La prima prigione privata sarà inaugurata a Castelfranco Emilia il prossimo 21 marzo alla presenza del vicepremier Gianfranco Fini.

San Patrignano raddoppia, carcere per tossicodipendenti

Dure le critiche delle associazioni, ma anche dei Verdi e di Rifondazione

La privatizzazione della pena passa per San Patrignano. Tra meno di un mese sarà inaugurato il nuovo carcere speciale per tossicodipendenti. «E' un fiore all'occhiello, un modello da seguire. Non capisco le polemiche. La collaborazione con i privati, con le associazioni di volontari che si occupano di tossicodipendenza, dura da molto tempo e non è certo una novità». Questo il commento del ministro della Giustizia Roberto Castelli, espresso ieri, in merito alle polemiche sorte intorno alla nuova struttura di Castelfranco Emilia.

Ed ha ragione Castelli a sottolineare il fatto che l'affare tossicodipendenti stretto con San Patrignano non è una novità: l'idea risale al 2001 e allora fu sponsorizzata dal ministro Carlo Giovanardi e oggi il Guardasigilli l'ha trasformata in realtà.

Ci sono voluti ben quattro anni di lavori per rendere umana la nuova "colonia penale Muccioli", visto che sorge dalle ceneri dell'ex casa lavoro del Forte Urbano che nel Ventennio ha accolto più di un terzo dei detenuti politici antifascisti condannati dal tribunale speciale. E sarà, ancora, un carcere speciale.

I detenuti dovranno lavorare la terra e compiere tutte quelle attività agricole e artigianali che, così come avviene nella casa madre di San Patrignano, possano essere poi legate a un progetto di cosiddetta distribuzione commerciale: affari. Ma non tutti i detenuti potranno accedere alla colonia, dovranno avere dei requisiti adatti ai lavori: la "selezione" a norma di legge - assicurano i futuri tenutari dell'azienda - verrà fatta attraverso i tribunali di sorveglianza e con l'avallo delle direzioni delle carceri, così come avviene normalmente per chi chiede di poter beneficiare delle pene alternative.

D'altra parte la politica del governo sulle droghe è chiara: sostituire la prevenzione con la carcerazione, la riduzione del danno con la repressione e rendere appetibile ai privati la "presa in carico" dei detenuti tossicodipendenti. Sarà un mercato fiorente quello delle comunità carcere, proprio grazie al disegno di legge Fini sulle droghe, proibizionista e repressivo quanto basta da schiaffare in galera chiunque abbia a che fare con una foglia di marijuana.

Non è un caso che la scelta sia caduta su Patrignano, fiorente azienda di pellicce e prodotti "tipici". La nuova azienda-penale sarà inaugurata in pompa magna il prossimo 21 marzo, giusto per la campagna elettorale, alla presenza del vicepremier Gianfranco Fini. Ecco il fiore all'occhiello del governo: il primo carcere per tossicodipendenti gestito da privati. Il direttore della stessa casa penale in via di trasformazione, Francesco D'Anselmo, aveva dichiarato un anno fa al settimanale della diocesi modenese: «Stiamo facendo lavori di ristrutturazione e presto potremo accogliere 140 persone. La nostra diventerà una struttura a custodia attenuata per le pene inflitte ai tossicodipendenti».

Sarà dunque un carcere. D'altra parte lo ha messo in chiaro esattamente un mese fa lo stesso Guardasigilli durante un convegno a Roma: «Sarà una struttura che serve per il recupero di detenuti tossicodipendenti condannati a pene detentive che non permettono l'assegnamento alla comunità». Dunque i detenuti non saranno liberi come in comunità. Sarà, dunque, una comunità-carcere gestita dai privati. Questa la sua specificità. La prima nel suo genere. Dipenderà dal ministero di Castelli, ma casa Muccioli amministrerà. Anche su questo punto c'è poco da meravigliarsi: il ruolo di San Patrignano nella gestione di Castelfranco era chiaro allo stesso Andrea Muccioli fin dal 2001, come dimostra questa dichiarazione rilasciata al "Corriere della sera": «Non accetteremo situazioni pasticciate, non avalleremo scelte in contrasto con i nostri principi. Tanto per intenderci, non si uscirà da Castelfranco per finire imbottiti di metadone in qualche, si fa per dire, struttura di recupero. Occorrerà, secondo noi, formare le guardie penitenziarie che avranno un ruolo di educazione e non solo di contenimento». Dunque sarà un carcere gestito dai privati.

Fatti che reclamano chiarezza. Immediata la condanna dell'iniziativa Muccioli-Castelli da parte di Paolo Ferrero, della segreteria nazionale del Prc e Paolo Cento, deputato Verdi-Unione. Per Ferrero è l'anticamera della legge Fini sulle droghe: «Criminalizzazione delle fasce giovanili e fiumi di denaro alle strutture private che occupano il mercato della cura coatta. Una barbarie postmoderna». Il deputato Cento chiede in un'interrogazione urgente ai ministri dell'interno e della giustizia di riferire in parlamento sul nuovo carcere: «Non è accettabile che un carcere venga pensato, istituito e gestito come si trattasse di un'azienda privata». Condanna dell'operazione "San Patrignano due" anche dalle associazioni: «Non era proprio quello di cui avevamo bisogno: un carcere affidato a San Patrignano. Da anni segnalavamo questo rischio, questo primo embrione di privatizzazione - spiega Stefano Anastasia, presidente di Antigone -. Non importa se il privato è una multinazionale della sicurezza come negli Usa o un ricco soggetto del privato sociale, come in Italia». Affidare la gestione della pena ai privati è pericoloso per i diritti umani. Non a caso le Nazioni unite da oltre un decennio denunciano i rischi della privatizzazione delle carceri. «E' ed grave per le conseguenze che ne deriveranno - commenta Vittorio Antonini, portavoce di PapillonRebibbia -. Ancor più grave spacciare per terapeutica e riabilitativa una casa penitenziaria». Categorico don Egidio Smacchia, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict): «Il recupero della persona non può avvenire in carcere».

Sabrina Deligia
Roma, 22 febbraio 2005
da "Liberazione"