A Berlino primi passi per la nascita di un nuovo soggetto politico

Sinistra europea: i tempi sono maturi

Se vogliamo fare un'altra Europa, al centro della quale ci siano democrazia e partecipazione, scelte di pace e di disarmo, tutela dell'ambiente, dei diritti del lavoro e delle persone, possiamo pensare di fare a meno di una forza di sinistra, legata ai movimenti, motore di una più larga sinistra d'alternativa?

Siamo a Berlino, mica a Bad Godesberg. Siamo nel cuore dell'Europa, della Germania, della sinistra continentale, mica in una cittadina dove (avvenne effettivamente un po' meno di cinquant'anni or sono) dove ci si riunisce per prendere atto della definitiva "obsolescenza" di Marx e del'idea stessa di trasformazione sociale. Qui, all'opposto, oggi si potrebbe consumare un evento destinato, chissà, a dare inizio a una nuova storia politica: la nascita di un nuovo soggetto politico a dimensione continentale. Un Partito della Sinistra Europea, capace di dare rappresentanza, voce, forza a un "popolo" di diversi milioni di persone e, soprattutto, di lavorare per quell'altra Europa - contro la guerra e il liberismo - tante volte evocata, in questi anni, nelle piazze e negli incontri di movimento. Un'associazione capace di agire sulla scala "minima" transnazionale oggi necessaria, che può contrastare l'Europa del mercato e della non sopita subalternità alla potenza imperiale Usa, senza riprecipitare nelle separatezze (e negli egoismi) dei vecchi stati nazionali. Un'utopia? Poteva sembrare tale a molti: ma è una utopia che da oggi ha incominciato a fare molti passi concreti.

Stasera, al termine del convegno di due giorni - battezzato "Iniziativa per la fondazione del Partito della Sinistra Europea" - dieci Partiti, appunto, della sinistra europea firmeranno un documento comune e una proposta di Statuto: essi sono Rifondazione comunista, la Pds tedesca, il Partito comunista francese, Izquierda Unida spagnola, il Partito comunista austriaco, il Sinaspimos greco, il Partito comunista dell'Estonia, il Partito comunista slovacco, il Partito comunista boemo-moravo e la sinistra del Lussemburgo. Il percorso prevede poi, in primavera, a ridosso della campagna elettorale europea, un vero e proprio Congresso costitutivo. Ognuna di queste forze, naturalmente, verificherà in tempo utile, al proprio interno, il grado di consenso e di dissenso - di convinzione e di preoccupazione - esistente. Anche per questo, certo, il processo è tutto aperto: non ci sono né esclusioni né inclusioni precostituite. Non ci sono "patti di ferro". C'é un'altra cosa: un nucleo promotore - le quattro principali forze della sinistra alternativa dell'Italia, della Germania, della Francia e della Spagna e partiti importanti come il Sinaspimos e il Pc austriaco - che si cimenta nell'impresa, la avvia, la trasforma in un investimento politico importante. E Berlino, certo, è una corposa e sensibile cornice di questa scelta: sarà soltanto una coincidenza che questo meeting si tenga nelle stesse stanze - la sede del vecchio Parlamento prussiano, oggi sede del Parlamento di Berlino - nelle quali nel dicembre 1918 Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht fondarono il Partito comunista tedesco? In parte, come è ovvio, la coincidenza è stata voluta, ricercata. Stamattina, si terrà la manifestazione che celebra, come ogni anno, la memoria dei due grandi dirigenti rivoluzionari assassinati (da sicari socialdemocratici) il 15 gennaio 1919. Quest'anno è l'85esimo: non solo un anniversario solenne, dicono i dirigenti della Pds, ma un'occasione molto importante per la protesta sociale, volta in particolare contro lo smantellamento dello Stato sociale prospettata dal cancelliere Schroeder. E anche questa convergenza, di sicuro, non nasce dal caso. La "memoria", lo sappiamo, non e mai neutra. La memoria si riempie sempre di contenuti sostanziosi, quando si accompagna a tentativi di «percorrere nuove strade», come ha detto ieri Lothar Bisky, presidente Pds, nella sua pregevole introduzione al lavoro di queste due giornate.

Dubbi e problemi

Ma quando ha cominciato a circolare l'ipotesi di un nuovo Partito europeo? Almeno da dieci anni, dice Bisky, almeno da quando esiste il Gue-Ngl - ma l'esplosione del movimento no global (o "altromondista") ha rilanciato l'attualità di «nuove forme di superamento dei confini nazionali». Dice sempre il presidente della Pds: l'Europa che si va tentando di costruire non ci piace, ci trova risolutamente all'opposizione, su almeno tre fronti cruciali: il progetto di Costituzione, per altro fallito, la politica estera, la guerra e la subordinazione agli Usa di Bush, le politiche sociali, quel "fondamentalismo del Mercato" che non solo ispira i testi, ma le scelte concrete di privatizzazione. Ma se vogliamo fare un'altra Europa, al centro della quale ci siano democrazia e partecipazione, scelte di pace e di disarmo, tutela dell'ambiente, dei diritti del lavoro e delle persone, possiamo pensare di fare a meno di una forza di sinistra, legata ai movimenti, motore di una più larga sinistra d'alternativa? La risposta di Bisky è inequivoca: «i tempi per un partito della sinistra europea sono maturi». I comunisti - e con loro i socialisti, i radicali, i critici della globalizzazione liberista - hanno bisogno oggi di «passi coraggiosi» e concreti, come furono quelli di coloro che trovarono la forza di opporsi al nazismo e al fascismo. Non è, questa scelta, per nulla scontata all'interno dello stesso partito tedesco, dove una parte, a tutt'oggi, sembra disponibile ad accontentarsi di una mediazione assai meno impegnativa, per esempio sulla Costituzione europea. Non lo è, insomma, da destra, come non lo è da sinistra: per un verso, preoccupa tutti coloro che vedono messi in discussione, dal costituendo SE, proprio i rapporti con i partiti della sinistra moderata; per un altro verso, non persuade le forze comuniste che, in diversi Paesi, vedono nel processo un pericolo di appannamento dell'identità comunista. Ancora. I soggetti interessati e già comunque coinvolti sono di diversa storia e natura, di diverse culture, diversamente articolati e talora reciprocamente diffidenti: basti pensare alla distanza tra i partiti della sinistra rossoverde della Scandinavia e forze come il Partito comunista portoghese (presente qui a Berlino in posizione di osservatore critico: non sottoscriverà l'impegno comune), o alle divisioni che si perpetuano nel movimento comunista (tra il Pcf, per esempio, e i partiti di ispirazione trotkista, che partecipano al raggruppamento della "Sinistra anticapitalista" europea. Basti pensare ai dubbi e alle critiche che sono diffuse anche all'interno di Rifondazione comunista.

Il ruolo di Rifondazione

E tuttavia, come ha detto ieri Fausto Bertinotti nel corso di un incontro con i giornalisti, questa sfida è oramai ineludibile. Alla radice della proposta del Partito europeo, ci sono due elementi forti: un'idea originale di Europa, che il Prc del resto rivendica da anni, non solo nei suoi programmi elettorali, nonché una spinta intensa dei movimenti. Si tratta, da un lato, di affermare nella lotta politica, con la dimensione e la forza necessaria, qualcosa che va oltre la necessità di una «maggiore giustizia sociale»: quel modello di civiltà europeo, che è fatto di pratiche politiche democratiche, ruolo dello Stato sociale, rifiuto della guerra, vocazione alla accoglienza di nuovi popoli, costruzione di spazio sociale e spazio pubblico. Allo stesso tempo, si pone la necessità di colmare in positivo quel vuoto della politica che rischia di produrre separazioni, guerre civili, intolleranze. Come si fa allora, si domanda Bertinotti, a rendere operative queste intenzioni? Nell'intervento pronunciato all'incontro, il segretario di Rifondazione comunista è andato oltre: ha praticamente detto che ognuno di noi, fuori da una dimensione europea, rischia la morte, politica naturalmente. Un richiamo alla necessità di accelerare quel fare comune di cui l'agenda reale della sinistra europea non è certo stata ricca. Ma è un invito ad una forzatura soggettiva? «C'é una precipitazione, nella scelta concreta che ci accingiamo a compiere. Ci sono alcune forze che avviano la marcia, imboccano una direzione, si assumono una responsabilità». Sarà necessaria, sì, una verifica interna, una consultazione democratica della volontà del Partito: il Pcf, per esempio, farà un referendum tra tutti gli iscritti, il Prc convocherà una direzione e un Comitato politico nazionale. Che cosa ci proponiamo? Non la nascita di una "quinta" Internazionale ("che c'é già, è quella del movimento per la pace"), ma di un grado più avanzato del nostro agire politico. Rifondazione comunista investe moltissimo su questa scelta, in coerenza piena con la propria fisionomia: quella di un partito nazionale, che certo tale resterà a lungo, che ha sempre però indicato come necessaria e, anzi, come "strategica" la costruzione di una sinistra di alternativa europea.

E se qui a Berlino fosse tutto davvero cominciato?

Rina Gagliardi
Berlino, 11 gennaio 2004
da "Liberazione"