Il presidente lombardo annuncia: «Buoni scuola subito».
In Veneto Rifondazione propone un referendum
Formigoni straccia la Costituzione

Settantamila ricche famiglie lombarde avranno alla fine del mese uno degli altrettanti buoni regionali per pagare, coi soldi pubblici (un centinaio di miliardi), la retta delle scuole private dei propri rampolli. Con il consueto sprezzo del dettato costituzionale è stato lo stesso Roberto Formigoni, casto governatore della Lombardia, ad annunciare ieri la ripresa dell'iter burocratico per l'erogazione dei soldi.

Finora i buoni scuola lombardi erano congelati per via di un ricorso del governo nazionale alla Corte costituzionale (poiché spetta allo Stato di legiferare sulla questione) ma l'esponente dell'ala ciellina di Forza Italia s'è detto certo che il nuovo governo ritirerà quel ricorso già alla sua prima seduta. Glielo avrebbe promesso il Cavaliere in persona. E c'è da credergli perché il padrone di Arcore ha della carta costituzionale la stessa considerazione di Formigoni e soci.

Così, il buono lumbard sarà erogato - stando ai propositi della giunta - almeno fino a quando il governo centrale non farà una legge simile per tutta Italia come scritto nel programma elettorale degli azzurri.

I soldi pubblici elargiti da Formigoni non sono un sussidio alle famiglie ma una boccata d'ossigeno (più voltre sollecitata anche dal Vaticano) per le scuole dei vescovi sempre più in difficoltà economiche e in calo di credibilità. Infatti spetteranno solo a chi già si può permettere di iscrivere i figli ad un istituto privato grazie ad un meccanismo di franchigia, fissata a 400mila lire, che brucia in partenza il 13% dei richiedenti che provengono dalle pubbliche e che sono stati indotti dalla martellante propaganda politica a presentare la domanda. Solo per fare un esempio, due milioni di lire potranno essere assegnati anche a una famiglia di quattro persone con 240 milioni di reddito mentre vengono bistrattate le aspirazioni al rimborso delle spese scolastiche per le fasce con 60milioni lordi. La vivace reazione della sinistra e della società civile milanese (gli studenti dei collettivi “per niente buoni”) non dovrebbe tardare ad arrivare.

Sondaggi alla mano, d'altronde, la parità scolastica non sembra essere così popolare neppure nella nazione berlusconiana come dimostra la rapidità con cui nella confinante Emilia sono state raccolte le firme necessarie per il referendum abrogativo della legge Rivola, ovvero della via romagnola alla parità.

Anche nel vicino Veneto, dove il doge Galan ha appena esposto in pubblico i primi due beneficiari della versione locale dei buoni scuola (20 miliardi stanziati), il trucco c'è ed è quello della franchigia che taglia fuori gli studenti delle scuole statali dalla possibilità di vedersi ripagare le spese scolastiche vere, quelle per libri, attrezzature, mense, trasporti. «Questa legge trasferisce risorse a danno dei lavoratori e procede a smantellare il modello di scuola pubblica», commentano Paolo Cacciari e Maurizio Tosi, consiglieri regionali di Rifondazione lanciando la proposta ad un fronte più ampio possibile di un referendum anche in Veneto. «Ci interessa la partecipazione vera di tutti i settori del sindacato - continuano gli esponenti Prc - e il coinvolgimento di studenti, insegnati, genitori e della sinistra». Intanto già oggi pomeriggio a Verona ci sarà un primo sit in piazza Brà indetto dal coordinamento contro i buoni scuola.

Francesco Ruggeri
Milano, 2 giugno 2001
da "Liberazione"