RIORDINO
DEI CICLI
Ultimo tassello di un progetto organico di politica scolastica conservatrice e antipopolare.SEI E DODICI ANNI
“Per
la graduale attuazione del primo ciclo vengono ipotizzati sei anni…”
“ I primi studenti interamente interessati dalla legge di
riordino dovrebbero presentarsi agli esami conclusivi della scuola
secondaria al termine dell'anno
scolastico 2011/2012” Così
recita la premessa del “Programma di attuazione della riforma dei
cicli scolastici”. IL GRANDE PROGETTO DEI SAGGI
Un
progetto ambizioso nobilitato da un linguaggio paludato, tecnocratico
come si conviene ai saggi della cultura e della politica, infarcito di
preziosismi pedagogici ed epistemologici depredati a chi li ha
utilizzati e vissuti per una pratica e per una concezione alternativa
della scuola e della società al conformismo conservatore dei nuovi
“riformatori” del centrosinistra e alla cupidigia integralista e
mercantilista degli antichi barbari: la gerarchia cattolica e la
confindustria. Nel
programma vi sono di qua e di là osservazioni, considerazioni
critiche, rilievi, dichiarazioni di intenti su cui possiamo essere
anche d'accordo. Come non essere d'accordo sulla gradualità e
sulla progressività del curricolo, sulla necessità di non inseguire
“l'accumulazione delle conoscenze” per un'articolazione dei
programmi che parta da argomenti essenziali “intorno ai quali “costruire
curricoli”? Come non essere d'accordo sull'idea
di una scuola aperta conoscitivamente all'ambiente circostante,
aperta verso le diversità, con un senso “forte della memoria”,
capace di formare giovani che sappiano “maturare criticamente la
loro giovinezza”? Come non essere d'accordo sui
limiti culturali ed educativi di una scuola che si è strutturata su
un modello centralista autoreferenziale? IL GRANDE PROGETTO INAPPLICABILE
Noi siamo d'accordo su tali snodi pedagogici perché li abbiamo
sempre affrontati e abbiamo ancora intenzione di affrontarli.
Siete voi che li saboterete perché con la vostra riforma
scolastica potete fare soltanto il contrario di quel poco di saggio
che è nei vostri documenti. Dietro la vostra
riforma non ci può essere spazio per argomenti e tematiche essenziali
quanto piuttosto un accumulo di abilità tecniche settoriali, di
nozioni di superficie, una socializzazione acritica, un
indottrinamento ideologico, un addestramento all'ossequio e all'obbedienza. IL CICLO UNICO E' FUNZIONALE
PERCHE' E' UN CICLO UNICO
Nel
documento non vi è traccia di una qualsivoglia riflessione seria di
ordine pedagogico e culturale sul rivolgimento istituzionale che si
vuole proporre. Il ragionamento è di tipo tautologico: la scuola
elementare e la scuola media non sono funzionali perché non sono fuse
in un ciclo unico, perché vi è discontinuità. Dunque perché il
ciclo didattico possa funzionare è necessario un ciclo unico. Quali
le ragioni educative perché in uno stesso istituto bambini di sei
anni e preadolescenti si frequentino e si confrontino? Possono esserci
dei vantaggi. Ma quali sono? Qualcuno ce ne ha parlato seriamente. E
quali sono le ragioni didattiche ed educative perché insegnanti
esperti o pratici di sensibilità e culture assai differenziate quali
quelle relative all'età dell'infanzia e all'età della
preadolescenza possano collaborare in modo
proficuo? Realizzando “un intreccio tra le
professionalità docenti? E valorizzando così le
specifiche professionalità? Siamo seri. I confronti e gli intrecci
sono sempre utili ma è bene che su due età dello sviluppo così
differenziate siano attivate competenze specifiche e didattiche
specifiche da sviluppare in ambiti specifici. COMPASSIONE O ETICA DEL LAVORO
Si
vuole diminuire di un anno la scolarizzazione di base. Abbiamo tentato
di scovare tra i capoversi, le righe , i punti e le virgole un
qualcosa che desse conto di una trovata pedagogica così geniale. Non
abbiamo trovato niente di niente. Si
può supporre che i saggi ritengano la scuola un fardello di cui
bisogna alleggerire gli allievi. Si può capire un
tale proposito se si accredita ai saggi una grande partecipazione
compassionevole. Si può fare un'altra ipotesi. Perché non
affrettare i tempi dello sfruttamento? Sarebbe questa una trovata
veramente geniale, tanto più se accompagnata ad un'altra ancora
più geniale: avviare al lavoro già nel biennio, con la complicità
- scusate - volevo dire con il permesso delle famiglie.
Una
terza ipotesi forse troppo maliziosa: un anno in meno non potrebbe
essere un buon colpo per le casse dello Stato? Decongestionamento
delle fatiscenti strutture edilizie, risparmi sui libri, sui computer,
sui banchi,….50.000 / 60.000 insegnanti in meno: ipotesi che
proviamo fatica ad avvalorare perché rivelerebbe un eccesso di
sfiducia da parte nostra nei confronti dei saggi e di questa classe
politica. UNA
GRANDE TRADIZIONE CLASSICA E CATTOLICA Del
resto non abbiamo tutti noi italiani le stesse tradizioni culturali.
Veramente su questo punto ci sia permesso un distinguo. Noi
COBAS non facciamo riferimento solo alla “grande eredità della
classicità e del cristianesimo” ma se non vi dispiace anche, per lo
meno, alla “grande eredità” del pensiero
umanistico, laico, antifascista, alla “grande eredità” dei
movimenti operai e popolari. Ci sia permesso questo
distinguo perche se non altro se ci capita di vedere seduto davanti
alla nostra cattedra un bambino islamico possiamo rivolgerci a lui
come a un cittadino italiano e non aver paura che il pupo possa
disgregare “il tessuto peculiare della nazione” creando seri
problemi alla pubblica sicurezza. I BAMBINI ITALIANI SONO PRECOCEMENTE
CONSAPEVOLI
I
saggi auspicano che il bambino possa accedere alla scuola secondaria
scegliendo “consapevolmente” area e indirizzo, “Consapevolmente”
a dodici anni! Tale è la consapevolezza dei saggi di tale fanfaluca
epistemologica che assistiamo a ripetuti e goffi
tentativi di recupero mediante ipotesi poco credibili di passerelle e
reversibilità da un'area all'altra. Il
biennio è unitario, non unico. Ciò significa che ogni area ha
discipline di indirizzo “che ne fondano la tipicità” . Passerelle
e reversibilità: una banale boutade per i più. SI SCRIVE LICEO E SI LEGGE : VEDI
COME PRIMA
“La
riforma supera la storica dicotomia”. E perché allora il biennio
unificato con profili d'uscita definiti a conclusione del ciclo di
base? E non il biennio unico che avrebbe garantito a tutti una
riflessione e un approfondimento dei nuovi saperi con modalità
affettive e cognitive di natura del tutto differenziata da quelle
prodotte nell'età dell'infanzia. Il biennio unitario che, tra l'altro
autorizza l'apprendistato, lo si proclama equilibrato. In effetti è
strategicamente squilibrato con discipline di indirizzo “che ne
fondano la tipicità”, rendendo assai problematiche passerelle e
reversibilità. L'uscita
al termine dei cinque anni si biforcherà da una parte verso l'istruzione
universitaria accessibile a chi ha tanti soldi da permettersi di
pagare le tasse universitarie sempre più care e a chi non ha l'urgenza
di un lavoro immediato magari sommerso e dall'altra verso l'istruzione
non universitaria per guadagnare una formazione professionale di
secondo livello, che non crediamo spendibile, nel mercato del lavoro,
quanto una laurea specialistica. Non
ci saranno forse dei licei destinati all'una o all'altra uscita. E
allora questo superamento della “storica dicotomia”? CONTRO
LA MARGINALIZZAZIONE UNA
FORMAZIONE CRITICAMENTE CONSAPEVOLE Ma
vi è chi si avvarrà di una formazione professionale di primo
livello. Dopo il biennio unitario. Non come da noi richiesto dopo l'assolvimento
dell'obbligo scolastico a diciotto anni. Naturalmente
anche sulla formazione professionale un linguaggio untuoso che la
assimila come valore educativo all'istruzione nel triennio. Infatti
si può uscire ed entrare, presentando dei crediti, si dice e si
mente, sapendo di mentire. Contro un progetto organico di
marginalizzazione dobbiamo vigilare perché i ragazzi non partecipino
presso le “Suore Canossiane” di Trento o presso
l'ordine Religioso di Monaci” o nei tanti corsi fantasma di
associazioni clientelari. Dobbiamo batterci perché tra le discipline
di studio vi sia il diritto costituzionale e il diritto del lavoro.
Dobbiamo batterci perché come osserva Antonia Baraldi Sani “la
tutela dell'assolvimento dell'obbligo formativo diventi, d'ora
in poi, compito precipuo dello Stato “e sia attivato esclusivamente
nelle strutture pubbliche presso le quali rivendichiamo l'istanza
fondamentale di una formazione criticamente consapevole, che sia di
primo o di secondo livello. SOLUZIONI E NON DISSOLUZIONI
Si
dice che il sistema dell'istruzione non si raccorda compiutamente
all'università, alla formazione professionale e al mondo del
lavoro. Una scuola non collegata tra i suoi vari ordini, responsabile
della dispersione, della ripetenza, dell'abbandono, necessita di un
“accertato e accertabile innalzamento qualitativo del livello di
studio. Lo diciamo anche noi COBAS. Solo che noi proponiamo delle
soluzioni, non delle dissoluzioni quali sono quelle ideate e
deliberate dai grandi statisti del centro sinistra e spacciate come
riformatrici. Vediamo. Con
il dimensionamento, l'innovazione consiste nello stimolare gli
allievi pigri a non pretendere la scuola sotto casa e ad imparare ad
ammassarsi in classi sovraffollate (da non dimenticare il risparmio di
cassa per qualche dirigenza in meno, qualche ATA in meno, qualche
docente in meno). Con l'autonomia l'innovazione traspare dalla
metamorfosi di presidi frustrati in dirigenti manager rampanti (da non
dimenticare un certo risparmio di cassa per i presidi d'istituto).
Con la parità finalmente si è voluto innovare ripristinando una
didattica impositiva e a senso unico, aggredendo la rigidità del
lavoro con la precarizzazione di un quarto degli insegnanti (da non
dimenticare che con i soldi dei contribuenti si sono potuti salvare da
un sicuro fallimento molti istituti privati). Con i collegi
territoriali si è raggiunto, secondo loro, il massimo delle
innovazioni: chi è del governo, oppure è amico del governo, oppure
è d'accordo con il governo sarà presente comunque senza la
necessità di pletorici suffragi universali. Con la riforma dei cicli,
ultimo tassello abbiamo già detto: meno scuola, più famiglia,
immissione nel far west della formazione professionale, apprendistato
precoce, secondaria, liceo nelle parole, come prima nella sostanza. COME FINGERE DI ANDARE AVANTI
MENTTRE SI RITORNA INDIETRO
La
risorsa fondamentale per un tale mutamento epocale è data dagli
insegnanti che dovranno tuttavia, realizzando una rivoluzione
copernicana, mutare abitudini e partecipare “fortemente motivati all'innovazione”
delle didattiche, dei comportamenti. Una
“riqualificazione” per una nuova professionalità, per un nuovo
profilo docente. Gli
insegnanti della riforma dovranno essere: a) colti, b) riflessivi, c)
competenti, d) capaci di interagire con tutti i soggetti interni ed
esterni. Mediante
un anagrafe che sappia riportare titoli ed esperienze sarà possibile
individuare (anche usufruendo delle rispettive competenze salutatorie
dei genitori) i più meritevoli affinché possano usufruire di
progressione in carriera e governare in subordine al dirigente
scolastico, in compagnia di collaboratori e di funzioni obiettivo, l'istituzione
scolastica. A tutti sarà assicurata, con la formazione degli organici
di istituto e con l'ampliamento delle aree disciplinari, mobilità
all'interno del comune ma anche fuori dal comune. Dunque
gerarchizzazione, stratificazioni, divisione tra gli/le insegnanti,
caduta verticale della collaborazione e della solidarietà tra
colleghi/e. RESTAURAZIONE.
ACCETTIAMO LA SFIDA E'
un disegno forte di restaurazione. Restaurazione perché dietro un
lessico e un frasario modernistico si intende colpire il diritto ad
una scuola per tutti e di tutti, ad una scuola che sia strumento di
riscatto e di crescita dei settori più svantaggiati del paese. Si
vuole ricacciare indietro tutto un popolo ed abbattere quel percorso
faticoso di conquiste democratiche che è andato avanti fin dai primi
anni 50. Il governo di centrosinistra, garante, oltre che di se
stesso, delle forze più retrive, vuole di tutto ciò fare tabula
rasa. Obiettivo
fondamentale: non alunni che sappiano leggere la realtà sociale ed
economica, che sappiano interagire se stessi come agenti di
modificazione degli attuali rapporti deificati di dominio, che
sappiano porsi criticamente davanti ai nuovi saperi e
alle domande più urgenti di felicità e di libertà che fuoriescono
sempre più impetuose da una umanità sofferente, bensì alunni
robotizzati che sentano come naturale ed inevitabile la logica del
profitto, della mercificazione, della guerra, del sottosviluppo e che
perciò, addestrati ad abilità elementari o complesse ma senza
spirito storico e critico, accettino di buon grado le imposizioni del
Potere, perché si accomodino e si accuccino in quello spazio che è
stato a loro assegnato. A
noi non resta altro che accettare la sfida, costruire pazientemente le
casematte di una cultura scolastica alternativa. Siamo una minoranza
ma abbiamo il sostegno, e i sindacati concertativi di stato lo sanno
bene, della maggioranza degli operatori della scuola. Cagliari,
29 novembre 2000 ANTONELLO
BOASSA |