Riforma Moratti

LA DANZA MACABRA IN QUATTRO MOVIMENTI E’ SEMPRE PIU’ MACABRA

Decine di migliaia di posti di lavoro in pericolo: ecco come

In un precedente articolo intitolato “Danza macabra in quattro movimenti” avevo ipotizzato la perdita di posti che si sarebbe verificata con la riforma delle secondarie superiori prevista dalla legge Moratti. Oggi alla luce del decreto abbiamo anche dati un po’ più precisi e non sono confortanti.

I danzatori

Nella scuola secondaria superiore ci sono all’incirca 2.500.000 studenti e ad essi corrispondono all’incirca 250.000 insegnanti.

Nei licei è concentrato il 36% degli studenti il che vuole dire circa 900.000 alunni e 80.000 insegnanti.

Anche negli istituti tecnici è concentrato il 36% degli studenti, vale a dire 900.000 alunni, ma con 90.000 insegnanti perché gli orari sono maggiori.

Nell’istruzione professionale è concentrato il 23% degli studenti, vale a dire 600.000 alunni e 70.000 insegnanti.

Nell’istruzione artistica è concentrato il 5% degli studenti, vale a dire 100.000 alunni e 10.000 insegnanti.

Dei 250.000 insegnanti circa 120.000 sono di materie tecniche.

Primo movimento: la riduzione di anni di studio

Nella nuova riforma la riduzione di anni di studio riguarda l’istruzione professionale. Un anno in meno in questo settore sono circa 10.000 insegnanti i meno.

Secondo movimento: gli orari

La riforma prevede orari dalla definizione complessa. Prevede una distinzione tra orari obbligatori, orari opzionali obbligatori e orari opzionali facoltativi: gli organici saranno perciò costituiti solo sui primi (come adombrava una prima versione del decreto)? Sui primi e sui secondi? Oppure su tutti? La terza ipotesi soprattutto sembra improbabile: come è possibile definire a priori un organico di diritto prima che i ragazzini scelgano? Come fa la scuola a offrire una formazione la cui consistenza dipende dalla domanda? E se si ricorre, come dice il testo, a personale esperto anziché docente ecco che automaticamente queste ore sfuggono all’organico di diritto ed anche a quello di fatto.

Ma innanzi tutto va evidenziata una differenza tra professionali e licei.

La formula su cui si costruiranno i professionali non solo sarà differente da regione a regione ( o persino da provincia a provincia, vista la procedura di delega a cascata) ma resta vaga nelle sue specificità interne: si sa solo che alcune materie canoniche (lingue, lettere, matematica, scienze) dovranno coprire il 50% dell’orario ma solo nei primi due anni. Ma soprattutto si sa che comunque le ore saranno 30 alla settimana ma il 25% di queste dovranno essere facoltative e almeno (almeno!) un altro 25% dovrà essere svolto in contesto lavorativo (in altre parole: non saranno di scuola ma di lavoro).

Si possono fare alcune ipotesi differenti sia per il primo biennio sia per il secondo.

Nel primo biennio avremo, nella migliore delle ipotesi: 15 ore obbligatorie + 7,5 facoltative + 7,5 di lavoro in questo caso i posti garantiti saranno non più di 20.000 (contro i circa 40.000 attuali)

Nel secondo biennio non saranno più di 10.000 (contro i circa 20.000 attuali). Ma potrebbero essere anche meno: nel secondo biennio infatti cade il vincolo sulle materie base e quindi, almeno in teoria, nulla impedisce che tutto si risolva in attività di lavoro ( apprendistato di fatto!)

Nei professionali quindi la perdita complessiva ammonterebbe ad almeno 30.000 posti che sommati ai 10.000 precedenti fa 40.000 posti in meno. Solo nel professionale e nella migliore delle ipotesi: nella peggiore ( considerando che anche lì si insiste sul ricorso agli esperti) se ne potrebbero perdere ben 50.000!

Nei licei il numero dei posti avrà un andamento differente a seconda che si tratti dei licei tradizionali (classico e scientifico) o di quelli nuovi dove il confronto deve farsi con gli attuali ITIS e ITC.

Nei licei tradizionali avremo un calo di circa 5.000 addetti nel caso che si consideri solo l’orario obbligatorio, mentre non ci saranno diminuzioni complessive (a parte le variazioni per disciplina e classe di concorso) se nell’organico di diritto entreranno anche le ore opzionali obbligatorie.

Nei tecnici (ITIS e ITC), se si calcola solo l’orario obbligatorio si perde più di un quarto dell’orario e corrispondentemente più di un quarto dell’organico: 23.000 insegnanti è una stima per difetto. Se si calcola anche l’orario opzionale obbligatorio la perdita è di circa 14.000 posti.

Nell’istruzione artistica, se si ipotizza l’assimilazione degli istituti d’arte ai professionali, la perdita può oscillare tra un massimo di 5.500 posti e un minimo di 4.000

Nell’insieme avremo dunque una perdita che oscilla tra un minimo di 58.000 posti e un massimo di 98.500 posti.

E se qualcuno pensa che ci potranno essere recuperi nell’organico di fatto, dal momento che ci sono le ore opzionali facoltative da coprire, è bene che si sappia che, ipotizzando che tutti i ragazzi si iscrivano a queste ultime ( cioè che le ore facoltative diventino di fatto obbligatorie, con un lavoro dei collegi docenti sull’offerta formativa non diverso da quello in cui sono impegnati oggi i collegi delle elementari e delle medie) e che tutte siano assegnate a insegnanti e non ad esperti esterni (possibilità esplicitamente prevista dal decreto) questi ammonteranno al massimo a 15.000 posti.

Terzo movimento: il passaggio alle regioni

Alle regioni va la dipendenza del cosiddetto sistema dell’istruzione e della formazione professionale. Chi farà parte di questo sistema? Sicuramente l’istruzione professionale e forse gli istituti d’arte. Se le cose resteranno così la perdita di posti per la scuola statale (comprensiva della dismissione totale di posti e del passaggio alle regioni dei posti degli istituti professionali e degli istituti d’arte) oscillerà tra un minimo di 90.000 posti e un massimo di 114.500 posti. Quasi un dimezzamento!

Quarto movimento: lo spostamento dell’utenza

Fin qui tutto a bocce ferme. Ma arriverà un fenomeno imponderabile a modificare tutto ciò. Lo spostamento dell’utenza. Infatti la creazione di un sistema binario e separato riposiziona tutta la domanda. Finora avevamo ordini differenti in un sistema unico, domani avremo due sistemi diversi. Oggi noi abbiamo circa il 60% degli alunni nell’istruzione tecnica e professionale e il 40% nei licei. Se la cosa si riproducesse così avremmo la perdita massima indicata prima: 114.500 posti. Ma il profilo dei licei non è professionalizzante e questo potrebbe attirare parte dell’utenza tecnica nei professionali.

Ma se l’utenza si sposta avremo grosso modo le seguenti possibilità:

50% alle regioni e 50% allo stato resteranno allo stato circa 100.000-110.000 insegnanti appena

50% e 60% resteranno circa 110.000-120.000 insegnanti

30% e 70% resteranno circa 120.000-135.000 insegnanti

20% e 80% resteranno circa 135.000-160.000 insegnanti

a seconda delle due ipotesi (min.-max) di formazione dell’organico di diritto.

Ma come si sposterà l’utenza?

E’ illusorio pensare che si accalcherà nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale la percentuale che oggi si accalca nei settori tecnico e professionale. Non siamo più negli anni 50, l’industrialismo non paga più, le famiglie scelgono per i figli le scuole migliori, il settore professionale ha caratteristiche di scuola di seconda scelta, i ragazzi hanno tempi di vita diversi e c’è uno spostamento verso studi generalisti.

I discorsi sul modello tedesco sono una favola: nel 1952 il 72% degli studenti quattordicenni tedeschi frequentava l’avviamento al lavoro e l’11% il ginnasio. Oggi sono rispettivamente il 23% e il 29%, il resto, cioè il grosso, frequenta le scuole intermedie simili ai nostri tecnici o ai nostri sperimentali a multindirizzo.

In Francia nel 1975 il 50% dei tredicenni frequentava l’orientamento tecnologico, oggi è ridotto al 10% mentre il 90% frequenta l’orientamento generale. Nel 1960 circa il 55% frequentava i licei e il 45% i licei professionali, oggi il 66% frequenta i licei e solo il 33% frequenta i licei professionali.

In Spagna, dove non esistono vie di mezzo, solo il 39% dei ragazzi frequenta la formazione professionale e il paese manca di tecnici e operai specializzati, mentre il 61% frequenta i licei.

In Italia l’istruzione tecnica è in calo da anni. Aumenta la frequenza ai licei: le femmine quattordicenni lo frequentano già per il 49%. Dal 2002 è in calo anche l’istruzione professionale che da un + 5% ( effetto obbligo scolastico a 15 anni) è passata a un – 1,2% ( effetto ritorno obbligo scolastico a 14 anni).

In Italia c’è già una situazione dove non esistendo la istruzione professionale di stato la scelta è tra scuola statale o formazione professionale, una buona formazione professionale. Ma in Trentino solo il 14% va alla formazione professionale, mentre nella istruzione professionale nazionale siamo al 23%. In assenza di istruzione professionale un bel pezzo sceglie l’istruzione tecnica. Perché? Perché la formazione professionale non è considerata scuola.

I tecnici

Dunque l’utenza correggerà i processi di eliminazione dei posti dalla scuola statale. Ma c’è una categoria di insegnanti che avrà poco beneficio anche da ciò. Anzi molti si troveranno in una posizione ben peggiore del passaggio alla regione: quella della perdita del posto. E’ la categoria degli insegnanti tecnici, non solo i pratici ma anche i teorici. Essi a bocce ferme dovevano essere destinati nella stragrande maggioranza all’istruzione professionale regionale. Ma oggi,questi insegnanti non solo corrono il rischio nell’istruzione regionale non ci siano tutti gli alunni che ci sono oggi nei tecnici e nei professionali, ma per come sono impostati gli orari dei professionali essi sanno già a priori che non vi saranno posti, quand’anche vi fossero gli alunni. Ed è solo un leggero palliativo il fatto che le ore opzionali obbligatorie del tecnologico siano passate da 3 a 10 nell’ultima versione del decreto: non compensa comunque le perdite rispetto all’istituto tecnico attuale ( si perdono almeno una cattedra e un posto di laboratorio per corso!) e il taglio drastico che questo personale ha anche nei professionali dove insegnamenti tecnici e laboratori saranno sostituiti dall’addestramento al lavoro. Per cui anche nell’ipotesi di una distribuzione dell’utenza al 50% tra i due sistemi non ne trarranno grande beneficio.

Gli altri insegnanti.

Tra gli altri insegnanti la perdita oscillerà tra i 30.000 e 45.000 posti a bocce ferme, ma si accentuerà se l’utenza si sposterà di più verso il professionale. Naturalmente questa perdita sarà differente da disciplina a disciplina. Già ora gareggiano per il “primato del danno” gli insegnanti di diritto esclusi dal tecnologico (e presumibilmente anche da una parte del professionale) e quelli di educazione fisica che hanno la cattedra dimezzata in tutti i licei. Ma a loro si aggiungono quelli di economia aziendale, di trattamento testi e numerosi altri fino a lettere. Chi non è colpito dalla riduzione di ore lo sarà dalle modifiche di cattedra (ad esempio la cattedra di filosofia nello scientifico passa da 2 a 2 corsi e mezzo). E adesso si capirà a che cosa serviva il principio del completamento della cattedra a 18 ore!

Pino Patroncini
Roma, 26 gennaio 2005