Il 2 settembre 1969 il primo collegamento: nasceva Internet

Da progetto del Pentagono a rete di comunicazione mondiale

Pprende sempre più piede l’idea che, rispetto a quei danni, i rischi del nucleare per fughe di radiazioni e per le scorie che non si sa dove mettere rappresentino un male minore

Dall'alta tecnologia militare al commercio telematico, di acqua ne è passata sotto i ponti. Nei suoi primi trentacinque anni compiuti ieri, internet si è evoluta ben oltre le aspettative dei suoi stessi ideatori che non immaginavano di certo che la rete sarebbe diventata luogo d'incontro e di rimorchio, strumento di speculazione borsistica e di propaganda terroristica. Né, presumibilmente, si aspettavano che nel 2004 seicento milioni di persone nel mondo l'avrebbero preferita al telefono e alle poste come mezzo di comunicazione privato.

Comunicare dopo la bomba

Ufficialmente internet nasce il 2 settembre del 1969 in un laboratorio della University of California, quando Lein Kreinrock e due studenti, Stephen Crocker e Vinton Cerf, collegarono per la prima volta due computer. La ricerca, commissionata dal Pentagono, aveva lo scopo di individuare un sistema di comunicazione innovativo e decentrato capace di sopravvivere a un attacco nucleare.

Per circa vent'anni internet rimase saldamente nelle mani dei militari. La rete sviluppò nella più assoluta segretezza i suoi strumenti base: la posta elettronica, che risale ai tardi anni '70, e il protocollo di comunicazione TCP/IP. Solo nell'89, quando al Cern di Ginevra venne dato vita al world wide web, si comprese che internet sarebbe potuta diventare uno strumento di uso comune. La flessibilità dell'ipertesto globale, appunto il world wide web, trasformerà una tecnologia complessa in un sistema semplice, alla portata di tutti gli utenti e degli economici personal computer.

Oggi, mentre i militari continuano a lavorare alle nuove generazioni di internet, la rete continua a dare vita a possibilità comunicative sempre più maneggevoli. Ultimi in ordine di apparizione sono i blog (neologismo che sta per "Web-Log" ovvero "appunti di navigazione"), in sostanza il modo più semplice e rapido per pubblicare materiale in rete a costo zero. Veri e propri diari telematici in tempo reale, i blog stanno sostituendo rapidamente le vecchie home page e costituiscono terreno di caccia dei giornalisti in cerca di notizie non addomesticate.

Informazione a basso costo, quindi, decentrata e sottratta al controllo dei media ufficiali. E' abbastanza per rendere internet luogo di scontro fra chi lotta contro le leggi del copyright, come i fautori del software libero, e le grandi corporations dell'informatica o della comunicazione che reagiscono sponsorizzando normative sempre più spietate contro la pirateria. Non a caso, nel dicembre del 2003, il Senato degli Stati Uniti (paese che, con i suoi 160 milioni di utenti è al primo posto per numero di connessioni) ha approvato una legge che inasprisce le pene per i colpevoli di reati informatici. Preoccupate dalla progressiva erosione del diritto d'autore a causa degli scambi di video e canzoni, le major di tutto il mondo stanno portando avanti una lotta senza quartiere contro la pirateria e contro l'uso libero dei sistemi peer-to-peer, programmi sviluppati per scambiarsi file video o musicali.

Ma il controllo è reso problematico dalla natura stessa del mezzo e dalle esigenze del suo impiego commerciale che vogliono la rete sempre più veloce e dinamica. Si lavora già alla creazione di canali dedicati alle applicazioni "più pesanti", come le video-conferenze, per non intasare i nodi della rete attraverso i quali passano le e-mail e gli acquisti on-line. E' la premessa del sistema Internet2, cento volte più veloce delle attuali connessioni a banda larga, già utilizzato dai ricercatori.

Democrazia o esclusione?

Si può dire che il movimento antiliberista internazionale sia cominciato proprio con internet, o meglio con una e-mail lanciata dal fitto della Sierra Lacandona da un certo Marcos nel tentativo di impedire l'ennesimo massacro di indios chapanechi. Da allora sono passati dieci anni durante i quali il web è diventato terreno di conquista per le grandi aziende mentre cresceva la capacità tecnologica e la coscienza politica degli internettiani. Oggi il movimento globale sarebbe impensabile senza la posta elettronica, la controinformazione telematica, i pirati informatici in grado di pescare segreti scomodi all'interno dei computer delle aziende o degli apparati militar-industriali e senza quella particolare modalità di relazione e di organizzazione che la prassi orizzontale della rete, per essenza non gerarchica, sta rapidamente diffondendo. Anche chi non sa niente di internet non può non rimanere colpito dalle innumerevoli realtà - e competenze, e potenzialità, e strategie di lotta - che la connessione planetaria ha portato alla luce. Del resto alcune delle vittorie storiche del movimento - dal fallimento dei Wto di Seattle e di Cancun, alla sconfitta delle multinazionali farmaceutiche in Sudafrica - sarebbero state impensabili senza la possibilità di condividere le informazioni in tempo reale e, al contempo, di aggirare la censura globale che i media impongono sulle questioni calde, dalle dighe alle prospezioni petrolifere, dalla repressione poliziesca ai disastri ambientali. Senza l'accesso al web gli sfollati della valle del Narmada, così come gli indios amazzonici in lotta contro gli oleodotti, i disertori americani in fuga dall'Iraq o i refusnik israeliani in fuga dai Territori occupati, non avrebbero avuto alcuna possibilità di far sentire la propria voce.

Siamo alla "rivoluzione della democrazia diretta" fantasticata da Nicolas Negroponte nell'ormai datato Essere digitale? Andiamoci piano. Tanto per cominciare internet è ancora prevalentemente appannaggio di una ristretta minoranza di persone. Come venne fuori da un rapporto redatto in tempi di estremo ottimismo telematico dall'Undp, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di sviluppo umano, la rete è contemporaneamente sia uno strumento di democratizzazione che la cifra stessa dell'esclusione. Nel 1998 i paesi industrializzati, con meno del 15% della popolazione globale, vantavano già l'88% dei connessi mentre i soli Stati Uniti ospitavano già allora più del 50% dei navigatori globali. Difficile che sia cambiato qualcosa visto che, ancora oggi, metà della popolazione mondiale non ha accesso all'elettricità o al telefono, figuriamoci a un computer. La "società della rete" ha creato un sistema di comunicazione parallelo che fornisce informazioni complete, a basso costo e ad alta velocità ma taglia fuori gli altri, aumentando il divario che separa i due mondi. Il sistema, insomma, ha dato sempre più vantaggi competitivi a chi di vantaggi ne aveva già in partenza, tagliando drasticamente fuori dalla corsa chi era partito svantaggiato.

In secondo luogo bisogna sottolineare che è proprio la vocazione orizzontale, democratica e antagonista della rete a trasformarla in un luogo di aspro conflitto, conflitto che non può essere aggirato - come sempre sperano gli intellettuali americani - semplicemente ricorrendo all'ennesima innovazione tecnologica.

Sabina Morandi
Roma, 3 settembre 2004
da "Liberazione"