Ho letto che anche alcuni autorevoli rappresentanti della sinistra di alternativa hanno commentato
positivamente il discorso tenuto da Veltroni al Lingotto.
Personalmente non vi trovo proprio nulla di positivo. Il sindaco di Roma associa una indubbia capacità mediatica
e di intessere relazioni ad una posizione presidenzialista e maggioritaria che è molto diversa
dalla nostra. Inoltre è completamente cancellato dal suo impianto politico-culturale qualsiasi
aggancio al movimento operaio. La critica, rivolta ai sindacati, di occuparsi poco dei giovani, che
in astratto potrebbe essere condivisa, calata nel contesto del suo ragionamento complessivo, si trasforma
in un evidente attacco a quella parte del sindacato, in particolare la Fiom, che in questi anni ha
contestato la tesi che, per lottare contro la precarietà, bisogna ridurre i diritti dei lavoratori
occupati e peggiorare il sistema previdenziale pubblico.
Infine è desolante che in un discorso di oltre novanta minuti il futuro leader del partito
più
importante del centrosinistra non abbia sostanzialmente parlato della politica estera, non abbia
detto una parola contro la guerra, non abbia criticato l'operato dell'amministrazione Bush.
Stanti così le cose, sarà assai problematico trovare una intesa con Rifondazione Comunista
e più in generale con le forze della sinistra di alternativa.
Per parte nostra, di fronte a questa accelerazione del partito democratico, penso che l'errore più grave
che potremmo commettere sarebbe pensare di risolvere i nostri problemi facendo un unico partito della
sinistra che alle elezioni presenti un'unica lista.
Questa proposta, avanzata esplicitamente da Alfonso Gianni e sostenuta di fatto da Fausto Bertinotti
con il suo intervento alla assemblea della Sinistra Europea, costituisce a mio parere una fuga dalla
realtà, un'ennesima mossa del cavallo ancora una volta sbagliata. Così come la Sinistra
Europea (e noi di Essere Comunisti lo avevamo previsto) non è stata una proposta capace di
aggregare tutta la sinistra di alternativa, oggi la proposta del partito unico è irrealizzabile
e, paradossalmente, la proposta meno unitaria che si possa mettere in campo. Infatti se costringiamo
in un unico partito forze politiche che hanno riferimenti internazionali diversi e, tanto per fare
un esempio, una concezione delle alleanze e del governo diverse, non andremo da nessuna parte. Al
contrario, siccome dell'unità c'è bisogno come il pane, occorre - realisticamente -
costruire quella possibile.
E allora partiamo dai contenuti e non dai contenitori. Costruiamo una aggregazione che, salvaguardando l'autonomia delle rispettive forze politiche, concretizzi un'unità d'azione sulle cose da fare. Noi avanzammo una tale proposta sin dal 2003, dai tempi del referendum per l'estensione dell'articolo 18; ma essa venne affossata poiché non si voleva costruire, a differenza di oggi, alcuna relazione stabile con i Comunisti Italiani. Se ci fossimo posti da allora su questa strada, se non avessimo respinto tutte le proposte unitarie venute avanti successivamente, come la camera di consultazione di Asor Rosa, forse saremmo riusciti a pesare di più nella stesura del programma dell'Unione. E, successivamente, in sede di dibattito sulla Finanziaria, avremmo potuto strappare qualcosa di meglio. Ciò che si sta facendo in questi giorni - prima con l'assemblea dei 150 parlamentari, poi con la lettera dei quattro ministri - è la strada giusta da seguire e da rendere permanente. Si tratta di partire da una piattaforma comune, con cui cercare di imprimere, finalmente, una svolta all'azione di questo governo. I temi sono quelli sui quali già in questi mesi abbiamo costruito assieme iniziative: abolizione dello scalone e aumento delle pensioni basse, lotta alla precarietà a partire dal superamento della legge 30, impegno comune perché non si realizzi la nuova base Usa di Vicenza, abolizione della Bossi-Fini e approvazione dei Dico. Partiamo da qui, costruendo unità e movimento su questi temi.
Per Rifondazione Comunista percorrere questa strada
è essenziale. Il risultato negativo delle elezioni amministrative, il disagio che abbiamo
toccato con mano davanti alle fabbriche, l'errore compiuto il 9 giugno con il sit-in in piazza del
popolo, sono tutti aspetti che ci parlano di un partito in difficoltà, che sta soffrendo tremendamente
questo rapporto con il governo.
Il fatto positivo è
che da alcuni mesi, in particolare dalla conferenza di organizzazione di Carrara, si è aperta
una fase nuova nella dialettica interna a Rifondazione Comunista. Si è finalmente accantonata
la logica maggioritaria del prendere o lasciare, sono stati proposti documenti emendabili e, il testo
finale, è stato scritto collegialmente, tenendo conto delle diverse posizioni.
Per quanto ci riguarda, come area Essere Comunisti, non possiamo che salutare positivamente il fatto
che il gruppo dirigente abbia nettamente affermato alcuni punti che noi sosteniamo da tempo e cioè che
: 1) la politica unitaria non significa il superamento di Rifondazione Comunista, 2) con il governo
bisogna cambiare passo, aprire un'offensiva sul risarcimento sociale e non dare per scontato il nostro
consenso.
Riteniamo che su queste basi, pur rimanendo su alcune questioni posizioni diverse sulle quali è giusto
continuare il confronto, si possa costruire un congresso di confronto vero, che superi in positivo
le lacerazioni del passato.