In preparazione del Congresso di fondazione del Partito della sinistra europea

Per il partito del socialismo all'epoca della globalizzazione

Ai compagni di Rifondazione Comunista

Cari compagni sto seguendo con molto interesse la discussione in corso sulla proposta che avete lanciato, e sulle iniziative in programma, per giungere in tempi brevi alla formazione di un Partito della Sinistra europea. Ritorna, con maggiore urgenza, via via che passano gli anni dopo la disgregazione dei partiti sorti in rappresentanza del movimento operaio, la questione fondamentale della rifondazione di una sinistra alternativa rispetto alle tendenze sempre più negative, sotto il profilo del progresso e della civilizzazione, delle classi dominanti nell'Occidente capitalistico. Forze tanto aggressive quanto incapaci sia di dare risposte minimamente soddisfacenti ai bisogni primari delle moltitudini di diseredati, sia di connettersi con le speranze di progresso civile e, ancor più in generale, con le profonde domande di senso che provengono, con inediti drammatici segnali, anche dalla parte meno disagiata dell'umanità contemporanea.

Socialismo o barbarie, avremmo ripetuto, se non fossimo tutti un po' timorosi di apparire rétro. Eppure è cosÏ, io credo. Solo che la barbarie, oltre a quella che abbiamo già conosciuto, sta ora procedendo di nuovo a grandi passi, fino ad arrivare alle forme spaventose della guerra preventiva e infinita, non contro il terrorismo onnipresente e in nessun luogo, ma appunto contro noi stessi, contro le conquiste sociali e il progresso umano, contro la democrazia finora costruita, contro la convivenza civile. E, dall'altra parte, del socialismo non riusciamo neanche a parlare, perché su tutti noi pesa come un macigno il fallimento della prima rivoluzione fatta in suo nome. Fallimento tragico e meritato, visto l'esito disastroso di una pianificazione economica gestita da un impenetrabile apparato burocratico, chiuso nei suoi privilegi, e soprattutto vista la correlata inarrestabile degenerazione del potere sovietico sul piano delle libertà politiche e civili, fino alla pratica di sterminio dei campi di concentramento, con milioni di vittime immolate sull'altare di una chiesa sconsacrata.

Tuttavia a me sembra del tutto evidente che non si riuscirà ad arrestare la deriva se non riaprendo proprio l'inesplorato capitolo del socialismo all'epoca della globalizzazione, con tutte le nuove consapevolezze che ci vengono dall'esperienza storica, certo, ma anche contrastando con forza la dottrina di quanti oggi vengono definiti, con sorprendente capovolgimento di significato, riformisti. Quei ìriformistiîsecondo cui i programmi politici della sinistra vanno emendati da ogni ispirazione ai grandi ideali di giustizia e uguaglianza sociale, considerati troppo avveniristici e perciò da restituire ai cieli dell'utopia, per riportarli nei limiti di ogni vincolo di mercato e di tutte le compatibilità date. Mentre al contrario dovrebbe apparire ormai chiaro che per mettere mano a qualche riforma, quale che ne sia la portata purché il termine non sia usato impropriamente, occorre oggi - di fronte alle forme e alle modalità assunte dall'evoluzione del capitalismo - la carica ideale e la tempra del rivoluzionario.

Non bastano a questo compito, e soprattutto non sono attrezzate per più di un aspetto, le forze della sinistra non rassegnata al moderatismo, purtroppo prevalente nel campo dell'opposizione parlamentare al governo delle destre. Non sono mancati negli anni scorsi i tentativi di reagire in qualche modo a questa acuta insufficienza. Ma, per una ragione o per l'altra, sono andati tutti verso un rapido insuccesso. Non solo le proposte di nuove, immediate, aggregazioni politiche, forse troppo precipitose e semplificatrici, ma anche le iniziative di carattere per cosÏ dire preliminare, hanno incontrato difficoltà insormontabili sul loro cammino. Per la parte che vi ho avuto, non posso non citare il caso della "rivista del manifesto", che non nacque certo per rappresentare, neanche in nuce, il soggetto politico che manca e che invece è assolutamente necessario costruire per cominciare - anche solo cominciare - a porsi l'ordine delle questioni che ho prima richiamato. L'intenzione era più modestamente quella di dare vita a una sede di riflessione (pur'essa carente nel panorama post-'89) in grado - per l'autorevolezza di quasi tutti i promotori, per il contributo di idee che essi assicuravano e per il segnale esemplare che poteva venire dalla convergenza di storie diverse - di stimolare un parallelo processo di ristrutturazione e ricomposizione tra le forze già operanti, e quelle in apparenza silenti, della galassia non ancora omologata della sinistra politica e sociale.

Perché richiamo questi precedenti? Perché, a mio avviso, bisognerebbe indagare a fondo sui motivi che ne hanno reso modesta l'efficacia, e in anticipo, soprattutto quando si è in procinto di lanciare una nuova iniziativa che si pone grosso modo sulla stessa direttrice di marcia, con obiettivi di natura analoga a quelli finora mancati.

Capire bene, attraverso una vasto coinvolgimento di tutti i possibili attori interessati, per non ripetere errori già commessi. E di errori, in questi anni trascorsi, ce ne sono stati per responsabilità un po' di tutti coloro che da posizioni diverse avrebbero dovuto concorrere alla rinascita di una formazione della sinistra alternativa, in grado di reggere, per dimensione e intelligenza, lo scontro con i potentissimi avversari di oggi. E siccome sto scrivendo a voi, ritengo corretto non tacere che a mio giudizio, tra questi errori, va considerato anche quello di Rifondazione comunista che ha troppo esitato ad aprirsi, sia pure con la gradualità necessaria, a un vero processo costituente, di profondità tale da prevedere (anche) il proprio superamento; mentre invece si è trasmessa l'impressione che il primo obiettivo, a cui tutto il resto era da subordinare, restava la difesa a oltranza del piccolo spazio conquistato. Ammetto che non sono di poco peso le ragioni che consigliano di non correre il rischio di scomparire, prima di avere la certezza di un buon esito dell'iniziativa intrapresa. Ma bisogna anche dire che un traguardo è tanto più raggiungibile quanto più si mostra coraggio nel perseguirlo. E il traguardo di cui parliamo, proprio perché di importanza decisiva, può finire con l'allontanarsi se non gli si va incontro con decisione, anche al costo di uscire di casa e perdere la protezione del suo muro di cinta.

Ora però è la vostra iniziativa di dare vita a un partito della Sinistra europea a chiederci un pronunciamento. Che per me è d'istinto positivo, dal momento che non potrei guardare se non con favore a tutto quel che si muove nella direzione di ampliare al massimo grado possibile la capacità di incidenza sul quadro politico delle forze sparse della sinistra antagonista. Mi auguro perciò che allargando il raggio di azione al livello continentale si riesca in quel che non ha funzionato nella piccola Italia.

Mi permetto solo un'avvertenza. Sia pure in un contesto più vasto, ripeto di essere convinto che i nodi da affrontare restano in linea di principio gli stessi. E cioè che non basta stringere patti e alleanze tra partiti e altri soggetti politici, peraltro nella loro maggioranza in fase discendente, o concepire aggregazioni di sigle varie, per risalire la china. E non basta neanche, per quanto sia assolutamente indispensabile, definire in partenza un programma comune di riforme, e di lotte per conquistarle, derivandolo dalla più approfondita analisi del capitalismo all'attuale stadio del suo sviluppo, cosÏ come del deperimento progressivo della democrazia occidentale, e in particolare europea. Ciò che non deve più essere messo tra parentesi è che rifondazione significa esattamente rifondazione. Il concetto riassunto nella parola è massimamente impegnativo: da una parte allude a una più aggiornata apertura di orizzonte, e dall'altra alla consapevolezza di una propria strutturale insufficienza a metterlo a fuoco. Animata da questo spirito, l'iniziativa in cui vi siete impegnati avrà certamente un lungo futuro e produrrà importanti cambiamenti nello scenario sia europeo che italiano.» questo il mio augurio.

Filippo Maone
Roma, 5 maggio 2004
da "Liberazione"