Comitato politico nazionale di Rifondazione Comunista
Roma, 10 - 11 aprile 2010

Conclusioni

Roma, 10 - 11 aprile 2010

Cari compagne e compagne, il dibattito di questi due giorni è stato un dibattito vero e con posizioni articolate. Per quanto mi riguarda la sintesi del dibattito è il documento finale predisposto dalla segreteria che do quindi integralmente per richiamato nelle conclusioni. Il secondo elemento di sintesi è solidarietà con i tre medici di Emergency arrestati al di fuori di qualsiasi legalità e di cui chiediamo l'immediata scarcerazione.

Nel merito del dibattito è evidente che vi sono tra di noi posizioni articolate. In ogni fase di passaggio, le culture politiche come le collocazioni materiali vengono fuori e tendono a radicalizzarsi. Io penso che occorre governare questo: Siamo in condizioni di determinare un indirizzo politico preciso, non una mediazione paludata, ma questo è possibile se nessuno di noi estremizza delle sue posizioni specifiche. Perché altrimenti non è possibile nessun indirizzo comune. La sintesi è quindi possibile nella capacità di cogliere l'elemento di verità nel ragionamento altrui, senza estremizzare i propri convincimenti od usarli per una specie di campagna elettorale permanente all'interno del partito. Non esiste alcuna "mossa" salvifica, ma la necessità di individuare un percorso, le culture politiche che lo supportino e il convincimento della indispensabilità della nostra impresa.

Il punto è che la sconfitta che abbiamo subito su più piani - sociale, politico culturale - chiede un salto di qualità totale, di elaborazione, di progetto, di capacità, che non è contenuto nella nostre posizioni di partenza, chiede un lavoro di costruzione. In questo senso io penso che il documento che è stato scritto indica una linea politica ma il dibattito e l'elaborazione sono appena cominciati.

Per quanto riguarda le cose da fare

Innanzitutto ribadiamo l'impegno a fare la campagna referendaria sul referendum per l'acqua pubblica varato dai comitati, contro l'operazione fatta da Di Pietro. Si tratta di un impegno che dobbiamo assumere a pieno, in tutti i territori. Si tratta di una battaglia fondamentale contro la mercificazione capitalistica dei rapporti sociali e delle cose. Sugli altri referendum la proposta nel documento non è dettagliata perché stiamo facendo la verifica in questi giorni sulla loro fattibilità. Sarà quindi la Direzione Nazionale a definire a breve il nostro impegno referendario e a stabilire conseguentemente il piano di lavoro per il partito.

In secondo luogo, è necessario fare attivi di discussione del risultato elettorale e della linea che proponiamo, in tutte le federazioni. Il partito deve essere pienamente partecipe della discussione e il gruppo dirigente deve essere capace di recepire quanto emergerà dalla discussione. La fase che attraversiamo chiede una discussione a fondo. Riconfermo invece la contrarietà ad anticipare il congresso del partito. Entro fine anno dobbiamo fare il congresso della Federazione e l'anno prossimo si fare quello del partito. Ribadisco l'impegno fondamentale alla costruzione della Federazione sui territori, in modo ampio ed inclusivo di tutte le forze disponibili a lavorare al progetto.

In terzo luogo occorre consolidare il risultato ottenuto e - almeno nelle regioni dove abbiamo eletto - occorre fare assemblee con gli eletti, almeno un manifesto di ritorno in cui si ringraziano gli elettori, si da conto dell'avvenuta elezioni di consiglieri e si indicano le nostre battaglie politiche. Così come le proposte di trasparenza delle istituzioni avanzate dai grillini debbono essere praticate dai nostri consiglieri in tutte le realtà dove siamo eletti. Non dobbiamo ricominciare nel tran tran quotidiano ma dobbiamo valorizzare quanto ottenuto e cominciare a cancellare la linea di demarcazione tra consigli regionali e società, anche dove siamo in maggioranza.

Detto questo mi voglio soffermare nel merito di alcune questioni, in primo luogo sul risultato elettorale.

È evidente che c'è fra di noi un giudizio diversificato. Io penso che occorre tenere una relazione equilibrata tra la presa d'atto dell'arretramento che abbiamo subito e il fatto che questo non impedisce la prosecuzione del nostro progetto politico. L'arretramento ci chiede un salto di qualità, un rilancio forte del progetto politico, non il suo cambiamento. Mi pare viceversa che alcune sottolineature dell'arretramento hanno come esito la messa in discussione del progetto politico e questo io lo ritengo completamente sbagliato.

In primo luogo penso che il risultato elettorale non è l'unico parametro su cui misurare il progetto politico che stiamo costruendo. Non dobbiamo uccidere il bambino nelle culla perché non sa ancora camminare. Non è l'unico, perché altrimenti la Lega Nord si sarebbe suicidata quando è finita fuori dal Parlamento. Invece oggi siamo a discutere del fatto che sta rivoltando l'Italia come un calzino. Quindi il dato elettorale uno dei punti ma non può essere l'unico. Ad esempio il partito fatto campagna elettorale molto di più delle europee e questo deve essere riconosciuto nella valutazione. Ad esempio in Campania, dove abbiamo avuto una pesantissima sconfitta, il partito era molto più in campo adesso che l'anno scorso. Il gruppo dirigente ha il dovere di valorizzare questa partecipazione e di lavorare per sedimentarla e consolidarla, sia come partito che come Federazione. A me è capitato per la prima volta dopo tanti anni di andar a far dei comizi davanti a qualche fabbrica e di non dovermi vergognare perché la gente mi diceva: "vi fate vedere solo il giorno prima delle elezioni"! Vuol dire che davanti a quelle fabbriche in questi mesi ci siamo andati. Questa ripresa di lavoro politico nella società deve essere valorizzata. Dobbiamo calibrare il giudizio sulle elezioni evitando di trasformarlo in un giudizio apocalittico perché la ripresa di lavoro politico che ce stata va salvaguardate e i nostri compagni e compagne rispettati.

In secondo luogo io ricordo che la discussione dentro il gruppo dirigente prima delle elezioni era omogenea e tutti ragionavano che dentro il totale oscuramento mediatico avremo subito un arretramento. Non ho sentito nessuno ipotizzare che saremo andati avanti dalle Europee. Ricordo che abbiamo discusso a lungo di fare biciclette e tricicli in Toscana anche perché temevamo di non riuscire a passare il 4%. Sarebbe bene non dimenticarlo! Nella discussione precedente alle elezioni abbiamo utilizzato l'argomento della necessità degli accordi - anche tecnici - per abbassare la soglia di sbarramento, perché sapevamo che il 3% era difficile. Sarebbe bene non dimenticarlo. Se si usa un argomento prima delle elezioni vale anche dopo.

In terzo luogo non usiamo i dati malamente per avvalorare tesi politiche precostituite. Faccio notare che rispetto alle europee la Lombardia ha perso un po' di meno del Piemonte, e la Calabria - che pure ha eletto perché partiva da molto più in alto - ha perso come la Campania. È evidente che è più facile pigliare voti in coalizione - grande o piccola che sia - che da soli, ma non distorciamo i dati, anche perché il recupero al voto dell'astensionismo di sinistra - ed è molto - chiede un lavoro di lunga lena e coerenza.

C'è un altro elemento che non abbiamo nominato ma che è importante se non vogliamo essere ipocriti. Durante la campagna elettorale D'Alema ha resuscitato Sinistra e Libertà. Prima del veto di D'Alema su Vendola, nei sondaggi la Federazione stava al doppio di SeL, dopo, in quindici giorni, alla metà.

Nella discussione politica sul da farsi e ovvio che debbiamo tenere presente il risultato di Vendola, ma nella valutazione del nostro risultato non possiamo non tener conto del "miracolo" combinato da D'Alema. Ovviamente noi abbiamo appoggiato Vendola ma questo non cambia di una virgola quanto è successo.

Da ultimo penso che non sarebbe potuta andare molto diversamente perché la nostra azione di ricostruzione di credibilità dopo il disastro del 2008 non è ancora sufficiente. I danni del governo Prodi e delle successive scissioni pesano. E' un percorso di lunga lena quella di ricostruire una nostra credibilità di soggetti e percorso politico. In più il processo anticomunista è andato avanti in modo pazzesco: siamo in pieno Maccartismo, come negli Stati Uniti degli anni 50 in cui "comunista" rappresenta un insulto o una presa in giro. Non c'è più la rendita di posizione dell'essere l'unica falce martello sulla scheda. Il rilancio della rifondazione comunista e della federazione non si fa in pochi mesi e oggi stiamo ricostruendo i fondamentali.

Per queste ragioni vi propongo una valutazione del risultato elettorale che registri l'arretramento ma veda la possibilità di proseguire il progetto politico. Il risultato deve spingere noi come tutti i compagni e le compagne ad un salto di qualità, non a tirare i remi in barca. Fa impressione che la destra perda due milioni di voti e gridi vittoria, Di Pietro arretri e dica che ha vinto. Evitiamo di farci male da soli e valorizziamo le cose giuste fatte e da proseguire.

Ad esempio, sulla Campania. Abbiamo perso ma noi dobbiamo valorizzare la scelta di non aver fatto l'alleanza con De Luca. Secondo me de Luca non era uguale agli altri candidati: condannato per discariche abusive, rinviato a giudizio per reati pesantissimi, che ha preso i voti da Cosentino per essere eletto sindaco, che si proclama di destra e che degli immigrati dice che vanno cacciati in mare a calci nei denti. Della Campania registriamo solo la sconfitta o anche l'orgoglio di essere stati capaci a dire di no ad un centro sinistra impresentabile? Io penso che occorre essere orgogliosi di aver detto di no a De Luca e che questo è un pezzo della nostra identità, della nostra narrazione. Quella scelta è da difendere e se fosse necessario io la rifarei.

Diverso è il giudizio sulla mia candidatura in Campania. E' vero che ha penalizzato il partito e la Federazione nel giudizio sul risultato del voto. I compagni che avanzano questa critica hanno ragione. Voglio però richiamare come ci si è arrivati alla mia candidatura. Avendo spinto per non fare l'accordo non me la sono sentita di rispondere negativamente alla richiesta delle compagne e dei compagni campani di metterci la faccia. Allora io penso che le critiche sono giuste ma forse dovremo anche dire che nel nostro partito il segretario si candida non per essere eletto ma dove lo scontro è più difficile. Sarà un errore politico ma è anche un rovesciamento di come funzionano le cose nella politica italiana. Forse dovremo sottolinearlo.

Per un dirigente politico accettare la battaglia più difficile più essere considerata una romanticheria. Forse è anche il tentativo di ricostruire una comunità che non veda alcuni che si salvano e altri che vanno a fondo. Forse non dobbiamo solo sottolineare le cose negative ma anche il poco di novità che abbiamo costruito.

La linea politica

Noi mettiamo al centro la costruzione dell'opposizione al governo Berlusconi a partire dalla questione sociale e dal suo intreccio con le culture politiche e la questione democratica. La costruzione di una opposizione larga è necessaria per avere la massa critica in grado di ricostruire la speranza. Il nostro lavoro posto per posto è necessario e da incrementare ma non sufficiente. C'è bisogno di costruire un'opposizione la più ampia possibile partire dalle questioni del lavoro che intrecci la Cgil e il sindacalismo di base e possibilmente tutte le forze politiche dell'opposizione come è successo dal 2001 in avanti.

In secondo luogo proponiamo di costruire un polo della sinistra autonomo dal centro sinistra. La contraddizione principale a sinistra emerge tra chi pensa di ricostruire il centro sinistra unitariamente - ed in modo populistico - e chi pensa vada costruita una sinistra a partire dalla sua autonomia progettuale e programmatica. Noi siamo impegnati su questo secondo versante e lo dobbiamo essere senza alcun settarismo ma con la chiara consapevolezza che si tratta di una battaglia politica. Per questo proponiamo di consolidare nelle Marche l'esperienza dell'aggregazione elettorale che siamo riusciti a fare.

Dentro questa prospettiva dobbiamo costruire concretamente la Federazione. Non si può restare in mezzo al guado Il punto è costruirla in modo largo, aperto, a partire dai territori, sulla base della linea politica delineata dai documenti costitutivi che sono chiarissimi.

In terzo luogo proponiamo di dar vita ad una aggregazione elettorale che sconfigga Berlusconi alle prossime elezioni, difenda la democrazia e dia vita ad una legge elettorale proporzionale. Noi dobbiamo batterci chiaramente per uscire dalla Seconda repubblica e contro il bipolarismo.

In quarto luogo occorre rafforzare il partito. E non si dica che in questi due anni abbiamo praticato a pieno il partito sociale. Magari lo avessimo fatto in modo diffuso. Lo si è fatto troppo poco e la pratica di intervento sociale va estesa e qualificata. Ci sono intere regioni in cui l'intervento sociale è ancora del tutto al di sotto delle necessità e delle possibilità, in cui la discussione sugli assessori è ancora l'unica discussione che accende i cuori e le menti. Non si è ancora rovesciata la piramide politicista costruita in tanti anni. Dobbiamo quindi sviluppare il partito sociale. Parallelamente è necessario fare un enorme lavoro centrale e sui territori di sviluppo del terreno della comunicazione, in entrata e in uscita. Troppo spesso facciamo dieci e comunichiamo uno e nello stesso tempo non riusciamo ad entrare in contatto con chi ci sta attorno.

Da ultimo, occorre riconoscere che abbiamo un deficit enorme in termini progettuali. Sia di proposte concrete che di prospettiva in senso più generale. Su questo, dopo Chianciano, abbiamo fatto poco ed in ogni caso siamo molto al di sotto del necessario. Si tratta di richiamare chi ha responsabilità in proposito di cominciare a produrre ma si tratta soprattutto di assumere questo problema politico come il principale problema su cui lavorare da parte di tutto il partito. Il punto è rispondere comprensibilmente e collettivamente alla domanda di cosa ci stiamo a fare noi oggi qui in Italia. Il punto è avere una proposta di trasformazione nel momento in cui il capitalismo è in crisi verticale e in cui mostra il proprio volto barbarico. Questo è il punto su cui concentrare gli sforzi. Abbiamo un deficit di elaborazione che non è contenuto nelle diverse posizioni oggi presenti nel nostro dibattito. Noi sapevamo cosa era rifondazione comunista del 1992, il cuore dell'opposizione, sapevamo cos'era la rifondazione del 98 quando abbiamo rotto con Prodi, sapevamo cos'era la rifondazione del 2001 a Genova. Dopo la sconfitta del 2008, le scissioni e le difficoltà abbiamo difficoltà a declinare chiaramente chi siamo. Questo è il punto su cui costruire il progetto a cui dobbiamo adoperarci fino in fondo producendo un salto di qualità.

Per fare tutto questo però è necessario che il gruppo dirigente creda nell'impresa politica che stiamo facendo. C'è una differenza tra l'essere sconfitti e mantenere fermo l'orientamento e l'essere sconfitti e non capire più nulla. La differenza è che dalla prima condizione si può uscire dalla sconfitta, nella seconda condizione si muore. Io penso che il gruppo dirigente debba imboccare con nettezza la prima strada. Crederci vuol dire avere la consapevolezza del compito storico che ci siamo dati quando abbiamo voluto mantenere aperta la strada della rifondazione comunista, vuol dire abbandonare ogni elemento autodistruttivo e nichilista. Questo capitalismo in crisi non è invincibile così come questa destra non è invincibile. Dobbiamo fare la nostra parte.

Paolo Ferrero (Segretario nazionale PRC)
Roma, 11 aprile 2010
da “Liberazione” (del 18 aprile 2010)