Primo Congresso del Partito della Sinistra Europea (SE)

Tesi congressuali

Atene, 29 - 30 Ottobre 2005

INTRODUZIONE

Il primo congresso del Partito della Sinistra Europea si tiene in un momento davvero “straordinario”: oggi affrontiamo pienamente la sfida di aprire in Europa un nuovo ciclo politico-sociale. Dal 1° maggio 2004 abbiamo vissuto l’allargamento dell’Unione Europea a 25 stati membri: nuove prospettive per il continente europeo si profilano quotidianamente. I cittadini di tutti i paesi europei, non importa se membri dell’Unione Europea o meno, si chiedono quale sarà il futuro del nostro continente. Non è solo possibile costruire oggi “l’altra Europa”; è essenziale.

Come riportammo nel nostro programma al congresso di fondazione del Partito della Sinistra Europea, noi sentiamo la necessità di una radicale trasformazione sociale e democratica dell’Europa…consideriamo il ruolo e gli obiettivi della politica di sinistra in Europa come contributo alla formazione di un’ampia alleanza sociale e politica per un radicale mutamento politico sviluppando concrete alternative e proposte per la necessaria trasformazione delle società capitalistiche contemporanee. In tutto ciò sentiamo la nostra responsabilità e capacità di indirizzare tutti coloro che agiscono per una società più egualitaria come condizione per una propria vita auto determinata. Vogliamo promuovere politiche di sinistra durature che concretizzino un progetto politico indipendente e autonomo che contribuisca all’attuazione di alternative di solidarietà democratiche, sociali ed ecologiche. Siamo coinvolti nell’agonia di una crisi conclamata delle politiche e dei modelli neoliberali. E’ una crisi che ha inizio dalla fine degli anni novanta e che ha generato risposte sociali e politiche sempre più regressive. Per questa ragione i partiti conservatori e di destra indirizzano la loro strategia politica assumendo un profilo che mette insieme populismo, autoritarismo e ultraliberismo. Ad ogni modo noi rileviamo che le prevalenti politiche in Europa si muovono su un binario sbagliato. La demolizione dei sistemi del welfare e la loro distruzione risultano pesanti per gli europei e creano grandi sacche di disoccupazione e rigide regole competitive nella vita quotidiana. L’egemonia politica neo-cons sta vivendo una forte crisi politica che è si è trasformata in una minaccia alla libertà, alla pace ed alla sicurezza per la maggioranza della popolazione mondiale, e sta minacciando di aprire un nuovo fronte di guerra globale permanente. Iniziando con la persistente occupazione militare in Iraq, che deve essere bloccata immediatamente con il ritiro di tutte le truppe occupanti, assistiamo ad un ulteriore impoverimento del senso della democrazia e alla distruzione dell’ambiente che minaccia la libertà e le sicurezza della maggior parte delle popolazione mondiale. La pace neoliberista, per salvaguardare il monopolio globale e militare degli USA e le nazioni industrializzate che appoggiano questo modello, produce gravi conseguenze. Tale sviluppo, che influenza anche il futuro dell’Unione Europea, non ha una connotazione neutrale, dovuta agli eccessi della globalizzazione neoliberista, ma è piuttosto il risultato di una scelta ponderata che scaturisce dal modello di società dominante, pensato per incrementare sia le dinamiche di sfruttamento e oppressione che quelle capitalistiche, patriarcali e contro l’ambiente.

Mentre l’Europa sta affrontando una delle sue crisi economiche più gravi, individua come priorità una svolta sicuritaria. Oltre alla crisi socio-economica l’Europa conosce oggi anche una crisi di leadership. Infatti la leadership neocons ha tratto in inganno l’Europa: questa crisi si è espressa attraverso il rifiuto del trattato costituzionale, la resistenza alla Bolkestein e alle direttive sull’orario di lavoro e sull’incapacità di raggiungere un accordo sulle prospettive finanziarie. La questione è che la leadership neocons ha portato l’Europa al deficit finanziario e si è quindi rivelata incapace di dare una risposta alle aspettative dei cittadini europei.

Il nostro obiettivo è battere le destre e le loro politiche utilizzando un chiaro approccio “di sinistra” e, allo stesso tempo, superare la strategica impotenza di tutti i contenuti neoliberisti presenti nelle politiche riformiste e liberali. Noi dobbiamo offrire un approccio innovativo veramente di sinistra. La SE ha il potenziale ed il dovere di essere la principale leva del cambiamento delle politiche e delle riforme dell’ UE e aiutare a risolvere la crisi continentale e mondiale.

Noi concentriamo i nostri sforzi verso la realizzazione di un nuovo contratto sociale del XXI secolo che faccia gli interessi di tutti i popoli della terra, delle questioni ambientali, dei valori democratici, della pace e della giustizia sociale e che abbia come obiettivo la coesistenza dei popoli. Noi vogliamo che l’uguaglianza tra uomini e donne diventi un valore fondante nel processo di costruzione dell’Europa. Per questo vogliamo acquisire un peso specifico nel dibattito sui temi legati alla società a tutti i livelli: locale, regionale, nazionale ed europeo. Le politiche della SE devono essere coerenti con questo fine. Il Partito della Sinistra Europea può e deve affrontare questa sfida.

Un esempio incoraggiante del nostro lavoro è stato il risultato del referendum francesecosì come di quello olandese. In questa occasione molti elementi hanno favorito il manifestarsi del potenziale del nuovo “spazio pubblico” per le forze del cambiamento. I cittadini, prima esclusi dalla fase preparatoria del testo, si sono poi riappropriati della scena rifiutando di essere ostaggi di un’ideologia che non prometteva null’altro che il modello economico neoliberista già sperimentato. Improvvisamente ognuno è diventato consapevole del peso dell’opposizione all’Europa neoliberista. Per questo non è una coincidenza il fatto che l’aumentata opposizione al trattato abbia dato un impeto straordinario alle molte manifestazioni contro l’Europa del capitalismo e della disoccupazione come quella del 19 marzo a Bruxelles contro la Direttiva Bolkestein.. Il NO è stato quindi il rifiuto della natura mercantile del trattato e del contesto “funzionalista” nel quale l’Unione Europea è stata concepita (i trattati economici, la Banca Centrale Europea, la moneta unica, le direttive della commissione). L’opposizione al trattato è stata ampiamente influenzata dalle idee di sinistra e dalle domande sociali di equità e giustizia scaturite dalla crescente preoccupazione della maggioranza delle persone circa le loro condizioni di vita

Comunque il nostro NO al trattato, al contrario di quanto affermato dai suoi più entusiastici sostenitori, non è un No all’Europa ma è un Sì ad un Europa socialmente più giusta e solidale che opera per un mondo di pace e un nuovo modello di sviluppo di tutte le nazioni.

Lo scopo comune dei partiti e delle organizzazioni del Partito della Sinistra Europea è quindi quello di concepire e realizzare una politica che tenda alla riconquista di uno spazio pubblico europeo nel quale i cittadini europei, i movimenti sociali e le organizzazioni democratiche siano gli attori principali. Il nostro principale scopo come soggetto politico è di promuovere un nuovo tipo di democrazia. La partecipazione è il primo contributo che noi consideriamo necessario per una riforma radicale della politica, per assicurare che la spirale non democratica della globalizzazione neoliberista e la guerra possano essere fermate.. Le nostre proposte per un’Europa differente sono un contributo concreto per la costruzione di una società nella quale la democrazia, la libertà, l’uguaglianza e la pace siano valori fondanti.

LA COSTRUZIONE DELLA PACE

L’Europa è stata per secoli teatro di sanguinosi conflitti ed ha esportato attraverso il colonialismo e il neo-colonialismo, violenza, ingiustizia ed oppressione. Dopo la 2° guerra mondiale e la vittoriosa lotta partigiana e la sconfitta delNazismo e del fascismo, della quale celebriamo il LX anniversario, sembrava possibile cancellare la guerra dalla storia. L’idea di un Europa unita è emersa proprio da questa effettiva esigenza. E nelle costituzioni come nella carta dell'ONU la guerra e i confronti militari sono stati banditi come strumenti delle politiche internazionali ed europei. Il ruolo dell’UE è stato incerto e contraddittorio non per la sua incapacità di costruire una forza di intervento ma per non essere stata in grado di definire un progetto autonomo nei confronti dell’egemonia del progetto americano.Gli interventi militari degli Stati Uniti con il supporto della NATO che hanno violato le leggi internazionali, hanno invertito la tendenza al controllo degli armamenti iniziata durante la guerra fredda anche grazie alla ostinata lotta del movimento della pace. La guerra è tuttora utilizzata come strumento politico; è ancora presente nella nostra vita e diventa sempre più endemica e pervasiva. L’Europa in virtù della sua attuale posizione geo-politica e per la sua vocazione deve essere capace di promuovere e garantire la pace.

L’opposizione radicale alla guerra, al terrorismo e ad ogni scontro di civiltà è la prima condizione per l’Europa che noi vogliamo costruire. In realtà gli attacchi a New York, Madrid e Londra dimostrano che i potenti piani di dissuasione militare utilizzati dalla maggior parte dei paesi ricchi del mondo non sono stati capaci di prevenire gli attacchi violenti. La logica conseguenza sarebbe stata invece quella di ripensare completamente agli attuali sistemi di sicurezza basati sulla dissuasione militare ed al possibile utilizzo di armi di distruzione di massa e di avviare una smilitarizzazione abolendo in tutto il mondo le armi più dannose per gli esseri umani e per l’ambiente.
Il Trattato Costituzionale Europeo assoggetta ad una logica militare l’indipendenza delle politiche estere dell’UE che dovrebbero essere basate su misure civili e pacifiche atte a prevenire i conflitti. Noi non siamo assolutamente d’accordo con questa logica. La SE invece appoggia una soluzione politica, la difesa e l’applicazione della legge internazionale e un vero governo democratico del mondo con una riforma dell’ONU, una prevenzione attiva dei conflitti ed un taglio alle spese militari.
Vogliamo una politica di sicurezza alternativa per l’Europa allo scopo di:

  1. Avere un sistema europeo di sicurezza e difesa basato sulla progressiva smilitarizzazione;
  2. Ottenere il disarmo ed il taglio delle spese militari a livello globale;
  3. La riduzione progressiva degli eserciti;
  4. Promuovere un vincolo di comportamento comune europeo che prevenga l’esportazione di armi in paesi in guerra o in palese violazione dei diritti umani e la realizzazione del progetto di agenzia europea per la conversione ed il disarmo.

Vogliamo una politica di sicurezza autonoma allo scopo di:

  1. Lasciare che l’Europa abbia un ruolo autonomo nelle politiche estere, di difesa, e di sicurezza, basate sul rispetto dei diritti umani e della legge internazionale, sulla cooperazione allo sviluppo e sulla prevenzione dei conflitti;
  2. Opporre ogni genere di alleanza militare con la NATO e prevenire il dispiegamento di forze armate come quelle che supportano gli USA dove essi intervengono.

Noi vogliamo una politica di sicurezza anti-nucleare che significa fermare e distruggere ogni sorta di arma di distruzione di massa ( nucleare, biologica e chimica)
L’autonomia politica europea nei confronti degli USA è un requisito indispensabile per rendere concreto e più forte il ruolo dell’Europa nel mondo. Un’ Europa della pace deve sforzarsi di promuovere una ristrutturazione politica ed economica delle relazioni internazionali nelle quali la pace e il multilateralismo devono essere parte di un nuovo modello di società.
Vogliamo difendere un’Europa sociale allo scopo di unire la nostra lotta con quella di tutti coloro che si impegnano per un mondo di pace in ogni continente.
La globalizzazione capitalistica non è mai stata e non è semplicemente un processo di riorganizzazione economica del capitale ma si è rivelata essere una straordinaria forza per orientare la riorganizzazione delle strutture di potere capitalistico su scala mondiale. E’ stata uno strumento che ha favorito la realizzazione di una conclamata rivoluzione conservatrice scuotendo le fondamenta dell’ordine mondiale ereditato dopo la vittoria dal nazi-fascismo. La tradizionale forma di Stato nazionale non spiega il modo nel quale la globalizzazione si sviluppa nella pratica. Noi non possiamo perciò evitare di sollevare il problema di come cambiare la società capitalistica senza farlo su scala mondiale.E’ necessario, confrontandoci con tutti i fondamentali cambiamenti in atto, stabilire un nuovo periodo di trasformazioni sociali in tutte le parti del mondo ed in particolare in Europa

All’inizio la globalizzazione neoliberista prometteva che si sarebbe segnata “la fine della storia”, la piena realizzazione dello stato di neocapitalismo, con una prospettiva di stabilità per gli anni a venire. Comunque la globalizzazione neoliberista si è rivelata essere un meccanismo stabile per la creazione di valore aggiunto, mentre in realtà ha aumentato le disuguaglianze e le ingiustizie sociali.

La crisi della globalizzazione capitalistica ha prodotto, per mano di coloro che la ritenevano la panacea dei destini dell’umanità, risultati regressivi e reazionari. Le politiche economiche della destra si sono radicalizzate allo scopo di mantenere i gruppi dominanti nelle loro posizioni su scala mondiale. La guerra è diventata un fattore stabile nonché strutturale ed endemico. La crisi ha dunque creato instabilità ed una mancanza di sicurezza mondiale La dottrina della guerra preventiva, infinita ed indefinita, pone gli Stati Uniti d’America al cuore del sistema mondiale di dominio. Nella presente cornice internazionale Bush sta optando per l’unilateralismo allo scopo di distruggere ogni opportunità politica.

La guerra è perciò non solo una nuova strategia per il controllo delle risorse strategiche del pianeta, che dimostra che il nuovo capitalismo non cessa di divorare le risorse naturali, ma sostituisce ogni regola di coesistenza internazionale e rispetto per i fondamentali diritti dell’umanità
La disputa tra la guerra e la pace è più marcata oggi di quanto non lo sia mai stata. Se la guerra è il prodotto di politiche tendenti al dominio, all’aggressione, al ricatto e a tensioni prodotte dalla globalizzazione capitalistica, la pace si può ottenere solamente con l’intensificazione di tutte le forme di opposizione, resistenza e contraddizione che emergono in tutte le parti del mondo anche a livello degli stati nazionali.
Il nuovo movimento della pace - l’altro “potere mondiale” che è emerso nella fase attuale- può e deve rivelare la relazione radicale che esiste tra il modello della società neoliberista e la guerra alimentata dalla globalizzazione capitalistica, e deve operare per un modello di società alternativa. Il nuovo movimento della pace è una forza disarmata e disarmante, portatrice di una idea di pace che non significhi solo assenza di guerra o uno stato di equilibrio basato sul potere delle armi, ma che tenda invece alla costruzione di un ordine sociale ed economico come alternativa al neoliberismo e alla guerra.

Questo nuovo ordine deve essere sostenibile o non sarà. Oggi la relazione tra la guerra ed il degrado ambientale è più ovvia che mai. La trasformazione dei modi di produzione insostenibili ed il loro esaurirsi, non è solo una proposta intelligente ma una necessità per la pace.

Tuttavia dobbiamo combattere l’altra faccia della guerra: il terrorismo. Il progetto politico del terrorismo, che è indipendente dalla guerra ma che da essa viene alimentato, è soprattutto un nemico delle masse popolari e della democrazia. Esso è basato sulla volontà di gestire il potere contro il popolo che declama di rappresentare promuovendo una società basata sull’uso estremo della violenza.

Il terrorismo, inoltre, alimenta le posizioni di destra più reazionarie perché viene usato come scusante per attaccare i diritti e la libertà. La risposta contro il terrorismo non può più essere guerra e repressione ma più democrazia e più diritti, in questa concezione la sinistra deve portare all’attenzione della gente questa considerazione: la guerra contro il terrorismo può essere vinta solo con la lotta

Il primato della politica può essere solo riconquistato con la lotta contro la guerra e per la pace .Perchè non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza pace.

Ecco perché condanniamo la mancanza di un articolo che ripudi la guerra all’interno del Trattato Costituzionale dell’UE ed anche perché vediamo l’istituzione di un esercito europeo sotto il controllo Nato- che significa sotto il controllo degli USA- come una minaccia all’indipendenza e all’autonomia dell’UE. Per gli stessi motivi condanniamo anche la ripresa di massicci investimenti in armamenti. Proponiamo il taglio delle spese militari in ogni paese, la chiusura delle basi statunitensi, e la dissoluzione della NATO.

La sinistra Europea favorisce una politica estera e di sicurezza comune a tutta l’Unione Europea. Allo scopo di recuperare il suo ruolo primario la politica deve tendere ad un ordine mondiale basato su leggi internazionali, alla prevenzione dei conflitti civili, alla risoluzione pacifica dei conflitti così come ad uno sviluppo solidale e democratico su un piano internazionale. Questo deve essere sviluppato insieme attraverso una stretta collaborazione con tutti gli altri paesi europei.

L’UE dovrebbe saper giocare inoltre un ruolo maggiore nella riforma e nel rafforzamento delle organizzazioni internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, allo scopo di stabilire un nuovo ordine su scala internazionale basato sulla libera coesistenza e il rispetto dei diritti umani. Anche rifacendosi al suo passato tragico di guerre e colonialismo, l’Europa deve guardare al mondo non attraverso occhi eurocentrici ma attraverso la capacità di raccogliere le nuove sfide dell’uguaglianza globale. Noi proponiamo che l’UE si assuma la responsabilità di una radicale ristrutturazione delle organizzazione economiche internazionali. Il WTO, FMI e la Banca Mondiale non possono continuare ad essere strumenti di dominio e generare ulteriori ingiustizie. Alcuni di questi organismi internazionali dovrebbero essere aboliti o rimpiazzati da altri. Quelli già esistenti dovrebbero avere nuovi mandati e dovrebbero essere direttamente posti sotto il controllo dell’ONU. La SE è a favore della creazione di uno stato Palestinese sovrano, in condizioni di sicurezza garantite e condivise con Israele sulla base delle risoluzioni Onu e della Road-Map.

Secondo il nostro punto di vista quello che viene chiamato il “processo di Barcellona” acquisirà molta importanza per il ruolo internazionale dell’UE. Invece di introdurre l’ area di libero commercio per il Mediterraneo prevista per il 2010, chiediamo di definire un accordo di partnership su basi egualitarie con tutti i paesi del sud del Mediterraneo. La SE propone un’alleanza euro-mediterranea che dovrà da un lato garantire il pieno rispetto della democrazia e dei diritti umani e dall’altro l’integrazione socioeconomica tendente alla promozione di uno sviluppo bilanciato e sostenibile. Laddove le aree di libero commercio sono state create in passato (per esempio il NAFTA tra Messico e Nordamerica) le disuguaglianze e le ingiustizie si sono enormemente aggravate, a detrimento della parte più debole delle società coinvolte. Oggi nei luoghi dove sono previste nuove aree di libero commercio (ad esempio il caso del FTTA), ci sono state enormi sollevazioni popolari per evitare la loro costituzione.

La SE lotta per difendere e costruire la pace non solo come idea utopica ma come una costruzione sociale e politica che sarà possibile con un altro modello di sviluppo. Solo un’Europa che saprà essere economicamente e socialmente equa, multiculturale e rispettosa dell’ambiente sarà capace di agire, indipendentemente dagli USA, per i principi di pace nel mondo.

Le politiche ambientali devono essere prese in considerazione da tutti i settori della politica. Questo coinvolge la politica estera, la cooperazione della polizia e della giustizia nella lotta contro le violazioni delle leggi sull’ambiente. L’accordo di Kyoto deve essere realizzato. Questa è una necessità urgente come dimostrano le catastrofi “naturali” come lo Tsunami dello scorso anno e l’uragano Katrina di New Orleans che, ben lungi dall’essere una catastrofe “naturale”, sono invece prodotte dall’uomo e dalle sue politiche neoliberiste.

UN ALTRO MODELLO ECONOMICO PER UN’ EUROPA SOCIALE

La disoccupazione di massa, la demolizione delle conquiste dello stato sociale ottenute dai movimenti operai ed, in particolare, la paura dei più anziani di perdere i diritti ottenuti in seguito ad aspre lotte, insieme alla paura delle generazioni più giovani dell’aumento della precarietà, sono gli aspetti più amari della vita quotidiana degli abitanti degli stati membri dell’UE.Tutto ciò è il risultato delle politiche neoliberiste attuate dalle elites politiche ed economiche ed imposte dai governi dei paesi europei. Questo è un percorso antidemocratico, antisociale, non solidale e pericoloso per l’ambiente. Secondo la logica degli attuali governi il corso futuro dell’UE sarà quello di “andare avanti come al solito”. Una risposta ai processi della globalizzazione non può prescindere da queste considerazioni e dall’interesse per uno spazio di integrazione europea. In questo contesto le donne incontrano maggiori difficoltà: un mercato del lavoro con bassi salari, gli impieghi sotto qualificati, un più alto tasso di disoccupazione ed il lavoro stagionale; così come l’ingresso nel sistema di protezioni sociali:, le pensioni ed altri benefits derivanti dai contributi, che sono sempre al di sotto della media maschile come entità, copertura e quantità. L’utilizzo della donna nella cornice della famiglia allo scopo di svolgere le occupazioni che riguardano la cura delle persone, l’educazione dei figli, permette ai governi di rinnegare la loro responsabilità e di mettere in discussione l’esistenza dei servizi pubblici
Le politiche neoliberiste globalmente orientate ad un radicalismo di mercato, dissolvono sempre più le variabili del welfare nazionale, danneggiano la domanda interna, consolidano ed aumentano la disoccupazione, aumentano il numero di lavori precari, organizzano una redistribuzione della ricchezza sociale dal basso verso l’alto, rinforzano le tendenze all’erosione della solidarietà nella società e bloccano la crescita sociale ed ecologica sostenibile. Un’alternativa a questo modello di sviluppo deve promuovere investimenti strategici europei che garantiscano l’equilibrio regionale e la trasformazione, lo sviluppo di servizi pubblici europei socialmente efficienti e politiche europee per l’ambiente e per la ricerca. Questi obbiettivi non possono essere raggiunti senza l’aumento delle attuali risorse finanziarie dell’UE, attraverso una riforma fiscale europea, e in particolare la capacità di rilasciare fondi pubblici europei. La fine della subordinazione dell’UE al diktat monetarista può essere solo raggiunta sostituendo il patto di stabilità con un patto di crescita e occupazione.

Attraverso una politica che frena la domanda interna di massa, la distruzione dell’ambiente e che sostiene la speculazione nei mercati internazionali finanziari a favore delle classi dominanti la crescita economica sarà rallentata ancora di più. Il dilemma oggi è: più neoliberismo annullando l’originalità dell’Europa spingendo verso un modello nordamericano, oppure è un nuovo modello che ha come obiettivo principale quello di invertire il sistema delle priorità: puntendo sui diritti delle persone e sui valori umani invece che sulla competitività.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario costruire uno spazio pubblico europeo, basato su un nuovo compito democratico, che inverta i rapporti di classe.

Per la Sinistra Europea il primo passo per una diversa politica economica deve essere quello di fermare la demolizione del welfare. Dall’implementazione della dottrina della destra ultraliberista di Reagan e Thatcher, i rapporti sociali sono stati ridefiniti sulla base ideologica della competitività senza limiti e della riduzione dei diritti del lavoro e dei lavoratori.Siamo di fronte ad un cambiamento ideologico attraverso il quale il neoliberismo ha utilizzato le trasformazioni tecnologiche per imporre una politica di dominio e di sfruttamento ancora più dura. La globalizzazione neoliberista ha ridefinito i rapporti di lavoro a livello globale e la struttura di produzione sia per ciò che riguarda il lavoro che il capitale. Questa trasformazione ha prodotto mutamenti profondi e devastanti nei rapporti umani, tra esseri umani e ambiente e nella creazione di un sistema di valori condiviso e giusto. La sinistra politica europea dovrà sfidare i grandi cambiamenti nella società e nella economia se vuole offrire proposte convincenti alternative. Un ritorno ai vecchi modelli di sicurezza sociale non sarà possibile; nuove e radicali domande necessitano di nuove e radicali risposte.

Difendere i diritti tradizionalmente difesi dalla sinistra (politici, sociali, del lavoro, economici e pubblici) insieme alle domande di nuove culture politiche dei movimenti sociali, (femminista, ambientale, culturale, tecnologica) è una necessità ed oggi un obiettivo possibile. I movimenti sociali hanno attratto l’attenzione pubblica sul dibattito sui beni comuni, come in particolare il diritto all’acqua, la cui difesa ha lo stesso valore degli altri diritti.

Le nostre politiche economiche alternative devono rispondere alla logica dell’umanità: lasciare alle future generazioni un mondo migliore di quello in cui viviamo oggi. Nel XXI secolo la lotta per i diritti sociali ed ambientali è un obbligo di solidarietà e una risposta coerente ad una logica economica che non lo è.

Non mettiamo solo in discussione il primato del mercato, della competitività e della crescita. Al contrario c’è bisogno del primato dell’interesse pubblico e della partecipazione politica per definire un modello sociale. Il pubblico non è solamente lo stato-nazione. Dobbiamo riconoscere che oggi interesse pubblico significa una democrazia a tutti i livelli, che mette insieme istituzioni nazionali, i governi locali, e un’ampia forma di partecipazione diretta dei cittadini.

Questo deve essere il carattere dell’Europa.

Ma il modello attuale non risolve la crisi. Non c’è nessun economista in grado di rispondere alla domanda su come l’economia globale possa sopravvivere senza taglio dei salari, dei diritti dei lavoratori o senza il progressivo esaurimento delle risorse naturali.

I governi neoliberali europei e della UE impongono uno snaturamento dei diritti dei lavoratori e tagli dei salari a causa della competizione internazionale. Essi si giustificano dicendo che, senza questa competizione, le imprese delocalizzano la loro produzione in paesi con costi del lavoro più bassi. E’ una falsità. Non accettiamo questo ricatto e continueremo a difendere i diritti sociali, ambientali, del lavoro nei nostri paesi e in qualsiasi altro.

Pertanto chiediamo la creazione di un nuovo spazio pubblico europeo in cui si possano difendere e armonizzare i diritti sociali e del lavoro di tutti i paesi. L’opposizione alla delocalizzazione produttiva dovrà essere realizzata con lotte sociali, intervento pubblico e la ristrutturazione del processo produttivo attraverso la partecipazione di lavoratori.

Nello scenario politico mondiale, per noi l’Europa e la UE così come esistono oggi sono la dimensione minima della politica come espressione della lotta di classe. Le culture e le esperienze politiche straordinarie in Europa, le conquiste degli ultimi 100 anni del movimento operaio, i dibattiti sulla sostenibilità e sui modelli economici alternativi, l’analisi autocritica sul fallimento delle società socialiste del centro Europa, dell’est e dell’URSS, rappresentano ancora una possibilità. Possono e devono attraversare il movimento che segna la nostra epoca. Il salto qualitativo verso la rinascita della politica è possibile.

La crisi, come la guerra, è una parte costituente dell’odierna globalizzazione capitalista. La precarietà e l’incertezza sociale colpiscono l’occupazione e la vita della gente, così come l’economia e lo sviluppo capitalista. L’instabilità e l’incertezza sono le misure generali e di classe del capitalismo contemporaneo. Queste condizioni tendono a far crescere la distanza fra innovazione e progresso sociale. Oggi è sempre più evidente come il modello basato sulla “coesione sociale” si stia rompendo. La crisi economica viene rovesciata sui cittadini europei attraverso politiche di ristrutturazione dei sistemi sociali, privatizzando la salute e tagliando le pensioni.La privatizzazione dei servizi è il prossimo passo verso la mercificazione della vita sociale.

Consideriamo la protezione sociale come elemento fondante la coesione dei 25 paesi dell’UE e un vero elemento produttivo. In effetti, il modello sociale europeo è quello capace di sconfiggere il drammatico e sempre più grave tasso di disoccupazione e di precarietà. L’opposizione della SE non è tanto quella agli obiettivi dichiarati dalla strategia di Lisbona, ma alla loro subordinazione alle politiche di competizione capitalistica e alla loro logica di liberalizzazione. Dobbiamo ripensare una politica economica per fermare il declino sociale, non solo difendendo gli standard sociali, ambientali e fiscali nella competizione globale, ma anche implementandoli come reali fattori di sviluppo.

Sì, dobbiamo rifiutare di pagare il prezzo del declino economico del continente. I nostri concetti alternativi per l’ UE devono viceversa mettere a fuoco proposte per superare la crisi economica rilanciando proposte tangibili per prevenire l’incertezza, l’occupazione precaria e le difficili condizioni di vita delle popolazioni europee. E’ per questo che lavoriamo per un obiettivo perfettamente possibile della piena occupazione in condizioni dignitose per tutti coloro che vivono e lavorano in questo spazio. Salutiamo il lavoro realizzato dai deputati europei dei partiti della Sinistra Europea che, attraverso il gruppo parlamentare confederato GUE-NGL hanno contribuito a ridisegnare un “modello europeo di welfare” indipendente.

Ma difendere solo il welfare non basta. Le condizioni scatenate dalla crisi nelle quali stiamo vivendo sono essenzialmente il risultato di scelte prese nel contesto della globalizzazione. Continuano con un intensità crescente, dalla delocalizzazione industriale l’internazionalizzazione passiva delle nostre economie, fino alla riorganizzazione della produzione basata sulla precarizzazione strutturale dell’occupazione.

Per quanto riguarda la spesa pubblica, proponiamo di investire fondi pubblici per l’istruzione e la tecnologia, tenendo presente l’esigenza di un adattamento strutturale e regionale equilibrato ed una compensazione in tutte le parti dell’UE. Invece della competizione attraverso la svalutazione dei costi del lavoro e degli investimenti, vogliamo rinforzare globalmente le regole internazionali per i diritti attivi del lavoro-gli standard universali delle convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro- OIL (al di sopra degli standard OIL per il “lavoro dignitoso”) in tutti i rapporti di lavoro e specialmente in quelle parti del mondo dove i lavoratori sono obbligati a competere in condizioni di semi-schiavitù. Questo può e deve essere un passo importante contro il dumping sociale e salariale nella economia globale. La crisi creata da queste politiche dimostra la crisi delle politiche pro-riformiste.

La Sinistra Europea continuerà ad appoggiare tutte le iniziative contro la natura sempre più precaria del lavoro per dare un nuovo status di diritti e di partecipazione. Basta solo esaminare la Direttiva Bolkestein e quella sull’orario di lavoro, che pretendono riorganizzare i sistemi produttivi sulla base dell’indebolimento dei lavoratori. Milioni di loro – in particolare le donne, i giovani ed i migranti – stanno gradualmente scivolando sotto la soglia della povertà.

L’importante nei contratti collettivi è difendere questa modalità in tutta l’Europa e mettere al bando il pericolo che sorge dalla deregulation introdotta dalle diverse direttive europee. Per evitare la delocalizzazione e la competizione tra lavoratori dobbiamo aiutare a creare standard comuni europei per i salari, le pensioni, i servizi pubblici, etc.

Questa alternativa va pensata contro tutte le politiche ispirate dalla direttiva Bolkenstein e per la difesa del settore pubblico. Dobbiamo allargare il dibattito a nuove forme di economia sociale e alla creazione di strutture pubbliche dove queste non esistono o sono deboli. L’innovazione , che migliori e democratizzi la gestione pubblica, è un compito della sinistra.
Le nostre proposte, dovranno essere dettagliate e qualificate, condivise con i sindacati e con tutti i rappresentanti sociali dei lavoratori e dei disoccupati: la società alternativa per l’Europa ha bisogno di un cambiamento radicale di direzione nelle politiche e economiche e sociali, un cambio di direzione che tiene conto delle domande dei movimenti e si rapporta al mondo del lavoro, all’ambientalismo e al femminismo. La leva per il cambiamento quindi è la costruzione di alleanze, politiche, sociali e sindacali per costruire un grande movimento dei lavoratori. Con questo vogliamo appoggiare una campagna europea e proposte unitarie per difendere e far avanzare gli interessi della classe operaia ed il movimento per l’alternativa. Dobbiamo dare priorità, ancora una volta, al tema marxiano della liberazione del lavoro, in altre parole, mettere a valore l’accumulazione delle forze del lavoro per la società, per fare in modo che i diritti e i salari, in una società non uniformata, diventino sempre più variabile indipendente dal dominio del mercato. Inoltre, pensiamo che la Banca Centrale Europea (BCE) debba svolgere un ruolo e una missione completamente nuovi, monitorata democraticamente, abbandonando la centralità delle politiche monetariste e del patto di stabilità. Non è comprensibile imporre le regole rigide del patto poiché è già stato dimostrato che non stimola né la stabilità economica, né l’occupazione a causa della sua miope attenzione al solo tema della stabilità monetaria. Deve essere rimpiazzato dall’introduzione di criteri sociali di occupazione ed ecologici che si concretizzino in un nuovo accordo o “patto” e deve anche contenere delle regole di supporto per coordinare la politica monetaria della BCE con le politiche economico-finanziarie degli stati membri.

DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA E RADICALE

Per noi condizione essenziale per un'altra Europa è la costruzione di una democrazia partecipativa, poiché noi crediamo che solo con l’ingresso del popolo nella politica è possibile costruire un’Europa diversa.

La crisi del neoliberismo sta acutizzando anche la crisi della democrazia. Una società che genera ingiustizia sociale produce fenomeni sistematici di esclusione e autoritarismo. Dobbiamo combattere questa tendenza per riaprire spazi pubblici dove le masse popolari partecipino ed abbiano un ruolo di direzione in una democrazia evoluta. Nessun tema di importanza fondamentale del futuro dell’Europa può essere discusso o deciso senza il coinvolgimento diretto dei cittadini europei. Questo progetto ha bisogno della nostra volontà di cambiare e della nostra creatività, dal livello locale a quello europeo, e ci obbliga ad essere pronti ad imparare e a cambiare noi stessi. Il progetto avrà successo solo se porterà a proposte concrete e realizzabili per una reale alternativa, se rimane aperto, partecipato, democratico e cooperativo in rapporto all’esperienza, alle idee e alle iniziative dei movimenti sociali. I movimenti, i sindacati e le altre forze democratiche hanno lavorato con successo in questa direzione e, il loro primo obiettivo, è stato esattamente quello della riapertura di spazi politici pubblici, in particolare per le giovani generazioni. La politica deve ridefinire la sovranità popolare in Europa. Per noi partecipazione significa più elementi di democrazia diretta e di coinvolgimento dei cittadini. Petizioni, iniziative di legge popolari e referendum sono alcuni degli strumenti da utilizzare. Democrazia partecipativa significa anche sconfiggere la società patriarcale ed ottenere una vera democrazia di genere.
Non si tratta solo di sollevare il tema dell’emancipazione delle donne e dell’uguaglianza ma di tener conto della differenza di genere e di lottare contro ogni discriminazione non solo in relazione alla distribuzione di beni, diritti, obblighi, ma anche in relazione alla partecipazione delle donne come soggetti sociali nella determinazione delle norme che regolano la società.
Il concetto di parità – e di una democrazia basata sulla parità – rappresenta il prolungamento della battaglia per i diritti civili del movimento delle suffragettes. Dobbiamo avere una diversa forma di funzionamento della società, della partecipazione per promuovere l’indipendenza economica, mettere fine alla violenza di genere, di smetterla con la sottorappresentazione delle donne.

Per rendere effettiva questa parità in tutti i suoi aspetti, ci impegniamo ad applicarlo nei nostri partiti costruendone l’organizzazione e rendendo l’attività politica compatibile con il loro stile di vita.
Abbiamo criticato il trattato costituzionale che è emerso dalla Convenzione su due assi fondamentali: il primo la decisione di escludere dalla stesura della costituzione i popoli, riservandola ai governi della UE:, il secondo sul fatto che dà un ruolo preminente al mercato nella costruzione dell’Europa politica. Rimaniamo fortemente convinti della necessità storica di costruire l’unità europea e siamo europeisti convinti. Per questa ragione rigettiamo il trattato costituzionale così come è stato concepito: in nome di una piena e radicata democrazia nel nostro continente. Appoggiamo la creazione di nuovi diritti e perciò consideriamo il processo di unificazione un passo necessario ed importante per promuovere questi diritti su scala europea. Il Trattato Costituzionale è bloccato ed è politicamente morto.

E’ questa la ragione dell’importanza che attribuiamo alla vittoria del No in Francia. E’ stato un no di sinistra, positivo per l’integrazione europea, ma decisamente contro il mercantilismo neo-liberista. Non dobbiamo però dimenticare che questa vittoria ha aperto una crisi nelle classi dirigenti che può rappresentare un rischio per la democrazia.

Vogliamo lanciare un processo realmente democratico che deve prevedere la partecipazione a tutti i livelli, mettendo a confronto il parlamento europeo con quelli nazionali e regionali, consultare le organizzazioni popolari per assumersi la responsabilità di disegnare un testo di diritti fondamentali che in seguito dovrà essere sottoposto a referendum.

In Europa cresce un sentimento di opposizione ai governi, come hanno dimostrato le ultime elezioni europee, insieme ad un conflitto fra elite e popoli. Noi, come SE contribuiremo attivamente all’estendersi di un dibattito ampio sul futuro dell’Europa e delle sue società.In questo quadro sosteniamo la proposta che viene dalle organizzazioni e dai movimenti operanti all’interno del Foro Sociale Europeo per dar vita ad un tavolo con i rappresentanti dei Partiti di sinistra e delle organizzazioni sociali, così come delle forze sociali interessate, a partire da quelle della cultura, dei mass media, dell’economia con l’obiettivo di realizzare un’ampia discussione su alternative concrete.

Le politiche antisociali ed ultraliberiste hanno aperto nuovi spazi alle formazioni dell’estrema destra. E’ un allarme che attraversa l’intera Europa in diverse forme, ma tutte caratterizzate da xenofobia, islamofobia, antisemitismo, populismo, violenza, volontà di sopraffazione. Tra queste formazioni vi sono sia quelle apertamente neonaziste e neofasciste, ma anche alcune che occupano responsabilità di governo.

Il rafforzamento delle strutture della società civile contro le posizioni di estrema destra, il nazionalismo, l’esclusione, la discriminazione e l’intolleranza e a favore dell’integrazione e della diversità sociale e culturale è per noi un contributo essenziale alla democrazia. Continueremo a contrastare in maniera determinata le posizioni della destra reazionarie e xenofoba in tutta l’Europa che vogliono limitare i diritti fondamentali di una società democratica, libertà, uguaglianza, divisione dei poteri e partecipazione democratica egualitaria. A questo fine continuiamo a lavorare per ampie alleanza democratiche.

Abbiamo appoggiato l’allargamento e l’integrazione dell’Europa.

Siamo stati d’accordo e abbiamo salutato l’entrata degli 8 nuovi paesi dell’est e dell’Europa centrale, di Cipro e Malta perché pensiamo che esista uno spazio politico europeo che non si ferma ai confini degli ex blocchi fra est e ovest.
Abbiamo anche notato che il processo di ingresso non è stato usato per rivedere la politica fin qui praticata e la logica economica, sociale dell’integrazione dell’UE. Non si intravede nessun passo decisivo per garantire stesse condizioni di lavoro e di produzione in tutti gli stati membri. L’unione europea rimane il grandesingolo mercato per la circolazione dei capitali e dei beni e servizi in aumento mentre, nonostante i proclami delle forze del lavoro,i/le migranti non possono muoversi liberamente.
Il processo di avvicinamento tra i popoli europei potrà sviluppare il suo potenziale democratico solo se avrà come obiettivo quello di stabilire simili condizioni di vita ritirandosi dalla logica dei vantaggi di marketing economici e regionali . La base di questo obiettivo è appunto quella di rafforzare gli standard minimi sociali, ecologici e democratici. Tutto ciò deve far parte del programma per il futuro allargamento dell’UE, così come per la cooperazione tra i paesi europei. Salutiamo anche la possibile entrata di un paese a maggioranza islamica che, a nostro avviso, fa parte dell’area culturale europea. Per questo appoggiamo l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea , ma consideriamo necessario per la Turchia il rispetto dei suoi obblighi e dei suoi impegni nei confronti dell’UE e del diritto internazionale, compreso la soluzione della questione di Cipro. In questo stesso quadro, sulla base del rispetto dei diritti democratici ed umani, deve essere risolta la questione del popolo kurdo in Turchia.

Una delle prove critiche per la costruzione della democrazia in Europa è la possibilità di ottenere i pieni diritti di cittadinanza per i migranti. Milioni di persone vivono oggi illegalmente in Europa e sono spesso vittime di uno sfruttamento senza scrupoli . Hanno bisogno di uno status legale. Per la costruzione della democrazia in Europa va combattuto il traffico di esseri umani, le cui cause risiedono nella povertà e le vittime del traffico sono sempre poveri e sfruttati. Tutti i paesi devono firmare e ratificare la convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie e il protocollo di Palermo. Solo con una nuova idea di cittadinanza è possibile per l’Europa sviluppare politiche concrete di accoglienza dimostrando rispetto per tutti coloro che lasciano i loro paesi per ragioni economiche o fuggono da guerre e conflitti.

Questo è il motivo per cui sosteniamo la campagna per l’estensione della cittadinanza a tutti coloro che vivono nell’Unione Europea.L’armonizzazione delle politiche migratorie e del diritto d’asilo su scala europea, fondata su precisi standard di diritti umani, così come una politica di integrazione applicata in tutta Europa che escluda la possibilità di abusare dei migranti per il dumping sociale e garantire uguali diritti può essere la via per questo obiettivo. Allo stesso tempo, condanniamo le pratiche inumane adottate dalla maggioranza dei governi europei, di rigetto dei migranti, l’espulsione ai confini, la detenzione nei centri per i cosiddetti “immigrati illegali”. Noi crediamo che nessun essere umano può definirsi “illegale”, e che la sua integrità e protezione deve essere garantita dalle istituzioni.

Ci battiamo contro il razzismo e la xenofobia, aumentati negli ultimi anni .Tutte le forma di discriminazione che hanno a che vedere con il paese di origine, sono un crimine contro l’umanità. Ci opponiamo senza riserve alla xenofobia, all’antisemitismo, e rifiutiamo ogni campagna contro l’Islam tesa ad alimentare il cosiddetto scontro di civiltà.
Consideriamo le libertà individuali ed i diritti civili come parte essenziale della nostra azione politica. Queste libertà sono fondate su idee fondamentali che includono il laicismo, che dovrà essere custodito gelosamente come principio di funzionamento, in quanto valore universale che permette di ripudiare molte influenze non democratiche presenti in ampi ambiti della società, così come di rifiutare discriminazioni religiose ed estremismi. In questo quadro affermiamo la nostra volontà di difendere il diritto e la libertà di orientamento sessuale per combattere ogni discriminazione e violenza.

COSTRUIRE LE ALLEANZE

La vera novità all’alba nel nuovo secolo è la comparsa di nuovi movimenti e la loro capacità di unirsi in una direzione collettiva. Ha parlato al mondo di una nuova possibilità di cambiamento. Il compito che abbiamo come Sinistra Europea è di capire maggiormente la natura di questi nuovi movimenti e di prepararsi a cogliere le risorse che questi hanno generato. Occorre mettersi al servizio della costruzione di un’idea generale di riforma della politica e dei rapporti tra la politica ed importanti attori sociali. Allo stesso tempo e con un legame che non è solo temporale, le drammatiche conseguenze della globalizzazione capitalista che colpiscono tutte le popolazioni stanno emergendo con grande evidenza. Entrambi i fatti pongono la questione della trasformazione della società nella nostra agenda. Questa consapevolezza sta crescendo soggettivamente in una crescente parte dei movimenti e può essere sintetizzata nello slogan utilizzato dai social forum “un altro mondo è possibile”. Il problema è stato posto, ma non risolto Si è aperto un altro scenario: l’approfondirsi della crisi sociale ed economia e la guerra che precipita in uno scontro di civiltà. L’incertezza domina il nostro tempo. L’alternativa tra socialismo e barbarie non è qualcosa che appartiene ad un’altra era, ma è tema del nostro tempo.

Dobbiamo cooperare con molti altri soggetti, non solo con i partiti politici e varie forze sociali. L’intuizione della creazione del Partito della Sinistra Europea è stata corretta ed è stata dimostrata dal fatto di essere l’unica forza politica europea che ha detto unitariamente No al trattato costituzionale. Dobbiamo rafforzare la sinistra europea ed avanzare proposte di cooperazione con tutte le forze che vogliono combattere le politiche neoliberiste in Europa. La prima alleanza deve essere la cooperazione tra tutti coloro che hanno difeso il NO al trattato costituzionale e con quelle che hanno sostenuto un SI’ critico.Per questo motivo sosteniamo la proposta, presentata nel meeting internazionale di Parigi lo scorso 24 giugno, di riaprire un processo di nuovo orientamento dello sviluppo dell’UE e delle politiche dei paesi europei con l’introduzione di una campagna per una petizione di massa dei popoli di tutti i paesi membri dell’UE. Noi parteciperemo ad un ampio movimento di cittadini che si mobiliterà per un manifesto o una carta dei diritti sociali e politici che dovrà appartenere all’Europa che vogliamo. Noi consideriamo questo nuovo movimento in divenire una parte consistente del Forum Sociale Europeo, con la concreta prospettiva del V Forum Sociale Europeo di Atene 2006, come conseguenza delle prima esperienza di incontro organizzata ad ottobre a Firenze.Noi siamo pronti a condividere l’attivazione di importanti energie e soprattutto di riaprire una concreta discussione sulla politica europea assieme a tutti gli interessati, ovvero con le donne e gli uomini di tutto il continente.

La nostra idea di Europa deve nascere da sinistra e dal popolo. Entrambi sono indispensabili per la costruzione di un movimento europeo combattivo, con grandi campagne sociali e pacifiste per battere il neo-liberismo nel nostro continente ed aprire una speranza di un’Europa di giustizia sociale.

Il nostro compito è quello di contribuire a far nascere una maggioranza popolare, di sinistra e sociale che è, e deve essere, più grande di noi: con altri partiti politici, con i Social Forum Europeo ed i movimenti sociali, con le femministe, i sindacati, le associazioni popolari e singoli. Una maggioranza popolare crescerà con alleanze e convergenze tra tutti coloro che vorranno costruire l’altra Europa. E’ ciò che vogliamo.

Noi, membri ed amici della Sinistra Europea, vogliamo dichiarare, ancora una volta, la nostra attiva solidarietà con tutti i popoli, movimenti e persone che subiscono l’ ingiustizia e le devastanti conseguenze della globalizzazione capitalista e la nostra attiva collaborazione con tutti coloro che lottano per un mondo giusto.

Insieme possiamo farcela. Sì, noi possiamo cambiare l’Europa!

Partito della Sinistra Europea
Roma, 11 ottobre 2005
da "www.sinistraeuropea.it"