Come superare la frammentazione della sinistra

Diliberto: “Basta con le solite facce”

Aria fresca, nuova, pulita - spiega Diliberto - si immette nel nuovo corpo della sinistra senza aggettivi con regole semplici ma chiare: “un limite per generazione ed uno per genere ed elezioni, non più per cooptazione, ciascuno deve rappresentare qualcosa”. Un sistema per cui ciascuna formazione perde un pezzo di sovranità

Determinazione, “dobbiamo fare in fretta, entro l'autunno” e coraggio “ci vogliono gruppi dirigenti nuovi per generazione e genere”, non gli mancano, come il parlare chiaro, “la sinistra democratica deve decidersi, dire quel che vuole fare”. Se poi gli chiedi di passioni ed emozioni, la risposta è pronta: “sono alla base della sinistra senza aggettivi: vanno recuperate se si vuole rinnovare e salvare una sinistra in crisi”.
Oliviero Diliberto, 51 anni, docente universitario di diritto romano, è il segretario politico del Pdci ma forse i suoi pensieri sono più direzionati al nuovo “soggetto politico” che dovrà amalgamare e ricomporre la frammentazione a sinistra del Partito Democratico e del suo leader, Walter Veltroni.

“A Veltroni faccio tanti auguri. Lui interpreta unitariamente le diverse anime del Pd al di là dell'appartenenza ai singoli partiti: ma noi dobbiamo puntare ad una figura altrettanto carismatica, rappresentativa, capace di tener assieme le tante anime e tante sensibilità della sinistra diffusa e larga”, nota subito Diliberto buttando lo sguardo alla finestra dove sventola la bandiera della Pace.
Anche il suo studio al terzo piano di uno stabile al centro di Roma con l'affaccio sull'Ara Pacis è in fase di ristrutturazione. E, se c'è, questa figura altrettanto carismatica, rappresentativa, capace di compattare quanto è oggi frammentato, potrebbe essere Fausto Bertinotti, il Presidente della Camera? “Fausto? E perché no? - risponde Diliberto - Va benissimo”. La risposta però va completata e sostanziata. “Io con Fausto non ho mai, e sottolineo mai, avuto brutti rapporti, ho sempre tenuto un filo di legame con lui, tanto che i toni delle polemiche che pure ci sono state non si sono mai esacerbati, acuiti”.
Se si andasse allora a caccia di residui di rivalità personali al loro posto oggi si troverebbero altre 'cose' anche comuni: le passioni da far prevalere sulla ragione per avere la conoscenza, la voglia di fare presto una soggettività nuova e l'attenzione a ‘salvare’ quanto di ‘sinistra’ è possibile oggi nel Governo di centro-sinistra. “Bisogna cambiar rotta, imprimere una sterzata netta al Governo verso sinistra”, afferma l'esperto, lo studioso di diritto romano. Perché, “il rischio è che a prevalere siano i Poteri forti, che ci sono in Italia e possono prendere il sopravvento: la Confindustria di Montezemolo, il Vaticano e le gerarchie ecclesiastiche, l'Ambasciatore degli Usa e la politica di Bush”. E la lettera scritta da quattro ministri (Ferrero, Mussi, Pecoraro Scanio e Bianchi) al Premier Romano Prodi per chiedere più collegialità e rispetto del Programma dell'Unione, è “un atto che va in questa direzione - spiega Diliberto - rispetto del Programma, altro che estremismo...”. La trappola è sempre lì pronta a scattare per ‘chi' stuzzicato, provocato, fa saltare il banco, il Governo, magari con un voto contrario (vedi Turigliatto e Rossi) e passa poi per irresponsabile o irriducibile.

“E' il solito vecchio giochetto: siamo supervaccinati”, assicura sornione Diliberto. “Ciascuno di noi non deve restare chiuso, barricato nel proprio 'particolare' - precisa ritornando sulla nuova sinistra senza aggettivi - coltivare la sua nicchia: così avremo una forza che potenzialmente nel paese c'è ma divisa e delusa, per cui ci sono da fare due cose subito”.
Le dica, segretario, visto che è questo ciò che le preme di più. “La prima: perseguire con tenacia e determinazione l'unità per fare una sinistra senza aggettivi. Qualunque aggettivo chiude e non apre. Nessuna abiura e ognuno quindi con la propria identità; la seconda: cambiare il modo di far politica mediante un profondo rinnovamento dei gruppi dirigenti sia istituzionali che di partito, a cominciare - sottolinea - da me stesso, introducendo i criteri della temporaneità e della rotazione per cui saltano, anche a sinistra, i ceti politici inamovibili ed intoccabili che si autoriproducono”. A scanso d'equivoci, Diliberto chiarisce: “sono stato alla costituente di Sinistra Europea, ho dato un'occhiata alla platea, beh sono sempre le stesse facce da trent'anni in qua: ci vuole aria fresca e nuova, altrimenti....”. Un po' di refrigerio c'è qui al terzo piano, grazie ad un condizionatore. “Aria fresca, nuova, pulita - aggiunge - si immette nel nuovo corpo della sinistra senza aggettivi con regole semplici ma chiare: un limite per generazione ed uno per genere”. Ergo, giovani e soprattutto donne. “Noi abbiamo cominciato dando il 50% all'altra metà del cielo: a quanto pare la cosa ha funzionato e - evidenzia Diliberto - questo deve valere anche nella nuova sinistra senza aggettivi”.

Giovani e donne, sì ma come si diventa gruppo dirigente? “Giusta osservazione - risponde - è semplice: elezioni, non più per cooptazione, ciascuno deve rappresentare qualcosa”. Quindi come ha proposto Bertinotti mutuando lo schema della vecchia Flm: tutti elettori e tutti eleggibili? “Completamente d'accordo: chiunque si riconosce in questa sinistra senza aggettivi s'accomodi, presenti la sua candidatura, si organizzi per esser votato e se riporta voti diventa dirigente: un sistema per cui ciascuna formazione perde un pezzo di sovranità”. Come dire, finirebbe la tendenza ad esser ‘primo’' o tra i primi in un partitino, per essere uno dei tanti in un soggetto politico più grande. “Esattamente: la frammentazione non è vincente, disperde solo energie e vitalità, chiosa Diliberto. Vede io sono comunista e nessuno mi può chiedere di non esserlo più e al tempo stesso resto comunista ma in una sinistra senza aggettivi e lavoro per il suo successo”, precisa ancora Diliberto che nel vecchio Pci ebbe come riferimento il 'migliorista' Giorgio Amendola. “Altri tempi: oggi dobbiamo rispondere ad una crisi drammatica per cui non chiederò a nessuno ‘tu cosa sei' ed in base alla risposta dico 'si' o no', mi interessa solo che dica 'voglio esserci pure io' e la risposta è 'accomodati'”.

“Poi il confronto, la dialettica, farà il resto: voglio dire che dobbiamo costruire contenitore e contenuti tutti insieme senza usare - ripeto - aggettivi che diventano saracinesche che non fanno entrare aria fresca e nuova e quindi ciascuno deve rimettersi in gioco per poter dialogare con l'esterno, con tutti e soprattutto, penso, con i giovani”. L'obiettivo è raggiungere gruppi e singoli, associazioni e organizzazioni sociali... “Quando sento i giovani che gridano un altro mondo è possibile mi tornano in mente gli slogan che gridavamo noi trent'anni fa: sono identici, ma forse con una differenza non trascurabile, allora imperava il '68 oggi no. Voglio dire che non è necessario esser marxisti per gridare un altro mondo è possibile: se ciò accade è perché c'è un cuore, ci sono cuori offesi da ingiustizie, da diseguaglianze, da disparità sociali che attendono ancora risposte e soluzioni”. Intercettare il malessere vero e profondo, dunque, e saper rispondere. “E qui entrano in gioco le passioni, le emozioni forti e collettive, entra in gioco l'entusiasmo, la voglia di cambiare - conclude Diliberto - E allora se un aggettivo alla sinistra vogliamo mettercelo, diciamo: passionale”.

Carlo Patrignani
Roma, 29 giugno 2007
da “Left”