L'intervento integrale di Bertinotti all'assemblea della Sinistra Europea di domenica 17 Giugno 2007 a Roma

«Un soggetto plurale e unitario della sinistra è irrinviabile»

La sinistra in Europa è a un passaggio stretto, anche drammatico, ma proprio l'ostacolo gli consente il salto perché glielo propone come un aut-aut. Penso che la Sinistra Europea debba aprirsi a un confronto con tutte le sinistre, con tutte, con tutti coloro che quale che sia il nostro giudizio si considerano di sinistra.

Vi parlo in una veste che sto per dismettere, quella di presidente del Partito della Sinistra Europea, e lo farò con rispetto per le istituzioni e per il mio ruolo istituzionale. Per questa ragione non parlerò del governo, delle sue azioni e di come dovrebbe rispondere alle grandi questioni sociali aperte né formulerò giudizi sulle forze politiche. Malgrado questi limiti di autocensura credo di potervi parlare di ciò che considero essenziale in questa fase politica in Europa. Vorrei trasmettere il senso drammatico del momento che stiamo vivendo e contemporaneamente di una necessità storica che credo sia una reale possibilità.
Siamo a un passaggio cruciale, acuto. Non c'è in questo nessuna drammatizzazione artificiale e anzi credo dobbiamo andare a fondo in questa percezione. Passaggio drammatico e acuto per chi? Per l'Europa in primo luogo. Il suo futuro come possibile potenza di pace e produttrice di un modello diverso di organizzazione dell'economia è a rischio, ma con essa è a rischio la civilizzazione che in Europa si è costruita con la grande irruzione delle masse popolari dopo la liberazione contro il nazifascismo. Ma all'interno di questo passaggio acuto per l'Europa c'è un passaggio ancor più acuto per la sinistra in Europa. Credo dobbiamo avere chiara la percezione che è a rischio la sua esistenza, il suo futuro.
Di quale sinistra stiamo parlando? Credo che si possa dire che oggi con l'eredità della storia, con la sinistra storica, la sinistra del movimento operaio, è a rischio una sinistra politica che voglia costruire "la politica" sui rapporti sociali, sulle condizioni sociali di vita, che voglia andare oltre la riduzione astratta e mistificante di tutte e tutti "al cittadino votante", per scoprire dentro questo esercizio in democrazia, la natura sociale delle persone, delle coalizioni sociali. La domanda all'ordine del giorno che non possiamo sfuggire è se esisterà un futuro per questa politica in Europa. Per una politica, cioè, che sia costruita sulla critica al capitalismo del nostro tempo e al patriarcato cioé alle strutture e alle culture che determinano l'oppressione dell'uomo e della donna contemporanee. Se casca questa possibilità casca con essa un'idea dell'Europa. L'Europa nel mondo e nelle organizzazioni sociali come portatrice di un autonomo progetto anche rispetto alla globalizzazione capitalistica. Un'idea di civiltà.

Ora perché corriamo questo rischio? Cosa è accaduto e cosa sta accadendo per cui questa sinistra, "la sinistra" è a rischio? Noi viviamo una crisi profonda della politica che segna profondi elementi di distacco di parti importanti delle masse popolari dalla politica. Una sorta di dura disaffezione. Un'impossibilità di investire le proprie emozioni, i propri convincimenti nella politica. E' l'esito di un quarto di secolo e dei processi dominanti in questo ultimo quarto di secolo.
In questa crisi della politica si è affacciato un nuovo soggetto politico, non solo economico-sociale come è sempre stato: l'impresa. L'impresa che nel mercato ha l'ambizione non solo di costituire il punto forte dell'organizzazione sociale, ma il paradigma della politica. Sta qui l'ambizione, di questo nuovo capitalismo, di cancellare il discrimine tra destra e sinistra pretendendo di imporre, invece, una presunta neutralità dietro la quale non c'è altro che l'egemonia dell'impresa e del mercato. Se Montezemolo muove la critica e la contestazione per ottenere la demolizione del rapporto del conflitto tra destra e sinistra non serve chiedere di quanti voti e portatori. Serve piuttosto cogliere il senso profondo della sfida.
E dentro questa crisi della politica c'è la crisi della sinistra: la crisi nella crisi. La sinistra era più esposta a questi processi, dopo vicende assai complesse che l'hanno caratterizzata per lunghi decenni, trasformazioni passive che ha subito. E proprio nella modernizzazione che si rivela la difficoltà. Il voto in Francia, ma anche in quello del Nord Italia ci dicono qual è il rischio e qual è l'esito che può intervenire nei processi politici se non combattiamo questo rischio: una sinistra maggioritaria nel voto, ma che dimentica non solo la tradizione comunista e socialista, ma anche quella socialdemocratica per un approdo liberal-sociale, dall'altra parte una sinistra d'alternativa frantumata, chiusa nella ricerca di piccole identità è ininfluente sulla politica e sulla società.
La destra vince perché è portatrice di un'idea forte di società. Una cattiva idea, ma un'idea. E per questo sfonda in un mondo caratterizzato dalle paure, dalle incertezze, dal rischio rispetto al futuro. Dà una risposta forte: cattiva, ma forte. La Francia vede nel voto confermare l'esistenza del discrimine fra destra e sinistra. Anche perché c'è una mobilitazione contro il pericolo Sarkozy e una parte importante della popolazione operaia che persino aveva votato anche Le Pen, ritorna a votare a sinistra per arginare questo pericolo. Ma siccome questa distinzione non affonda le sue radici nella società, cioè la sinistra non organizza la cultura della sinistra, la destra sfonda e vince.
Risulta così un panorama disperante, una sinistra senza classe che primeggia nel voto e nell'opinione e una sinistra di classe che non guadagna un consenso di massa, consegnando così tanta parte della popolazione alla sfiducia. E' il rischio che si aggira per l'Europa.
E io chiedo davvero che ci interroghiamo su questo rischio. Sulla impossibilità che finiamo così mentre tante domande si affacciano nella società, tante soggettività, tante criticità, tante esperienze nei movimenti. Eppure, questa criticità, questi conflitti, questi movimenti non bastano. Davanti a noi c'è il rischio di una americanizzazione della vita politica in Europa, dove anche i conflitti sono confinati nella marginalità perché la politica la fanno altri soggetti. Noi dobbiamo contrastare a fondo questo rischio.
La sinistra ce la può fare, come testimonia l'esperienza complessiva dell'America Latina, dove si assiste a una rinascita sulla base di un nuovo patto tra le politiche della sinistra e i popoli o con l'esperienza in Germania dove nasce un nuovo soggetto della sinistra che sarà protagonista del futuro del paese e dell'Europa. Possiamo farcela, ma non bastano i correttivi all'esistente, mentre addirittura risulterebbero fuorvianti le repliche identitarie. La possibilità di difenderti da questa onda alzando la bandiera e alzando la capacità di denuncia.
Bisogna delineare, io credo, con tutti coloro che vedono questo rischio, un'operazione politica grande e impegnativa. Si tratta di arginare l'onda della depoliticizzazione e riprendere il cammino dalla trasformazione della società e dell'Europa. Io credo questo sia il compito della Sinistra Europea e delle sinistre in tutti i paesi europei. Rendere ciò un obiettivo credibile oltre che giusto. E' una necessità e penso in Italia, per voi, anche un'occasione. Quando una parte delle forze riformiste fanno una scelta di ricollocazione nella società e costituiscono così una novità politica, tanto da configurare la possibilità di un nuovo rapporto fra tutte le forze della sinistra di alternativa.
Le sinistre non possono sfuggire a ciò che è all'ordine del giorno, come antidoto al rischio indicato, cioè la costruzione di una sinistra di alternativa capace di mobilitare grandi energie in questo paese. Gli elementi di partenza ci sono. Si sentono largamente condivisi in un vasto campo di popolo. Sono il rifiuto della guerra e del terrorismo, in primo luogo. E come avessero ragione i movimenti, il partito della pace, ce lo dicono le vicende di questi giorni. Quando la politica viene messa sotto scacco ormai c'è la tragedia. Guardiamo la vicenda palestinese che non è solo confinata alla tragedia di un popolo in un territorio. E ci dice che se viene meno la prospettiva politica, quella spirale guerra-terrorismo si abbatte su tutti in termini devastanti. E l'altro discrimine è quellocresciuto in tutti questi anni dal rifiuto delle politiche neoliberiste per costruire altri elementi di politica. Un processo dunque per costruire una risposta a grandi temi come quello della precarietà che corrodono il tessuto sociale. La costruzione di una politica di alternativa.
Ma per farlo è necessario costruire una massa critica capace di dare efficacia alle cose giuste, non basta aver ragione bisogna potersela prendere la ragione per poter cambiare il paese. E per prenderla ci vuole una forza che sia in grado di rimotivare una nuova prospettiva. E per costruirla ci vuole la necessità di cogliere il momento, l'attesa che si produce. Non tutti i momenti sono uguali, lo sappiamo bene. Se si suscita un'attesa come si sta suscitando in questo momento, allora si può organizzare un'emozione collettiva. Una forza nuova non la si fa soltanto con la ragione, la si fa anche con la passione, le emozioni e i sentimenti. Un grande poeta italiano, Giacomo Leopardi, scrisse: «Se la ragione, e solo se, la ragione diventa passione è possibile la conoscenza». Pensava così anche Gramsci. Ci ha insegnato così anche il movimento delle donne e il femminismo. Dovremmo averlo imparato.
Gli scogli ci sono, è evidente: un processo di costruzione dell'unità non è indolore. Il tema del rapporto con i movimenti, la questione del governo, devono essere affrontati, sono problemi reali, anche difficili. Ma voi avete accumulato saperi, esperienze per poterli affrontare. Per avere assunto - e io credo sia forse l'esperienza più importante di questa comunità - il rapporto con i movimenti come il terreno fondamentale del lavoro politico e della rifondazione. Cambiano i corsi dei movimenti e cambiano i corsi della politica, ma questo è un paradigma della politica del futuro.
Questa comunità ha costruito un rapporto anche con l'esperienza di governo come possibilità, come scelta, non come obbligo, ma come operazione politica da sperimentare e da verificare. Ora lo vediamo che questi sono grandi problemi, sono problemi non risolvibili una volta per tutte, ma credo che si risolvano meglio tanto e quanto più si è forti.Solo se un soggetto politico a sinistra risulterà forte, ampio, plurale, ci sarà la possibilità di connettere ai movimenti e ai conflitti la rappresentanza politica. E solo se rinasce nella politica, se risorge il tema della trasformazione della società questa connessione potrà diventare di lungo periodo.
Il tema che sta di fronte alle sinistre è nientemeno che il socialismo del XXI secolo. Tema difficile, impegnativo, ma a cui possono lavorare per la situazione in cui siamo, per la natura della globalizzazione e per le domande che crescono nella società, forze che vengono da storia comunista, socialista, democratico-radicale, di cattolicesimo sociale, nuove culture di movimento, avendo già incontrato tutte queste, le grandi culture del femminismo e dell'ecologismo critico.
Una nuova forza politica si costruisce, plurale, unitaria, grande se alla base c'è una cultura politica forte e una pratica politica riformata. La Sinistra Europea è una preziosa esperienza. Ci ha fatto incontrare forze politiche diverse in diversi paesi europei. Abbiamo imparato a non giudicare. Abbiamo imparato a poterci aspettare delle sorprese anche laddove non era prevedibile secondo la logica di un processo lineare. Chi, cinque anni fa, avrebbe pensato alla possibilità di una unificazione nella Die Linke in Germania, tra i comunisti della Pds che venivano dall'esperienza storica della Germania dell'Est, un sindacalismo radicale come quello della Wasg e uno dei leader più importanti della socialdemocrazia tedesca come Oskar Lafontaine. Come può accadere un fatto così? Accade perché si coglie l'opportunità di una congiuntura politica e in quel momento la pratichi e la realizzi.
Ora, questa cultura politica è alla portata dell'esperienza che voi state compiendo. E una pratica politica riformata è quella che può consentire di combattere l'imbarbarimento che avviene anche nella società. Preziosa esperienza quella della Sinistra Europea che ci ha insegnato che l'Europa non è politica estera. L'Europa è la politica, l'Europa è il campo in cui la Sinistra Europea cresce e vive oppure muore. L'Europa è ormai il terreno quotidiano dell'azione politica. Ed è il terreno su cui stiamo imparando che oggi Germania, Francia, Italia, il grande cuore dell'Europa continentale, hanno di fronte a sé gli stessi problemi.
Credo che noi possiamo affrontare questi temi investendo tutto il patrimonio accumulato e mettendolo in un campo aperto. L'obiettivo di un soggetto plurale e unitario della sinistra in Europa e in Italia è irrinviabile. I modi per l'unità sono conosciuti. Una vasta gamma di opportunità si aprono sempre nel processo unitario. E' inutile pensare di mettere il carro davanti ai buoi, bisogna cominciare. Per imparare a nuotare bisogna buttarsi in acqua, bisogna promuovere cioè un processo. Gli strumenti, le modalità sono conosciuti. Pensate al sindacato che li ha sperimentati: l'unità d'azione, la discussione sull'unità organica, grandi processi federativi come quello che ha reso grande l'Flm in un rapporto in cui si scombinavano l'unità di organizzazioni in cambiamento e la nascita di nuovi soggetti come i delegati. E non si dica che i delegati non ci sono: si possono costruire nel territorio forme partecipate autonome di vita democratica della nuova sinistra.
I tempi e i modi in certi periodi sono decisivi. Insisto sulla natura della sfida, quella di ridare una prospettiva al cambiamento, all'efficacia dell'azione collettiva e politica. Abbiamo tante domande, tante sollecitazioni critiche e tanta difficoltà a raccoglierle. La costruzione di una cultura politica per incidere nel senso comune delle popolazioni è un terreno importante quanto il movimento e il conflitto. Non meno.
Si riaffaccia di fronte alle sinistre in Europa, come tema ineludibile, il tema dell'egemonia, cioè della possibilità di cambiare in corsa le culture dominanti. Lo sappiamo, al fine la contesa sarà decisa dai rapporti sociali e in essa il lavoro torna già oggi ad acquisire un peso forte, un segno. Ma c'è il problema di come aprire uno spazio politico affinché queste domande, questi bisogni diventino organizzazione del cambiamento della società. Si tratta di aprire uno spazio politico perché possano riprendere fiducia per affermarsi. Non ce la farebbe la sinistra, neppure se facesse un buon sindacalismo di sinistra. Non ce la può fare la sinistra soltanto picchettando, come necessario e giusto, le rivendicazioni dei lavoratori e del sindacato. Non c'è nessun economicismo che possa fronteggiare la bisogna. Senza una cultura politica che incida sul senso comune le buone ragioni diventano impraticabili. E questo non te lo puoi permettere perché questo riapre un circuito di crisi della politica e di distacco dei lavoratori. Vincono i fontamentalismi a quel punto. Al rapporto destra-sinistra si sostituisce quello tra amico e nemico, e il nemico può essere chiunque, anche quello di cui avresti bisogno per cambiare la società. Il populismo divorerebbe le carni delle grandi popolazioni, come in parte sta già avvenendo, e la minaccia si farebbe in termini di un conflitto tra coloro che invece dovrebbero essere alleati.
La Sinistra Europea può essere l'occasione per cambiare tutto ciò. Un passo cifrato lo state facendo, altri e più decisi passi vanno fatti. Credo che dobbiamo anche cogliere la lezione della Sinistra Europea non come il termine di un cammino da consolidare, ma come l'apertura di una porta da spalancare verso la costruzione di una sinistra più ampia, plurale, forte in Europa e in Italia. Voi venite da un'esperienza che credo ci proponga una lezione buona che possiamo avere imparato insieme. Questa comunità si è aperta e ascoltata, anche nei momenti difficili, e ha ascoltato anche storie lontane che a qualcuno sembravano elementi folcloristici e invece abbiamo ascoltato e abbiamo imparato che nello zapatismo viveva un annuncio che poi sarebbe diventato forte nei grandi movimenti del mondo, nel movimento dei movimenti.
E abbiamo ascoltato con umiltà, quando l'esperienza e il movimento ce lo ponevano, padri di culture diverse come quelle della nonviolenza, che io continuo a pensare essere una delle chiavi di volta delle nuove sinistre in Europa. Come un'idea di critica del potere, di partecipazione, di rifiuto della delega e anche di correzione dei nostri linguaggi e delle nostre culture da cui andrebbero espunte in partenza gli elementi di offesa e di violenza.
La sinistra in Europa è a un passaggio stretto, anche drammatico, ma proprio l'ostacolo gli consente il salto perché glielo propone come un aut-aut. Penso che la Sinistra Europea debba aprirsi a un confronto con tutte le sinistre, con tutte, con tutti coloro che quale che sia il nostro giudizio si considerano di sinistra, senza muri, senza sbarramenti né a sinistra né nei confronti delle componenti moderate che stanno in questo campo perché anche nei confronti del partito della Sinistra Europa invece di avere un atteggiamento separato va condotto un atteggiamento di confronto ravvicinato e di sfida per chiederci insieme se esiste un destino comune delle sinistre per quanto tra loro diverse in Europa. E dentro questo confronto far crescere un processo unitario della sinistra di alternativa.
Nel cuore dell'Europa continentale Germania, Francia e Italia - lo ripeto - stanno allo stesso punto, uguale è il rischio di sradicamento della sinistra. Guardiamo il voto nel Nord Italia e non è il voto, come si dice, in una zona particolarmente ricca o nella locomotiva del paese, è il voto di un luogo strategico, come in altri luoghi strategici in Europa, dove la sinistra rischia di essere cancellata. E allora bisogna avere il coraggio di intraprendere l'impresa. Credo che non ci si debba chiedere prima come andrà a finire e neanche ci si debba chiedere prima come dovrà essere il disegno preciso di questa sinistra di alternativa. Sarà quello che ne faranno i partecipanti, la gente che deve essere messa democraticamente nella condizione di organizzare il suo futuro politico. I tempi non consentono rinvio. Il compito è difficile, molto difficile. Ma se vi posso fare un invito credo che le necessità siano due. E voi sapete benissimo quanto siano difficili da tenere insieme, ma penso che se si scegliesse tra le due ci si condannerebbe alla sconfitta. Le esigenze sono: primo, fare fatti politici nuovi a sinistra, visibili e significativi che incoraggino i popoli dispersi delle sinistre a dire riprendiamo insieme il cammino; secondo, proseguire insieme la ricerca per la rifondazione della cultura e della prassi per la trasformazione della società capitalista. Queste due esigenze possono essere tenute insieme. Voi che siete impegnati nel lavoro politico di ogni giorno, che è la vera fonte di insegnamento della politica, sapete certamente molto meglio di me cosa fare e come farlo. Vi invito soltanto a farlo, fatelo tutti insieme, uniti. Resi solidali nei gruppi dirigenti nel partito anche dalla difficoltà e dall'ambizione del compito che possono essere buoni consiglieri per realizzare nella fraternità e nella solidarietà quest'avventura comune.
Buona fortuna.

Fausto Bertinotti
Roma, 17 giugno 2007
da “Liberazione”