Scuola: Altro che grembiulini!

Per la destra la scuola pubblica non serve

Tagli economici a favore dell'istruzione privata, riduzione dell'obbligo scolastico, limitazione della formazione primaria. I provvedimenti del governo non fanno che colpire una realtà che è fondamento della democrazia. Per questo si deve riunire tutto il Paese in una battaglia che impedisca questa deriva di inciviltà

Giù le mani dalla scuola pubblica

Giù le mani dalla scuola pubblica.

Photo by Rete Scuoleinfo

Smantellare la scuola pubblica e statale, abrogare la scuola della Costituzione, privare di una scuola qualificata la maggioranza dei giovani e della popolazione italiana, crescere un popolo senza cultura e "telecomandato": questa è la scommessa storica con la quale la destra si presenta al Paese, a venti milioni di cittadini italiani (studenti, insegnanti, genitori) all'inizio del nuovo anno scolastico. Altro che grembiulini! E' una scommessa che la destra vuole vincere in tutti i modi per dare basi stabili e durature alla società autoritaria e della disuguaglianza che essa intende governare. Più istruzione equivale a maggiori diritti, a un lavoro più qualificato; più istruzione corrisponde a maggiori possibilità di uguaglianza economica e sociale, a maggiore esercizio di democrazia, di criticità, di protagonismo sociale, civile, politico; più istruzione significa avanzamento dei processi di emancipazione e trasformazione della società; più istruzione significa più democrazia. Per questo la destra vuole negare il diritto all'istruzione ed ha imposto un'accelerazione senza precedenti al proprio progetto di smantellare la scuola pubblica e statale.

I fatti parlano. I tagli. Nei primi tre mesi di governo la destra ha operato tagli di risorse alla scuola pubblica che non hanno precedenti in 150 anni di storia della scuola italiana. Essi sono tre volte superiori alle previsioni del Libro bianco elaborato dal Ministero del tesoro un anno fa, otto miliardi in tre anni, a regime il 10% del bilancio dell'istruzione, quasi centomila insegnanti in meno. Essi intervengono su un sistema scolastico già in grande difficoltà, ancora segnato da profonde discriminazioni classiste, con strutture in tanta parte fatiscenti, con istituzioni scolastiche impossibilitate ad acquistare persino la carta per fotocopie, con gli insegnanti meno pagati del mondo, con differenze fra Nord e Sud che si vanno sempre più approfondendo. La destra ha operato questi tagli ben consapevole che la scuola pubblica e statale non reggerà tale impatto, ben consapevole che essi ne comprometteranno definitivamente la qualità.

Contestualmente ai tagli la destra ha ridotto l'obbligo di istruzione. Si torna alla discriminazione classista di cinquant'anni addietro. L'istruzione impartita fino a 13-14 anni per la destra è sufficiente, non importa se in tutti gli altri Paesi è stata portata a 16 o a18! Potrà proseguire negli studi chi vorrà farlo, chi avrà il bagaglio culturale e le possibilità economiche per deciderlo, ma il messaggio è chiaro: la scuola non serve. E' l'inequivoco appello lanciato ad un Paese che occupa gli ultimi posti nei livelli di scolarizzazione!

Si passa quindi a colpire la parte migliore della scuola italiana, quella elementare, cancellando con un tratto di penna quei caratteri che le hanno consentito, negli ultimi 25 anni, di diventare la scuola che accoglie, la scuola che riesce a colmare le differenze, la scuola che più di altre riesce a garantire a tutti un adeguato grado di istruzione. Si ritorna al maestro unico, se ne riduce l'orario obbligatorio, il tempo pieno verrà inevitabilmente messo in discussione. Il Ministro afferma che si tratta di riforma necessaria! Non si comprende perché tale riforma non venga attuata nella scuola media inferiore dove quasi la metà dei ragazzi supera l'esame di licenza con la qualifica di sufficiente, o nella scuola secondaria superiore che espelle un quarto dei ragazzi che la frequentano. E a proposito di riforme necessarie: perché avendo l'Italia bassissimi tassi di scolarizzazione si riduce l'obbligo di istruzione? Perché a fronte di un aumento del 6% in cinque anni di quindicenni che praticamente non sanno leggere si riduce l'orario scolastico e si tolgono maestri alle elementari? Perché a fronte delle enormi differenze fra Nord e Sud nei livelli di istruzione si tagliano 11.000 insegnanti in Sicilia, 2300 nella scuola dell'obbligo a Napoli, rischiando così, fra l'altro, di regalare qualche ragazzino in più alla camorra? Interrogativi che potrebbero susseguirsi all'infinito. Le risposte stanno nelle cose: tutti questi atti, una scuola pubblica dequalificata, una scuola elementare non più in grado di garantire pari opportunità educative, tutto questo è funzionale alla realizzazione definitiva del progetto di scuola della discriminazione e del privilegio perseguito dalla destra: dove la maggioranza di bambini e giovani non potrà godere di pari opportunità scolastiche rispetto a ceti sociali più abbienti, privilegiati economicamente, socialmente, culturalmente, dove la maggioranza dei ragazzi e delle ragazze rischia di venire definitivamente discriminata a 14 anni di età.

Il quadro si completa in una legge in discussione alla Camera. Alle scuole private verranno attribuite risorse al pari di quelle pubbliche, le scuole statali (ad iniziare dalla materna) potranno divenire private trasformandosi in Fondazioni governate da un Consiglio di amministrazione e ricevendo fondi, oltre che dallo Stato, da privati e da famiglie facoltose. Ogni singola istituzione scolastica potrà assumere i propri insegnanti.

E' la quadratura del cerchio: ai più ricchi scuole private confessionali e di tendenza molto qualificate, finanziate dallo Stato e dai privati; una scuola pubblica statale generalmente poco qualificata alla grande maggioranza dei bambini e giovani del nostro Paese.

Dobbiamo riunire tutto il Paese in una battaglia che impedisca questa deriva di inciviltà.

Dobbiamo farlo in nome del futuro dei nostri figli, dobbiamo farlo ripartendo dalla scuola della Costituzione: una scuola pubblica, laica, democratica, pluralista, con la Repubblica che istituisce scuole statali di ogni ordine e grado su tutto il territorio nazionale, dove è precluso il finanziamento alla scuola privata ed è assicurata la gratuità della scuola dell'obbligo; dobbiamo farlo chiedendo per la scuola pubblica risorse adeguate per superare i ritardi, le serie difficoltà che la attraversano inibendole già oggi la possibilità di assicurare a tutti un adeguato grado di istruzione; dobbiamo farlo riconoscendo (anche finanziariamente) il ruolo culturale e sociale degli insegnanti, valorizzandone la professionalità, garantendo loro quella libertà di insegnamento che il progetto della destra comprometterebbe definitivamente. Dobbiamo farlo difendendo la nostra scuola elementare statale.

Dobbiamo riprendere una battaglia molto più difficile di ieri, partendo dalle scuole e coinvolgendo l'intera società perché, oggi come non mai, con quello della scuola è in gioco il futuro del Paese.

Piergiorgio Bergonzi (Responsabile nazionale Scuola PdCI)
Roma, 11 settembre 2008
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