Dopo la richiesta del federalismo fiscale al Parlamento in nome delle Regioni ricche e con l'astensione Pd. Il governatore della Lombardia Formigoni continua la distruzione del sistema pubblico, avocando alla regione sola tutta l'istruzione

Lombardia: Formigoni vara un ministero della scuola

Formigoni cerca di sottrarre competenze e funzioni allo Stato e agli enti locali per istituire presso la sua corte una specie di Ministero regionale dell'istruzione e, dall'altra, muove un attacco frontale alla scuola pubblica e laica.

Federalismo e Sussidiarietà sono le due bandiere della Lombardia di Formigoni. Nella vulgata ufficiale il primo servirebbe per dare maggior efficienza alla spesa pubblica italiana, mentre la seconda garantirebbe il coinvolgimento nella gestione della res pubblica della società civile e degli enti locali.

La realtà concreta della Lombardia, tuttavia, ci insegna che dietro il fumo della propaganda si cela l'arrosto di ben altri interessi e progetti. In altre parole, federalismo significa semplicemente riuscire ad accaparrarsi più poteri e risorse possibili, a scapito dello Stato e degli enti locali e con somma non curanza degli squilibri territoriali e sociali, e la sussidiarietà si traduce in un banale trasferimento di risorse e funzioni pubbliche in mani private.

Per farci capire meglio, è sufficiente vedere cosa succede in Regione Lombardia in queste settimane. Il 19 giugno scorso, il Consiglio regionale ha approvato - con la benevola astensione dell'Ulivo - una proposta di legge al Parlamento sul federalismo fiscale che propone di trattenere nelle regioni gran parte degli introiti fiscali. Ma il segno politico dell'operazione si esplicita maggiormente se consideriamo la brillante idea che il fondo perequativo nazionale sia gestito in maniera "orizzontale"; cioè saranno le regioni che alimentano il fondo, vale a dire quelle ricche, a deciderne l'uso. Insomma, funzionerebbe un po' come il Fondo Monetario e così ci troveremmo con un Presidente della Lombardia che spiega al suo collega calabrese dove e cosa tagliare.

Ma arriviamo al secondo esempio, forse meno conosciuto, ma sicuramente più concreto e pericoloso. In questi giorni, in Commissione VII del Consiglio regionale, è entrato nel vivo la discussione del progetto di legge formigoniano sul "sistema educativo di istruzione e formazione", che di fatto punta a rilanciare la riforma Moratti in salsa padana, codificando il doppio canale e l'avviamento precoce al lavoro, nonché definendo un sistema pubblico-privato basato sulla piena equiparazione.

Com'è ovvio, la mossa di Formigoni si basa sulla pretesa di poter esercitare unilateralmente le competenze concorrenti elencate dal pasticciato Titolo V della Costituzione. E, tanto per ribadire il concetto, a fine maggio la Regione ha impugnato alla Corte Costituzionale l'articolo 13 del decreto Bersani, che riattribuisce allo Stato la competenza sugli istituti tecnici e professionali.

Ma Formigoni non si limita a invadere l'ambito di competenze statali, bensì agisce a tutto campo. L'ultima sorpresa è arrivata pochi giorni fa, con una modifica della proposta di legge che prevede di abrogare tutte le leggi regionali esistenti in materia (diritto allo studio, edilizia scolastica ecc.), ad esclusione - ovviamente - della normativa sul buono scuola, che ogni anni trasferisce decine di milioni di euro dal bilancio regionale alla scuola privata. Un autentico colpo di mano, che spazza via non soltanto regole e procedure, ma anche funzioni e competenze degli enti locali, per attribuire tutti i poteri decisionali direttamente alla Giunta regionale.

Insomma, da una parte, Formigoni cerca di sottrarre competenze e funzioni allo Stato e agli enti locali per istituire presso la sua corte una specie di Ministero regionale dell'istruzione e, dall'altra, muove un attacco frontale alla scuola pubblica e laica. Appunto, Federalismo e Sussidiarietà.

L'esperienza concreta ci dice molto di più su quel federalismo che va tanto di moda, ahinoi anche dalle parti del Pd, che non mille convegni e discussioni. Qui non si tratta di un po' ingegneria istituzionale per rendere più moderna ed efficiente la macchina pubblica, bensì di percorrere la via delle regioni per smantellare l'universalità dei diritti e il welfare, assegnando strada facendo un crescente potere ai Presidenti delle Regioni, sempre più simili a dei moderni principi. Forse, tutto questo è accettabile e auspicabile per i liberal che si trovano al Lingotto, ma sicuramente non lo può essere per la sinistra.

Luciano Muhlbauer (Consigliere regionale Prc-Se)
Milano, 30 giugno 2007
da “Liberazione”