Processo Imi-Sir/Lodo Mondadori, dopo otto ore di camera di consiglio i giudici di Milano hanno accolto le richieste dell'accusa.

Cesare Previti condannato a 11 anni

Condanna per gli altri imputati. Assolto Verde

I giudici della quarta sezione penale della Corte d'Assise di Milano hanno condannato a 11 anni Cesare Previti, dopo otto ore in camera di consiglio. Tanto è servito per emettere la sentenza del processo Imi-Sir/Lodo Mondadori, in un'aula gremita. Dopo circa tre anni dall'inizio del dibattimento, il collegio giudicante presieduto dal giudice Paolo Carfì, entrato ieri pomeriggio in camera di consiglio, si è pronunciato per la colpevolezza del deputato di Forza Italia Cesare Previti, degli avvocati Attilio Pacifico e Giovanni Acampora (sei anni), dei giudici romani Vittorio Metta (13 anni), Renato Squillante (otto anni e mezzo), di Felice Rovelli (sei anni) e Primarosa Battistella (3 anni), rispettivamente figlio e vedova dell'industriale Nino Rovelli, condannati per corruzione in atti giudiziari. Unico assolto il giudice Filippo Verde.

L'ennesima istanza di sospensione presentata ieri dai difensori del parlamentare "azzurro", infatti, è stata respinta dal collegio giudicante. «Il Tribunale prende atto della richiesta Previti che però va respinta ai sensi dell'articolo 526 del Codice di procedura penale primo comma - ha dichiarato il presidente della Corte Paolo Carfì a conclusione dell'udienza - Per questo ci ritiriamo in camera di consiglio per la deliberazione».  
In mattinata, la Corte d'Appello aveva dichiarato inammissibile l'istanza di ricusazione presentata il 24 aprile scorso dai legali di Previti e rigettato l'eccezione di nullità sul parere negativo che sulla stessa istanza aveva dato la Procura Generale milanese. «L'istanza di ricusazione risulta tradiva - si legge nell'ordinanza della Corte d'Appello - dato che l'ordinanza del 16 aprile 2003 era stata letta nell'udienza tenutasi in pari data, per cui il ricusato ne aveva legale conoscenza, essendo rappresentato dai suoi difensori. E' del tutto improbabile che, ad onta dell'amplificazione multimediale della notizia, l'on. Previti non ne sia venuto a conoscenza. Ancor meno verosimile - si legge ancora nell'ordinanza della Corte d'Appello - è che i suoi difensori non lo abbiano costantemente informato, posto che non risulta che il ricusante stesso abbia loro addebitato una così grave violazione del mandato».

In merito alla decisione di respingere l'eccezione di nullità presentata dai difensori di Previti contro il parere "lampo" negativo espresso sabato scorso da un sostituto procuratore generale diverso da quello che era di turno quel giorno, la Corte d'Appello ha innanzitutto precisato che il parere della Procura generale è obbligatorio ma non vincolante. Per quanto riguarda, poi, il parere espresso il 26 aprile scorso dal sostituto procuratore generale, Francesco D'Andrea, la Corte d'Appello ha affermato che quel giudizio è stato «legittimamente formulato e comunicato a chi di dovere, a nulla rilevando in questa sede le modalità cui si sia giunti alla redazione di quel parere, riguardando ciò, con tutta evidenza, i soli affari interni dell'ufficio del pubblico ministero in grado di appello che si rammenti - ha sottolineato la Corte d'Appello - ha carattere unitario e nel quale ogni sostituto rappresenta, per delega del procuratore generale, l'intero ufficio». In buona sostanza, quello che conta è il parere non chi lo ha firmato.

Entrando in camera di consiglio, il giudice Carfì non ha dato alcun appuntamento alle parti. «Non vi posso dire quanto durerà la camera di consiglio, se due, tre ore o di più - ha sottolineato Carfì - Noi ci riuniremo nella nostra cancelleria in Tribunale e a nessuno sarà permesso telefonare al cancelliere che non potrà dare notizie. Prenderemo invece il numero dei difensori per avvisarli sull'orario della sentenza».

La decisione della Corte di entrare in camera di consiglio è stata accolta con soddisfazione dall'avvocato Giuliano Pisapia, legale di parte civile della Cir di Carlo De Benedetti. «Finalmente, nonostante le ripetute eccezioni, ricusazioni, e nonostante le leggi fatte ad hoc - ha dichiarato Pisapia - i giudici sono andati in camera di consiglio. Ora aspettiamo con ansia ma anche con serenità la sentenza».

Non va tuttavia sottovalutato il fatto che, in atto, restano pendenti in Cassazione ben due ricorsi presentati dai legali di Previti. Il primo riguarda la penultima istanza di ricusazione, nella quale Previti accusava il giudice Paolo Carfì di non aver voluto acquisire, per «l'inimicizia grave nei suoi confronti», documenti che avrebbero provato la competenza del Tribunale di Perugia sui reati di cui è accusato. La Cassazione potrebbe infatti esprimersi in senso favorevole agli imputati. In questo caso, sebbene la Corte Suprema non abbia fino ad oggi mai smentito le decisioni adottate dai giudici milanesi, tutti gli atti compiuti dal Tribunale meneghino sarebbero nulli.

Altrettanto potrebbe accadere nell'eventualità che la Cassazione accogliesse il secondo ricorso pendente, cioè quello presentato ieri mattina dagli avvocati dell'ex ministro della Difesa dopo la bocciatura dell'ultima istanza di ricusazione.

Insomma, al di là di quello che sarà il verdetto che i giudici di Milano emetteranno, il processo di primo grado Imi-Sir/Lodo Mondadori non si potrà ritenere definitivamente concluso fino a quando la Suprema Corte non si sarà pronunciata sui due ricorsi pendenti.


I personaggi

Avvocati
Magistrati
Rovelli
Toni Baldi
Milano, 30 aprile 2003
da "Liberazione"