinistra L’Arcobaleno nel loro complesso perdono 2.700.000 dei circa 4.000.000 voti in Italia, 400.000 nella sola Lombardia. Il Pd non sfonda al centro e non va oltre a qualche voto “rubato” alla Sinistra.

Dagli studi e dall’analisi dei flussi elettorali non sembrerebbero esserci infatti grandi travasi tra i bacini elettorali, ma una diversa distribuzione all’interno del centrodestra e del centrosinistra, premiando le forze che appartengono a coalizioni che gli elettori ritengono avere possibilità di governo del Paese. Chi era al di fuori dei due schieramenti apparentemente “contendenti” la vittoria ne sono usciti ridimensionati o, come nel caso nostro, cancellati.

L’insoddisfazione ed il mal di pancia hanno preso quindi due vie: quella del consenso alle forze di governo e quella dell’astensione che, questa volta, ha una marcata connotazione di centrosinistra (ex Ulivo e forze de La Sinistra L’Arcobaleno). Il comportamento di chi ci aveva votato nel 2006 e che non ha rinnovato la fiducia nei nostri confronti ha in gran parte votato il Pd, a seguito del richiamo al voto utile e, indipendentemente dalle proposte politiche, riconoscendo in quel partito il ruolo dell’ “anti-berlusconi”. Un’altra parte consistente si è rifugiata nell’astensione ed una parte, piccola, ha votato altri partiti (IdV, Lega Nord e PdL). Ben più ampie sono state le emorragie del PdCI e dei soprattutto dei Verdi verso destra, in particolare nella direzione della Lega Nord.

Il risultato di chi stava alla nostra sinistra (PCL e Sinistra Critica) non permette di dire che l’elemento simbolico-identitario abbia influito pesantemente sulla nostra sconfitta, al contrario però ci fa affermare che la sottrazione di quei voti non ci hanno consentito di raggiungere al quorum per la Camera dei deputati.

Se ci fosse ancora qualcuno convinto che le divisioni a Sinistra portano bene…

In Brianza alla Camera perdiamo 35mila voti e al Senato quasi 42mila. Il Pd aumenta di 861 voti alla Camera e 23mila al Senato. Da un semplice calcolo aritmetico è verificabile che le perdite de La Sinistra L’Arcobaleno, alla Camera dei Deputati, non sono assorbite dalla somma degli incrementi (+14.900 voti) di PD+Idv (+11.374) e da PCL+Sinistra Critica che insieme fanno 4.552 voti. Al Senato la cosa non cambia: la somma degli incrementi di Pd+IdV (+29.567) ed i voti presi da PCL e Sin. Critica (3.851) non raggiunge la perdita della Sinistra L’Arcobaleno. 33.418 contro 41.840 (8.422 voti di differenza)

  Camera Deputati  
2006 2008 Differenza
2008 - 2006
 
v.a. % v.a. % v.a. % % rispetto 2006
Sinistra Arcobaleno 49.469 8,96 14.089 2,73 -35.380 -6,23 28,48
Pd 142.052 26,74 142.913 27,65 861 0,91 100,61
IdV 10.316 1,94 20.829 4,03 10.513 2,09 201,91
Pdl 207.210 39,01 183.239 35,45 -23.971 -3,56 88,43
Lega Nord 59.817 11,26 110.013 21,29 50.196 10,03 183,92
Udc 32.002 6,02 20.477 3,96 -11.525 -2,06 63,99
  Senato della Repubblica  
2006 2008 Differenza
2008 - 2006
 
v.a. % v.a. % v.a. % % rispetto 2006
Sinistra Arcobaleno 55.914 11,41 14.074 2,94 -41.840 -8,47 25,17
Pd 109.675 22,39 133.009 27,79 23.334 5,4 121,28
IdV 12.257 2,5 18.490 3,86 6.233 1,36 150,85
Pdl 191.675 39,12 174.161 36,39 -17.514 -2,73 90,86
Lega Nord 50.943 10,4 96.662 20,19 45.719 9,79 189,75
Udc 29.295 5,98 19.110 3,99 -10.185 -1,99 65,23

Già nei commenti del dopo-voto sono state individuate alcune delle cause della sconfitta:

Tutto ciò non basta comunque a giustificare la cancellazione della rappresentanza istituzionale in entrambe le camere del Parlamento e il perché le elettrici e gli elettori hanno ritenuto non solo di non dare il loro consenso ad un programma elettorale, ma persino di ritenere non indispensabile la presenza della Sinistra .

Dobbiamo porre la nostra attenzione sulle ragioni culturali e sociali, oltre che a quelle politiche, di tale sconfitta.

Care compagne e cari compagni, è impressionante il Rapporto sull’Italia del Censis 2007 che ci dice come, cito testualmente: “…la società sembra adagiarsi in un’inerzia diffusa, una specie di antropologia senza storia, senza chiamata al futuro. Una realtà sociale che diventa ogni giorno una poltiglia di massa; impastata di pulsioni, emozioni, esperienze e, di conseguenza, particolarmente indifferente a fini e obiettivi di futuro, quindi ripiegata su se stessa. Una realtà sociale che inclina pericolosamente verso una progressiva esperienza del peggio. …Viviamo insomma una disarmante esperienza del peggio. Tanto che, quasi quasi al termine poltiglia di massa si potrebbe (con eleganza minore) sostituire il termine più impressivo di “mucillagine”, quasi un insieme inconcludente di “elementi individuali e di ritagli personali” tenuti insieme da un sociale di bassa lega.”

Una giudizio disarmante che conferma quanto andiamo sostenendo da tempo sull’imbarbarimento dei rapporti e delle relazioni, sul diffondersi del sentimento della solitudine e della pratica quotidiana della sopraffazione e della prepotenza.

Siamo in ritardo nella lettura e nella comprensione della nostra società e di questi“elementi individuali e ritagli personali” .Ritengo questa una delle principali cause di questa nostra sconfitta.

Abbiamo individuato nell’affermazione del “berlusconismo” e, in Lombardia, del modello formigoniano lo strumento di produzione di “disvalori”; ma quale tipo di iniziativa sul piano culturale abbiamo preso per fronteggiare i suoi effetti e per proporre un altro modello alternativo?

E’ venuto meno – nella nostra più totale indifferenza – il ruolo del partito (che personalmente ho sempre riconosciuto come principale virtù dell’allora PCI ) nell’acculturazione delle masse e degli strati popolari di riferimento. Un egemonia culturale che anche se non sei maggioranza nel Paese ti consente di raggiungere risultati che i soli rapporti di forza non ti potrebbero consentire.

Al modello della “libera e solitaria scelta” formigoniana non siamo stati capaci di contrapporre un modello della “libera e solidale scelta”, a costruire una casa comune per i malcontenti sociali.

La crisi di tenuta del un progetto politico (dalla rifondazione di un partito comunista alla presenza politica della sinistra più in generale) è andata di pari passo con la crisi della nostra società e della sua cultura, con la rottura delle reti e degli spazi della socialità e della solidarietà, col venir meno del senso di appartenenza alla classe prima, ad una comunità poi.

E all’interno di una mutazione del contesto culturale, sociale ed economico (a partire dai luoghi e dai modi di produzione) è venuta meno la nostra capacità di leggere i nuovi paradigmi della società contemporanea, prima di tutto la questione territoriale che, per noi è il nord, la Lombardia.

Nell’epoca della globalizzazione, dell’omologazione culturale, del venir meno delle certezze (sicurezza sociale) - come scrive il filosofo contemporaneo Jürgen Habermas la chiave di volta è una politica non centralizzata né gerarchizzata ma organizzata come interazione a più livelli (regionali, nazionali e sopranazionali), che non chieda ai cittadini di rinunciare a forme di vita e a valori materiali specifici.

In assenza di una nostra iniziativa, il territorio, invece di essere una “comunità” che interagisce a diversi livelli, diviene la roccaforte da difendere e il terreno dove configgono permanentemente gli “elementi individuali ed i ritagli personali.

Per ora c’è una sola risposta, quella della Lega e delle destre.

Ed è una risposta che assume acriticamente e giustifica le ingiustizie sociali endogene (il male minore) e individua nell’esterno (nell’altro territorio) il pericolo che minaccia le condizioni materiali, economiche, sociali, culturali, religiose, ecc.

E questa risposta ha fatto breccia, soprattutto nelle categorie sociali a cui ci riferiamo.

Muore l’ambizione per il fare collettivo, per trasformare la società.

Porsi la questione settentrionale significa mettersi nell’ottica di costruire un nuovo modello culturale da offrire in alternativa a quello delle destre. Porsi la questione del nord significa misurarsi con questa società e con la sua cultura; vuol dire avanzare una proposta che ha si l’obiettivo di trasformarla, ma anche cimentarsi non in modo astratto con i vecchi e i nuovi bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori, dei cittadini di questo territorio.

In presenza di una realtà economica in cui la dimensione media dell’impresa privata – in cui è occupata ormai gran parte della popolazione attiva - è di (quattro) pochissime unità (7 se si escludono le imprese individuali) e in assenza di una affermazione (l’egemonia culturale) di valori di nuova socialità, persino lo statuto dei lavoratori, i diritti, la qualità e la sicurezza del lavoro non vengono percepiti come priorità per le stesse lavoratrici e gli stessi lavoratori. E così anche noi non siamo ritenuti indispensabili.

Sfonda invece la Lega che fa breccia sì sulle paure ma anche sulle insicurezze materiali, facendo credere che col federalismo fiscale queste insicurezze si trasformeranno in sicurezze

Non riusciremo mai arrivare alla testa delle lavoratrici e dei lavoratori, delle donne e degli uomini di questo Paese se non cercheremo prima di capire cosa c’è nella loro pancia. Dobbiamo cimentarci nella difficile opera di ricollegare l’identità sociale con la soggettività politica.

In una trasmissione televisiva, la scorsa settimana Paolo Mieli ha affermato che la sinistra per capire il nord dovrebbe trasferire in questo territorio la propria sede nazionale, Non pretendo tanto. Mi basterebbe in questa fase che i nostri dirigenti si rendessero conto che qui c’è un problema e che questo problema va affrontato per quello che è. Abbiano tentato di porre questa questione in tempo utile. Dire che c’è stata sordità è un eufemismo. Ci è stato risposto che la questione vera era quella meridionale. Ma come si fa a non capire che la questione meridionale è intimamente legata a quella settentrionale e che il riconoscere l’una non significa negare l’altra.

Care compagne e cari compagni,

con coraggio dobbiamo ripartire. Facciamolo evitando di accumulare ritardi nella comprensione di questa nostra società contemporanea. L’unico antidoto a questo rischio è quello di esserci in questa società e di aprirci, di contribuire alla creazione di nuove forme di partecipazione e di democrazia. Evitiamo di ritirarci in noi stessi, di rinchiuderci in una compiacente ma pericolosa autoreferenzialità.

Questa sconfitta ci convince ancor di più del fatto che non siamo autosufficienti e rilancia la necessità di ricostruire la Sinistra. Nel nostro congresso, in questa prospettiva, sceglieremo le forme, i modi ed i tempi di questa ricostruzione. Ritengo il Prc un importante e necessario punto di partenza, non di arrivo.

Dobbiamo ripartire dal nostro partito, accettando la nuova condizione che le urne ci hanno consegnato: quella di una partito e di una sinistra extraparlamentare e quella dell’opposizione come scelta strategica di fase.

Riprendiamo nel territorio e nella società, con nuovi strumenti di lettura e una rinnovata capacità di elaborazione progettuale e di ricostruzione di credibilità politica.

Ripartiamo però con grande umiltà, con la coscienza dei nostri limiti, limiti che abbiamo cercato di indagare anche nella nostra conferenza di organizzazione di Carrara. Auspico vengano date risposte anche alla nostra crisi di radicamento e alla nostra stanchezza. Uno degli aspetti positivi di questa campagna elettorale è stata l’enorme attività che sul territorio brianzolo abbiamo prodotto in modo unitario: 25 iniziative pubbliche, oltre centoventi banchetti e più di trecentomila volantini distribuiti. Un segnale di controtendenza, in parte dovuto alla presenza di compagne e compagni di viaggio che con noi hanno condiviso speranze, preoccupazioni e difficoltà. Anche questo è un punto di partenza che non azzererei.

Ricostruiamo quindi un nuovo protagonismo nei luoghi di lavoro, non regalando ad altri il rapporto con le lavoratrici ed i lavoratori e le loro rappresentanze sociali. I sindacati, riconoscendo loro e a noi stessi una vitale autonomia, sono per noi un importante interlocutore. In quella che si prospetta essere una delle fase economiche più delicate vogliamo giocare in pieno il nostro ruolo politico, sociale e culturale.

Ruolo che ricomincerei a giocare il 25 aprile e il 1° maggio, appuntamenti per noi mai rituali, soprattutto oggi.

Concludo con due ringarziamenti.

Il primo va alle compagne e ai compagni che hanno accettato di candidarsi nella nostra lista che hanno prodotto un importante impegno e della cui capacità e competenza dobbiamo farne tesoro anche per il futuro. Un ringraziamento particolare lo dobbiamo anche a Gianni Confalonieri che non è stato riconfermato in Senato ma che ha svolto un grande e prezioso lavoro per questo territorio e che ha dato un importante messaggio di disponibilità per la nostra federazione. Il secondo ringraziamento va a tutte le compagne ed i compagni del partito che si sono prodotti in una straordinaria campagna elettorale, che non ha pari almeno negli ultimi anni. A loro, certo di interpretare il sentimento di tutto il cpf, rinnoviamo la nostra stima. Chiediamo loro di continuare solidalmente questo percorso, nonostante la drammatica sconfitta elettorale, contribuendo a costruire, insieme e responsabilmente, il presente ed il futuro di questo nostro partito e dell’intera sinistra di questo Paese.

Grazie!

Daniele Cassanmagnago (Segretario della Federazione Brianza)
Muggiò, 22 aprile 2008