«Più soldi ai padroni della sanità privata, meno cure per tutti».
«Precarizzazione vuol dire cattiva assistenza».
«Speriamo che me la cavo».
Questi i cartelli dei manifestanti che ieri mattina hanno picchettato
l'entrata principale del San Camillo. Centinaia le persone che nel corso
delle ore si sono fermate al gazebo montato da Rifondazione comunista
per chiedere informazioni e raccontare storie di ordinaria precarizzazione.
Infermieri, ausiliari, medici e familiari di pazienti ricoverati nel
nosocomio romano alle dieci e mezza avevano già riempito lo slargo che
s'affaccia sulla Circonvallazione Gianicolense in attesa dell'arrivo
del segretario del Prc Fausto Bertinotti.
Lavoro e cure a rischio
Ai cancelli del San Camillo c'è grande preoccupazione tra gli infermieri
e gli ausiliari per le politiche sanitarie nazionali e della regione Lazio.
«Sto preparando gli ultimi documenti per la domanda di passaggio al San
Camillo che per il momento resta pubblico» spiega Loredana Cimini, ausiliaria
al Lazzaro Spallanzani, uno dei quindici Istituti italiani di ricovero
e cura a carattere scientifico (Irccs) che nei disegni governativi ha
un futuro in mano ai privati, quelli che entreranno con la trasformazione
di queste strutture altamente specializzate in fondazioni.
«Prima o poi capita a tutti di frequentare gli ospedali come pazienti.
Senza più le strutture pubbliche, con i tagli dei posti e delle prestazioni
coperte dal fondo sanitario nazionale, che fine faranno le persone anziane,
chi si prenderà cura dei pensionati e dei malati cronici, dei dializzati
o dei tossicodipendenti? Questa è una politica che fa comodo solo al profitto.
Invece bisogna proteggere e riqualificare i servizi pubblici altrimenti
accadrà che chi non potrà pagare potrà solo aspettare di morire» interviene
Giuliano Vurzi, infermiere dal '73.
E si fanno avanti anche i lavoratori del centro nazionale di trasfusione
della Croce rossa di via Ramazzini: «Il tando atteso piano sangue della
regione Lazio non ci prende neanche in considerazione, ci toglie il lavoro
senza neanche spiegarci che cosa faremo» raccontano Marietta e Anita.
Nei fatti: «Il tanto atteso piano sangue approvato dalla giunta regionale
emargina il centro nazionale di trasfusione (Cnts) della Croce rossa,
ente pubblico senza scopo di lucro, trasferendo prelievo e lavoro del
plasma alle Asl, senza spendere una parola sui compiti futuri della struttura.
Che fine farà? Che ne sarà del patrimonio dei donatori che la Croce Rossa
ha? Che ne sarà dei lavoratori?» si domanda Domenico Lugarà, rappresenante
nazionale Cri-Fp/Cgil, annunciando le richieste dell'assemblea dei lavoratori
e delle lavoratrici di via Ramazzini e la prossima manifestazione sotto
la sede della regione.
E Giovanna Coni del forum delle donne del Prc è arrivata per denunciare
un'altra mina del “governatore” regionale Francesco Storace: «Scaricare
sulla famiglia il peso dei congiunti malati. La legge in discussione per
gli aiuti socio-assistenziali alle famiglie è quanto di più pericoloso
Storace potesse pensare: introduce il riconoscimento del feto come avente
diritti ed esclude le famiglie di fatto».
La battaglia del Prc
«Spesa sanitaria a carico di tutta la nazione attraverso il prelievo fiscale
progressivo, indipendentemente dal fatto che si sia malati, e un servizio
pubblico che garantisca a tutti la prevenzione e la cura oltre all'abolizione
dei ticket e all'assunzione di nuovi infermieri».
Questa la battaglia per la sanità illustrata dal segretario di Rifondazione
Fausto Bertinotti, subito dopo l'intervento di Paolo Ferrero, responsabile
del partito per le questioni sociali, che ha sottolineato come «il Prc
non sia difensore del sistema così come è, perché non funziona: il pubblico
va fatto funzionare meglio» e l'apertura della conferenza stampa di Paolo
Carrazza, segretario romano del Prc.
«I malati - spiega Bertinotti ai cancelli del San Camillo - sono spesso
costretti a pagare le spese sanitarie e lunghe attese. Tutto questo è
il prodotto della scelta del peggiore dei modelli: quello nordamericano.
Basta pensare che il paese più ricco del mondo, con una spesa sanitaria
tra le più alte, dà uno dei più bassi risultati dal punto di vista della
prevenzione e della cura, lasciando 45 milioni di persone senza assistenza
e rendendo costose le cure.
Questo modello è considerato ormai da tutti fallimentare e perseguire
questa strada è disastroso. L'Italia aveva una buona tradizione che invece
viene smantellata». E il segretario di Rifondazione ricorda «le promesse
tradite di quella grande stagione che doveva conquistare un servizio sanitario
in grado di dare prevenzione e cura a tutti: noi l'abbiamo conquistato
e i democristiani l'hanno gestito, poi abbiamo imparato che anche i non
democristiani gli assomigliavano, così hanno disgregato le conquiste fondamentali.
Oggi i malati sono di fronte a servizi inefficienti e questo disagio viene
strumentalizzato per andare verso il privato».
E la mobilitazione vuole «concorrere a riportare alla luce grandi questioni
rese invisibili. In forma diversa, con diversa forza facciamo oggi sul
terreno della sanità quello che i lavoratori e i metalmeccanici hanno
fatto con lo sciopero indetto dalla Fiom.
Si potrebbe dire che la civiltà politica di un paese si misura dal suo
sistema sanitario».
Bertinotti chiude ricordando il sottile filo antisociale che ha legato
diversi governi «da quello Amato, oggi così di moda, fino a Berlusconi,
con la parentesi discutibile ma interessante della Bindi, ha portato ad
un aggravamento delle disuguaglianze ed una caduta della protezione per
le fasce di malati più deboli».
E sulla scia degli interventi dei lavoratori in lotta il ministro alla
sanità Girolamo Sirchia, per non smentire la linea dei suoi predecessori,
annuncia «lo studio dell'introduzione dei ticket in pronto soccorso per
le false urgenze»: chi applicherà i criteri discriminanti?