Da Berlino l'appello alla costituzione di una nuova formazione per il voto di giugno

Nasce il partito della sinistra europea

Un'altra Europa «Pace, diritti, giustizia sociale»: sei dei venti partiti riuniti a Berlino sono già pronti a unirsi per partecipare alle elezioni europee

Venti partiti europei, di matrice socialista, comunista o radicaldemocratica, si sono dati convegno ieri a Berlino. Alcuni di loro sono decisi a unirsi in un «Partito della sinistra europea», per far concorrenza agli altri blocchi che già si sono costituiti in «partiti» europei, come i socialisti, i popolari, i verdi. L'appello a fondare la nuova formazione sarà pubblicato oggi. Sei partiti sono già pronti a sottoscriverlo senza riserve: i socialisti tedeschi della Pds, che fanno gli onori di casa, gli italiani di Rifondazione comunista, giunti a Berlino con una folta delegazione guidata da Bertinotti, i francesi del Pcf, gli spagnoli di Izquierda Unida, i greci del Synaspismus, il partito comunista austriaco. Potrebbero aggiungersi un paio di partiti ancora esitanti, gli altri, come il Pdci italiano, seguiranno per ora l'impresa da osservatori.

A primavera si terrà il congresso di fondazione, per approvare lo statuto e il programma, già pronti in bozza. «Non c'è pericolo che ne venga fuori un nuovo Comintern», assicura Wolfgang Gehrke, responsabile per i contatti internazionali della Pds. C'è da credergli anche solo a leggere le denominazioni dei raggruppamenti coinvolti: socialisti, comunisti, socialdemocratici, radicaldemocratici. Tutti i filoni delle sinistre europee dal 1848 a oggi sono in qualche modo e a diverso titolo rappresentati. Formazioni nuoviste, ortodosse, partiti di tipo tradizionale, coalizioni già in sé plurali.

Eppure non si vuole nemmeno fare solo un «cartello», un logo che aiuti sul mercato elettorale europeo. «Abbiamo bisogno di un presidente che possa parlare per tutti, di essere un soggetto politico visibile», dice Gehrke. La bozza di statuto prevede un presidente con mandato biennale, un consiglio dei presidenti dei partiti membri, una direzione con due rappresentanti per ogni organizzazione, con un piccolo ufficio permanente che potrebbe aver sede a Bruxelles. Le spese per questo piccolo apparato non sarebbero un problema. Se la «Sinistra europea» sarà riconosciuta come partito dal parlamento di Strasburgo, otterrà un finanziamento di 8,2 milioni di euro.

Sulla stessa lunghezza d'onda si muove Bertinotti: «Certo, ogni partito manterrà la sua identità. Ma abbiamo bisogno di campagne comuni, per la pace o contro lo smantellamento dello stato sociale. Su questo terreno i governi di qualsivoglia colore procedono all'unisono, prima in Spagna, poi in Austria e in Francia, ora in Germania e in Italia. Ci sono state e ci sono resistenze nei singoli paesi, ma isolate le une dalle altre. I rapporti di forza cambierebbero se riuscissimo a collegarle».

Un minimo comune denominatore c'è: la critica al capitalismo reale, il no alla guerra, la difesa dei diritti sociali e di cittadinanza. Ma quando si entra nel dettaglio cominciano i dolori. Sull'opzione pacifista, per esempio: i comunisti francesi e i cossuttiani furono a suo tempo per l'intervento in Kosovo, mentre Izquierda Unida vede con favore una potenza militare europea come contraltare agli Usa.

Sull'Europa stessa le opinioni divergono: i partner scandinavi sono i più scettici sulla possibilità di contrastarne l'attuale orientamento neoliberista. Il partito della sinistra svedese rifiuta apertamente l'integrazione europea - resterà sui banchi degli osservatori.

Qualche paletto lo ha messo ieri Lothar Bisky, presidente della Pds, nel discorso d'apertura: «Rifiutiamo il progetto di costituzione formulato dalla convenzione europea, perché respingiamo il riarmo e ne rifiutiamo un rango costituzionale. Perché non vogliamo che il neoliberismo, il libero mercato e la libera concorrenza siano il fondamento costituzionale dell'Europa. Vogliamo un'altra Europa, della pace, democratica, con più giustizia sociale».

Pur nella babele delle lingue, la nascente sinistra europea ha un patrimonio comune di esperienze cui rifarsi. Bisky ha ricordato la lotta antifascista: la repubblica spagnola, la resistance e il movimento partigiano, e nel dopoguerra la caduta dei colonnelli in Grecia, di Salazar in Portogallo, di Franco in Spagna. E ha un comune patrimonio di idee: «l'illuminismo e il movimento operaio, Marx e Engels, Antonio Gramsci», ma anche i progetti di Olof Palme e Willy Brandt sul dialogo nord-sud, lasciati cadere allora dall'internazionale socialista.

E c'è anche una ferita comune, quella dello stalinismo: «Noi abbiamo ereditato anche il fallimento storico della sinistra in Europa. Siamo consapevoli delle aberrazioni e degli errori, anche dei crimini, commessi in nome del comunismo... Per questo abbiamo così cara la tradizione non dogmatica, rimasta viva anche nei momenti più difficili, che si riallaccia al motto di Marx: `Di tutto si deve dubitare'».

Insieme a Marx, come nume tutelare c'è Rosa Luxemburg. Per riunirsi le schegge della sinistra europea hanno scelto il palazzo neoclassico del parlamento regionale di Berlino (già parlamento del Land prussiano nel Reich guglielmino e nella Repubblica di Weimar), che ospitò nel dicembre 1918 il congresso di fondazione del partito comunista tedesco. Il 15 gennaio 1919 Luxemburg e Karl Liebknecht vennero uccisi. Oggi, come ogni seconda domenica di gennaio, i berlinesi ricordano i leader spartachisti. Stavolta al «cimitero dei socialisti», ci saranno anche gli ospiti venuti da tutta Europa.


L'arcipelago della sinistra

All'incontro berlinese della sinistra europea riunito da ieri a Berlino partecipano 20 partiti, alcuni solo come osservatori:

Guido Ambrosino
Berlino, 11 gennaio 2004
da "Il Manifesto"