Dopo il riot di via Paolo Sarpi, il governo cinese invia una lettera all'Italia: «Siate equilibrati».

Milano, ombre cinesi su Palazzo Marino

A chinatown torna la solita calma, ma il «problema» rimane

Rivolta dei cinesi a Milano

Rivolta dei cinesi di via Paolo Sarpi a Milano (12 aprile 2007).

Photo by Repubblicainfo

Dice il saggio: equilibrio. L'altolà, quando arriva dalla Terra di Mezzo, bisogna saperlo interpretare. «Ci auguriamo che l'Italia risolva i problemi con equilibrio», ha scritto il ministro degli esteri di Pechino. Sembra che il primo ministro Wen Jiabao in persona, impegnato in una visita in Giappone, forse dopo essersi procurato un mappamondo per localizzare Milano e via Paolo Sarpi, abbia dato direttive in proposito. L'insegnamento confuciano è stato immediatamente interpretato come si deve, a partire dal prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi. Dice che dopo gli «eventi» dell'altro giorno - curioso modo di definire la prima rivolta di una comunità straniera in Italia - bisogna ritrovare «serenità», e «giungere a soluzioni che sappiano coniugare legalità ed esigenze di lavoro della comunità cinese». Anche Berlusconi, una volta tanto, non alza la voce come il suo solito, «serve legalità e solidarietà...Milano si trova al centro di una situazione economica complessa e può vivere momenti di tensione».
Pìù preoccupante, invece, per il ruolo che ricopre, la solita lezioncina riscaldata servita dal professor Amato, ministro degli Interni, che svolge il tema sulla «comunità chiusa» con cui sarebbe difficile dialogare. Peccato che a Milano ormai ci sono ragazzini che parlano tre lingue - e l'italiano meglio dei leghisti che grugniscono e degli uomini di La Russa che raccolgono firme per solidarizzare con i vigili feriti - e vive una delle comunità straniere più vivaci, produttive e protette d'Italia (Pechino, se necessario, sa difendere i suoi emigrati). Chi parla di ghetto, non capisce o fa finta di non capire.

Il giorno dopo, mentre in via Paolo Sarpi tutto scorre e il Chinese News esce con una prima pagina che annuncia proteste e scioperi della fame, tace solo Letizia Moratti, il sindaco che ci ha fatto riconoscere anche dall'altra parte del mondo con la barzelletta dei carrelli e del carico/scarico merci. Se questo è un problema, al massimo potrebbe figurare al 90esimo posto nella speciale classifica delle «emergenze» milanesi (a proposito di vigili e emergenze, nel 2006 a Milano sono morte 92 persone per incidenti stradali, tra cui 28 pedoni e 11 ciclisti). I ghisa, invece, vengono spediti in forze a pattugliare via Paolo Sarpi, e adesso sono al lavoro per cercare di capire se la rivolta dei cinesi sia stata pianificata a freddo. Anche se fosse, la sostanza cambia poco. Che gli scontri in qualche modo sono stati provocati dall'amministrazione comunale e dai continui controlli, lo ha ammesso con sincerità proprio la vigilessa che ieri mattina è intervenuta su Radio Popolare per spiegare che lei ci vede anche «un pelo di razzismo» nell'attività di alcuni suoi colleghi: sono così zelanti solo in quella zona e non in altre, qualcuno ogni tanto «va in escandescenze» ed «è vero che i cinesi percepiscono le continue multe come una sorta di taglieggiamento». Insieme ai sobillatori cinesi, il comando di piazza Beccaria forse farebbe bene a indagare anche al suo interno. Eppure l'argomento non appassiona granché. Quasi tutti (a destra come a sinistra) sono impegnati a sprecare dichiarazioni di rito in difesa dei «lavoratori» della polizia locale, che sarebbero stati attaccati dai cinesi. Mauro Camprini, coordinatore provinciale dei Verdi (e con quale coraggio...) invece ha annunciato una interrogazione parlamentare «in merito al comportamento delle forze dell'ordine...e in merito alla presenza di certi personaggi non meglio identificati che hanno avuto un ruolo ben visibile, anche nella documentazione fotografica elaborata dai media, nelle operazioni di ordine pubblico».

Tra i pochi che non hanno dubbi sui veri sobillatori della rivolta ci sono solo alcuni esponenti del Prc (Antonello Patta, segretario provinciale, e Luciano Mulhbauer, consigliere regionale). Se il primo si chiede cosa ha fatto il centrodestra in questi anni oltre a rilasciare licenze ai cinesi, il secondo ironizza sui buoni rapporti che il Comune di Milano ha sempre intrattenuto con la comunità cinese, anche attraverso i molti soldi «che sono transitati verso l'associazione italo-cinese Alkeos, legata strettamente ad alcuni settori di An». Vuoi vedere che anche a Palazzo Marino bisognerebbe far partire una bella indagine interna sugli strani rapporti con la comunità cinese?

Luca Fazio
Milano, 14 aprile 2007
da “Il Manifesto”