- Risorse: qualsiasi progetto di riforma non ha senso se non accompagnato da un aumento
degli investimenti per la scuola in modo da adeguarli alla media dei paesi più sviluppati, invertendo
la politica che negli ultimi anni ha portato ad abbassare progressivamente i finanziamenti per la
scuola pubblica (la spesa per la pubblica istruzione è passata da 70 mila miliardi nel 1990 a 59
mila miliardi nel 1997) mentre vengono ufficializzati e ampliati i finanziamenti per quella privata.
Le risorse devono essere finalizzate all'adeguamento delle strutture edilizie, al potenziamento
e miglioramento del servizio, all'assunzione dei precari e l'adeguamento degli stipendi alla media
europea.
- 20 alunni per classe. Senza diminuire il numero degli alunni per classe non è possibile
alcuna individualizzazione dell'insegnamento, né il recupero dello svantaggio, né un reale inserimento
degli alunni disabili. Deve essere vincolante ridurre il numero di alunni nelle classi dove è inserito
un disabile.
- Tempo scuola: no a tagli del percorso scolastico:
- non c'è alcun motivo didattico per ridurre la durata degli studi dagli attuali 13 a 12 anni,
la necessità di "adeguarsi all'Europa" non obbliga a privilegiare una delle due opzioni
(termine degli studi pre-universitari a 18 o 19 anni) presenti entrambe negli altri paesi europei;
- ancora meno ci piacciono tutte le proposte di divisione dell'orario in obbligatorio e "facoltativo",
facilmente trasformabile in orario del tutto assente (nei territori più svantaggiati) o
a pagamento (con contributi delle famiglie): in ogni caso - vista la sua elasticità - garantito
con l'impiego di personale precario e iper-sfruttato (cooperative, co-co-co ovvero collaboratori
coordinati e continuativi, contratti a termine, obiettori ecc.)
- Una scuola con tempi "comodi". Ci opponiamo a qualunque anticipo della frequenza della
scuola materna ed elementare e ad ogni didattica mirata all'addestramento precoce degli alunni,
all'estremo cognitivismo, alla secondarizzazione della scuola dell'infanzia ed elementare (3-10
anni), chiediamo, innanzitutto, una didattica che rispetti i tempi dei bambini e che dia riconoscimento
alla centralità della sfera affettivo-relazionale.
- Tempo-pieno e tempo-prolungato: deve essere garantito a tutte le famiglie che ne fanno
richiesta e gradualmente esteso a tutte quelle zone che ne sono oggi prive per mancanza di strutture,
senza surrogarlo con il doposcuola. Tempo pieno e tempo prolungato non sono una semplice estensione
dell'orario ma modelli scolastici con specifiche modalità organizzative, educative e didattiche.
- Scuola materna: obbligo dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia, generalizzazione
su tutto il territorio nazionale, apertura delle sezioni richieste in modo da garantire alle famiglie
la possibilità di scegliere la struttura pubblica, oggi assente o sottodimensionata nella maggior
parte dei comuni. La qualità non può essere garantita in sezioni con più di 20 bambini/e.
- Scuola elementare: all'interno dei 5 anni della scuola elementare, dare spazio e centralità
al tempo pieno, invertendo la tendenza al "modularismo forzato" attuata negli ultimi 10 anni. Correggere
le storture dei moduli, evitando gli ibridi (tempo pieno modularizzato, moduli 4 su 3 ecc).
Garantire le compresenze e gli spazi finalizzati al lavoro individualizzato e di gruppo, i laboratori,
le attività a classi aperte; garantire il sostegno, le lingue straniere, la musica, l'educazione
motoria. Rifiutare la secondarizzazione della scuola elementare.
- Scuola media: non c'è alcun motivo di accorciarne il percorso né di fondere la scuola
elementare e la media, poiché corrispondono a periodi diversi della crescita dei/lle bambini/e,
accompagnando il passaggio dalla seconda infanzia alla pre-adolescenza. Nessuna frammentazione delle
attuali medie inferiori nemmeno verso alcun "avviamento professionale" comunque mascherato, nessun
grottesco saltellare da un corso all'altro, da un orientamento ad un altro.
- Obbligo scolastico a 18 anni con presalario dai 16. No ad ogni scorciatoia come l'obbligo
formativo che equipara la formazione nella scuola all'apprendistato. Formazione professionale
solo ed esclusivamente dopo il compimento dell'obbligo scolastico o del 18^anno di età. Sarà necessario
prevedere forme di presalario dai 16 anni per rendere reale l'obbligo scolastico fino a 18 anni
anche per chi appartiene a famiglia con fascia di reddito bassa. Gratuità del libri di testo per
tutto l'obbligo scolastico.
- Scuola superiore: va introdotto un biennio superiore unico propedeutico al triennio di
specializzazione e da raccordare compiutamente con i tre anni precedenti: il che significa, ad esempio,
una modifica sostanziale dei programmi. Tutto il percorso, dalla scuola dell'infanzia alla scuola
superiore, deve avere un obiettivo comune: portare tutti/e allo stesso livello di formazione critica
quale precondizione all'esercizio della democrazia. Solo così si realizza un vero diritto allo studio
che ha valore per la persona e la collettività. Il triennio finale deve essere formato da soli licei
con diversi indirizzi (compreso il liceo professionale). I licei tecnologici e professionali devono
essere professionalizzanti e rilasciare titoli di studio con valore legale. Accesso libero di tutti
gli studenti alle università a conclusione del percorso scolastico, abolizione del numero chiuso
per l'accesso all'università. Riteniamo, in sintesi, che la scuola superiore debba fornire, oltre
ad una solida preparazione di base, capacità critica.
- Centralità della classe Il gruppo classe è un punto di riferimento essenziale per lo sviluppo
della personalità degli allievi nella loro globalità, la sua rottura mina la possibilità di pensare
una progettualità che si riferisca alla dimensione socio-affettiva. La dissoluzione della classe
porta con sé la perdita di centralità del consiglio di classe come nucleo primario della collegialità,
il luogo in cui la valutazione individuale di ogni insegnante deve misurarsi con quella delle altre
componenti, per assumere un punto di vista superiore che riguarda la globalità del percorso di ogni
alunno.
- Democratizzazione e valorizzazione degli Organi Collegiali. Mantenere la decisionalità
del Collegio docenti, del Consiglio di classe e di interclasse. Mantenere ed ampliare le strutture
democratiche: assemblea degli ata, degli studenti e dei genitori. Il Consiglio di istituto deve
rappresentare tutte le componenti interne (studenti, genitori, ata, docenti) con presidente eletto
tra i genitori e deve avere piena decisionalità nelle questioni amministrative ed organizzative.
- Insegnamento facoltativo della Religione Cattolica al di fuori dell'orario curricolare. Se
si prevede un ruolo per i docenti di religione non può che essre alla pari di tutti gli altri, su
graduatoria pubblica senza alcuna ingerenza della Curia.
- La valutazione. Sulla valutazione si gioca il modello di scuola che vogliamo. Il
modello "cultura d'impresa" si fonda sul tecnicismo prescrittivo (test, griglie, standard
nazionali, crediti/debiti) per la presunta certificazione delle competenze "oggettive".
Il nostro modello della cultura critica si fonda sulla relazione
educante che non pretende di assolutizzare il momento della valutazione ma lo intreccia ai percorsi
dell'apprendimento con la finalità di formare uomini e donne capaci di scelte responsabili.
- La formazione degli insegnanti laurea abilitante nel normale percorso universitario (triennio
unitario e specializzazione didattica nel biennio), con un biennio unitario e una specializzazione
didattica nel secondo biennio; aggiornamento periodico mediante anno o semestre sabbatico con distacco
dall'insegnamento. Va sanata la situazione degli attuali precari dando a chi ha fatto 360 giorni
di insegnamento l'abilitazione che si è guadagnata sul campo.
- No alla flessibilità, alla precarietà, alla gerarchizzazione dei lavoratori della scuola, assunzione
su tutti i posti effettivamente vacanti. Oggi lavorano nella scuola circa 200 mila lavoratori
precari, docenti e ata. Un impiego così massiccio di personale precario (circa il 20% del totale)
non ha alcuna motivazione "fisiologica" (quella quota di posti non stabili che fluttuano da un anno
all'altro) ed è funzionale solo al risparmio e al poter disporre di una massa di manovra ricattabile
ed estremamente flessibile (leggi: licenziabile in ogni momento). Rifiuto dell'esternalizzazione
ovvero dell'appalto di prestazioni orarie perché mina la funzione dell'Istituzione scolastica come
comunità educante. No alla differenziazione di figure professionali (formatore, figure di sistema
ecc), ruolo unico per valorizzare l'unicità della funzione docente nella gamma delle sue specificità.
A chi pensa che tutto questo sia poca cosa
Non mancherà chi a questo punto dirà che vogliamo "conservare la scuola
com'è" senza fare grandi capovolgimenti di struttura. Questa osservazione è in parte vera, in
parte no.
E' vero che non consideriamo essenziale lanciare la scuola in cambiamenti
strutturali di esito incerto solo per "provare ad innovare" senza che vi sia dietro alcun serio
piano didattico-pedagogico né alcun piano di attuazione che preveda soluzioni graduali che non provochino
il caos nel sistema (facciamo solo due esempi: la smania con cui tanto il progetto Berlinguer che
quello Moratti vogliono tagliare il percorso scolastico di un anno, portandolo da 13 a 12 anni, senza
alcuna motivazione didattica e il fenomeno dell'onda anomala, che avrebbe portato al caos per diversi
anni per la totale insipienza dei "programmatori").
Inoltre, contrariamente alla loro presunta minimalità le nostre
"tesi" porterebbero ad una reale e radicale inversione di tendenza rispetto alla scuola odierna: stiamo
parlando di una scuola che riesca a valorizzare le differenze, a recuperare lo svantaggio, ad integrare
il disabile, a rispettare i tempi dei bambini, a sviluppare una coscienza critica. A noi non sembra
poca cosa.