Le dichiarazioni del presidente Amato sull'eccessiva spesa sanitaria delle regioni e sulla necessità di fare intervenire i privati, meritano qualche considerazione.
Veniamo a volte accusati di essere ideologici quando affermiamo che un sistema sanitario pubblico è migliore di quello privato sia dal punto di vista della spesa che da quello dell'efficacia delle prestazioni. Fa invece dell'ideologia chi legge un dato senza interpretarlo, saltando dei passaggi e arrivando a conclusioni preconcette.
Inutile sottolineare che questa è la tesi di Formigoni e della regione Lombardia e che ripresa in questa da un esponente più che autorevole della parte avversa un poco sconcerta, ma lasciamo stare e vediamo di cercare la verità.
La spesa sanitaria pro-capite dei paesi a Ssn è inferiore a quella dei paesi a AsdM. Calcolata nei primi paesi aveva rispettivamente nel 1960, 1980, 1997 i seguenti valori in dollari costanti 227, 811, 1374 mentre gli altri avevano: 380, 1326 e 2082.
Il bello è che secondo gli indicatori noti (riduzione della mortalità generale, riduzione della mortalità infantile, riduzione della mortalità perinatale, riduzione della mortalità materna, aumento della speranza di vita alla nascita), non vi sono grandi differenze. Chi ha speso di più non ha ottenuto risultati gran che migliori di chi ha speso di meno in un contesto diverso e più pubblico.
Fare entrare i privati nel sistema sanitario (che peraltro ci sono già) non ha molto senso, perché i privati non entrano gratis; non solo vogliono che le prestazioni che forniscono vengano pagate, ma devono avere un profitto.
La spesa aumenta e non diminuisce come del resto si dimostra nei sistemi sanitari quasi totalmente privati come quello degli Usa.
Ma la proposta di Amato (e di Formigoni) è meno stupida di quanto sembri, perché l'intervento dei privati significa un aggravio di spesa per i cittadini.
In pratica i cittadini oltre a pagare con la contribuzione, i ticket (fino a quando ci saranno), dovranno accollarsi altre spese dirette o indirette.
In Italia la spesa sanitaria attuale pubblica raggiunge il 5,7 per cento del Prodotto interno lordo (Pil), quella privata è del 2 per cento, grava cioè per circa il 30 per cento di tutta la spesa ed è attribuibile in gran parte a cittadini che si rivolgono a strutture private o addirittura a strutture pubbliche a pagamento usando l'istituto della libera professione, perché il pubblico risponde in modo inadeguato o insufficiente ai bisogni di salute.
Sicuramente, nemmeno va trascurata una certa spesa indotta, scientificamente non giustificata, che comunque non è prevalente.
La spesa sanitaria è troppo bassa. Le scoperte tecnologiche in medicina che hanno avuto un grande sviluppo e continuano ad averlo finiranno per discriminare gli utenti secondo il reddito, perché il servizio sanitario non sarà in grado di rispondere a tutti nello stesso modo.
Non solo, ma quelle che sono considerate le fasce marginali della sanità, come gli anziani cronici, i malati psichiatrici, i tossicodipendenti, nonché tutto ciò che riguarda il tema della prevenzione, dall'igiene pubblica alla medicina del lavoro e alla veterinaria affinché vengano rafforzate. Ci dobbiamo battere perché progressivamente alla sanità venga assegnato il 10 per cento del Pil.