Comitato politico nazionale di Rifondazione Comunista
Roma, 10 - 11 aprile 2010

Per un salto di qualità
(relazione introduttiva di Paolo Ferrero)

Roma, 10 - 11 aprile 2010

Siamo riuniti oggi per analizzare i dati elettorali, discutere sulle prospettive di Rifondazione e sulla nostra proposta politica. Dobbiamo fare questa discussione dentro un contesto preciso, che è quello della crisi.

Il Corriere della Sera titola questa mattina: “In dieci anni il Pil pro capite sceso del 4,1%”. Questo è il contesto in cui ci muoviamo. La crisi è destinata a durare, i prossimi anni saranno caratterizzati sostanzialmente da una stagnazione economica e occupazionale. Dobbiamo quindi pensare la nostra azione politica nel contesto della crisi. La crisi non è solo un fatto economico, sta modificando pesantemente il modo di rapportarsi al mondo e agli altri di larga parte della popolazione italiana. Perché questa crisi accentua gli elementi di insicurezza, di paura, per tutti, non solo per coloro che hanno conseguenze dirette. La paura si generalizza e diventa in qualche modo la realtà: il contrario di quanto avvenne negli anni '60.

Cambia quindi radicalmente il modo in cui si forma l'immaginario collettivo, e questo ci richiama ad un lavoro molto grande, in cui il tema della rifondazione comunista non è un dibattito culturale su questo o quell'aspetto, ma è la capacità dei comunisti, dentro questa crisi, di avanzare una proposta politica. Il punto su cui ci giochiamo il nostro progetto politico è la capacità di avanzare un progetto che ponga il problema dell'uscita dal capitalismo in crisi e per questa via risponda positivamente ai bisogni materiali e alle paure che la crisi solleva. Ad oggi solo la destra ha una lettura e una proposta dentro la crisi. Si tratta di una proposta barbarica, che fagocita la paura, trasforma i territori in fortezze, e la paura dell'altro nella condizione di costruzione del consenso. E' una proposta barbarica ma è una proposta. La costruzione di una nostra risposta da sinistra a questo tema è il vero compito che abbiamo dinnanzi nei prossimi anni.

Le elezioni

Do per scontati la conoscenza dei dati principali e il fatto che dovremo analizzare meglio il fenomeno delle liste Grillo. Mi pare che il dato più consistente delle elezioni sia quello riguardante la crescita dell'astensionismo che ha incominciato a crescere in maniera significativa in Italia da quando sono iniziati i sistemi bipolari, all'inizio degli anni '90. Questo dato è stato amplificato dal fatto che dentro la crisi il governo non ha fatto nulla per contrastarla e l'opposizione non ha messo al centro della sua agenda politica la questione sociale. Non c'è stato in questo paese e sulle questioni sociali, un movimento di opposizione degno di questo nome. Credo che questo elemento ha fatto crollare completamente la fiducia nella politica in larghi strati popolari.

La differenza con lo scorso governo Berlusconi è palpabile: se Berlusconi è stato sconfitto nel 2006 è stato perché dopo il 2001 c'è stata Genova, c'è stato il movimento della CGIL in difesa dell'art. 18, ci sono state le mobilitazioni di massa contro la guerra nel Golfo, le mobilitazioni di Firenze, quelle contro la Bossi-Fini, cioè c'è stato nel paese un movimento di lotta che in qualche modo è durato nel corso degli anni e ha sconfitto l'egemonia sociale del governo. Ad oggi non si vede nulla di tutto questo. Perché gli elementi di opposizione che pure ci sono, penso alla CGIL, penso alla manifestazione del Popolo Viola, penso all'iniziativa che abbiamo fatto il 13 di marzo, sono iniziative di tipo puntiforme, cioè non danno l'idea che c'è un movimento di massa che si contrappone con un altro movimento con un'altra idea rispetto alle politiche del governo.

Dentro questa astensione che è in primo luogo crisi dell'opposizione, ci siamo anche noi, non ci sono solo gli altri. Di questo va preso atto. L'incapacità a costruire una seria opposizione coinvolge anche chi come noi ci ha provato in tutti i modi. Inoltre la perdita di credibilità che la sinistra di alternativa ha avuto nella vicenda del governo Prodi non è alle nostre spalle. Siamo ancora dentro il ciclo politico cominciato con la sconfitta dell'Arcobaleno. Questo non vale solo per noi: se uno guarda i risultati di Sinistra e Libertà vede uno splendido risultato in Puglia, ma non nel resto del paese. Se togliamo il risultato pugliese, abbiamo noi più voti di loro. E' mancata ad oggi la capacità di ricostruire una fiducia larga, rispetto agli strati popolari, da parte sia del centro sinistra che della sinistra di alternativa.

Il risultato politico delle elezioni è che le destre perdono parecchi voti, il Pdl perde circa due milioni di voti, la Lega tiene di più, ma il risultato politico è che il governo esce stabilizzato da queste elezioni. Di fronte ad una aspettativa che in Italia avvenisse quanto era avvenuto in Francia e che cioè nelle elezioni amministrative, si determinasse una sconfitta o quanto meno una botta sul governo centrale, in Italia non è avvenuto. Il governo è destinato a durare, l'asse estremista Bossi Berlusconi si è consolidato, e ci dobbiamo aspettare che gli elementi di attacco che sin'ora il governo ha portato avanti vengano rafforzati, su tutti i livelli. C'è un'organicità nell'azione politica: c'è un attacco sul livello della democrazia, non è solo la questione dell'indipendenza della magistratura, che resta un punto decisivo, c'è oramai un attacco che è esplicitato quotidianamente che tiene insieme la questione del Presidenzialismo in forme del tutto estremiste, con il federalismo spinto dall'alto.

Oltre a ciò c'è un appesantimento dell'attacco ai diritti dei lavoratori. Nei prossimi mesi ci sarà una operazione politica tesa a scaricare il costo della crisi sul taglio del welfare, anche attraverso il federalismo, per cui le regioni meridionali pagheranno un prezzo drammatico. C'è un azione palesemente antisindacale per distruggere le organizzazioni sindacali dei lavoratori puntando sulla possibilità di avere dei sindacati “complici” (così li chiama Sacconi, e a ragione), e quindi con rapporti neocorporativi con i sindacati che diventano gestori della forza lavoro precarizzata, piuttosto che portatori di interessi generali e di classe.

Il governo ha quindi un'idea di ridisegno delle istituzioni e dei rapporti sociali completamente al di fuori del quadro costituzionale, con uno stato che toglie gli obblighi ai ricchi, (vedi lo Scudo Fiscale), i diritti ai lavoratori (contratti di lavoro individuali), distruggendo così la democrazia. Questo sta assieme all'attacco all'informazione e alla proposizione di culture e relazioni sociali devastanti a partire dagli attacchi dei presidenti leghisti il giorno dopo la loro elezione sulla questione della pillola abortiva. Questi sono i frutti avvelenati con cui ci troviamo a fare i conti dopo le elezioni.

Il Pd perde meno della destra in termini di voti assoluti, ma perde nella scommessa politica di intervenire e fermare il ciclo di vittorie delle destra cominciate nel 2008. Si riapre dentro il Pd un dibattito che, drammaticamente, non mette al centro quello che è il problema fondamentale, che è come costruire un opposizione efficace rispetto alle politiche del governo Berlusconi, ma si rimette in una discussione tutta centrata sui modelli istituzionali in cui negativamente ritorna fuori l'elemento del bipolarismo, come se non fosse uno dei punti dell'origine della crisi. Nella crisi del neoliberismo il PD è in piena crisi di strategia e a rischio di dissoluzione.

Per quanto riguarda noi, nel contesto di totale oscuramento mediatico ma di ripresa del lavoro politico, perdiamo voti in modo differenziato.

Cambiano i risultati a seconda del voto utile, del lavoro politico fatto sul territorio e del voto di scambio. Non è uguale né in Calabria né in Campania - le due regioni dove abbiamo perso di più rispetto alle europee - fare le elezioni europee o fare le elezioni amministrative. Dal punto di vista del risultato questi elementi pesano tutti. Siamo quindi andati indietro e questo chiede un salto di qualità e la definizione di una prospettiva chiara in cui utilizzare il patrimonio di voti, di consenso, di lavoro politico delle compagne e dei compagni, per investirlo e spenderlo. Lo perdita di voti che abbiamo avuto, non ci impedisce infatti la prosecuzione del progetto politico: questo è un punto decisivo dell'analisi che vi propongo.

Non dobbiamo esimerci dal fare una valutazione delle scelte che abbiamo fatto. Dal punto di vista delle alleanze o meno, se tornassi indietro, riproporrei sostanzialmente le stesse scelte che abbiamo fatto. Penso che abbiamo fatto bene a fare alcune alleanze, in alcuni casi di governo, in alcuni casi di accordo elettorale: abbiamo fatto bene a non fare le alleanze dove non era possibile farlo.

Abbiamo fatto bene a proporre alle forze della sinistra di alternativa di costruire coalizioni là dove non era possibile costruire un accordo con il centrosinistra. È stato positivo dove siamo riusciti a farlo, penso alle Marche, e sarebbe stato meglio se fossimo stati in grado di farlo anche in Campania e in Lombardia. Penso sia opinabile la mia candidatura in Campania, ed è ovviamente oggetto di discussione politica. Ho ritenuto che, di fronte alla richiesta che abbiamo fatto ai compagni campani di non andare in coalizione con de Luca - per manifesta impresentabilità del candidato - e di fronte alla richiesta dei compagni e delle compagne della Campania di tutta la Federazione di avere il sottoscritto candidato, fosse necessario rispondere positivamente. Per questo ho detto di sì alla candidatura. Penso che sia una scelta discutibile, di cui porto la responsabilità individuale, e quindi censurabile. Questo non mette in discussione la scelta di non andare in coalizione con de Luca in Campania, scelta che ribadisco come giusta. Sapevamo di pagare un prezzo, perché ognuno di noi sapeva, quando abbiamo assunto quella decisione, che era più semplice stare in coalizione che fuori. Adesso dipende da noi, se vogliamo usare quella scelta contro di noi, per far polemiche interne, o se la valorizziamo come un investimento che ci permette di fare iniziativa politica e attività politica con chiarezza. Voglio essere chiaro: il nostro progetto politico, non è riassunto da questa o da quella scelta, dalle alleanze in Umbria o dall'andare da solo in Campania. Il nostro progetto politico è dato dalla capacità di tenere assieme tutte queste cose. L'elemento qualificante di una sinistra di alternativa che dato dalla capacità di fare politica scegliendo autonomamente con chi allearsi.

E' necessario un salto di qualità su più terreni:
1) Innanzitutto occorre lavorare all'unità della sinistra, per costruire un polo di aggregazione della sinistra di alternativa autonomo dal Centro sinistra. Non si tratta di lanciare una sfida al partito democratico nella sua proposizione di sostituzione di leadership ma di costruire un polo autonomo della sinistra. E' la proposta che avanziamo tutte le forze della sinistra di alternativa, da Sel ai Verdi a coloro che si collocano alla nostra sinistra alle forze politiche e sociali e culturali che operano neo paese. In questo quadro noi dobbiamo assolutamente far sì che le cose che abbiamo detto sulla Federazione diventino fatti.
La Federazione va costruita su tutti i livelli, costruendo i coordinamenti della Federazione su tutti i territori. Occorre lavorare affinché la costruzione dei coordinamenti non diventi un intergruppi ma sia aperta a tutte le forze, politiche e sociali, politiche, culturali aggregate sul territorio, comitati, ecc disponibili a partecipare al percorso della Federazione.

2) La costruzione dell'opposizione. Il positivo lavoro sociale di rifondazione, che va proseguito ed incrementato, non è sufficiente. Proponiamo di lanciare la proposta politica di costruire una opposizione unitaria al governo Berlusconi che parta dalle questioni sociali. Che dia continuità all'iniziativa del 13 marzo a partire dai problemi che hanno larga parte della popolazione.
In questo quadro, appoggiamo e vi proponiamo di appoggiare i referendum sull'acqua fatti dai comitati per l'acqua pubblica. Proponiamo anche che la Federazione della Sinistra verifichi con le forze politiche e sociali dell'opposizione la possibilità di fare una campagna referendaria unitaria oltre che sulle questioni dell'acqua anche del nucleare e contro la precarietà (questione legge 30). Su questo spendo solo una parola, perché si sta evidenziando un significativo problema politico. I comitati dell'acqua hanno presentato quesiti referendari per la pubblicizzazione dell'acqua. L'Italia dei Valori ha scelto di non sostenere questi referendum e di presentare a sua volta tre quesiti ambigui, che semplicemente aprono la possibilità di scelta della privatizzazione dell'acqua. Io penso che noi dobbiamo fare una battaglia politica esplicita contro questa posizione dell'Italia dei Valori, in nome di due questioni: la prima è che i partiti politici, l'opposizione politica, deve collaborare con l'opposizione sociale, non operare per ucciderla. Dobbiamo essere portatore di una visione in cui la costruzione dell'opposizione politica e dell'opposizione sociale sono le due facce del nostro progetto politico. In secondo luogo va fatta una campagna politica sulle questioni del contenuto dei referendum sull'acqua: per la sua gestione pubblica.

3) Noi dobbiamo riconfermare, e ridire con nettezza, la proposta che abbiamo avanzato, da mesi, che abbiamo ribadito anche il 13 marzo: proponiamo una aggregazione elettorale, alle prossime elezioni, per sconfiggere Berlusconi, difendere la costituzione e varare una legge elettorale di tipo proporzionale. Il superamento di questa seconda Repubblica è un punto decisivo per l'articolazione del nostro progetto, politico. Oltre al lavoro di costruzione dell'opposizione sociale e di costruzione di unità sinistra, non siamo secondi a nessuno nella battaglia per sconfiggere Berlusconi e per salvare la democrazia.

4) Da ultimo dobbiamo migliorare e valorizzare le cose fatte dal partito. Lo dico perché la proposta sopra esposta può funzionare se il PRC è attivo e funzionante. Lo abbiamo visto anche nella campagna elettorale. Parafrasando quanto abbiamo sempre affermato, Rifondazione non è sufficiente ma certo necessaria.
Dobbiamo quindi:
a) Sviluppare il lavoro di radicamento del partito nelle lotte e il partito sociale. E' un punto decisivo per la battaglia complessiva e per ricostruire la nostra credibilità.

b) Migliorare enormemente e a tutti i livelli il lavoro sulla comunicazione. Sovente facciamo cose buone e siamo incapaci di comunicarle. Occorre curare la diffusione di Liberazione, che abbiamo riportato quasi in pareggio e voglio ringraziare Dino Greco per il grande lavoro fatto. Dobbiamo fare un lavoro sugli abbonamenti. Va fatto lavoro sulla rivista, “Su la testa” che ci siamo dati per riaprire un luogo di dibattito politico. Va fatto un lavoro enorme su Internet.

c) Fare un salto di qualità nella costruzione del progetto politico: il nodo della rifondazione comunista oggi coincide con la costruzione di una credibile proposta di superamento del capitalismo in crisi. Su questo dobbiamo ricostruire un immaginario e costruire un progetto.
Non abbiamo solo un problema di comunicazione ma di elaborazione. Se non riteniamo risolutiva dei problemi della sinistra la sua deriva populista, occorre costruire una prospettiva alternativa che coniughi, eguaglianza, libertà, solidarietà, rispetto della natura.

Il senso di questa introduzione è che la presa d'atto del nostro indebolimento elettorale ci deve portare ad un salto di qualità sulle direttrici sopra indicate. Lo sviluppo del nostro progetto politico è più indispensabile di prima.


Paolo Ferrero (Segretario nazionale PRC)
Roma, 10 aprile 2010
da “Liberazione” (del 16 aprile 2010)