L'opinione del costituzionalista Gianni Ferrara.

Polemiche infinite sul crocefisso obbligatorio.

E' partita nel peggiore dei modi, per toni e formule d'intolleranza, la polemica sollevata dall'Unione Musulmani d'Italia contro i crocefissi nei luoghi pubblici e di lavoro. Ma la questione, da tempo discussa. è stata affrontata anche in sede giuridica, in Parlamento e nelle iniziative di diverse altre associazioni. L'Umi, una piccola organizzazione dell'arcipelago musulmano in Italia, è capeggiata da Abdel Smith - padre scozzese e madre egiziana - che è balzato agli onori della cronaca per aver definito il simbolo cristiano, durante una trasmissione televisiva con Santoro, un "cadavere appeso a un pezzo di legno". L'espressione viene ora ripresa in una nota in sostegno di Rosa Petrone, l'infermiera italiana convertita all'Islam che ha deciso di astenersi dal lavoro finché non verranno rimossi i crocifissi dall'ospedale milanese di Niguarda. Se è condivisibile "la lotta per raggiungere - recita la nota dell'Unione Musulmani del 26 dicembre - la pari dignità sociale garantita a tutti i cittadini italiani dalla Costituzione", non lo è la mentalità teocratica di chi intende subordinare l'organizzazione sociale ad una religione assoluta.

L'essenza laica dello stato

Resta irrisolta, tuttavia, una questione di principio che va al di là dei toni della polemica e che riguarda l'essenza laica dello Stato. Dallo stesso ambito delle chiese cristiane e perfino da quello cattolico emergono dubbi e contrarietà sull'obbligo di esporre il crocifisso "per legge". Le comunità evangeliche, ad esempio, pur essendo molto più interessate ad altri aspetti della laicità dello Stato, riconoscono che né la Costituzione né lo stesso Concordato impongono una tale pratica. "La mia opinione - spiega il costituzionalista Gianni Ferrara a Liberazione - è che il concordato non impone in alcun modo che il crocefisso, simbolo della cristianità, debba essere obbligatoriamente esibito nei luoghi pubblici, in una scuola come in un qualsiasi ufficio postale.

Come si è arrivati alla esposizione dei crocefissi

Malgrado le apparenze il nostro è uno stato laico e sarebbe sorprendente che la presenza di un simbolo religioso fosse addirittura obbligatoria". Fu, infatti, il fascismo, già prima del Concordato, a introdurre il crocifisso prima nelle aule delle scuole elementari, nel 1922, poi indi ogni altro ordine e grado, nel 1926. In quegli stessi anni la pratica venne estesa agli uffici pubblici in genere e da ultimo giunse la circolare che allargò l'obbligo del crocifisso anche alle aule giudiziarie. "Questa ingerenza - precisa Ferrara - non era prevista in realtà neppure da primo concordato del 1929. Figuriamoci se una disposizione del genere possa essere ottemperata dal testo emendato nel 18 febbraio 1984, in cui si stabilisce la natura facoltativa dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Osservando poi il protocollo addizionale dello stesso testo, si tiene conto delle intese tra stato italiano e santa sede solamente per quel chi riguarda il reclutamento dei professori e in generale per regolare i complicati rapporti tra i provveditorati e la curia. In nessun passaggio s'impone la presenza del crocifisso". Per trovare nella storia costituzionale dell'Italia un testo che avalli la contaminazione tra statualità e confessione religiosa bisogna compiere un salto all'indietro nel passato. "Credo - conclude Ferrara - che solamente nell'antico Statuto Albertino, che, riferendosi alla chiesa apostolica romana, determinò il concetto di religione di stato, fossero scritte tali disposizioni. Il nostro è un paese strano, in cui le persone sono convinte di essere cattoliche anche se poi non sono praticanti accaniti. Il crocifisso appeso dietro la cattedra è un costume assolutamente arbitrario che deriva da questo pigro automatismo. E chiunque voglia toglierlo per difendere la laicità dello stato, o per non offendere chi professa un'altra religione, sappia che sta compiendo un gesto per nulla contrario al dettato costituzionale".

Le sentenze della Corte di Cassazione

Va in questa direzione, del resto, una sentenza del primo marzo 2000 della Corte di Cassazione - passata sotto silenzio - che ha annullato la condanna di un cittadino che nel '94 si rifiutò di assumere l'incarico di scrutatore a causa della presenza di un crocifisso nell'aula. Ed è sémpre nella laicità dello Stato che altre due sentenze della Corte costituzionale individuano la garanzia di un "regime di pluralismo confessionale e culturale" (n.203 del 1989) e della "libertà di manifestazione dei propri convincimenti morali o filosofici" (n.467de1 1991). A questo va aggiunta la tutela della "sfera intima della coscienza individuale" e l'interpreta- -rione dell'articolo 19 della Costituzione che tutela la libertà di religione non solo positiva- per l'una o l'altra confessione - ma anche negativa, cioè anche la professione di ateismo o di agnosticismo. Da segnalare, infine, la campagna dell'UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, lanciata sotto il titolo "Scrocifiggiamo l'Italia".

Tonino Bucci
Roma, 28 dicembre 2001
da "Liberazione"